Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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I gruppi di imprese nella regolazione della crisi e dell'insolvenza. Appunti (di Gabriele Racugno, Professore ordinario f.r. di Diritto commerciale nell’Università di Cagliari)


Con un linguaggio assertivo, piuttosto che problematico, l’A. illustra la disciplina generale della regolazione della crisi e dell’insolvenza nei gruppi di imprese, soffermandosi, preliminarmente, sulla nozione di gruppo e sui connotati qualificatori. Esamina quindi i passaggi che scandiscono a) il piano attestato di risanamento, b) gli accordi di ristrutturazione dei debiti, c) il concordato preventivo e d) la liquidazione giudiziale, anche con riferimento alle azioni revocatorie, alle azioni di responsabilità ed alla postergazione dei crediti.

With an assertive rather than problematic language, the author illustrates the general discipline of crisis regulation and insolvency in groups of companies, focusing first on the notion of a group and on the qualifying features. The author, then, examines the passages that mark a) the certified recovery plan, b) the debt restructuring agreements (accordi di ristrutturazione dei debiti), c) the arrangement with creditors (concordato preventivo) and d) the judicial liquidation, also with reference to the revocatory actions, the liability actions and the credit deferral.

Keywords: revocatory action – bankruptcy revocatory action – groups of companies – company crisis – groups insolvency – recovery plan – restructuring agreements – arrangement with creditors – mandatory liquidation – action for damages – subordinate status of loans

SOMMARIO:

1. Genesi delle nuove norme - 1.2. Le norme europee - 1.3. I precedenti normativi italiani - 1.4. Il consolidamento procedurale - 2. Il gruppo di imprese - 2.2. Definizione - 2.3. Problemi - 3. Il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione e il piano attestato di gruppo - 3.2. Accordi di ristrutturazione dei debiti - 3.3. Piano attestato - 3.4. Procedimento e regole - 3.5. La domanda - 3.6. La trasparenza informativa - 3.7. Finanziamenti e prededuzione - 3.8. Funzione del piano - 3.9. L’attestazione - 3.10. Pubblicazione - 3.11. Il piano concordatario - 3.12. L’obiettivo primario della tutela dei creditori - 3.13. Atti di frode - 3.14. L’omologazione - 3.15. Le opposizioni - 4. Il procedimento di concordato di gruppo - 4.2. Le votazioni - 4.3. L’approvazione - 4.4. L’omologazione - 4.5. Esecuzione del concordato e operazioni straordinarie - 4.6. La risoluzione e l’annullamento - 5. La liquidazione giudiziale - 5.2. L’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori - 5.3. Lo stato passivo - 5.4. L’accesso alla procedura - 5.5. Tribunale competente - 5.6. Concordato nella liquidazione giudiziale - 5.7. L’estensione della procedura - 5.8. Procedure concorsuali autonome di imprese appartenenti allo stesso gruppo - 6. Procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza di imprese appartenenti ad un gruppo - 7. Azioni di inefficacia fra imprese del gruppo - 7.2. La revocatoria ordinaria - 8. Azioni di responsabilità e denuncia di gravi irregolarità di gestione - 8.2. Recita l’art. 291 - 8.3. L’art. 291, 2° comma: 2. Il curatore è altresì legittimato a proporre, nei confronti di amministratori e sindaci delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, la denuncia di cui all’art. 2409 c.c. - 9. La postergazione del rimborso dei crediti da finanziamenti e garanzie - 9.2. La postergazione - 9.3. L’inefficacia dei rimborsi - 10. Nota bibliografica - NOTE


1. Genesi delle nuove norme

1.1. Introduzione Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), in seguito il Codice – in attuazione dell’art. 3 della L. 19 ottobre 2017, n. 155, recante “Delega al Governo per la riforma della disciplina della crisi d’im­presa e dell’insolvenza”, portante la previsione del carattere unitario della procedura di gruppo – ha introdotto, al Titolo VI (a sua volta suddiviso in quattro Capi), per la prima volta, Capo I, artt. 284 ss., la facoltà che «più imprese in stato di crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo» possano accedere alla procedura sia di concordato preventivo che di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, al fine precipuo di salvaguardare e assicurare la priorità alla continuità aziendale (going concern) – che è uno degli elementi qualificanti che caratterizza questo Te­sto Unico in materia di crisi di impresa, che ne contiene anche una definizione (art. 84, 2° comma) – come elemento di valore che va a tutti i costi mantenuto, atteso, in generale, lo sfavore dell’ordinamento per il concordato liquidatorio, che presuppone, fra l’altro, l’offerta di una percentuale minima di pagamento ai creditori chirografari (art. 84, 4° comma). Al Capo II il Codice ha inoltre introdotto una disciplina unitaria di “liquidazione giudiziale di gruppo” (artt. 287 ss.). Le nuove norme [1] – per l’esattezza nove – prendono, così, a modello l’impostazio­ne tipica delle scienze aziendali che, per effetto dell’aggregazione in gruppi, considerano l’impresa un’unica organizzazione economico-imprenditoriale, oltre i confini di singoli soggetti giuridici, distinguendo i vari settori legati all’espansione dell’at­tività imprenditoriale oltre i confini della società monade ed i relativi rischi, secondo una visione unitaria dell’organizzazione, mediante la gestione verticistica della catena di controllo. Di qui una specifica disciplina del gruppo insolvente, che vede il permanere dell’unicità della direzione unitaria anche nella fase della crisi, ma al tempo stesso un disinteresse del ruolo dei soci. Queste norme entreranno in vigore il 1° settembre 2021. Resta esclusa dalla applicabilità della disciplina di gruppo [continua ..]


1.2. Le norme europee

Le nuove regole di unificazione procedurale, sottese alla tutela dei creditori e dei soci di minoranza della società del gruppo, si inseriscono nel contesto normativo so­vranazionale che origina dall’intervento riformatore dell’Unione Europea, che ha di­sciplinato il fenomeno delle insolvenze transfrontaliere mediante l’emanazione del Regolamento UE n. 1346/2000, successivamente sostituito dal Regolamento UE n. 848/2015, che definisce “gruppi di società”, un’impresa madre e tutte le sue imprese figlie (art. 2, par. 13) e “impresa madre”, quella che le controlla, direttamente o indirettamente, aggiungendo che tale qualifica è presunta se si redige un bilancio consolidato (art. 2, par. 14). Segue quindi il Regolamento delegato UE n. 451/2016, che individua i criteri legali di coordinamento delle diverse procedure aperte nei diversi Stati membri, sta­bilendo: i) il quadro normativo per la procedura di insolvenza transfrontaliera; ii) l’ap­plicazione ogni volta che il debitore sia titolare di beni e abbia assunto debiti in uno qualsiasi degli Stati membri; iii) l’autorità giudiziaria competente per l’apertura della procedura, distinguendo fra procedura principale, da aprirsi dove il debitore ha la sede principale dei propri affari, e procedura secondaria, dove il debitore ha una sede secondaria. Secondo la Corte di Giustizia ogni soggetto deve essere identificato dalla legislazione domestica e, in ogni caso, costituisce un’entità giuridica soggetta alla sua propria giurisdizione (c.d. separate entity approach). Da ultimo è stata pub­blicata la Direttiva UE 1023/2019, volta a facilitare una maggiore coerenza delle le­gislazioni nazionali (Considerando 7 e 15).


