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Il procedimento di apertura delle procedure concorsuali...
Antonio Carratta. Professore ordinario di Diritto processuale civile nell’Università Roma Tre
Il lavoro prende in esame le novità che emergono dalla disciplina che il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza dedica al procedimento di apertura delle procedure concorsuali. Analizzando i diversi passaggi che hanno portato a tale disciplina, a partire dalle soluzioni prospettate dai lavori della Commissione Rordorf, si propone di evidenziare le criticità che essa presenta sia con riferimento all’obiettivo della trattazione unitaria delle diverse domande di accesso ad una delle procedure disciplinate dal Codice, sia con riferimento all’obiettivo dell’armonizzazione delle impugnazioni, con particolare riguardo all’efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologazione del concordato.
(Testo della Relazione al Convegno “Prospettive e innovazioni del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza CCI” (Università degli studi di Milano-Bicocca, 13 marzo 2019).)
The paper examines the new rules introduced by the Code of Crisis and Insolvency on the procedure for opening insolvency proceedings. Analyzing the various passages that led to this discipline, starting from the solutions proposed by the Rordorf Commission, it aims to show the critical issues that they present both with reference to the objective of the unitary treatment of the various requests for access to one of the procedures governed by the Code, both with reference to the objective of harmonizing the appeals, with particular regard to the effectiveness of the judgments made in appeal against the opening of the judicial liquidation procedure or the approval of the arrangement with creditors.
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Sommario:
1. Premessa - 2. Principi e criteri direttivi della legge delega con riferimento al procedimento di apertura - 3. La soluzione del procedimento “unitario” nei lavori della Commissione Rordorf - 4. Il procedimento di apertura nel Codice della crisi e dell’insolvenza - 5. Il superamento del “procedimento unico” di apertura delle procedure - 6. Il rapporto fra domanda di liquidazione giudiziale, di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti - 7. L’oggetto del procedimento di apertura e il principio della domanda - 8. La riunione dei diversi procedimenti di apertura - 9. Il rito applicabile in caso di molteplici domande di regolazione della crisi o dell’insolvenza - 10. La diversa articolazione del procedimento di apertura a seconda del tipo di domanda - 11. Gli esiti del procedimento di apertura: a) la rinuncia alla domanda - 12. (Segue): b) l’apertura del concordato preventivo e l’omologazione del concordato o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti - 13. (Segue): c) l’apertura della liquidazione giudiziale - 14. Le impugnazioni avverso le decisioni assunte all’esito del procedimento di apertura - 15. La sospensione di efficacia della sentenza impugnata - 16. La decorrenza degli effetti della revoca della sentenza impugnata con il reclamo - 17. Le misure di deterrenza del reclamo - 18. Considerazioni conclusive - NOTE
1. Premessa
Dal punto di vista processuale una delle novità più rilevanti del CCI è, senza dubbio, la disciplina del «procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza» (stando all’intitolazione della Sezione II, Capo VI, D.Lgs. n. 14/2019). Fin da subito, tuttavia, occorre puntualizzare che a questa soluzione il legislatore delegato è pervenuto per approssimazioni successive e soprattutto senza riuscire a dare piena attuazione – come emergerà nel prosieguo del discorso – alle indicazioni che venivano dalla legge delega, la quale, invece, sulla scia dei risultati della Commissione Rordorf, aveva ipotizzato un «unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore», con esiti diversificati a seconda della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi previsti per le diverse procedure. Per [continua ..]
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2. Principi e criteri direttivi della legge delega con riferimento al procedimento di apertura
La L. n. 155/2017 stabiliva che il legislatore delegato avrebbe dovuto procedere all’adozione di «un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, in conformità all’art. 15, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e con caratteristiche di particolare celerità, anche in fase di reclamo» (art. 2, 1° comma, lett. d). Aveva anche aggiunto – proprio per riaffermare l’“unicità” del procedimento in questione – che a detto procedimento avrebbe dovuto essere assoggettata «ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici» (art. 2, 1° comma, lett. e) e che il legislatore delegato avrebbe dovuto provvedere a disciplinare «i diversi esiti possibili, con riguardo [continua ..]
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3. La soluzione del procedimento “unitario” nei lavori della Commissione Rordorf
Del resto, questo era anche l’intendimento della Commissione Rordorf, nella cui Relazione illustrativa al d.d.l.d., che – come noto – ha costituito lo schema di riferimento per la legge delega n. 155/2017, si giustificava la scelta a favore della prospettata «reductio ad unum della fase iniziale delle varie procedure esistenti» con la creazione di una «sorta di contenitore processuale uniforme di tutte le iniziative di carattere giudiziale fondate sulla prospettazione – e miranti alla regolazione – della crisi o dell’insolvenza». Ciò, con l’obiettivo di consentire che in essa confluissero «tutte le domande ed istanze, anche contrapposte, di creditori, pubblico ministero e debitore, in vista dell’adozione o dell’omologazione, da parte dell’organo giurisdizionale competente, della soluzione più appropriata alle situazioni di crisi o insolvenza accertate, nel pieno [continua ..]
