Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Fallimento dell'appaltatore e sorte dei crediti dei subappaltori. Le Sezioni Unite tra disciplina generale e principi del concorso (di Fabio Schiavottiello, Dottorando di ricerca nell’Università di Roma Tor Vergata)


Con il provvedimento annotato, le Sezioni Unite negano la prededucibilità dei crediti vantati da subappaltori di opera pubblica nei confronti dell’appaltatore fallito, ritenendo inopponibile alla curatela la sospensione dei pagamenti da parte della committente prevista dall’art. 118, d.lgs. n. 118/2006. In tal senso, il Supremo Collegio evidenzia la necessità che i subappaltatori, pur godendo di una specifica disciplina di tutela quali contraenti deboli, siano soddisfatti secondo le generali norme del concorso. La nota di commento, nel mostrare il fondamento delle argomentazioni e dei prìncipi esposti dalla Sentenza, ne fa applicazione anche alle ipotesi di pagamenti diretti dei subappaltatori ex art. 105, d.lgs. n. 50/2016. Cenni sono infine dedicati alla sorte dei crediti dei subappaltatori nelle procedure in continuità aziendale che prevedono la prosecuzione del contratto d’appalto.

With the decision here in comment, the Supreme Court denies that public subcontractors could be granted with preferential treatment in case of a contractor’s bankruptcy, stating that the payment suspension mechanism provided by art. 118, D.Lgs. n. 118/2006 is not applicable when a bankruptcy proceeding is pending. To this end, the Supreme Court underlines that, even if subcontractors are protected as weaker party to the contract, they shall be treated in accordance with general principles of bankruptcy law. The comment follows the Supreme Court’s reasoning and it applies it to the direct payment mechanism provided by art. 105 D.Lgs. n. 50/2016. At the end, a brief overview is dedicated to subcontractors’ treatment in the case of insolvency procedures with business continuity plans where procurement contracts are continued.

Keywords: procurement – bankruptcy – subcontract – preferential creditor

Articoli Correlati: appalto - fallimento - subappalto - prededuzione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZ. UN. CIV., 2 MARZO 2020, N. 5685 Pres. G. Mammone, Rel. A.P. Lamorgese (D.lgs. n. 163/2006, art. 118 L. Fall., art. 111) In caso di fallimento dell’appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dall’art. 118, 3° comma, d.l. n. 163/2006 – che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest’ultimo al subappaltatore – deve ritenersi riferito all’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un’impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell’appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione, senza che rilevi a suo vantaggio l’istituto della prededuzione ex art. 111, 2° comma, L. Fall. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. – Il giudice delegato al Fallimento (omissis) s.r.l., ammettendo al passivo della procedura i crediti vantati dalla Bonotto s.r.l. in via chirografaria, respingeva la richiesta di collocazione in prededuzione avanzata da quest’ultima, quale subappaltatrice di lavori pubblici commissionati alla (omissis) dal Consorzio BBM. 2. – L’opponente Bonotto deduceva che la mancata trasmissione delle fatture quietanzate alla stazione appaltante determinava la sospensione del pagamento a favore dell’appaltatrice (omissis), a norma dell’art. 118, D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163 (codice degli appalti, d’ora in avanti “codice del 2006”), e giustificava l’ammissione del proprio credito in prededuzione, in quanto funzionale agli interessi della massa fallimentare. 3. – Il Tribunale di Bergamo, con decreto del 4 luglio 2014, rigettava l’opposi­zione. 3.1. – Ad avviso del tribunale, il fallimento dell’appaltatore provoca l’automatico venir meno del vincolo negoziale e, di conseguenza, l’inapplicabilità dell’art. 118 citato, anche alla luce delle modifiche normative introdotte dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in L. 21 febbraio 2014, n. 9, dalle quali si desume che presupposto dell’art. 118 codice appalti è la vigenza del contratto di appalto tra la stazione appaltante e l’appaltatore. Ed anche a ragionare in termini di funzionalità del credito rispetto allo scopo di incrementare la massa nell’interesse del ceto creditorio, l’ammissione del credito in prededuzione non comporta il pagamento immediato da parte della stazione appaltante, potendo esso avvenire solo a [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Il contrasto giurisprudenziale - 3. La decisione delle Sezioni Unite - 4. Sospensione dei pagamenti e par condicio creditorum - 5. Cenni sulle procedure in continuità aziendale - NOTE