1.3. I precedenti normativi italiani

La legge fallimentare del 1942 non prevedeva, né disciplinava, l’insolvenza di gruppo, che costituiva un fenomeno isolato in una economia prevalentemente agricola. Per converso, attualmente, l’attività di impresa si svolge anche attraverso la ve­ste giuridica del gruppo di società, che meglio consente, mediante questo modello organizzativo di un’attività economica esercitata attraverso più società coordinate e dirette da un unico vertice, di differenziare l’investimento in una prospettiva globale e di ridurre la responsabilità: una forma sempre più utilizzata anche per iniziative economiche di dimensioni medie per meglio competere sul mercato globale. L’attuale disciplina ha un precedente nelle regole sulla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (L. 3 aprile 1979, n. 95 – c.d. legge Prodi, successivamente emendata dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 – c.d. Prodi-bis), poi estesa alla disciplina delle imprese bancarie e assicurative (artt. 98 ss. TUB; 277 ss. cod. ass.). Segue, quindi, il D.L. 23 dicembre 2003, n. 347 (c.d. decreto Marzano), secon­do cui il piano concordatario può essere unico per più società del gruppo. Più precisamente, il concordato può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, il trattamento differenziato per creditori appartenenti a classi diverse, la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori, l’attribuzione ai creditori di azioni o quote od obbligazioni o altri strumenti finanziari, ferma l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. Prima dell’emanazione del Codice, la prassi giurisprudenziale – rappresentata soprattutto della decisioni delle corti di merito – aveva tentato di colmare il vuoto legislativo, riconoscendo legittimazione al concordato di gruppo all’interno dell’or­dinamento giuridico, favorendo così un regime di atipicità della proposta concordataria articolabile secondo uno schema negoziale (art. 1322 c.c.). Le divergenze giurisprudenziali concernevano, in particolare, la necessità di redazione di una pluralità di ricorsi, con il deposito di tanti documenti quante le procedure, o piuttosto la possibilità di procedere con un unico ricorso, con unificazione delle procedure. Entrambe le ipotesi furono peraltro disattese dalla Corte di Cassazione con [continua ..]


1.4. Il consolidamento procedurale

La disciplina in tema di gruppi di imprese dettata dal Codice della Crisi, come è stato evidenziato, è prevalentemente impostata sui meccanismi di consolidamento procedurale, sia attraverso la previsione di un unico ricorso per le domande di ammissione al concordato preventivo di gruppo, di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, come pure con la ammissibilità di un piano unitario di risanamento (art. 284); sia con la previsione di una procedura di liquidazione giudiziale unitaria di gruppo (art. 287), L’art. 284, 3° comma, sancendo il divieto dell’u­nificazione delle masse attive e passive delle imprese del gruppo in crisi o insolvente, ha escluso la possibilità di adozione della soluzione più radicale del consolidamento sostanziale, che presupporrebbe la unificazione delle masse, in contrasto con la distinta soggettività delle società del gruppo. La soluzione “collettiva” non potrà mai essere tale da penalizzare i creditori in misura superiore alle penalizzazioni che subirebbero in caso di singola e autonoma procedura. Secondo la nuova disciplina particolare rilevanza assumono: a) le azioni di inefficacia fra imprese del gruppo (art. 290); b) le azioni di responsabilità e la denuncia di gravi irregolarità di gestione nei confronti di imprese del gruppo (art. 291); c) la postergazione del rimborso dei crediti da finanziamenti infragruppo (art. 292).


2. Il gruppo di imprese

2.1. Codice civile e Codice della Crisi Il gruppo non trova una definizione nel Codice civile, né è prevista una normativa generale sul gruppo societario secondo il modello dell’Aktiengesetz tedesca e della proposta di IX Direttiva CEE. L’art. 2497 c.c. si limita a legittimare l’attività di etero direzione e coordinamento delle varie controllate, a condizione che questa si svolga nel rispetto dei «principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime», ancorché in Italia vi siano 120 mila gruppi, con oltre 300 mila imprese coinvolte. La disciplina non ha quindi come solo presupposto il controllo societario, ma prevede il requisito ulteriore dell’attività di direzione e coordinamento: si tratta di un potere di fatto effettivamente esercitato. L’art. 2497-sexies c.c., al fine di individuare la sussistenza di un gruppo di imprese, ha statuito che «si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell’art. 2359 c.c.». Il combinato disposto dall’art. 25, D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 177 (imprese obbligate a redigere il bilancio consolidato) e dall’art. 2359 c.c. (società controllate) consente di perimetrare l’ambito della presunzione, radicando quest’ultima, il presupposto del controllo, alternativamente, a) alla disponibilità della maggioranza di voti esercitabili nella assemblea ordinaria; b) alla disponibilità di voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; c) alla sussistenza di un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali. Specularmente il presupposto di applicazione della disciplina del consolidamento dei bilanci è costituito, come appena detto, dal rapporto di controllo fra l’impresa che redige detto bilancio e quelle incluse nell’area di consolidamento. Prima chiave di interpretazione è costituita dunque dalla sussistenza dei presupposti per l’obbligatorio consolidamento dei bilanci delle imprese, di quel documento, cioè, che esprime la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico di un gruppo di imprese considerate come un’unica impresa, superando [continua ..]


2.2. Definizione

Prima del Codice l’unica definizione compiuta dal gruppo d’impresa (verticale) si trova nell’art. 60 TUB. Ora il fenomeno è cosi esplicato dall’art. 2, 1° comma, lett. h), del Codice, laddove leggesi che per «gruppo di imprese» si intende l’insie­me delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti locali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies, del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto; a tal fine di presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata: 1) dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci; 2) dalla società o ente che controlla le predette, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto. Un ruolo dirimente riveste la c.d. capogruppo o impresa holding, la quale ha il dovere di operare la gestione dell’impresa nel rispetto della disposizione di cui al­l’art. 2086, 2° comma, c.c. Vale a dire “il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’at­tuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Di qui il potere in capo alla holding (capo gruppo), a mezzo del suo organo amministrativo, di imprimere la direzione unitaria al gruppo, ruolo che può essere assunto da una persona fisica, con la conseguenza che l’accesso al concordato di gruppo potrebbe essere consentito anche al “gruppo di fatto” con al vertice un socio tiranno. La successiva lett. i) del Codice contiene la definizione di «gruppi di imprese di rilevante dimensione», esclusi dall’ambito di applicazione degli strumenti di allerta (art. 12, 4° comma): la dimensione incide sulla competenza per materia. Per aversi gruppo di grandi dimensioni è sufficiente il superamento di due dei tre seguenti parametri consolidati: attivo patrimoniale superiore a 20 m. euro; [continua ..]


