Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Allerta interna, allerta esterna e tecnocrazia della crisi d'impresa (di Sante Casonato, Dottore commercialista in Treviso)


Il sistema di “allerta” è la conseguenza di una sfiducia sull’autoresposabilità dell’imprenditore a governare l’azienda nei momenti di difficoltà. Ciò fa tuttavia riflettere, in modo critico, sul ruolo degli organismi preposti alla composizione della crisi, sul rischio e sulle conseguenze di un meccanicistico “potere dei tecnici” che si sostituisce alle scelte dell’imprenditore. La profonda trasformazione culturale verso una “amministrazione regolamentata” non è supportato da misure di “sistema” che possano prevenire la crisi e creare un tessuto economico più favorevole allo sviluppo dell’im­presa, quale vero fattore di prevenzione atto a creare ricchezza per la collettività. La pericolosa combinazione tra i sistemi di allerta previsti dal Codice e il nuovo sistema di “asset quality review”, imposto dalla BCE, porterà alla liquidazione giudiziale di numerose piccole e medie imprese e alla concentrazione delle altre verso in una dimensione maggiore; con una necessaria e seria riflessione sugli effetti economici e sociali. L’ap­plicazione di un corretto approccio “forward looking” spingerà tuttavia l’imprenditore sensibile a monitorare lo stato di salute dell’impresa su propri indicatori interni, tarati sulle esigenze dell’azienda e su quanto sarà preteso dal sistema bancario, con un ruolo centrale affidato all’analisi per flussi di cassa. Solo in tal modo la soluzione della crisi potrà veramente essere anticipata in modo efficace.

Il presente riproduce (con omissioni di parole di circostanza e con l’aggiunta di riferimenti bibliografici) la relazione tenuta a Venezia in data 3 maggio 2019 nell’ambito del ciclo di seminari di diritto fallimentare al corso di perfezionamento in diritto societario, fallimentare e finanziario organizzati dalla Camera Civile “Giulio Partesotti”.

The “alert” system is the consequence of mistrust on the entrepreneur’s self-responsibility to govern the company in times of difficulty. This does however reflect critically on role of organisms that have to solve the crisis, on risk and consequences of a mechanistic “power of technicians”, which replaces on the choices of the entrepreneur. The deep cultural transformation towards a “regulated administration” is not supported by “system” measures that can prevent the crisis and create an economy more conducive to the development of the enterprise, as a real preventive factor, capable to crate wealth for the community. The dangerous combination between “alert systems”, prescribed by the “Codice”, and the new “asset quality review”, imposed by the BCE, will lead to judicial settlement of numerous small and medium-sized companies and concentration of other in a larger size; with a necessary and serious reflection on the economic and social effects. However, the application of a correct “forward looking” approach will encourage the sensitive entrepreneur to monitor the entrepreneur’s health on its own internal indicators, calibrated on business needs and what will be expected from the banking system, with a central role entrusted to the cash flow analysis. Only in this way the solution of the crisis will really be advanced efficiently.

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SOMMARIO:

1. Premesse sui nuovi sistemi di allerta e ruolo dell’impresa in chiave prospettica - 2. Meccanicismo della procedura di allerta e tecnocrazia nella gestione della crisi d’impresa - 3. Sistemi di allerta e AQR bancari: una combinazione pericolosa - 4. Alcune considerazioni sull’allerta interna e sugli indicatori della crisi - NOTE