1. Il caso

Nell’ambito della procedura fallimentare di un appaltatore di opera pubblica, il Giudice Delegato respingeva la richiesta di collocazione in prededuzione dei crediti vantati da un subappaltatore, ammettendoli al passivo solo in via chirografaria. Il subappaltatore proponeva opposizione ex art. 98 L. Fall. evidenziando in punto di fatto che, prima del fallimento, l’appaltatore in bonis non aveva trasmesso alla com­mittente copia delle fatture quietanziate dai subappaltatori. Per tale ragione, in applicazione dell’art. 118, d.lgs. n. 163/2006, la stazione appaltante aveva sospeso i pagamenti delle somme dovute all’appaltatore poi fallito per le opere già eseguite. Secondo la prospettazione dell’opponente, il Giudice Delegato avrebbe dovuto riconoscere la prededuzione in quanto il pagamento del credito del subappaltatore avrebbe attuato un meccanismo satisfattorio nell’interesse di tutto il ceto dei creditori, consentendo alla procedura fallimentare di presentare alla stazione appaltante la quietanza necessaria per ottenere – a beneficio della massa – il pagamento di quanto da quest’ultima dovuto. Il Tribunale di Bergamo rigettava l’opposizione, negando la prededuzione dei crediti del subappaltatore sul rilievo che il fallimento dell’appaltatore determina l’automatico venir meno del vincolo negoziale e, di conseguenza, l’inapplicabilità della disciplina prevista dall’art. 118, d.lgs. n. 163/2006. La subappaltatrice proponeva pertanto ricorso per cassazione affermando il contrasto tra la decisione del Tribunale bergamasco, l’art. 111 L. Fall. e l’art. 118, 3° comma, d.lgs. n. 163/2006. In ragione dei diversi orientamenti giurisprudenziali emersi con riguardo ai rapporti tra le citate disposizioni e, in particolare, sulle modalità di soddisfacimento del credito del subappaltatore di opera pubblica nei confronti dell’appaltatore in caso di fallimento di quest’ultimo, con ordinanza interlocutoria, la questione veniva rimessa alle Sezioni Unite. Con la Sentenza in commento, le Sezioni Unite della Suprema Corte, ripercorrendo gli arresti giurisprudenziali sul tema, rigettano il ricorso aderendo – seppur con alcuni correttivi – alla soluzione offerta dal Tribunale di Bergamo e conferman­do l’inapplicabilità dell’art. 118, 3° comma, d.lgs. n. 163/2006 nell’ipotesi di fallimento [continua ..]


2. Il contrasto giurisprudenziale

L’art. 118, 3° comma, d.lgs. n. 163/2006 (vecchio Codice dei contratti pubblici, poi abrogato dal d.lgs. n. 50/2016 [1]) riconosceva alla stazione appaltante la facoltà di inserire una previsione nel bando di gara che permettesse – in alternativa al pagamento diretto del subappaltatore – la sospensione dei pagamenti successivi in favore dell’appaltatore, in caso di mancata trasmissione alla committente delle fatture quietanzate dei pagamenti da questo effettuati in favore dei subappaltatori. Nelle ipotesi di fallimento dell’appaltatore, la giurisprudenza era stata più volte chiamata a pronunciarsi sulla questione relativa al riconoscimento della prededuzione per i crediti dei subappaltatori come soluzione atta a far venir meno la sospensione dei pagamenti dei crediti vantati dalla fallita nei confronti della committente. Da una parte, si poneva l’orientamento inaugurato da Cass. n. 3402/2012, confermato da Cass. n. 5705/2013 e poi ripreso – seppur con alcune precisazioni – da Cass. n. 3003/2016, n. 2310/2017 e n. 7392/2017. Secondo questo primo orientamento, l’esigibilità del credito dell’appaltatore nei confronti della stazione appaltante, pur a seguito della dichiarazione di fallimento, rimaneva condizionato alla presentazione delle fatture quietanzate dai subappaltatori. In tale contesto, si riteneva che il pagamento dei subappaltatori rientrasse nell’interesse della massa e il relativo credito dovesse qualificarsi come funzionale alla gestione fallimentare, meritando pertanto di essere collocato in prededuzione (ai sensi dell’art. 111, ult. comma, l. Fall.). Con la conseguenza che, solo al pagamento dei subappaltatori, poteva seguire l’incasso da parte del curatore fallimentare del credito della fallita verso la committente. Le pronunce successive, pur seguendo la stessa impostazione della pronuncia del 2012 e addivenendo alle medesime conclusioni, si preoccupavano tuttavia di precisare che la prededuzione non spetta ai subappaltatori in via incondizionata ma solo qualora sia in concreto ravvisabile un sicuro e indubbio vantaggio conseguente al pagamento della committente. In altri termini, la prededuzione può ammettersi nelle ipotesi in cui il credito (condizionato) vantato dalla fallita nei confronti della committente consista in una maggior somma rispetto a quella dovuta ai subappaltatori, così che la massa fallimentare [continua ..]