2.3. Problemi

Le nuove norme gestiscono una serie di conflitti, che discendono dal bipolarismo tra unità e pluralità che accompagna le imprese di gruppo lungo tutta la loro esisten­za, sia nella fase fisiologica, sia in quella patologica e nella crisi (Scognamiglio): a) fra l’interesse del gruppo e l’interesse delle singole società; b) fra azionisti della società capogruppo e azionisti (solo) di altre società del gruppo; c) fra creditori della società capogruppo e creditori (solo) delle altre società del gruppo. Di qui la regola che le decisioni delle società soggette all’attività di direzione e coordinamento, quan­do dalla holding influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi che hanno determinato l’assunzione di quelle decisioni; delle decisioni deve essere dato adeguato conto nella relazione sulla gestione degli amministratori (art. 2497-ter c.c.).


3. Il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione e il piano attestato di gruppo

3.1. Concordato preventivo Per quanto concerne il concordato preventivo, che costituisce la procedura emblematica volta alla tutela dell’impresa in crisi, il Codice prevede, in particolare – secondo il procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza previsto dall’art. 40 – la possibilità che più imprese in stato di crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo, aventi ciascuna il centro di interessi principali nello Stato italiano, possano presentare con un unico ricorso un “piano unitario ovvero piani reciprocamente collegati e interferenti, invece di un pia­no autonomo per ciascuna impresa” (art. 284, 4° comma), al fine di consentire una gestione unitaria e non atomistica delle imprese appartenenti al gruppo, attesa l’opportunità di evitare la frammentazione delle diverse procedure.


3.2. Accordi di ristrutturazione dei debiti

Relativamente a questi accordi stipulati dall’imprenditore in crisi con i creditori, rappresentanti una maggioranza qualificata di almeno il 60% dell’ammontare complessivo dei crediti, per poter costruire un’effettiva ristrutturazione del debito, per lo più accompagnata da una dilazione – il 2° comma dell’art. 284 richiama gli artt. 57, 60 e 61, che disciplinano la fattispecie e le due varianti degli accordi agevolati (cioè con soglia di adesione dimezzata al 30%) e ad efficacia estesa ai creditori non aderenti. Come per la domanda di concordato può essere presentato un piano unitario ovvero piani reciprocamente collegati e interferenti invece di un piano autonomo per ciascuna impresa. La scelta di limitare il concordato di gruppo o l’accordo di ristrutturazione di gruppo alle sole imprese che ne fanno domanda, senza l’estensione ad altre società o imprese o persone fisiche all’interno del gruppo, discende dalla logica del legislatore di prevedere che il procedimento sia su base esclusivamente volontaria. Spetterà dunque alla capogruppo valutare se, stante la struttura e la conformazione dello specifico gruppo societario, sia opportuno ricorrere ad una procedura unitaria, con esclusione di una corrispondente facoltà di instaurare la procedura in capo ai creditori di una società, a conferma di quanto dispone l’art. 37, 1° comma: “la domanda di accesso a una procedura regolatrice della crisi o dell’insolvenza è proposta con ricorso del debitore”.


3.3. Piano attestato

Inoltre, in applicazione dell’art. 56, che richiama l’art. 284, 5° comma, le imprese di gruppo possono avvalersi di un piano attestato di risanamento di gruppo volto a consentire nella gestione stragiudiziale delle fasi iniziali di crisi di natura finanziaria il risanamento dell’esposizione debitoria di ciascuna impresa e ad assicurare il riequilibrio complessivo della situazione finanziaria di ognuna: il piano unitario ed i piani reciprocamente collegati e interferenti sono rivolti ai rispettivi creditori e (anche se non è detto espressamente) non potranno prescindere da un accordo con gli stessi. La domanda di accesso deve contenere informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le varie società e imprese e avere, come allegato, il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto (come lo si desume dall’art. 289). L’attestazione della veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano da parte di un professionista indipendente, costituisce il segmento centrale del procedimento (art. 56, 4° comma). Trattasi di strumenti tipicamente negoziali, stragiudiziali, predisposti dal debitore senza alcun intervento del giudice, non soggetti a pubblicità. Solo se richiesto dalle imprese debitrici, il piano o i piani sono pubblicati nel registro delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. Il contenuto del piano è indicato all’art. 56, 2° comma. Gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto e devono avere data certa (art. 56, 6° comma). Questi atti compiuti in esecuzione del piano, sono esonerati dall’azione revocatoria sia ordinaria che fallimentare (art. 166, 2° comma, lett. d). Inoltre, il piano attestato comporta la cessazione degli obblighi di segnalazione (interni ed esterni), ovvero la chiusura del procedimento di allerta e di composizione assistita della crisi (art. 12, 9° comma). Piuttosto, il piano attestato è l’unico strumento di regolazione della crisi che non comporta la possibilità di applicazione di alcuna misura protettiva (artt. 54 ss.) e, dunque, rimane la possibilità per i creditori di promuovere le tradizionali azioni esecutive. Inoltre l’istituto non contiene alcuna deroga alla disciplina societaria (art. 64): [continua ..]


3.4. Procedimento e regole

La disciplina generale dei piani attestati di risanamento, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo è contenuta negli artt. 56-120 del Codice. Il Codice, all’art. 44, detta le “formalità” di accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, questi ultimi qualificabili come procedura concorsuale alternativa al concordato preventivo: Cass., 12 aprile 2018, n. 9087. Segue il decreto del tribunale di concessione dei termini per l’accesso al concordato preventivo o per il deposito degli accordi di ristrutturazione (art. 45). Quindi, l’art. 46, regola gli effetti della domanda di accesso al concordato preventivo.


3.5. La domanda

La domanda, sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale (art. 44, 5° comma, e art. 265, 1° comma), deve contenere l’illustrazione delle ragioni di maggiore convenienza, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori delle singole imprese, della scelta di presentare: a) un piano unitario, ovvero b) piani reciprocamente collegati e interferenti oppure c) un piano autonomo per ciascuna impresa (art. 284, 4° comma), ferma restando la necessità di una valutazione della con­venienza del piano (o dei piani) in un’ottica aggregata e non atomistica. Il collegamento o l’interferenza dei piani si realizza quando i piani delle diverse imprese sono tutti parte di un’operazione economica unitaria. In ogni caso il piano o i piani dovranno garantire ai creditori una soddisfazione non inferiore rispetto ad un eventuale piano autonomo. La domanda unitaria di accesso alla procedura, presuppone, come è stato sottolineato, “una decisione della capogruppo condivisa e recepita (e comunque attuata e formalmente assunta) da ciascuna delle altre società del gruppo … ferma restando la necessità di una delibera autonoma per ogni società del gruppo”. Non sembra quindi necessario un mandato alla holding per la presentazione dell’unico ricorso, né tantomeno un preventivo patto fra le imprese del gruppo (Guerrera).