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4. Il procedimento di apertura nel Codice della crisi e dell’insolvenza
A prima vista sembrerebbe che anche il CCI segua l’impostazione dello schema di decreto legislativo elaborato dalla Commissione Rordorf. Ed in effetti anche nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 14/2019 si ribadisce che «è stato previsto un procedimento “unitario” di accertamento giudiziale della crisi o dell’insolvenza, che costituisce, in via generale, una sorta di contenitore processuale uniforme delle iniziative di carattere giudiziale fondate sulla prospettazione della crisi o dell’insolvenza» [5]. Ma in realtà così non è. O meglio, non è esattamente così. In primo luogo, nella stessa Relazione illustrativa, sebbene venga sottolineata la scelta per il procedimento “unitario”, poi si aggiunge che comunque sono «fatte salve le disposizioni speciali riguardanti l’una o l’altra di tali situazioni» [6] ovvero delle iniziative per la [continua ..]
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5. Il superamento del “procedimento unico” di apertura delle procedure
È facile rilevare, dunque, che quel che ha in mente il legislatore del D.Lgs. n. 14/2019 non è più il procedimento unitario previsto dallo schema di decreto legislativo della Commissione Rordorf, il «contenitore processuale uniforme di tutte le iniziative», quanto, piuttosto, la trattazione unitaria a seguito di riunione dei procedimenti introdotti dalle diverse domande. Ma è chiaro che questa riunione può esserci come non esserci, negli stessi termini in cui può esserci o non esserci sulla base dell’attuale legge fallimentare. Con tutti i problemi che sorgono tanto per vedere come sia possibile pervenire alla riunione, quanto per valutare cosa accada laddove la riunione non ci sia stata o non sia stata possibile. D’altro canto, è lo stesso legislatore a riconoscere, implicitamente, che la trattazione unitaria sia solo auspicabile e debba avvenire mediante la riunione dei diversi procedimenti, nel momento in cui [continua ..]
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6. Il rapporto fra domanda di liquidazione giudiziale, di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti
Prima di entrare nel merito delle soluzioni che il Codice individua per il problema dei rapporti fra procedure liquidatorie e procedure concordatarie, è opportuno soffermarsi sulle ragioni che sono alla base di questo problema. Come noto, il problema dei rapporti fra fallimento e concordato preventivo è sorto nel passato per il fatto che, nonostante la soppressione con la riforma del 2005 della previsione secondo cui la domanda di concordato preventivo può essere avanzata dall’imprenditore «fino a che il suo fallimento non è dichiarato», contenuto nell’art. 160, 1° comma, L. Fall., si ritiene ancora oggi sussistente il c.d. “principio di prevenzione” o, per meglio dire, di prevalenza del concordato preventivo sul fallimento. Il problema, peraltro, è stato di recente affrontato dalle Sezioni Unite riconoscendo la prevalenza del concordato preventivo rispetto al fallimento, ove vi sia coesistenza di [continua ..]
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7. L’oggetto del procedimento di apertura e il principio della domanda
Ora, a prescindere dal fatto che le molteplici domande siano avanzate in maniera autonoma o nello stesso procedimento di apertura, l’art. 40 del CCI, disciplinando il contenuto della domanda di accesso, prevede che «il procedimento per l’accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza si svolge dinanzi al Tribunale in composizione collegiale, con le modalità previste dalla presente Sezione». Ed aggiunge il 2° comma – a conferma del fatto che con il ricorso si fa valere una vera e propria domanda introduttiva di un giudizio a cognizione piena – che «il ricorso deve indicare l’ufficio giudiziario, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni ed è sottoscritto dal difensore munito di procura», salvo che per la domanda di apertura della liquidazione giudiziale dove si ammette che il debitore possa stare in giudizio personalmente (4° comma dell’art. 40). Quale [continua ..]
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8. La riunione dei diversi procedimenti di apertura
Stupisce, tuttavia, che il legislatore delegato, pur prevedendo, nel 1° comma dell’art. 7, la necessità che ogni domanda sopravvenuta sia riunita a quella già pendente, in modo da ottenere la trattazione unitaria delle molteplici domande, non spenda nemmeno una parola su come si debba arrivare a tale riunione e si affidi completamente, per la disciplina di tale profilo, alla disciplina codicistica. Sennonché, proprio per stabilire quale sia la disciplina codicistica è necessario preliminarmente chiarire il rapporto che lega una domanda di regolazione concordata della crisi o dell’insolvenza ad una domanda a contenuto liquidatorio. È evidente, infatti, che se il rapporto che lega i due diversi tipi di domanda sia riconducibile alla continenza di cause, la norma di riferimento per ottenere la riunione è l’art. 39, 2° comma, c.p.c., laddove le domande siano pendenti davanti a uffici giudiziari diversi, o [continua ..]
