Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Concordato preventivo e administration tra eteronomia e contrattualismo “asimmetrico” nella gestione dell'impresa in crisi (di Attilio Altieri, Assegnista di ricerca in Diritto commerciale nell’Università di Foggia)


L’articolo si occupa dell’administration, procedendo ad una comparazione con il concordato preventivo, anche alla luce del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. In particolare, il confronto con l’administration tenta di porre in luce come la gestione della crisi d’impresa sia governata da un contrattualismo “asimmetrico” con tracce di eteronomia.

The papers deals with the Administration procedure, making a comparison with the Italian composition with creditors, also in the light of the new Italian insolvency code. In particular, the comparison with the administration attempts to highlight how the management of the business crisis is ruled by an “asymmetric” contractualism with a sign of heteronomy.

Keywords: arrangement with creditors – insolvency – restructuring

SOMMARIO:

1. Concordato preventivo e contrattualismo anglosassone nel diritto del­l’impresa in crisi - 2. L’administration come modello - 3. Analisi della disciplina dell’administration. Natura e funzione - 3.1. Presupposti e apertura della procedura - 3.2. Gli effetti dell’apertura dell’administration - 3.3. (Segue): effetti dell’administration sull’organizzazione sociale - 3.4. Poteri, doveri, status e responsabilità dell’administrator - 4. Conclusioni - NOTE


1. Concordato preventivo e contrattualismo anglosassone nel diritto del­l’impresa in crisi

È opinione oramai consolidata che la crisi dell’impresa possa trovare nella soluzione negoziale l’alternativa alla regolazione autoritativa dell’insolvenza principalmente attraverso il concordato preventivo [1]: non solo per i ripetuti interventi legislativi [2], ma anche per la tendenziale “privatizzazione” di tale istituto del diritto concorsuale [3]. Come noto, il concordato preventivo mira a dettare una nuova regolamentazione dei rapporti con i creditori, risolvendosi in una serie di modifiche dei diritti di questi ultimi, sotto la “sorveglianza” dell’autorità giudiziaria, la quale è chiamata ad esprimere, in sede di omologazione, un giudizio di conformità alla legge [4]. Infatti, a partire dalla riforma del 2005, si è assistito alla «spiccata valorizzazione dell’autonomia privata» con uno «spostamento del baricentro dall’eterotutela giudiziale dei creditori alla loro autotutela informata» [5]. Così, «l’onda lunga dell’au­tonomia negoziale» [6] ha portato gran parte della dottrina e della giurisprudenza a rileggere in chiave privatistica la procedura concordataria, fino a ricondurla alla categoria del negozio o del contratto, facendo leva sulla centralità del piano di concordato [7] e sul “mero” controllo di legalità del giudice [8]. In verità, depurando il concordato preventivo dalla componente negoziale o contrattuale [9] e attribuendogli solo il carattere dell’autonomia [10], inserito all’interno degli atti programmatici [11] e definito come «accordo procedimentale» [12] può recuperarsi il corretto utilizzo del piano di concordato [13] che deve mirare a realizzare «il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio» (art. 84, 1° comma, c.c.i.) [14]. Ciò deve essere inserito all’interno di una procedura concorsuale a rilevanza collettiva [15] – il concordato preventivo [16] – dove giocano un ruolo fondamentale il commissario giudiziale [17] e il tribunale [18], che si insinuano costantemente nella dialettica tra debitore concordatario e creditori. In particolare, volgendo l’attenzione all’imprenditore, si assiste ad un soggetto [continua ..]


2. L’administration come modello

Oltre alle ragioni appena elencate, appare utile indagare l’administration per una ulteriore serie di considerazioni: nonostante le similitudini con il concordato preventivo [35], nella letteratura il relativo riferimento comparatistico è poco noto [36] essendo stato maggiormente approfondito il progenitore statunitense, ovvero il Chapter 11 [37]; inoltre, l’administration nell’Insolvency law, come si analizzerà infra, prevede la possibilità in capo all’autorità giudiziaria, per il tramite di un soggetto nominato in seno alla procedura, di condurre l’impresa in questione verso un risanamento oppure verso una inevitabile liquidazione. Quest’ultima previsione sembra echeggiare due incisi normativi che coinvolgono direttamente l’ordinamento italiano: anzitutto l’art. 6, 1° comma, lett. l) della legge delega n. 155/2017, ove è prevista la «possibilità per il tribunale di affidare ad un terzo il compito di porre in essere gli atti necessari all’esecuzione della proposta concordataria». Come già precisato, tale norma è stata recepita dal legislatore delegato attraverso la formulazione dell’art. 118 c.c.i., seppure solo in chiave rimediale, confermando l’ipotesi già prevista nell’art. 185 L. Fall. [38]. Il secondo rimando è contenuto nella Direttiva 2019/1023/UE, [39] considerando nn. 30 e 31, dove viene sottolineata l’importanza della figura del “professionista nel campo della ristrutturazione” [40], soprattutto quando «il debitore beneficia di una sospensione generale delle azioni esecutive individuali», e all’art. 5, par. 2, dove viene ribadito che «Ove occorra, la nomina da parte dell’autorità giudiziaria o amministrativa di un professionista nel campo della ristrutturazione è decisa caso per caso, eccetto in determinate situazioni in cui gli Stati membri possono richiedere sempre la nomina obbligatoria di tale professionista» [41]. Fra i differenti procedimenti di Insolvency [42], l’administration rileva, oltre che per la sua vicinanza concettuale al concordato preventivo, anche perché essa, insieme all’administrative receivership e alla liquidation, prevede la nomina di un soggetto estraneo per la gestione dell’attività d’impresa da parte del tribunale; [continua ..]