3.6. La trasparenza informativa

Il Codice considera rilevante nella disciplina del gruppo in crisi o insolvente l’interesse alla trasparenza del gruppo: la domanda deve fornire in modo completo e veritiero informazioni analitiche sulla struttura e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti fra le imprese e indicare il registro delle imprese o i registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. Il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto, deve essere allegato al ricorso unitamente alla documentazione prevista, rispettivamente, per l’accesso al concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione, al fine di consentire di fare piena luce sui legami di gruppo (art. 284, 4° comma).


3.7. Finanziamenti e prededuzione

Gli artt. 99 e 101 del Codice regolano i finanziamenti interinali e i finanziamenti ponte “funzionali” alle procedure di concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione dei debiti (su cui infra, par. 9). Il debitore, quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda di concordato o di accordi di ristrutturazione dei debiti, a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma, funzionali all’esercizio dell’attività aziendale, che godranno del be­neficio della prededuzione (art. 99). Ai sensi dell’art. 101, quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, i finanziamenti contratti in esecuzione di una proposta concordataria o di una proposta di ristrutturazione del debito sono prededucibili. Il beneficio della prededuzione si applica anche ai finanziamenti erogati dai soci in qualsiasi forma, inclusi l’emissione di garanzie e controgaranzie, fino all’80% del loro ammontare. Detto limite non sussiste qualora il finanziatore abbia acquistato la qualità di socio in esecuzione del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 102).


3.8. Funzione del piano

Il piano unitario o i piani reciprocamente collegati e interferenti, rivolti ai rispettivi creditori, aventi il contenuto indicato nell’art. 56, 2° comma, devono essere ido­nei a consentire il risanamento della situazione debitoria di ciascuna impresa, ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico-finanziario di ognuna, ed il recupero della continuità aziendale del gruppo unitariamente inteso (art. 284, 5° comma). Ed in particolare: a) il risanamento delle singole società del gruppo in stato di crisi o di insolvenza; b) l’ottimizzazione del soddisfacimento dei rispettivi creditori; c) la tutela, per quanto possibile, della posizione di detentori degli strumenti di capitale.


3.9. L’attestazione

Un professionista indipendente attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano o dei piani, le ragioni di maggior convenienza di un piano unitario o di un piano autonomo per ciascuna impresa, nonché la quantificazione del beneficio stimato per i creditori di ciascuna impresa del gruppo (art. 284, 5° comma). L’atte­stazione deve contenere anche informazioni analitiche sulla struttura e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti fra le imprese del gruppo.


3.10. Pubblicazione

Su richiesta delle imprese debitrici, il piano o i piani sono pubblicati nel registro delle imprese o nei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. Si applica l’art. 289 (art. 284, 6° comma).


3.11. Il piano concordatario

Il piano o i piani concordatari, il cui contenuto può essere più vario, quantificano il beneficio stimato per i creditori di ciascuna impresa del gruppo, anche per effetto della sussistenza di vantaggi compensativi, conseguiti o fondatamente prevedibili (art. 284, 4° comma, seconda parte), derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo, non senza aggiungere il rilievo del maggior valore destinato ad assumere, anche, per l’economia generale, il gruppo risanato per tutti gli stakeholders delle imprese in crisi mediante il salvataggio delle società ed il rientro nel mercato. Il piano o i piani – la cui veridicità dei dati aziendali e della fattibilità costituisce oggetto di attestazione unitaria da parte di un unico professionista indipendente – sono volti a prevedere anche la possibilità, attraverso la valorizzazione dell’autono­mia negoziale che governa la determinazione dei contenuti del piano, di trasferimenti di risorse infragruppo (leciti con il limite che il piano di concordato preveda per le società che attuano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quanto previsto in sede di liquidazione giudiziale), di operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo al servizio del concordato: trasferimenti e operazioni necessari, secondo l’attestazione del professionista indipendente, ai fini della continuità aziendale di alcune imprese e/o alla liquidazione di altre, purché confacenti al miglior soddisfacimento delle ragioni dei creditori di ciascuna impresa del gruppo, di guisa che gli stessi, non solo non siano penalizzati dal piano del gruppo, ma ne trag­gano effetti positivi (art. 285, 2° comma). In caso contrario i creditori che subiscono effetti pregiudizievoli dalle operazioni infragruppo potranno far valere il pregiudizio arrecato alle rispettive società esclusivamente attraverso l’opposizione all’omo­logazione del concordato di gruppo (art. 285, 3° comma). Il piano concordatario o i piani concordatari di gruppo possono prevedere la liquidazione di alcune imprese e la continuazione dell’attività di altre imprese del grup­po. Per l’applicazione della sola disciplina del concordato in continuità è necessario che, confrontando i flussi complessivi derivanti dalla continuazione dell’attività con i flussi complessivi della [continua ..]


3.12. L’obiettivo primario della tutela dei creditori

Il miglior soddisfacimento dei creditori costituisce il costante punto di riferimento della salvaguardia della continuità aziendale e l’obiettivo dell’azione della società, principio d’altronde già recepito per il concordato individuale (art. 87, 1° comma, lett. f), e, in generale, art. 4, 2° comma, lett. c). Per converso rimangono nel­l’ombra gli interessi dei soci, privi di qualsivoglia legittimazione ad intervenire nelle procedure. Rimane ferma, dispone il 3° comma dell’art. 284, l’autonomia delle rispettive masse attive e passive (sostanzialmente stemperata dalla possibilità di operazioni e di trasferimenti di risorse infragruppo a servizio del piano di ristrutturazione), e quin­di l’autonomia delle posizioni creditorie e debitorie al fine di evitare che avvengano travasi di danaro da una ad altra impresa del gruppo, con pregiudizio delle singole imprese, di guisa che la proposta di concordato può prevedere che i creditori di ciascuna società siano soggetti a percentuali diverse di soddisfacimento.


3.13. Atti di frode

L’accertamento da parte del commissario giudiziale del compimento da parte del debitore, nel corso della procedura di concordato preventivo, di atti di frode, comporta l’apertura della liquidazione giudiziale (art. 106). Disposizione questa da ritenersi non applicabile agli accordi di ristrutturazione nei quali, salvo l’ipotesi prevista dal 4° comma dell’art. 44, non è prevista la nomina del commissario giudiziale.


