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Accordo del sovraindebitato: gli atti in frode, la semantica e il progressivo avvicinamento al concordato preventivo
Davide De Filippis, Assegnista di ricerca in Diritto commerciale nell’Università di Bari “LUM”
Il provvedimento del Tribunale di Pescara delimita i poteri attribuiti al giudice chiamato a decidere sull’ammissibilità dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento in presenza di atti commessi in frode ai creditori. Procedendo in controtendenza rispetto a precedenti arresti giurisprudenziali, la decisione esclude, in tale fase, un vaglio quando il debitore abbia denunciato la commissione dell’atto fraudolento. In questa specifica tipologia di soluzione della crisi, a parere della Corte di merito di Pescara, il giudice deve svolgere esclusivamente un’attività di accertamento, giammai di verifica.
The provision of the Court of Pescara delimits the powers attributed to the judge called to decide on the admissibility of the settlement agreement of the over-indebtedness crisis in the presence of acts committed in fraud to creditors. Going against the trend of previous decisions, the court ruling excludes, at this stage, a check when the debtor has reported the commission of the fraudulent act. In this kind of solution to the crisis, the court must carry out only an assessment and not a verification activity.
Keywords: over-indebtedness – acts of fraud – arrangement with creditors
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Commento
Sommario:
1. La vicenda giudiziaria - 2. I precedenti difformi: critica - 3. Il ruolo della semantica nel ragionamento del giudice pescarese - 4. Il progressivo avvicinamento dell’accordo al concordato preventivo - 5. L’oggetto dell’accertamento: l’“atto” e la “frode” - 6. Qualche suggestione conclusiva - NOTE
1. La vicenda giudiziaria Un imprenditore agricolo, trovandosi in una situazione di sovraindebitamento, decideva di depositare una proposta di composizione della crisi ex artt. 6 ss. della L. 27 gennaio 2012, n. 3, con contestuale deposito dell’attestato di fattibilità del piano. La proposta dell’imprenditore sovraindebitato consisteva, partitamente, nella prosecuzione indiretta dell’attività d’impresa e la liquidazione di gran parte del compendio aziendale e dell’intero (e ingente) patrimonio personale. Nella proposta il debitore non si sottraeva – come, del resto, la legge prescrive – dall’indicare il compimento, quasi cinque anni addietro, di un atto di donazione di due beni immobili ai propri figli, specificando, tra l’altro, che l’atto di disposizione in questione era stato posto in essere nell’ambito di una transazione stipulata per porre fine ad una controversia insorta parecchio tempo prima. A proposito di [continua ..]
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2. I precedenti difformi: critica Colpisce, innanzitutto, come la decisione del giudice pescarese si ponga in sostanziale distonia con i precedenti editi in argomento. Difatti, in presenza di un atto fraudolento commesso dal debitore nel quinquennio precedente alla proposizione della domanda, l’orientamento costante della giurisprudenza di merito si segnala per essere – tendenzialmente (ma v. infra) – sfavorevole alla qualificazione in termini di ammissibilità della proposta di accordo. In precedenti occasioni, la giurisprudenza [2] è parsa alquanto unitaria nel trattare allo stesso modo le tre diverse soluzioni della crisi del sovraindebitato [3]; e ciò nonostante le (oggettive) differenze sul piano letterale. Per le tre fattispecie (accordo di composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio), le proposizioni normative appaiono formulate in modo non completamente sovrapponibile. Per l’art. 10, 3° comma, L. n. 3/2012 (dettato per [continua ..]
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3. Il ruolo della semantica nel ragionamento del giudice pescarese Facendo leva proprio sulla portata dei vocaboli adoperati (accertata, nell’art. 10, e verificata, negli artt. 12-bis e 14-quinquies), il giudice pescarese perviene ad una decisione innovativa, che pare inaugurare un contrario indirizzo giurisprudenziale. Invero, ancora prima della decisione che si annota, era stato osservato [7] come, mentre gli atti in frode sono invocati quale requisito di ammissibilità del piano del consumatore e della liquidazione del patrimonio, nell’accordo tali atti debbono emergere in corso di procedura per essere rilevanti ai fini dell’ammissibilità. In questa prospettiva, sarebbe proprio il diverso lessico adoperato dal legislatore ad acquisire una valenza determinante: (i) nel piano del consumatore e liquidazione del patrimonio, la verifica identificherebbe l’esigenza di stabilire il grado di responsabilità del debitore riguardo alla genesi e alla gestione delle proprie obbligazioni. In tal caso, [continua ..]
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4. Il progressivo avvicinamento dell’accordo al concordato preventivo Sotto questo profilo, il convincimento del giudice pescarese si rafforza in virtù del parallelismo dallo stesso operato tra l’accordo del sovraindebitato e il concordato preventivo. Più nello specifico, si guarda a una recente pronuncia del Giudice di legittimità [13] per trarne qualche rilievo utile per l’indagine condotta. L’arresto citato dal giudice, pur occupandosi di una questione diversa (l’ammissibilità della moratoria ultrannuale per i creditori privilegiati nel piano del consumatore), viene invocato mercé l’affermazione, ivi contenuta, secondo cui «è netta nella disciplina normativa la similitudine con l’istituto del concordato preventivo. La composizione della crisi difatti è una procedura che mira all’omologazione giudiziale di una proposta di accordo, che il debitore in stato di sovraindebitamento, non suscettibile di essere dichiarato fallito (art. 1 L. Fall.), [continua ..]
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5. L’oggetto dell’accertamento: l’“atto” e la “frode” Un’affermazione di questo tipo merita adeguata ponderazione, potendosi altrimenti ingenerare qualche equivoco, specialmente ove non si inquadri correttamente l’estremo del paragone di cui si sta ragionando, ovvero l’atto in frode. E, al fine di una migliore intelligenza di quest’ultimo, sul piano (ancora una volta) ermeneutico appare più conveniente esaminare separatamente l’atto, da una parte, e la frode, dall’altra. In effetti, l’oggetto dell’accertamento del giudice all’udienza fissata con il decreto di cui all’art. 10, 2° comma, L. n. 3/2012 è rappresentato da «iniziative o atti in frode ai creditori», palesandosi – già a primo acchito – un ambito di indagine più vasto di quello previsto dall’art. 173 L. Fall., che si riferisce (testualmente) ai soli «atti in frode»; diversamente, per l’accordo con i creditori [23], facendosi [continua ..]
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6. Qualche suggestione conclusiva Accingendoci alle battute conclusive, è difficile resistere a una tentazione, vale a dire provare a misurare le conclusioni cui si è pervenuti a proposito dell’inquadramento degli atti in frode all’interno della disciplina dell’accordo con il trattamento dei medesimi atti nell’ambito dell’omologa fattispecie che, a partire dall’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza [45], andrà a sostituirla. Prima, tuttavia, appare utile svolgere qualche considerazione di carattere generale. Con la recente sopravvenienza normativa, può in effetti dirsi portato a coronamento quel percorso di progressivo avvicinamento, che si è enucleato nei paragrafi precedenti, dell’accordo con i creditori verso il concordato preventivo. Già volgendo lo sguardo ai profili nominalistici, la scelta del legislatore di optare per la denominazione di concordato minore conferma la stretta [continua ..]
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NOTE