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9. Il rito applicabile in caso di molteplici domande di regolazione della crisi o dell’insolvenza
Accanto alle difficoltà che possono sorgere per arrivare alla riunione dei molteplici procedimenti autonomi, un ulteriore problema che potrebbe sorgere, laddove nello stesso procedimento si abbiano più domande cumulate di regolazione della crisi o dell’insolvenza – o fin dall’inizio o nel corso di svolgimento del procedimento di apertura avviato da una sola domanda o a seguito di riunione di più procedimenti avviati autonomamente, ai sensi dell’art. 7 –, attiene al rito applicabile al procedimento cumulato [30]. Ed il problema potrebbe sorgere proprio per il fatto che il Codice ha rinunciato a disciplinare un procedimento unico per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, così come era stato delineato, invece, dallo schema di decreto legislativo elaborato dalla Commissione Rordorf. Per rendersi conto del problema è sufficiente soffermarsi brevemente sulla disciplina [continua ..]
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10. La diversa articolazione del procedimento di apertura a seconda del tipo di domanda
Ulteriore conseguenza dell’abbandono dell’obiettivo di avere un procedimento unico di apertura delle procedure disciplinate dal CCI è la diversificata disciplina dell’articolazione del procedimento di apertura, a seconda della procedura della quale viene domandata l’apertura. Con la sostanziale riproposizione del quadro normativo che già oggi caratterizza la legge fallimentare nella distinzione fra il procedimento per l’apertura del fallimento, quello per il concordato preventivo e quello per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. E così, con riferimento al procedimento previsto dall’art. 41 per l’apertura della liquidazione giudiziale, viene riproposta, nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 14/2019, la definizione di procedimento a «carattere sommario e camerale» [34] o «semplificato, ma regolato dalla legge nei suoi momenti [continua ..]
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11. Gli esiti del procedimento di apertura: a) la rinuncia alla domanda
Se diversa è l’articolazione del procedimento di apertura a seconda della domanda avanzata, diverso sarà pure l’esito a seconda della procedura alla quale si domanda di accedere. Anzitutto, un esito del tutto particolare e innovativo rispetto all’attuale legge fallimentare è quello previsto dall’art. 43 ed attiene alla possibile rinuncia alla domanda, avanzata ai sensi dell’art. 40, vale a dire la rinuncia alla domanda di accesso ad una delle procedure (liquidatoria o concordataria che sia). In tal caso, l’art. 43, 1° comma, prevede che il procedimento si estingua, assimilando così la fattispecie alla rinuncia agli atti del rito ordinario (art. 306 c.p.c.). A differenza della rinuncia agli atti del rito ordinario, però, qui si esclude che vi sia bisogno dell’accordo di tutte le parti costituite; superando, così, il diverso orientamento seguito attualmente dalla giurisprudenza fra la rinuncia [continua ..]
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12. (Segue): b) l’apertura del concordato preventivo e l’omologazione del concordato o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti
Altro esito possibile è l’ammissione al concordato preventivo. Ebbene, nel caso di domanda di apertura del concordato, l’art. 47 prevede che venga disposta l’apertura della procedura con decreto, reclamabile dinanzi alla Corte d’appello nel termine di 15 giorni dalla comunicazione; Corte d’appello che, sentite le parti, provvede anch’essa in camera di consiglio con decreto motivato, applicando gli artt. 737 e 738 c.p.c. (4° comma dell’art. 47). Stabilisce, infine, l’ultimo comma dell’art. 47 che la domanda di accesso al concordato preventivo può essere riproposta, dopo il decorso del termine per il reclamo, ma solo quando sopravvengano nuove circostanze. Se la proposta è approvata dai creditori, si passa all’omologazione del concordato preventivo, che avverrà con sentenza all’esito di un procedimento in camera di consiglio, destinato a verificare «la regolarità della [continua ..]
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13. (Segue): c) l’apertura della liquidazione giudiziale
Infine, sempre con sentenza il Tribunale si pronuncia, ai sensi dell’art. 49, ove accolga la domanda di apertura della liquidazione giudiziale, ovviamente sempre che ne ricorrano i presupposti soggettivi e oggettivi. Anche in questo caso aggiunge il 4° comma dell’art. 49 che la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione, ai sensi dell’art. 133, 1° comma, c.p.c., ovvero dalla data del deposito nella cancelleria del Tribunale che l’ha pronunciata, mentre gli effetti nei confronti di terzi cominciano a decorrere – nel rispetto del principio di pubblicità – dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese. In caso di rigetto della stessa domanda di liquidazione giudiziale, invece, il Tribunale provvede con decreto motivato (art. 50, 1° comma), reclamabile entro 30 giorni dalla comunicazione davanti alla Corte d’appello, che provvede anch’essa con [continua ..]