3.14. L’omologazione

L’omologazione, tanto del concordato quanto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, si regge su una valutazione complessiva della situazione del gruppo, ed impone che i creditori di ciascuna impresa siano soddisfatti in misura non inferiore a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola impresa debitrice (art. 285, 4° comma). Il tribunale omologa il concordato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti se esclude la sussistenza di pregiudizio in considerazione dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese dal piano di gruppo, intendendosi per vantaggi compensativi anche quelli non “effettivamente realizzati”, ma “fondatamente prevedibili”, purché si producano entro il termine fissato per l’adempimento della proposta e la completa esecuzione del piano.


3.15. Le opposizioni

In caso di opposizione dei creditori legittimati ai sensi dell’art. 285, 3° comma, il tribunale deve verificare che gli stessi «possano essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto riceverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola società» (art. 285, 4° comma). I soci sono destinati ad avvantaggiarsi dell’eventuale valore residuo attivo del­l’impresa soltanto dopo il soddisfacimento dei creditori, stante l’inversione nella crisi dell’impresa societaria del rapporto fra l’interesse dei soci e quello dei creditori, e possono far valere il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale delle operazioni infragruppo esclusivamente attraverso l’opposi­zione all’omologazione del concordato di gruppo (art. 285, 5° comma).


4. Il procedimento di concordato di gruppo

4.1. La competenza Per quanto concerne la competenza per materia e per territorio l’art. 27, 1° com­ma, individua per i gruppi di imprese di rilevante dimensione il tribunale, sede della sezione specializzata in materia di impresa; per gli altri gruppi, il tribunale circondariale (art. 27, 2° comma), sempre avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali. Se le diverse imprese del gruppo hanno il proprio centro degli interessi principali in circoscrizioni giudiziarie diverse, è competente il tribunale individuato in relazione al centro degli interessi principali della società o dell’ente o della persona fisica che, in base alla pubblicità prevista dall’art. 2497-bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento, oppure, in mancanza, dell’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria in base all’ultimo bilancio approvato. L’individuazione di un unico tribunale competente a trattare il concordato di gruppo è il presupposto necessario per procedere alla nomina di organi unitari. Il tribunale, se accoglie il ricorso, nomina un unico giudice delegato ed un unico commissario giudiziale per tutte le imprese del gruppo e dispone il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia (art. 286, 1° comma). Come è stato evidenziato, pur nel silenzio del Codice, è da ritenersi che il commissario debba predisporre un’unica relazione, seppure con esame specifico delle situazioni di ciascuna società, ma con un giudizio di sintesi sull’omologa (o meno) del concordato preventivo I costi della procedura sono ripartiti fra le imprese del gruppo in proporzione delle rispettive masse attive. Nel caso in cui più imprese appartenenti ad un medesimo gruppo siano assoggettate a separate procedure di concordato preventivo ovvero a separate procedure di liquidazione giudiziale, eventualmente dinanzi a tribunale diversi, gli organi di gestio­ne delle diverse procedure cooperano per facilitarne la gestione efficace (art. 288). Per i gruppi transfrontalieri trova applicazione il Regolamento UE n. 2015/848. Sembrerebbe esclusa la possibilità di presentare un ricorso di concordato “in bianco”. Parimenti dubbia è l’applicabilità al concordato di gruppo della disciplina delle proposte concorrenti (art. 90).


4.2. Le votazioni

I creditori di ciascuna delle imprese che hanno proposto la domanda di accesso al concordato di gruppo, suddivisi per classi qualora tale suddivisione sia prevista dalla legge o dal piano, votano in maniera contestuale e separata sulle autonome pro­poste dell’impresa loro debitrice (art. 286, 5° comma). Il voto può essere espresso anche a mezzo di posta elettronica certificata inviata al commissario giudiziale (art. 107, 8° comma). Legittimati a votare sono i creditori chirografari (o meglio i creditori per la parte chirografaria dei loro crediti). Non è prevista la votazione di soci in quanto tali e, più in generale, dei detentori di strumenti di capitale, quand’anche pregiudicati dal piano, a conferma del ruolo preminente che assumono i creditori sociali nel passaggio dalla disciplina del diritto societario a quella del diritto concorsuale, che prescinde dalla collaborazione dei soci.


4.3. L’approvazione

Il concordato di gruppo è approvato quando le proposte delle singole imprese del gruppo sono approvate dalla maggioranza prevista dall’art. 109, che, in linea ge­nerale, dispone che il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la mag­gioranza dei crediti ammessi al voto secondo le regole generali in materia. L’approvazione della proposta di concordato di gruppo esige, secondo l’art. 286, 5° comma, l’approvazione delle proposte di tutte le imprese che hanno presentato la domanda unitaria di concordato da parte dei creditori di ognuna di esse, secondo le regole generali. Sono escluse dal voto le imprese del gruppo titolari di crediti nei confronti delle imprese assoggettate alla procedura (art. 286, 6° comma).


4.4. L’omologazione

Il tribunale – a cui compete verificare la regolarità del procedimento, l’esito della votazione, l’ammissibilità della proposta e la fattibilità economica del piano (art. 48, 3° comma) – con un unico decreto di omologazione, nomina, in coerenza con il principio di separazione delle masse, un comitato dei creditori per ciascuna impresa del gruppo e, quando il concordato prevede la cessione dei beni, un unico liquidatore giudiziale per tutte le imprese (art. 286, 7° comma). La procedura di concordato preventivo si chiude con la sentenza di omologazione (art. 113).


4.5. Esecuzione del concordato e operazioni straordinarie

L’ampiezza delle operazioni straordinarie prevedibili dal piano per l’accesso alla procedura di concordato (art. 85, 3° comma, lett. a) consente di ritenere, seppure con qualche incertezza, che, nel procedimento di concordato di gruppo, queste operazioni possano aver luogo anche in assenza di una partecipazione dei soci, sia individualmente che in sede assembleare, mediante attribuzione dei necessari poteri da parte del tribunale al commissario giudiziale e, occorrendo, ad un amministratore giudiziario (art. 118); sempreché non possa ritenersi che, per effetto dell’omologa­zione del concordato, siffatti poteri, financo l’adozione delle “deliberazioni di competenza dell’assemblea dei soci”, rientrino nei poteri dell’organo amministrativo della società.


4.6. La risoluzione e l’annullamento

Il concordato di gruppo omologato non può essere risolto o annullato quando i presupposti per la risoluzione o l’annullamento si verificano soltanto rispetto ad una o ad alcune imprese del gruppo, a meno che ne risulti significativamente compromessa l’attuazione del piano anche da parte delle altre imprese (art. 286, 8° comma). In questo caso la risoluzione o l’annullamento colpisce necessariamente l’uni­taria procedura di concordato di gruppo. Se il piano prevede, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, il compimento di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice, la validità di queste può essere contestata dai creditori solo con l’opposizione all’omologazione (art. 116, 1° comma). In ogni caso l’art. 116, 3° comma, stabilisce l’irreversibilità degli effetti delle ope­razioni straordinarie (trasformazioni, fusioni, scissioni) in caso di risoluzione o annullamento del concordato, facendo salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi, secondo la disciplina societaria generale (artt. 2500-bis, 2504-quater e 2506-ter c.c.).