1. Premesse sui nuovi sistemi di allerta e ruolo dell’impresa in chiave prospettica

Da diverso tempo si è presa coscienza di come la crisi delle imprese [1] emerga, il più delle volte, con eccessivo ritardo, quando si è già configurata l’insolvenza; con un approccio alla gestione tempestiva [2] sono state quindi introdotte specifiche norme (artt. 12 ss.) all’interno del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (“CCI” o “Codice”), con l’intento di anticiparne l’emersione e con il fine ultimo di ridimensionare i danni economici e sociali [3]. Il nuovo impianto normativo è incentrato su un sistema di “allerta” [4] che mira a responsabilizzare ulteriormente l’imprenditore [5], forzandolo ad affrontare tempestivamente le difficoltà attraverso l’accesso alla composizione assistita della crisi, oppure a uno degli strumenti o delle procedure indicate dal Codice [6], così da permettere la ristrutturazione in una fase precoce. Se il debitore accede tempestivamente alla composizione assistita (artt. 16-23) avrà in cambio il beneficio di rilevanti sconti tributari e penali, previsti dalle misure premiali (artt. 24-25). Il sistema di allerta deve essere coniugato con la nuova regolamentazione sulla possibilità di sfruttare le misure protettive solo su istanza della parte (artt. 20 e 54) [7] e per un periodo massimo di 12 mesi (art. 8), nonché con il mantenimento di una fase prenotativa (art. 44); le allerte stragiudiziali appaiono così, per alcuni, uno strumento utile e innovativo [8], mentre per altri rappresenterebbero uno strumento di scarso successo nel contesto italiano, caratterizzato dalla coincidenza tra proprietà e gestio­ne dell’impresa, che porterà a preferire scelte alternative più immediate, sfruttando l’ombrello protettivo in seno ad un preconcordato [9]. L’iniziativa di accedere ai meccanismi anticipatori è comunque forzatamente convogliata verso un necessario sbocco solutorio, rendendo in tal modo irreversibile il processo. In prima battuta, l’allerta è affidata ad una serrata dialettica interna di valutazione degli indici sintomatici da parte degli organi di gestione e di quelli di controllo (“allerta interna”), con una prioritaria centralità di quest’ultimi, che, nell’inerzia [continua ..]


2. Meccanicismo della procedura di allerta e tecnocrazia nella gestione della crisi d’impresa

Le misure preventive di allerta, costruite su indicatori sintomatici di disequilibrio reddituale, patrimoniale e finanziario (art. 13), trovano quindi origine sia internamente che esternamente all’impresa, concretizzandosi in un sistema regolato da indicatori, da strumenti di allerta, da una composizione assistita e da misure premiali, tutti tra loro strettamente collegati e congiuntamente finalizzati all’adozione delle misure “più” idonee alla soluzione della crisi aziendale. In questa prospettiva, il postulato di partenza è quindi un’implicita sfiducia (spesso a ragione) sull’autoresposabilità dell’imprenditore a governare l’impresa nei mo­menti difficili. Non si può disconoscere che la discrezionalità gestoria concessa agli amministratori e la limitazione del rischio hanno talvolta favorito atteggiamenti di moral hazard, incentivando condotte di gestione altamente rischiose [17] o comportamenti opportunistici, consistenti anche nel ricorso a procedure giudiziali al limite della frode [18], in quanto, per effetto della separazione patrimoniale, le conseguenze negative ricadono sul patrimonio sociale dell’ente, ma non su quello personale dei soci. Sulla scia di una tecnocrazia europea, l’art. 16 ha quindi introdotto l’organismo di composizione della crisi, formato da tecnici esperti e indipendenti [19] che dovrebbero possedere una sensibilità “dinamica” alla crisi [20], con il compito di garantire la continuità della macchina imprenditoriale [21] per il “miglior” soddisfacimento dei creditori, andando a cogliere le relazioni intersistemiche che si instaurano tra l’azien­da e i molteplici e diversificati soggetti che caratterizzano il contesto. L’OCRI dovrebbe quindi tenere un approccio indipendente, imparziale, critico e costruttivo della peculiare situazione del debitore, per cui la sua attività dovrebbe con­sistere in un comportamento personalizzato e contrapposto ad una ormai ben lontana concezione meccanicistica [22]; il successo dell’istituto dipenderà pertanto dalla sensibilità, dalla competenza specialistica, dall’esperienza, dall’efficienza imposta dall’urgenza e dal coordinamento di squadra dei membri del collegio che verrà nominato per [continua ..]