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14. Le impugnazioni avverso le decisioni assunte all’esito del procedimento di apertura
Uno dei principi e criteri direttivi di natura processuale, contenuti nell’art. 2, 1° comma, lett. d), legge delega n. 155/2017, faceva riferimento – come abbiamo visto (retro, par. 2) – all’esigenza che il legislatore provvedesse ad armonizzare il sistema delle impugnazioni «con particolare riguardo all’efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologazione del concordato». La ragione per la quale il legislatore delegante chiedeva l’armonizzazione del sistema delle impugnazioni è abbastanza nota. Lo specifico riferimento della legge delega è alla sentenza di revoca del fallimento in sede di reclamo davanti alla Corte d’appello, adita ai sensi dell’art. 18 L. Fall., e, rispettivamente, al provvedimento di revoca dell’omologazione del concordato preventivo da parte della stessa Corte d’appello, adita ai sensi [continua ..]
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15. La sospensione di efficacia della sentenza impugnata
Per quanto riguarda la sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, l’art. 52 stabilisce – in modo nuovo rispetto all’art. 19 dell’attuale legge fallimentare – che «proposto il reclamo, la Corte d’appello, su richiesta di parte o del curatore, può, quando ricorrono gravi e fondati motivi, sospendere, in tutto o in parte o temporaneamente, la liquidazione dell’attivo, la formazione dello stato passivo e il compimento di altri atti di gestione. Allo stesso modo può provvedere, in caso di reclamo avverso la omologazione del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti, ordinando l’inibitoria, in tutto o in parte o temporanea, dell’attuazione del piano o dei pagamenti». Sebbene il 3° comma dell’art. 52 preveda che l’istanza per la sospensione vada proposta per il reclamante con il reclamo e per le altre parti con l’atto di costituzione in [continua ..]
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16. La decorrenza degli effetti della revoca della sentenza impugnata con il reclamo
Quanto alla decorrenza degli effetti della revoca della sentenza impugnata, se ne occupa l’art. 53, distinguendo a seconda che ad essere revocata sia la sentenza che ha disposto l’apertura della liquidazione giudiziale (1°-4° comma) o quella che ha omologato il concordato o gli accordi di ristrutturazione dei debiti (5°-6° comma). Partiamo dalla prima ipotesi, quella della revoca in sede di reclamo della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale. Anzitutto, in tal caso, restano comunque salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura. E ciò in piena continuità con quanto attualmente previsto dall’art. 18 L. Fall. Aggiunge, tuttavia, il 1° comma dell’art. 53 che «gli organi della procedura restano in carica, con i compiti previsti dal presente articolo, fino al momento in cui la sentenza che pronuncia sulla revoca [quella di decisione del reclamo] passa in giudicato». E quali [continua ..]
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17. Le misure di deterrenza del reclamo
Merita di essere segnalata, infine, una novità importante in funzione di deterrenza dei reclami. Al 15° coma dell’art. 51, infatti, si stabilisce che, salvo quanto previsto nell’art. 96 c.p.c., comunque la Corte d’appello con la sentenza con la quale decide il reclamo deve dichiarare se la parte soccombente (rispetto al reclamo) ha agito o resistito con mala fede o colpa grave e, in tal caso, deve revocare con efficacia retroattiva l’eventuale provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ancora: in caso di società o enti, la stessa Corte d’appello deve dichiarare se sussista la mala fede del legale rappresentante della società o dell’ente che ha conferito la procura e, in caso positivo, lo condanna in solido con la società o l’ente al pagamento delle spese processuali e al pagamento di una somma pari al doppio del contributo unificato. Si legge nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 14/2019 [continua ..]
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18. Considerazioni conclusive
Volendo fare alcune considerazioni conclusive sulla disciplina del procedimento di apertura che si rinviene nel CCI, si può dire, anzitutto, che il legislatore delegato – parlando di procedimento “unico” o “unitario” – in realtà promette molto più di quel che poi in effetti mantiene. Nella sostanza, infatti, abbiamo visto come ciò a cui egli mira è la riunione degli eventuali molteplici procedimenti, utilizzando, a seconda dei casi, l’art. 39, 2° comma, o l’art. 273 c.p.c. Strumenti, questi, che a dire il vero sarebbero stati utilizzabili anche senza che il legislatore delegato avesse espressamente previsto la riunione dei procedimenti nell’art. 7 del CCI. Tra l’altro, come già evidenziato, lo stesso legislatore delegato, che pure manifesta un certo favor per la riunione, poi omette di indicare come si dovrà procedere al mutamento del rito a seguito della [continua ..]
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