5. La liquidazione giudiziale

5.1. Nozione La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale liquidatoria, sostitutiva del fallimento, che si applica agli imprenditori commerciali i quali non dimostrino il pos­sesso congiunto dei requisiti dell’impresa minore e siano in stato di insolvenza (art. 121), tenendo presente che le procedure di regolazione della crisi e della insolvenza eventualmente proposte hanno la precedenza rispetto ad ogni attività di accertamento dei presupposti per l’apertura della liquidazione giudiziale (art. 49, 1° comma). Le medesime imprese possono essere assoggettate, in accoglimento di un unico ricorso, dinanzi ad un unico tribunale, a una procedura di liquidazione giudiziale uni­taria (art. 287, 1° comma). Il tutto in funzione dell’obiettivo del migliore soddisfacimento dei creditori delle diverse imprese del gruppo. Compete alla capogruppo valutare se, dato il grado di interrelazione economica e organizzativa tra le diverse società del gruppo, sia più conveniente chiedere l’assoggettamento ad una procedura di liquidazione giudiziale unitaria oppure se sia preferibile che ciascuna delle società insolventi intraprenda percorsi liquidatori indipendenti. I criteri – alla stregua dei quali dovrà ragionarsi, in sede di domanda ai sensi dell’art. 37, per supportare la richiesta al tribunale di disporre la liquidazione giudiziale unitaria di una pluralità di imprese appartenenti ad un medesimo gruppo, al fine di realizzare un coordinamento nella liquidazione degli attivi facenti capo alle diverse imprese – sono: (i) la preesistenza, fra le imprese interessate, di collegamenti di natura economica e produttiva; (ii) la valutazione comparata della composizione del patrimonio attivo e passivo di ciascuna impresa; (iii) la preesistenza di un forte coordinamento nella gestione, testimoniata dalla presenza delle medesime persone nell’organo di amministrazione delle diverse imprese.


5.2. L’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori

La liquidazione giudiziale di gruppo presuppone che «risultino opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi, in funzione dell’obiettivo del migliore soddisfacimento dei creditori delle diverse imprese del gruppo, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive» (art. 287, 1° comma). A tal fine il tribunale tiene conto dei preesistenti reciproci collegamenti di natura economica e produttiva, della composizione dei patrimoni delle diverse imprese e della presenza dei medesimi amministratori. I creditori di ciascuna impresa verranno soddisfatti sull’attivo della loro debitrice, eventualmente incrementato dalla maggiorazione del valore ottenuta con la liquidazione sinergica e coordinata. La procedura prevede, di regola, un unico giudice delegato ed un unico curatore per tutte le imprese, ma un comitato di creditori per ogni impresa del gruppo (art. 287, 2° comma). Nel programma di liquidazione il curatore, che ha l’amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale (art. 128), illustra le modalità del coordinamento nella liquidazione degli attivi delle diverse imprese (art. 287, 3° comma).


5.3. Lo stato passivo

Lo stato passivo sarà formato distintamente per ciascuna impresa, senza possibilità di commistione fra i debiti di una e dell’altra. Le spese generali della procedura sono ripartite fra le diverse imprese in modo che ciascuna di esse ne sopporti il peso in misura proporzionale alla propria massa attiva. Scompare ogni riferimento alla continuità aziendale, che assume rilievo in ipotesi di esercizio provvisorio (art. 211), di affitto dell’azienda (art. 212), di cessione dell’azienda in funzionamento (art. 214).


5.4. L’accesso alla procedura

In relazione alla titolarità dell’iniziativa per l’apertura della procedura, mentre non vi è dubbio sulla natura volontaria di accesso al concordato preventivo, in quanto è detto che «più imprese in stato di crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo» … «possono proporre con un unico ricorso la domanda di accesso al concordato preventivo» … ed ugualmente per gli accordi di ristrutturazione dei debiti è detto che «può essere proposta con un unico ricorso, da più imprese appartenenti al medesimo gruppo» … «la domanda di accesso alla procedura di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti»; per la liquidazione giudiziale si legge che «più imprese in stato di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo» … «possono essere assoggettate, in accoglimento di un unico ricorso, dinanzi ad un unico tribunale, a una procedura di liquidazione unitaria». Quindi, presentata da un creditore o dal pubblico ministero istanza di liquidazione giudiziaria di una società appartenente ad un gruppo, la società holding o altre società del gruppo possono chiedere l’ammissione ad una procedura di gruppo: la richiesta di apertura di una procedura di gruppo è sempre discrezionale per il debitore.


5.5. Tribunale competente

Per quanto concerne la competenza, se le diverse imprese del gruppo hanno il proprio centro di interessi in circoscrizioni giudiziarie diverse, il tribunale competente è quello dinanzi al quale è stata depositata la prima domanda di liquidazione giudiziale (art. 287, 4° comma). Qualora la domanda di accesso alla procedura sia presentata contemporaneamente da più imprese dello stesso gruppo, è competente il tribunale individuato ai sensi dell’art. 27, in relazione al centro degli interessi principali della società o ente o persona fisica che, in base alla pubblicità prevista dal­l’art. 2497-bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, dell’impresa che presenta la più elevata esposizione debitoria in base all’ul­timo bilancio approvato.


5.6. Concordato nella liquidazione giudiziale

La mancanza di una disciplina in proposito nelle norme relative ai gruppi di imprese, può far ipotizzare l’applicazione analogica delle disposizioni generali del concordato nella liquidazione giudiziale (art. 240 ss.), considerato che, se è possibile una procedura unitaria di liquidazione giudiziale di gruppo, resta pur sempre possibile un concordato liquidatorio di gruppo.


5.7. L’estensione della procedura

Nell’ambito della liquidazione giudiziale è prevista la possibilità di estendere la procedura ad altre imprese del gruppo insolventi (art. 287, 5° comma). L’estensione può avvenire su iniziativa dello stesso curatore, il quale promuove l’accertamento dello stato di insolvenza – da ritenere dinanzi al medesimo tribunale competente per l’intero gruppo – ovvero previa sollecitazione in tal senso rivolta agli organi di amministrazione e controllo della società insolvente.


5.8. Procedure concorsuali autonome di imprese appartenenti allo stesso gruppo

Qualora imprese appartenenti al medesimo gruppo siano state assoggettate a separate procedure di liquidazione giudiziale ovvero a separate procedure di concordato preventivo, eventualmente dinanzi a tribunale diversi, gli organi di gestione delle diverse procedure devono collaborare «per facilitare la gestione efficace di tali procedure» (art. 288).


6. Procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza di imprese appartenenti ad un gruppo

6.1. Generalità L’art. 289, ribadendo quanto già stabilito dalle norme precedenti, stabilisce che la domanda di accesso separato alle procedure di regolazione della crisi o dell’insol­venza presentata da un’impresa appartenente ad un gruppo, in alternativa alla procedura unitaria, deve contenere informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le società e le imprese, e indicare il registro delle imprese o i registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. L’impresa deve, inoltre, depositare il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto. In ogni caso il tribunale ovvero, successivamente, il curatore o il commissario giudiziale possono, al fine di accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo, richiedere alla Consob o a qualsiasi altra pubblica autorità e alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote ad esse intestate. Le informazioni sono fornite entro quindici giorni dalla richiesta.


7. Azioni di inefficacia fra imprese del gruppo

7.1. Finalità della norma Al fine di ricostruire i patrimoni delle componenti del gruppo e di colpire i trasferimenti patrimoniali tra le società del gruppo effettuai a vantaggio di creditori di alcune società a scapito di quelli dell’altra, il Codice prevede, all’art. 290, l’esperi­bilità delle azioni revocatorie infragruppo aggravate, al fine di colpire i travasi di risorse incompatibili con la distinta personalità giuridica delle entità che compongono il gruppo, con un’estensione a ritroso del c.d. periodo sospetto. Stabilisce la norma che «Nei confronti delle imprese appartenenti al medesimo gruppo possono essere promosse dal curatore, sia nel caso di apertura di una procedura unitaria, sia nel caso di apertura di una pluralità di procedure, azioni dirette a conseguire la dichiarazione di inefficacia di atti e contratti posti in essere nei cinque anni antecedenti il deposito dell’istanza di liquidazione giudiziale, che abbiano avuto l’effetto di spostare risorse a favore di un’altra impresa del gruppo con pregiudizio dei creditori, fatto salvo il disposto dell’art. 2497, primo comma, del codice civile», che esclude la illiceità di dette operazioni ove compensate dai vantaggi compensativi a favore dell’intero gruppo, di guisa che il danno risulti mancante “alla lu­ce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento”. Aggiunge il 2° comma, introducendo un’inversione dell’onere probatorio, che «Spetta alla società beneficiaria provare di non essere stata a conoscenza del carattere pregiudizievole dell’atto o del contratto»: la presunzione viene fondata sulla con­sapevolezza del pregiudizio. Rimane in ogni caso salva la possibilità per le società convenute di escludere la sussistenza del presupposto oggettivo dell’eventus damni eccependo eventuali vantaggi compensativi. Il 3° comma, estendendo la durata del periodo sospetto, dispone che «il curatore della procedura di liquidazione giudiziale aperta nei confronti di una società appartenente ad un gruppo può esercitare, nei confronti delle altre società del gruppo, l’azio­ne revocatoria prevista dall’art. 166 degli atti compiuti dopo il deposito della domanda di apertura della liquidazione giudiziale o, nei casi di cui [continua ..]


7.2. La revocatoria ordinaria

In ogni caso il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del Codice civile: azione revocatoria ordinaria (art. 165). È attribuita al curatore la legittimazione all’esercizio – anche nei confronti di società non insolventi del gruppo – di azioni di inefficacia di atti e contratti infragruppo che si sono risolti in un pregiudizio per i creditori, che hanno avuto l’effetto di spostare risorse e liquidità a favore di altra o altre società del gruppo, depauperandone una o alcune a benefico di altre. L’azione revocatoria può essere esperita nei confronti di altre società del gruppo in bonis, e non nei confronti di quelle insolventi soggette alla stessa procedura di liquidazione giudiziale. La Cassazione (Sez. Un., 23 novembre 2018, n. 30416) ha definitivamente negato l’esperibilità dell’azione revocatoria nei confronti di un fallimento in considerazione del principio di cristallizzazione del patrimonio assoggettato a procedura concorsuale, che lo renderebbe inesigibile alle pretese di soggetti che vantino titoli di natura costitutiva formatisi successivamente alla dichiarazione di fallimento. Al fine dell’esperibilità dell’azione è necessario che gli atti di disposizione patrimoniale lesivi dei creditori posti in essere infragruppo non siano stati integralmente riequilibrati con l’attribuzione di un corrispondente vantaggio ai sensi del 1° comma dell’art. 2497 c.c. (con formulazione equivalente a quella utilizzata nel 3° comma dell’art. 2364 c.c.).


8. Azioni di responsabilità e denuncia di gravi irregolarità di gestione

8.1. La legittimazione attiva L’azione di responsabilità dei creditori sociali della controllata nei confronti della capogruppo e dei suoi organi per abuso del loro potere di direzione e coordinamento (azione avente, secondo l’interpretazione preferibile, carattere fondamentalmente aquiliano: extracontrattuale), nonché la denuncia di gravi irregolarità nella gestione dei confronti degli amministratori e dei sindaci delle società del gruppo non assoggettate alla liquidazione giudiziale, sono pacificamente proponibili durante la crisi. Vengono invece – quali azioni di massa finalizzate alla ricostruzione del patrimonio del debitore – promosse o proseguite dal curatore dopo l’apertura della liquidazione giudiziale, sia nel caso di apertura di una procedura unitaria che nel caso di apertura di una pluralità di procedure. Compete, in generale, al curatore un dovere di informativa al giudice delegato sulle responsabilità del debitore, degli amministratori e degli organi di controllo della società (art. 130). Rimane in capo ai soci, anche al singolo socio singolarmente considerato, trattandosi di azioni che hanno effetto unicamente sul patrimonio degli stessi, la persistente ed esclusiva legittimazione attiva a far valere, mediante un’azione individuale, la responsabilità da eterodirezione per la depressione del valore e della redditività della partecipazione sociale.