3. Analisi della disciplina dell’administration. Natura e funzione

L’administration [45], a differenza dell’administrative receivership [46], è un procedimento di collective insolvency, creato al fine di promuovere la cd rescue culture [47], consegnando gli affari della società nelle mani di un amministratore (administrator), a cui è affidato il compito di promuovere gli interessi del ceto creditorio, attraverso il salvataggio della società as a going concern o, nel caso in cui ciò non sia possibile, attraverso il raggiungimento di un risultato più vantaggioso per i creditori di quello che avrebbero ottenuto con una procedura di liquidazione immediata [48]. La procedura di administration è stata introdotta per la prima volta dal­l’Insolvency Act del 1986 a seguito di una raccomandazione del Cork Committee [49]. Successivamente è stato modificato dall’Enterprise Act del 2002, che ha allargato i confini della procedura di administration. Fra le principali novità vanno segnalate: la possibilità per le società di accedere alla procedura di propria iniziativa e senza un provvedimento giudiziale [50]; l’eliminazione della facoltà per gli obbligazionisti di bloccare l’administration con la concomitante sospensione dell’esercizio di alcune prerogative [51]; in terzo luogo, viene precluso all’administrator di far ricorso all’administration al solo scopo del riparto dell’attivo ai creditori secured o privilegiati (con le dovute eccezioni) [52]. Lo scopo dell’administration è cristallizzato dal Sch B1 para 3 IA 1986. Nello specifico, “rescuing the company as a going concern” è l’obiettivo principale del­l’administration [53]: l’attenzione è sul soccorso o salvataggio della società come entità legale, come soggetto giuridico, anche se il concetto viene rappresentato in termini aziendalistici [54]. In pratica, una volta che la procedura di administration risulti terminata, la società dovrebbe riemergere in una posizione tale da condurre l’attività di impresa in condizioni tali da garantire la continuità aziendale. È da notarsi che non c’è alcun riferimento al fatto che il valore di avviamento debba essere lo stesso di quello che la società aveva prima di entrare in administration [55]. In ogni caso, il [continua ..]


3.1. Presupposti e apertura della procedura

L’administrator di una società è un soggetto nominato in base al Schedule B1 dell’Insolvency Law Act 1986 (IA 1986), al fine di occuparsi degli affari della società, della sua attività e proprietà. Con la nomina dell’administrator la società entra formalmente in “administration” e conserva questo status fino alla cessazione del­l’incarico da parte dello stesso [70]. Ci sono tre diversi modi attraverso i quali l’in­carico può essere conferito: il primo è attraverso il provvedimento di un tribunale, il secondo è effettuato tramite il possessore di un qualifying floating charge [71] e il terzo è tramite la stessa società di capitali (per volontà dei soci o degli amministratori) [72]. Mentre il primo metodo corrisponde ad una procedura basata su di un court order, le altre due seguono una “out-of-court route” e il tribunale è destinatario di una semplice notifica della nomina. Nessuno può ricevere un incarico di administrator senza che sia un authorised insolvency practitioner qualified to act in relation to the company [73]. In ogni caso, a prescindere dalla fonte della nomina, l’administrator è un ausiliario del tribunale (officer of the court) [74]. Quando l’administration si basa sul court order, il tribunale può emettere un provvedimento di administration solo se è certo o almeno probabile che la società non sia in grado di pagare i suoi debiti [75]. Il criterio adottato dal tribunale per la verifica di questo requisito è il balance of probabilities [76]. Nell’out-of-court route, bisogna distinguere a seconda che la nomina sia stata fatta dalla società stessa o dai possessori di un qualifying floating charge: nel primo caso, la società deve essere in stato di insolvenza o prossima ad esso e non essere sottoposta ad altre procedure concorsuali [77]; nel secondo caso, è necessario semplicemente che la società sia inadempiente in riferimento al floating charge [78]-[79], non essendo necessario che la società sia in uno stato di insolvenza (o prossima ad esso) [80]. In riferimento a quest’ultima ipotesi, vi sono alcune prerogative di cui gode il possessore di un quolifying floating charge: anzitutto, egli può nominare l’admi­nistrator [continua ..]