3. La decisione delle Sezioni Unite

La sentenza in commento, superando le obiezioni evidenziate nell’ordinanza di rimessione, ha ritenuto di dare continuità all’orientamento del 2018 e ha affermato che lo scioglimento del contratto di appalto a causa del fallimento dell’appaltatore rende inopponibili alla curatela le eccezioni – tra cui, quella di sospensione del pagamento – che la committente avrebbe potuto opporre all’imprenditore in bonis. Precisa la sentenza, infatti, che il meccanismo della sospensione dei pagamenti sarebbe funzionale al conseguimento dell’interesse pubblico primario al regolare e tempestivo completamento dell’opera, nonché al controllo della sua corretta esecuzione, e solo indirettamente a tutela anche del subappaltatore, quale contraente debole; ciò anche nella considerazione che le esigenze di tutela degli interessi del subappaltatore pubblico, quale contraente più debole, non possono in alcun modo comportare deroghe giurisprudenziali al principio generale della par condicio creditorum. Tali deroghe, infatti, introdurrebbero disparità di trattamento non già solo nei confronti degli altri creditori concorsuali, bensì anche nei confronti dei subappaltatori di opere private i quali, pur nella medesima posizione di debolezza, non disporrebbero di strumenti atti a consentire un soddisfacimento integrale delle proprie pretese creditorie in caso di fallimento del debitore. La Sentenza, tuttavia, contrariamente a quanto affermato nella pronuncia del 2018, ha negato che le evoluzioni normative della disposizione di cui all’art. 118, 3° comma, d.lgs. n. 163/2006 siano rilevanti per la risoluzione della questione della prededucibilità dei crediti dei subappaltatori. Ed infatti, i riferimenti normativi allo stato di crisi o finanche al mero inadempimento dell’appaltatore che giustificano la sospensione dei pagamenti o, nella formulazione attuale, il pagamento diretto dei subappaltatori, non varrebbero di per sé ad escludere, quantomeno in astratto, l’ap­plicazione del comma terzo dell’art. 118 alle situazioni di insolvenza dell’appalta­tore. Ad ogni modo, per le superiori motivazioni, la Suprema Corte ha concluso che, in caso di fallimento dell’appaltatore, il contratto di appalto si scioglie con effetti ex nunc e la stazione appaltante è tenuta al pagamento in favore del fallimento del corrispettivo delle [continua ..]