8.2. Recita l’art. 291

1. Il curatore, sia nel caso di apertura di una procedura unitaria, sia nel caso di apertura di una pluralità di procedure, è legittimato ad esercitare le azioni di responsabilità previste dall’art. 2497 del codice civile. La legittimazione attribuita al curatore all’esercizio delle azioni di responsabilità per la violazione dei doveri connessi all’attività di direzione e coordinamento, nonché di doveri di prevenzione e di adeguata gestione della crisi o dell’insolvenza nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, è volta a tutelare la e/o le società ete­rodirette, e quindi gli eventuali soci di queste, nonché i creditori. Legittimato passivo all’azione di responsabilità da parte del curatore è il soggetto esercente l’attività di direzione e coordinamento delle società partecipate, ivi compresa la persona fisica posta al vertice del gruppo. L’art. 2497, 3° comma, c.c., pone un beneficio di escus­sione a favore della società che esercita la direzione. Inoltre la responsabilità della società madre, danneggiante, non può comportare l’esclusione della responsabilità (in base e nei limiti delle regole generali) degli amministratori e degli organi sociali, della società figlia, le cui azioni od omissioni, in violazione delle regole di corretta gestione societaria e imprenditoriale, abbiano prodotto danni alla società partecipata. Il curatore è pertanto legittimato ad esperire tutte le iniziative previste dall’art. 2497 c.c., sia in via ascendente (verso la capogruppo), discendente (verso le controllate) e orizzontale (nei confronti delle società sorelle). Vale a dire: a) l’azione nei confronti della holding esperibile dalla società eterodiretta (art. 2497, 1° comma, c.c.); b) l’azione nei confronti della holding in rappresentanza dei creditori della società eterodiretta (art. 2497, 1° e 4° comma, c.c.); c) l’azione nei confronti degli amministratori e dei sindaci della holding (art. 2497, 2° comma, c.c.), specie per la prosecuzione dell’attività di impresa a fronte dell’avverarsi della causa di scioglimento (art. 2486 c.c.); d) l’azione nei confronti della holding esperibile dalla società socia della società eterodiretta (art. 2497, 1° comma, [continua ..]


8.3. L’art. 291, 2° comma: 2. Il curatore è altresì legittimato a proporre, nei confronti di amministratori e sindaci delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, la denuncia di cui all’art. 2409 c.c.

Società del gruppo, dunque, non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale. La norma ha la funzione di sollecitare il controllo giudiziale su operazioni avventate e scorrette che siano state individuate in altre società del gruppo, e che, in considerazione dei rapporti e dei collegamenti esistenti con la o le società già sottoposte a liquidazione giudiziale, possono determinare un aggravio del pregiudizio a carico del ceto creditorio di queste ultime, mettendo a repentaglio la capienza della società ancora in bonis. Analogo potere di iniziativa compete ai soci.


9. La postergazione del rimborso dei crediti da finanziamenti e garanzie

9.1. Finalità della norma I finanziamenti infragruppo – ricompresi tutti i negozi con funzione di finanziamento anche indiretto (compresi i finanziamenti derivanti dal servizio di tesoreria accentrata, secondo il modello del cash pooling) – possono configurare, in relazione alle modalità con cui vengono effettuati, come un abuso dei principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria, a scapito dei creditori esterni e dei soci di minoranza della società finanziata.


9.2. La postergazione

L’art. 292 stabilisce che i crediti che la società o l’ente o la persona fisica esercente l’attività di direzione e o coordinamento vanta, anche a seguito di escussione di garanzie, nei confronti delle imprese sottoposte a direzione e coordinamento (cre­diti in senso discendente, down-stream), o che queste ultime vantano nei confronti dei primi (crediti in senso ascendente, up-stream) sulla base di rapporti di finanziamento contratti dopo il deposito della domanda che ha dato luogo all’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore, sono postergati rispetto al soddisfacimento degli altri creditori. Detti crediti, come tali, beneficiano per ultimi delle eventuali ripartizioni di somme ricavate dalla distribuzione dell’attivo (art. 221). La postergazione infragruppo (fatto salvo quanto previsto dall’art. 2497-quin­quies c.c.) è dunque circoscritta all’anno anteriore all’apertura della procedura di liquidazione, con l’evidente intento legislativo di contrastare gli eccessi nel ricorso al finanziamento delle società del gruppo da parte della capogruppo in tutti quei casi in cui, stante la situazione di oggettivo squilibrio patrimoniale in cui versa la società finanziata, sarebbe stato ragionevole un conferimento.


9.3. L’inefficacia dei rimborsi

Se tali crediti sono stati rimborsati nell’anno anteriore alla domanda che ha dato luogo all’apertura della liquidazione giudiziale, trova applicazione l’art. 164. Questa norma prevede che sono privi di effetto rispetto ai creditori i rimborsi dei finanziamenti dei soci in favore della società se sono stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della procedura concorsuale o nel­l’anno anteriore. Per converso è prevista la prededuzione per i finanziamenti, fino all’80% del loro ammontare, in qualsiasi forma erogati dai soci, inclusa l’emissione di garanzie e controgaranzie, in esecuzione di un concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 102, 1° comma, richiamato dall’art. 292, ult. comma). L’art. 102 prevede ancora che il medesimo beneficio opera per l’intero ammontare del finanziamento qualora il finanziatore abbia acquistato la qualità di socio in esecuzione del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti.


10. Nota bibliografica

Sulla genesi della disciplina dei gruppi d’impresa nella crisi e nell’insolvenza, v., fra gli altri, i saggi di L. Rovelli (p. 9) e G. Scognamiglio (p. 21), in Le proposte per una riforma della legge fallimentare. Un dibattito dedicato a Franco Bonelli, a cura di M. Arato e G. Domenichini, Milano, 2017, ove anche una predittiva riflessione di R. Sacchi (p. 37) sulle operazioni straordinarie riorganizzative. Sempre prima della riforma del 2019, cfr. Le procedure concorsuali verso la riforma tra diritto italiano e diritto europeo, a cura di P. Montalenti, Milano, 2018. Ai gruppi nella disciplina della crisi e dell’insolvenza è dedicato il capitolo decimo del volume di G. Fauceglia, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019, e, senza pretesa di completezza: N. Abriani-L. Panzani, Crisi e insolvenza nei gruppi di società, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, vol. II, Torino, 2016, p. 2992; L. Benedetti, La nuova disciplina della crisi del gruppo: primi spunti di riflessione su talune questioni problematiche, paper presentato al convegno annuale dell’Associazione “Orizzonti del Diritto Commerciale”, tenutosi a Roma, in data 14-15 febbraio 2020; O. Cagnasso, La domanda di accesso al concordato preventivo di gruppo in continuità, paper presentato al convegno annuale dell’Associazione “Orizzonti del Diritto Commerciale”, tenutosi a Roma, in data 14-15 febbraio 2020; C. d’Alessandro, Gruppi di imprese e neonato codice dell’insolvenza: prime valutazioni, in Giur. comm, 2019, I, p. 1030; G. d’Attorre, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fall., 2019, p. 277; M. Di Fabio, Sull’ammissibilità della domanda di concordato preventivo “di gruppo” con cessione parziale dei beni, in Dir. fall., 2019, II, p. 1435; L. Farenga, Prime riflessioni sull’insolvenza di gruppo nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2019, I, p. 1003; G. Ferri jr., Autonomia delle masse e trasferimenti di risorse nel concordato preventivo di gruppo, in Corr. giur., 2020, fasc. 3, p. 289; F. Fimmanò, Supersocietà di fatto ed este nsione di fallimento alle società eterodirette, in IlCaso.it, 2016; F. Guerrera, La regolazione negoziale della crisi e dell’insolvenza dei gruppi di imprese nel nuovo CCII, in [continua ..]


NOTE