3. Sistemi di allerta e AQR bancari: una combinazione pericolosa

La procedura di allerta si fonda su un approccio di analisi prospettica (forward looking), che dovrebbe cogliere l’aspetto dinamico della salute aziendale, volto a forzare in via anticipata l’emersione della crisi e delle problematiche dell’impresa, così da contenerne gli effetti negativi e pregiudizievoli di una probabile insolvenza [50]. Un approccio early warning è già stato tuttavia anticipato dal sistema bancario, su indicazione della BCE in punto di valorizzazione dei NPL (non performing loans) [51], che fa trascendere l’esigenza di una centrata identificazione degli indicatori di cui all’art. 13; i criteri adottati dalle banche, impattando in modo significativo e diretto sull’allerta interna delle imprese, sostituiranno, di fatto, quelli del Codice, sollecitandogli organi amministrativi e di controllo di quest’ultime ad una preventiva autoanalisi con criteri di valutazione adottati dalle stesse banche, cioè da chi concede loro le risorse finanziarie per intraprendere. L’iniziativa bancaria interviene però tardivamente rispetto alle finalità proprie del­l’allerta interna, poiché la revoca o la non concessione di affidamenti comporterà ne­cessariamente un repentino aggravamento dello stato di difficoltà economico-finan­ziaria, incidendo sulle precedenti pianificazioni che il debitore aveva effettuato, facendogli perdere il credito e rendendo così probabile il passaggio dalla crisi all’in­solvenza [52]. Se le obbligazioni vanno estinte per cassa e se il debito non può più essere traslato sui creditori pubblici qualificati, ma nemmeno sui fornitori (che pure soggiacciono alle stesse regole del debitore), è evidente che il pallino del gioco sulla continuità aziendale passa in mano al sistema creditizio, il quale imporrà le regole del nuovo agire imprenditoriale. Ne consegue che gli indicatori interni della crisi dovranno essere tarati dallo stesso imprenditore in seno alla propria organizzazione e non potranno essere, quantitativamente, più tolleranti di quelli che il sistema bancario ritiene invece di dover adottare; sotto il profilo temporale, gli stessi dovranno essere azionati prima che gli stessi istituti di credito mettano in essere i provvedimenti loro imposti dai Regolamenti di Vigilanza, pena [continua ..]


4. Alcune considerazioni sull’allerta interna e sugli indicatori della crisi

L’allerta interna, il suo iter e le sue conseguenze si basano, si è detto, sul presupposto oggettivo dell’esistenza della crisi, come definita all’art. 2 del Codice [59]; se un presupposto è richiesto, lo stesso deve quindi essere accertato [60] e, a tal fine, il legislatore ha preferito fare ricorso a parametri privi di qualsiasi soggettività interpretativa. Ciò è coerente con la logica meccanicistica dell’allerta prevista dal Codice, che prescinde dai caratteri propri della crisi, sia essa addebitabile all’imprenditore piuttosto che a fattori esogeni e/o straordinari, misurando il rischio di insolvenza (emerging solvency) su parametri quantitativi ed oggettivi ancora da definire [61]. Nell’ottica di una prevenzione tempestiva, si teme che tali indicatori si posizionino ad un livello troppo basso rispetto alle soglie di allerta, con un serio rischio di overdeterrence, che risulterebbe incoerente con la necessità per il sistema di cogliere appieno i segnali, oltretutto ancora timidi, di una ripresa economica; d’altro canto, se venisse alzata l’asticella dell’allerta, la rilevazione della crisi rischierebbe di coincidere con quella di rilevazione dell’insolvenza. I sistemi di allerta, così come congegnati, assumono quindi senso solo se si riesce a individuare, con un margine esiguo di approssimazione, l’esatto momento a partire dal quale sorge il presupposto per la loro attivazione. Di conseguenza, la declinazione operativa della “probabilità di insolvenza”, implica, a sua volta, l’utilizzo di un approccio aziendalistico [62], quale condizione che consente di fissare in modo sufficientemente preciso il momento a partire dal quale l’impresa può essere posta in allerta. Gli indicatori che il legislatore ha individuato nell’art. 13 dovranno essere elaborati con cadenza triennale [63], nel tentativo di limarli ed adeguarli al contesto economico; essi sono per il momento genericamente identificati negli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’im­presa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, in modo da evidenziare l’in­capacità dell’impresa ad assicurare sia la sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi [continua ..]


NOTE