3.2. Gli effetti dell’apertura dell’administration

Una volta che la società entra in administration si verifica una serie di conseguenze immediate che, seppur molto diverse l’una dall’altra, derivano fondamentalmente dalla moratoria legale (statutory moratorium): essa consente all’admini­strator di avere il tempo necessario per formulare la sua proposta [96]. Se, da una parte, la moratoria legale impone il divieto di presentare istanze concorsuali concorrenti nei confronti della società (come, ad esempio, la liquidation o il winding-up), dall’altra parte essa non libera la società dall’obbligo di esecuzione dei contratti in essere o dall’adempimento delle altre obbligazioni; tantomeno, la moratoria legale non ha l’effetto di bloccare le iniziative satisfattive dei creditori privilegiati della società a danno dei creditori chirografari [97]. Volgendo l’attenzione agli effetti per i creditori della società, durante l’admini­stration di una società, “no step may be taken to enforce security over the company’s property except with the consent of the administrator or permission of the court” [98]. La giurisprudenza [99] ha dimostrato di interpretare tale previsione in maniera estensiva nella prospettiva di garantire all’administrator la buona riuscita dello scopo per il quale è stato nominato [100]. Sch B1 Para 43(2)-(5) IA 1986 stabiliscono ampie limitazioni ai diritti dei creditori privilegiati e dei proprietari di beni in possesso della società [101]. Sch B1 para 43(3) IA 1986 impedisce di pignorare i beni in possesso della società sottoposti ad un accordo di vendita con patto di riservato dominio (hire purchase agreement), che includa qualsiasi conditionale sale agreement [102], chattel leasing agreement [103] o retention of title agreement [104]. Sch B1 para 43(6) IA 1986 impedisce l’avvio o la prosecuzione di “legal process […] against the company or property of the company”. È pacifico che il significato di ‘legal process’copra una serie di attività oltre che procedimenti legali, esecutivi, sequestri e la diligence [105]. Infatti, oggi si accoglie, anche grazie al novellato disposto legislativo, un’interpretazione estensiva [106]. Durante il periodo di administration [107], tutta la documentazione sociale [108], compreso il sito web, [continua ..]


3.3. (Segue): effetti dell’administration sull’organizzazione sociale

La nomina di un administrator non comporta automaticamente la cessazione dai vari incarichi da parte della dirigenza della società (directors e secretary). Sia da un punto di vista normativo che empirico, però, la posizione degli officers of a company cambia in maniera considerevole. La dirigenza della società ha ancora l’obbligo di redigere adeguate relazioni (‘returns’) per il registrar of companies ed anche di occuparsi di altre materie come la redazione del bilancio [128]. In termini pratici, il ruolo della dirigenza è assottigliato poiché dopo la nomina, l’administrator, agendo come rappresentante e mandatario della società, con il potere di compiere quanto necessario per la gestione degli affari, dell’attività d’impresa e del patrimonio, è effettivamente il responsabile della società e dei suoi affari [129]. Gli officers of the company hanno, senza dubbio, il diritto di rassegnare le dimissioni dai loro incarichi. Lo IA 1986 stabilisce espressamente che ogni potere conferito alla società o ai suoi amministratori, che potrebbe interferire con il lavoro dell’administrator, non è esercitabile, a meno che non vi sia il consenso – generico o relativo solo a casi particolari [130] – da parte dello stesso administrator [131]. Quindi, gli amministratori di società non sono autorizzati ad ingerirsi nella conduzione dell’attività d’impresa a meno che non vi sia il benestare dell’administrator [132]. Vista la generica funzione attribuita all’administrator dall’IA 1986 di gestire la società [133], sarà abbastanza inusuale per un administrator dare un indefinito consenso agli amministratori nella prosecuzione dell’esercizio dei loro poteri e/o compiti. Tuttavia, potrebbero presentarsi delle occasioni nelle quali l’administrator dovrebbe concedere una delega di limitati poteri e compiti ad uno o a più soggetti della dirigenza della società, confinandone l’operatività al perseguimento di specifici scopi. L’approccio adottato dall’administrator varierà in base alle circostanze del particolare caso preso in considerazione [134]. Indubbiamente l’administrator ha facoltà di richiedere direttive al tribunale in merito alla convenienza o meno di consentire agli amministratori di [continua ..]


