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1. Le questioni rimesse alla S.C. - 2. Limiti di (in)ammissibilità del concordato preventivo con cessione parziale dei beni: giurisprudenza versus dottrina - 3. Una possibile lettura sull’ammissibilità del concordato preventivo parziale “di gruppo” liquidatorio - 4. (Segue): l’interpretazione alla luce del D.Lgs. n. 14/2019 - NOTE
La sentenza in epigrafe torna a pronunciarsi sull’ammissibilità ex. art. 162 L. Fall. della proposta di concordato preventivo liquidatorio con cessione parziale dei beni ai creditori. Il caso si riferisce ad una domanda di concordato preventivo di “gruppo”, che prevedeva la soddisfazione parziale dei creditori (chirografari) di alcune società attraverso il ricavato della liquidazione di una sola parte del loro patrimonio e la destinazione del residuo attivo monetizzato al soddisfacimento dei creditori delle altre società appartenenti al “gruppo”. Il Supremo Collegio ritiene che la fattispecie di concordato preventivo di gruppo con cessione parziale dei beni ai creditori realizzi una palese violazione del principio dell’art. 2740 c.c., considerato che l’effetto esdebitatorio ex art. 184 L. Fall. imporrebbe la messa a disposizione ai creditori concorsuali di tutti i beni del debitore. I giudici motivano tale decisione, da un lato, ritenendo non dirimente la lettera del riformato art. 160 L. Fall., che non prevede più – tra le forme di ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti – la cessione di tutti i beni; dall’altro, secondo un’interpretazione sistematica, considerando la previsione di cessione parziale dei beni di cui all’art. 186-bis L. Fall. norma speciale introdotta dal Legislatore col solo fine di assicurare la continuità dell’impresa in concordato. La Corte, inoltre, è dell’avviso che l’inammissibilità della proposta concordataria unitaria trovi conferma anche nell’art. 3, 1° comma, lett. d), L. n. 155/2017, secondo cui, in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, è possibile presentare una domanda di concordato “di gruppo” con un unico ricorso a condizione che sia rispettato il principio di autonomia, anche in vista della determinazione delle rispettive maggioranze nella votazione della proposta, delle rispettive masse attive e passive delle società del gruppo.
La decisione della S.C. ripropone il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull’ammissibilità di una proposta concordataria con cessione parziale dei beni ai creditori. La giurisprudenza è saldamente orientata nel senso di giudicare inammissibile una proposta di concordato preventivo liquidatorio che preveda la cessione parziale di beni ai creditori, in quanto ritenuta in violazione del principio inderogabile di attuazione della responsabilità patrimoniale sancito dall’art. 2740 c.c. [1]. I giudici escludono inoltre l’applicazione della norma dell’art. 1977 c.c., secondo cui il debitore può cedere ai creditori anche solo parte delle proprie attività [2]. Si sostiene infatti che la cessione dei beni di diritto comune sia in grado di offrire ai creditori una garanzia (attraverso la responsabilità illimitata del debitore) preclusa nella cessio bonorum concordataria, dove, invece, l’omologa della proposta di concordato produce l’effetto esdebitatorio ex art. 184 L. Fall., liberando il debitore nei confronti dei creditori anche per la parte di credito non soddisfatta. Viceversa, l’orientamento dottrinale maggioritario [3], fatte salve alcune posizioni contrarie [4], è favorevole all’ammissibilità di una proposta concordataria che preveda la soddisfazione dei creditori attraverso la dazione di una sola parte del patrimonio, valorizzando il diritto del debitore – riconosciuto dall’art. 160 L. Fall. – di determinare senza alcun limite il contenuto della proposta di concordato e il fatto che sia rimessa ai creditori la decisione in ordine alla convenienza o meno della proposta. In questo senso, si è ritenuto che a prescindere dal contenuto della proposta concordataria (liquidatoria ovvero in continuità aziendale), quando il debito originario, a seguito dell’omologazione, viene limitato (i.e. dichiarato “estinto” o inesigibile), la cessione parziale del patrimonio ai creditori, quale modalità di adempimento satisfattorio [5] di quel debito, rappresenta una limitazione solo apparente (e non effettiva [6]) del principio di universalità della responsabilità patrimoniale che, invero, trova piena attuazione [7], rimanendo integro e illimitato l’oggetto della responsabilità, anche se [continua ..]
