La liquidazione del professionista della nuova procedura diliquidazione giudiziale, nonostante l’ultima riforma, continua ad essere affidata in modo esclusivoal Giudice Delegato, che decide, con decreto in camera di consiglio, su parere (nonvincolante) del curatore.Il professionista è (e continua ad essere) un escluso, non potendo partecipare, in nessun modo, al delicato momento del giusto e dovuto riconoscimento del compenso per l’attività professionale espletata.Tale inconfutabilesituazione neutralizza ogni garanzia a tutela del creditoreprofessionaledella procedura,che – spesso e volentieri– è costretto a reclamare liquidazioni ingiuste e inique, sottratte a qualsiasi vaglio in difetto di contraddittorio con il GD.Per la soluzione del problema occorre introdurre o l’inserimento di una comparizione personale nel sub procedimento di liquidazione che si apre nell’ambito della procedura concorsuale, oppurelaprevisione di un meccanismo liquidatorio che sottragga il professionista all’incaglio processuale. Questo scritto mette in evidenza la criticità di questo momento procedurale edevidenzia la necessità di addivenire, quanto prima, alla prospettatasoluzione.
The liquidation of the professional of the new judicial liquidation procedure, despite the latest reform, continues to be entrusted exclusively to the Delegate Judge, who decides, by decree in chamber of council, on the (non-binding) opinion of the curator. The professional is (and continues to be) an excluded, unable to participate, in any way, at the delicate moment of the right and due recognition of compensation for the professional activity carried out. This irrefutable situation neutralizes any guarantee to protect the professional creditor of the procedure, which is often obliged to claim unjust and unfair liquidations, subtracted from any screening in the absence of contradiction with the GD. In order to solve the problem, it is necessary to introduce or insert a personal appearance in the liquidation sub-proceeding that opens in the context of the bankruptcy procedure, or the provision of a liquidation mechanism that subtracts the professional from the procedural incision. This paper highlights the critical nature of this procedural moment and highlights the need to arrive at the proposed solution as soon as possible.
Articoli Correlati: assenza di contraddittorio - onorario del professionista - liquidazione giudiziale - legge di riforma - 19 ottobre 2017 - n. 155 - 12 gennaio 2019
1. Considerazioni introduttive sulla figura del professionista della procedura concorsuale - 2.La nomina del professionista nella procedura di liquidazione giudiziale - 3. La liquidazione del compenso, in assenza di contraddittorio - 4. Prospettiva conclusiva - NOTE
Il fallimento, attualmente denominato, su suggestione dell’ultima recentissima riforma, liquidazione giudiziale [1], continua ad essere una delle procedure concorsuali più delicate ed attenzionate, consideratane la natura pubblica – mista a quella privatistica– che si sviluppa attraverso una serie di fasi volte tutte alla sostanziale realizzazione di attivo da distribuire alla massa dei creditori. La riforma fallimentare L. 19 ottobre 2017 n. 155, come prevista dallo schema di decreto legislativo approvato il giorno 8 novembre 2018 per l’istituzione del “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, risponde all’esigenza di armonizzare la materia concorsuale attraverso la creazione di un modello unitario [2]. Con la riforma fallimentare sicerca di fornire risposta a varie istanze che rendevano palese l’inadeguatezza e la vetustà dell’attuale legge fallimentare (R.D. n. 267/1942), nonostante i ripetuti interventi legislativi, e della pur recente L. n. 3/2012 sul sovraindebitamento [3]. Le istanze sono dovute, in primis, alla trasformazione (non ultima quella digitale) della realtà delle imprese, che non possono più essere considerate quali semplici aziende, ossia strutture di beni aggregati tendenzialmente stabili anche spazialmente, ma, piuttosto, “luoghi di contratti”, e, in secundis, a quella delle realtà delle imprese minori e del debitore civile, che si trovano a operare in un mercato modificato proprio dalla evoluzione delle imprese stesse [4]. Resta il fatto che non sempre appare semplice ricostruire la compagine imprenditoriale dell’imprenditore fallito, sia nelle effettive passività che nelle effettive attività. Questo accade perché lo stesso bilancio, fatto di numeri e non raramente di combinazioni studiate ed architettate, non è sempre accompagnato da una relazione chiara e trasparente. Il problema della trasparenza, difatti, non va disgiunto da quello della verità. Trasparenza e verità sono due facce della stessa medaglia e l’una coinvolge l’altra e l’una non può prescindere dall’altra [5]. Il curatore fallimentare, alla ricerca della verità per la massa creditoria e per l’ufficio che rappresenta, può avvalersi – ed in molti casi deve avvalersi– della [continua ..]