3.4. Poteri, doveri, status e responsabilità dell’administrator

Volgendo l’attenzione all’administrator [144], vera figura centrale della procedura, può sinteticamente affermarsi che egli si presenta con una sorta di volto “tricefalo”, svolgendo una serie di compiti sia in qualità di ausiliario del giudice sia di agent della società sia di trustee nell’interesse dei creditori: ciò è deducibile in base all’IA 1986, dove l’administrator ha a disposizione un’ampia gamma di poteri per gestire gli affari, l’attività d’impresa e il patrimonio della società per la quale è stato nominato. Tale sua peculiarità risponde al carattere prettamente ibrido che l’administra­tor riveste, dovendo lo stesso gestire la società da terzo estraneo, all’interno di una procedura concorsuale e nella costante ottica di salvaguardare l’impresa piuttosto che la società [145]. Le fonti normative si rintracciano non soltanto nella Schedule 1 IA 1986 [146], ma anche nella Schedule B1 paragraph 59(1) the statuisce che egli possa fare “anything necessary or expedient for the management of the affairs, business and property of the company”. Ciascuno degli specifici poteri enucleati nella Schedule 1 non influisce sulla portata dei poteri specifici di cui al paragrafo 59(1) [147]. Vi sono due importanti limiti da considerare [148]: innanzitutto, nonostante l’ampiezza del potere gestorio conferito ad un administrator dall’IA 1986, nello svolgimento delle sue funzioni, l’administrator agisce principalmente come “agent of the company” [149], anche quando interpreta gli altri due ruoli (di ausiliario e di trustee); in secondo luogo, l’administrator deve svolgere le sue funzioni seguendo uno dei tre obiettivi del procedimento di administration [150], evidenziando quello concretamente perseguito nella dichiarazione di cui alla Sch B1 para 49 IA 1986 [151]. Si procederà a razionalizzare i poteri e i doveri dell’administrator seguendo tale tripartizione, al fine di comprenderne meglio la natura [152]. Come ausiliario del giudice, l’administrator deve rispettare le indicazioni impartitegli dal tribunale riguardanti la gestione degli affari, dell’attività e del patrimonio dell’impresa sottoposta ad administration, nel momento in cui egli inoltra una richiesta al [continua ..]


4. Conclusioni

Questo itinerario all’interno della procedura di administration può portare l’in­terprete a qualche considerazione conclusiva circa le peculiarità del modello anglosassone se accostato al concordato preventivo. È stato affermato che l’admini­stration rappresenterebbe una «genuina valorizzazione dell’autonomia negoziale della crisi d’impresa» [206]; in verità, a differenza del concordato [207], la composizione degli interessi, soprattutto volgendo lo sguardo alla posizione dell’imprenditore-de­bitore, assume la tecnica di «etero-regolazione di interessi collettivi» [208], operata dall’administrator e orientata, per tutto il corso della procedura, da “the statutory duty”. Sul piano degli strumenti si rintraccia una similitudine con il “nuovo” concordato previsto dal legislatore del c.c.i.: per l’administration, la scala gerarchica prevede come modalità primaria la prosecuzione dell’attività d’impresa e solo in via residuale sono previste attività liquidatorie da parte dell’administrator; per il “nuovo” concordato preventivo, la continuità aziendale diviene elemento centrale, modalità principale, «se non di fatto esclusiva» [209]. Non a caso, entrambe le procedure condividono una sorta di pronostico sull’attività futura: l’administrator attraverso la formulazione delle proposals e, nel nostro ordinamento, il debitore proponente (o il terzo, nel caso di proposte concorrenti) attraverso la redazione del piano di concordato (artt. 160 L. Fall. e 87 c.c.i.). Quindi, anche l’admi­nistration appare colpita da quel vizio di metodo che si risolve, in ogni caso, in un vaticinio sul possibile esito (fausto o infausto) della procedura. Infatti, sia le proposals che il piano di concordato si appoggiano ad una apparente discrezionalità da parte del soggetto proponente che in realtà si rivela condizionata da più fattori, tra i quali rileva la circostanza che il salvataggio deve avvenire solo ed esclusivamente se ciò porta qualche beneficio ai creditori [210]. Sulla stessa scia si pone la c.d. detipizzazione dei contenuti del piano e della proposta concordataria, operata dagli artt. 160 L. Fall. e 84 c.c.i. [211], sebbene la stessa debba essere validata da un professionista [continua ..]


NOTE