A fronte dei dubbi sollevati in dottrina sulla convenienza economica di un concordato preventivo con cessio parziale dei beni di una società monade, si è sostenuto, già prima della Riforma portata dal D.Lgs. n. 14/2019, che proposte di tal specie possano trovare applicazione se formulate nell’ambito di un concordato di gruppo [13]. Invero, la dottrina ha ammesso la possibilità, per le imprese in crisi appartenenti ad un gruppo, di presentare, con ricorso congiunto, un piano unitario di regolazione della crisi che preveda, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive delle società appartenenti al gruppo, sulla quale la dottrina maggioritaria è consolidata [14], la cessione di parte dell’attivo di una società del gruppo (solitamente la “madre” più patrimonializzata) a beneficio dei creditori delle altre società del gruppo (solitamente “le figlie”), nell’ottica di assicurare un soddisfacimento dei creditori (delle singole società) migliore rispetto a quello che otterrebbero all’esito dalla liquidazione fallimentare delle rispettive società [15]. In specie, l’ammissibilità di un concordato preventivo “di gruppo” con cessione parziale dei beni ai creditori ha trovato conforto nella posizione di chi, pur ribadendo l’autonomia delle masse attive e passive delle imprese del gruppo, ha interpretato il principio di universalità della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. alla luce dell’art. 2497 c.c. [16]. In altre parole si è legittimato lo spostamento di masse attive da una società (del gruppo) a beneficio di altre sulla base dell’applicazione, nel diritto della crisi, della teoria dei vantaggi compensativi [17], e quindi ritenendo tale spostamento legittimo (rectius: non lesivo degli interessi dei soci e creditori della società che cede parte del proprio patrimonio) qualora alla diminuzione patrimoniale corrisponda un oggettivo vantaggio compensativo prodotto dal risanamento o dalla liquidazione aggregata del patrimonio del gruppo [18]. Ed invero, l’attribuzione di valore giuridico ai vantaggi compensativi, nell’ambito della riorganizzazione del gruppo insolvente, non significa confusione tra [continua ..]
L’analisi sulla legittimità del concordato preventivo “di gruppo” con cessione parziale dei beni non può non confrontarsi con le previsioni del D.Lgs. n. 14/2019 (CCI). L’art. 284, 1° comma, CCI riconosce a ciascuna impresa in crisi o insolvenza (appartenente ad un gruppo) la possibilità di presentare con un unico ricorso una domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo, depositando un piano unitario o più piani reciprocamente collegati e interferenti. La proposta concordataria, ferma restando l’autonomia delle masse attive e passive delle imprese (3° comma), deve contenere le ragioni di maggiore convenienza che la presentazione del piano unitario o di piani collegati e interferenti possa portare ai creditori delle singole imprese del gruppo in termini di loro miglior soddisfacimento (4° comma). Invero, è apparso – già dai primi commenti – che, da un lato, il legislatore abbia accolto nella disciplina della procedura di concordato preventivo di gruppo un modello di c.d. consolidamento procedurale, rigettando quello del consolidamento sostanziale; dall’altro, abbia individuato, quale criterio dirimente, il miglior soddisfacimento dei creditori delle imprese (non necessariamente tutte [21]) appartenenti al gruppo [22]. Orbene, per valutare l’ammissibilità di un concordato preventivo liquidatorio di gruppo con cessione parziale dei beni, l’analisi deve considerare anche l’art. 285, 2° comma, CCI, che precisa che «il piano o i piani concordatari possono altresì prevedere operazioni contrattuali e riorganizzative, inclusi i trasferimenti di risorse infragruppo […]», a condizione che queste operazioni soddisfino la duplice condizione di essere funzionali a garantire la continuità di uno o più imprese del gruppo e – quoad effectum – il miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo. Ed invero, sulla base del testo letterale della norma, parrebbe non consentirsi trasferimenti di risorse (rectius: cessioni di beni) infragruppo nell’ambito di procedure concordatarie meramente liquidatorie. Tuttavia, se si considera – anche alla luce del CCI – il criterio generale del miglior soddisfacimento dei creditori come il principio che ispira il funzionamento di ogni procedura concordataria e del quale [continua ..]