Il curatore ha conservato –nell’attuale liquidazione giudiziale– una potestas gerendi del patrimonio fallimentare e può nominare un suo sostituto, nella particolare ipotesi di personale e temporaneo impedimento; deve, però, sempre nominare professionisti, se necessari, per essere titolari di specifiche competenze, per lo svolgimento di alcune attività a favore della procedura concorsuale e nell’interesse della massa dei creditori, non avendo lo stesso curatore altre vesti. In ordine al primo profilo, il curatore impedito ha facoltà di avvalersi dell’ausilio di altri in sua temporanea surroga, la cui opera risulti necessaria in vista della compiuta realizzazione degli interessi del fallimento [10]. La regola di principio, di cui al 1° comma dell’art. 32 L. Fall., che impone all’organo di gestione della procedura concorsuale di esercitare personalmente le funzioni del proprio ufficio,trova cittadinanza anche nell’art. 129 del nuovo assetto legislativo e continua a non avereun carattere assoluto, giacché contempla la possibilità per il curatore di farsi coadiuvare, delegando ad altri, previa autorizzazione del comitato dei creditori, il compimento di sue tipiche e specifiche attribuzioni, fatte salve alcune eccezioni. L’esercizio della prerogativa in argomento risponde, in buona sostanza, all’interesse esclusivo del curatore, che è abilitato a farne uso in ipotesi di temporanea impossibilità, a svolgere, personalmente,le proprie funzioni di carattere pubblico [11]. Appare, dunque, chiara la logica di fondo, che ha ispirato la scelta legislativa di far gravare l’onere economico della remunerazione del delegato unicamente sul curatore sostituito seppur temporaneamente [12]; infatti dal compenso del curatore, per espressa previsione normativa, dovrà essere scomputato il quantum spettante al sostituto. Il citato art. 129 al comma n. 2 legittima l’ingresso nella procedura di default anche a professionisti esterni, che il legislatore, datane l’eterogeneità, rinuncia a descrivere in maniera dettagliata. Ed invero,come già previsto dalla lettera dell’art. 32, 2° comma della vecchia Legge Fallimentare, il comitato dei creditori può autorizzare il curatore a servirsi, sotto la propria responsabilità, dell’opera di esperti dotati di specifiche [continua ..]
Una volta che la prestazione sia stata eseguita, ricevuta la richiesta di pagamento del corrispettivo da parte del professionista, il curatore deve formulare al giudice delegato una proposta di liquidazione del compenso ben articolata e motivata, formalmente configurata come parere. Tale circostanza non risulta essere articolata in modo chiaro nella riforma [21]. A tal proposito, sotto la vigenza dell’ancién regime, il Tribunale Fallimentare di Terni [22] (attualmente configurato come Tribunale concorsuale) aveva confermato che il curatore non possa limitarsi a prendere atto della domanda dell’interessato o ad inoltrare al G.D. la parcella da questi elaborata: egli è tenuto ad esprimere le proprie considerazioni in ordine alla congruità del compenso richiesto, in relazione all’attività concretamente svolta ed ai parametri di legge applicabili, segnalando, in caso di mancanza di attivo, la necessità che la spesa per l’emolumento del professionista venga anticipata dall’Erario ai sensi dell’art. 146, 3° comma, d.P.R.n. 115/2002. L’iter così predisposto ed attualizzato al nuovo codice Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tiene conto di una circostanza di certo non trascurabile derivante dal fatto che il diritto del professionista alla corresponsione dell’onorario,si traduce, ex art.111-bisL. Fall. nell’attuale art. 6 della riforma, in una voce nuova di ragione creditizia a carico della massa; tale pretesa creditoria risulta assistita dal particolare requisito della prededucibilità, pur non andando esente, in ipotesi di insufficienza dell’attivo, dal meccanismo della graduazione dei crediti e della proporzionalità in uno all’inevitabile conseguenza della inesigibilità [23]. Al contrario, laddove le risorse economiche ricavate dalla vendita del patrimonio facente capo al fallimento risultino, anche solo presuntivamente, adeguate all’integrale copertura dei crediti liquidi, esigibili e non contestati – ovvero confermati in sede di contestazione – sorti in costanza di fallimento,non può non essere consentito ai loro titolari di ottenerne il soddisfacimento, anche al di fuori del procedimento di riparto. Giova, inoltre, ricordare che per le fattispecie in esame non trova applicazione la disciplina endoconcorsuale dell’accertamento del passivo, atteso che i [continua ..]
La fattispecie in esame rappresenta una grossa criticità del processo fallimentare. Il professionista che lavora per un fallimento, o, precisamente, in termini attuali, per procedura giudiziale di liquidazione, è dotato di ampia e specifica specializzazione e compie un’attività spesso copiosa,indiscutibilmente articolata e complessa. Le sue responsabilità involgono ogni atti compiuto e segnano il particolare rapporto con la procedura concorsuale. Il professionista della procedura concorsuale, in effetti,non può essere privo di una elevata e qualificata specializzazione; egli non è uno sprovveduto alla prima esperienza, ma è (e deve essere) fortemente specializzato in una materia così complessa e delicata, come quella concorsuale, soprattutto se si considera che va ad incidere su interessi pubblici importantissimi, in una disciplina a conclamato carattere trasversale, in quanto rappresenta una commistione di diritto civile, fallimentare, commerciale, penale ed amministrativo. Consegue la necessità di creare un apposito albo da cui attingere professionisti seri e di elevata e comprovata specializzazione in materi. Resta il fatto che ad una così alta qualità professionale, non corrisponde, in termini pratici-legislativi, una dignità di trattamento sotto il profilo economico-retributivo. Ed anche l’attuale sistema legislativo, caratterizzato dalla L. n. 155/2017 e dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14,non mutano i termini di questa delicata quaestio. Il professionista, in buona sostanza,è sottoposto al vaglio del Giudice Delegato, del Curatore ed anche, seppur indirettamente, della Massa dei creditori. Il che comporta un’attenzione altissima e se l’attività del professionista riesce a far incassare milioni di euro alla procedura concorsuale – come spesso avviene in pratica, consentendo una più che interessante ricostruzione del patrimonio attivo– diventa veramente un fatto moralmente riprovevole non riconoscergli immediatamente il giusto compenso, anche e soprattutto senza farlo attendere e senza creargli alcun conflitto in sede di un piano di riparto, fatto per gli altri creditori, ma nonperprofessionista della procedura in prededuzione. In altri termini i clientes del professionista concorsuale sono rappresentati da una pluralità ovvero da un centro di interessi ele sue responsabilità sono [continua ..]