4. Sospensione dei pagamenti e par condicio creditorum

La soluzione prediletta dalle Sezioni Unite riverbera chiare ed importanti conseguenze sugli interessi economici degli operatori del settore degli appalti pubblici. Come è noto, l’art. 81 L. Fall. statuisce che il fallimento di una delle parti determina lo scioglimento ipso iure del contratto di appalto, salvo che il curatore eserciti la facoltà di subentrare nel rapporto, offrendo adeguate garanzie. Per gli appalti pubblici, stante la prevalenza delle norme speciali di settore [2], si è ritenuto che la comunicazione del curatore di voler subentrare nel rapporto non sia sufficiente, dipendendo la prosecuzione di esso dal consenso della stazione appaltante e dalle condizioni dell’appaltatore fallito [3]. Tale orientamento è stato confermato anche alla luce delle nuove disposizioni in materia di appalti pubblici, ove l’ipotesi di fallimento dell’appaltatore è regolata all’art. 110, d.lgs. n. 50/2016 [4]. Dottrina e giurisprudenza sono da sempre ferme nel ritenere che lo scioglimento del contratto di appalto ex art. 81 L. Fall. abbia efficacia estintiva ex nunc [5] e, ove conseguente al fallimento dell’appaltatore, integri un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta di esecuzione dell’opera a carattere definitivo, che va inquadrata nello schema dell’art. 1672 c.c. Di conseguenza, non pare dubbio che, a seguito del fallimento dell’appaltatore, al curatore spetti il corrispettivo maturato per la parte di lavoro già eseguita dall’impresa in bonis, nei limiti dell’utilità per la committente e in proporzione al prezzo originariamente pattuito. Dall’altra parte, come affermato espressamente dalla più attenta giurisprudenza [6], a fronte dello scioglimento del vincolo contrattuale, il committente non può invocare la disciplina prevista dall’art. 1460 c.c. la quale, implicando la sospensione della prestazione della parte non inadempiente, presuppone un contratto ancora efficace ed eseguibile. Del resto, è la stessa ratio dell’art. 1460 c.c. a confermare che l’eccezione di inadempimento è funzionale al rafforzamento del vincolo sinallagmatico poiché, nella prospettiva della conservazione del contratto, funge da stimolo all’adempimento della parte ina­dempiente. Sicché, in assenza di un rapporto valido ed efficace, la stessa non ha alcuna [continua ..]


5. Cenni sulle procedure in continuità aziendale

Si rende a questo punto necessario soffermarsi sull’applicazione dei prìncipi sopra esposti alle procedure concorsuali diverse dal fallimento a carattere liquidatorio, nelle quali il contratto prosegue salvo che il debitore (nel concordato con continuità aziendale ex art. 169-bis L. Fall.) ovvero il curatore (nell’esercizio provvisorio del­l’impresa autorizzato nell’ambito della procedura fallimentare ex art. 104 L. Fall.) ne richiedano lo scioglimento o la sospensione degli effetti. Sul punto, si osserva anzitutto che per i crediti dei subappaltatori relativi ai contratti d’appalto per i quali non è prevista la prosecuzione si applicano inevitabilmente le regole generali disciplinanti l’impianto concorsuale, in applicazione dei princìpi indicati dalla sentenza in commento. Dall’altra parte, nelle ipotesi di prosecuzione del contratto d’appalto, è indubbio che la stazione appaltante possa procedere al pagamento diretto dei subappaltatori per i crediti sorti dopo l’apertura della procedura di concordato preventivo o dopo l’autorizzazione dell’esercizio provvisorio posto che, in tal caso, il pagamento è all’evidenza funzionale alla tutela dell’attivo e della continuità aziendale. Tale impostazione, peraltro, è oggi espressamente confermata dall’art. 105, d.lgs. n. 50/2016. La soluzione non appare invece scontata con riguardo alla sorte dei crediti anteriori. Per la procedura fallimentare, infatti, potrebbe sostenersi che il pagamento diretto degli stessi è revocabile ex art. 67 L. Fall., così come accadrebbe nell’ipotesi di scioglimento del contratto per fallimento dell’appaltatore: ciò che, tuttavia, renderebbe del tutto irrilevante la prosecuzione degli effetti contrattuali. Tale argomento porterebbe a ritenere che, per il medesimo rapporto contrattuale – ritenuto funzionale alla prosecuzione dell’impresa – i crediti sorti in corso di procedura sarebbero prededucibili mentre quelli anteriori sottoposti a revocatoria. Tale soluzione appare tuttavia incoerente e in aperta violazione del principio giurisprudenziale secondo cui le prestazioni effettuate in un unico contesto sinallagmatico devono avere il medesimo trattamento [8]. Deve allora più correttamente ritenersi che, nelle ipotesi in cui l’impresa sia autorizzata a proseguire un determinato [continua ..]


NOTE