Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il risarcimento del danno da perdita su crediti nei giudizi di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci di banca (di Francesco Garofalo (Dottorando di ricerca in Scienze giuridiche nell'Università degli Studi di Messina))


La quantificazione del danno da irregolare concessione di credito da parte degli organi sociali della banca costituisce il tema principale sul quale si incentrano la sentenza del Tribunale di Catania e la pronuncia della Suprema Corte in commento. Tuttavia, il profilo relativo all’individua­zione del criterio di quantificazione del danno finalizzato a ristorare il soggetto che ha subito il pregiudizio, causato dalle condotte di mala gestio dei componenti degli organi sociali, è strettamente connesso alla liquidazione del danno medesimo, rappresentando il punto centrale su cui sono emerse le maggiori criticità che hanno spinto il Tribunale di Catania e la Corte di Cassazione a trattare di­versamente la questione. Il giudice di merito ha, infatti, ritenuto che, ai fini del risarcimento del dan­no, la banca non si potesse soffermare a fornire un giudizio prognostico sulla irrecuperabilità del credito, dovendo, invece, dimostrare concretamente di aver tentato invano il recupero dello stesso, stimando il danno come eventuale. Di contrario avviso la Suprema Corte, la quale, nel considerare, invece, il pregiudizio subito dalla banca come danno attuale, distinse la liquidazione dello stesso dal suo accertamento, non aderendo, pertanto, alla considerazione secondo cui il risarcimento del danno si avrebbe solo in caso di mancato rientro del credito concesso in base a scelte gestionali contrarie al criterio di diligenza ed in violazione delle norme bancarie sulla sana e prudente gestione.

The measure of damage due to irregular granting of credit by the bank’s corporate bodies is the main theme in which the sentence of the Court of Catania and the ruling of the Supreme Court incom­ment are based. However, the profile relating to the identification of the criterion for measure of damage aimed at restoring the injured party, caused by mala gestio conducted by the members of corporate bodies, is closely linked to the damage settlement, representing the central point in which the most critical issues have emerged that prompted the Court of Catania and the Court of Cassation to treat the matter differently. In fact, for the purposes of damages, the trial judge considered that the bank could not stop to provide a prognostic judgment about the irrecoverability of the credit, instead of having to prove concretely that it had tried fruitlessly to recover it, estimating the damage as possible. On the other hand, the Supreme Court, which considers the damage suffered by the bank as current damage, distinguished the liquidation of the same from its assessment, therefore not adhering to the consideration according to what that amount of damages would be only in non-repayment of the credit granted on the basis of management decisions contrary to the diligence criterion and in violation of the banking rules on sound and prudent management.

 
I CASSAZIONE, SEZ. I, 21 NOVEMBRE 2016, N. 23632 Pres. BERNABAI, Rel. BISOGNI Liquidazione coatta amministrativa – Liquidazione coatta bancaria – Amministratori – Azione di responsabilità avverso amministratori, sindaci e direttore generale – Concessione di credito in violazione dei criteri di ordinaria diligenza – Responsabilità – Danno – Criteri di determinazione. (Artt. 2392, 2396, 2407, 2476, 2697 c.c.; artt. 146, 206 L. Fall.; artt. 70, 71, 72, 5° comma, TUB) Gli amministratori di un istituto di credito, ove abbiano concesso credito in violazione dei criteri di or­dinaria diligenza, sono tenuti al risarcimento del danno attuale arrecato al patrimonio della banca e consistente, in ragione della svalutazione del portafoglio crediti e dei costi di gestione finalizzati al rientro, nella riduzione della sue capacità gestionali e di investimento, senza che sia, pertanto, necessario attendere l’esito infruttuoso delle azioni di cognizione e di esecuzione volte al recupero dei finanziamenti erogati.   II TRIBUNALE DI CATANIA, 25 FEBBRAIO 2016, N. 1835 Pres. PUGLISI, Rel. DE BERNARDIN Amministrazione straordinaria – Amministrazione straordinaria bancaria – Amministratori – Azione di responsabilità avverso amministratori, sindaci e direttore generale – Concessio­ne di credito in violazione dei criteri di ordinaria diligenza – Responsabilità (Artt. 2381, 2391, 2392, 2393, 2396, 2476, 2407 c.c.; artt. 5, 52, 70, 72 TUB) Gli amministratori, i sindaci ed il direttore generale di banca che siano venuti meno all’obbligo di agire con diligenza professionale ed al rispetto del principio di sana e prudente gestione, violando le procedure di erogazione del credito, il sistema dei controlli interni consistenti nella prudente concessione di affidamenti a favore di una clientela dotata di effettive capacità di rimborso e idonee garanzie, contravvenendo ad un efficace controllo dei rischi, nonché al sistema dei controlli interni sul monitoraggio andamentale, sono tenuti al risarcimento del danno dato dalle perdite subite, a causa della svalutazione del portafoglio crediti, e dalla riduzione delle capacità di investimento, che ne ha impedito un futuro guadagno, qualora gli stessi avessero erogato finanziamenti, nel rispetto dei criteri imposti dalla normativa bancaria, a soggetti affidabili. Amministrazione straordinaria – Amministrazione straordinaria bancaria – Amministratori – Azione di responsabilità avverso amministratori, sindaci e direttore generale – Concessio­ne di credito in violazione dei criteri di ordinaria diligenza – Responsabilità – Risarcimento del danno – Danno – Criteri di quantificazione del danno risarcibile – Crediti in [continua..]
SOMMARIO:

1. I casi - 2. La normativa di riferimento - 3.Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali - 4. Quantificazione del danno - 5. Risarcibilità del danno (futuro) - 6. Osservazioni conclusive - NOTE


1. I casi

La vicenda su cui è stata chiamata a pronunciarsi la sezione specializzata del Tribunale di Catania investe il tema della responsabilità di amministratori, sindaci e direttore generale di banca, ai quali viene imputato di aver tenuto un comportamento contrario ai loro doveri, esaminando anche le questioni sul risarcimento del danno e sulla valutazione e liquidazione del credito. L’azione di responsabilità veniva promossa dalla banca che conveniva in giudizio gli ex consiglieri di amministrazione ed ex sindaci, oltre che l’ex direttore generale, chiedendo la condanna al risarcimento del danno per imprudente ed inadeguata erogazione e concessione del credito e per l’omissione di controlli interni, oltre al ri­sarcimento per il mancato guadagno, che la stessa avrebbe potuto conseguire se il credito fosse stato concesso a soggetti dotati di requisiti di affidabilità. Il Tribunale di Catania, pronunciando l’estinzione del giudizio nei confronti di alcuni dei convenuti, per il raggiungimento di un accordo transattivo stragiudiziale, accoglieva la richiesta di parte attrice, condannando l’ex amministratore e l’ex sindaco al risarcimento del danno, liquidato, a titolo di danno emergente, nella misura del credito rimasto insoddisfatto, e a titolo di lucro cessante, nella misura del 6,04% annuo sulla somma da ciascuno dovuta a titolo di danno emergente per il periodo compreso tra ottobre 2011 (a partire dal quale si stima abbia iniziato a prodursi il danno) e settembre 2012. Anche l’ulteriore vicenda su cui è intervenuta la Suprema Corte trae origine da un giudizio di responsabilità dei componenti del Consiglio di amministrazione, del comitato di gestione e dei sindaci di una banca nella concessione di credito in violazione del criterio di diligenza, soffermandosi, in particolar modo, sulla liquidazione del danno e sulla conseguente determinazione dei criteri di quantificazione dello stesso. Tra i motivi di impugnazione del ricorso alla Cassazione emergeva la mancata indicazione del momento cui riferire la cristallizzazione e quantificazione del danno, una volta accertate le condotte di mala gestio, che avevano, già, definito la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo. Il ricorso principale rilevava, in particolare, come la liquidazione del danno, affidata al giudice, fosse circostanza sostanziale e giuridica distinta dal [continua ..]


2. La normativa di riferimento

Tali sentenze affrontano i delicati temi relativi alla liquidazione del danno ed alla quantificazione dello stesso nelle azioni di responsabilità contro i componenti degli organi sociali della banca. La questione relativa al criterio da utilizzare per la quantificazione del danno è stata oggetto di accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali. Il criterio di deficit fallimentare, che si sostanzia nella mera differenza algebrica tra l’attivo e il passivo, si poneva in contrasto con l’art. 1223 c.c., il quale prevede che il danno, nelle sue componenti di danno emergente e lucro cessante, sia diretta ed immediata conseguenza dell’inadempimento; per tale motivo, l’applicazione di que­st’ultimo criterio fu abbandonata in favore del principio di causalità, il quale analizza in via preliminare tutti gli elementi costitutivi della responsabilità, al fine di fondare la domanda risarcitoria sugli effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta di mala gestio, potendo la liquidazione in via equitativa costituire solo una ipotesi alternativa e meramente sussidiaria. Quanto al “criterio di presumibile realizzazione”, regolato ai sensi dell’art. 2426, n. 8, c.c., esso rappresenta un criterio meramente bilancistico, che può trovare applicazione come criterio di valutazione dei crediti ai fini della redazione del bilancio, non anche per la determinazione del danno in sede civile, nei giudizi di responsabilità contro i componenti degli organi sociali. Il quadro normativo fa, inoltre, riferimento anche agli obblighi gravanti sugli esponenti aziendali della banca. Tra i doveri imposti dalla legge ai componenti degli organi sociali, particolare importanza riveste il dovere di agire secondo diligenza, inteso come dovere di mantenere una condotta previdente nello svolgimento della fun­zione gestoria, che richiede il possesso di specifiche competenze professionali, nonché il rispetto di determinate norme tecniche. Sul punto deve osservarsi che il grado di diligenza richiesta ai componenti degli organi sociali di una banca non è quello del “buon padre di famiglia”, ma piuttosto la speciale diligenza richiesta al bonus argentarius, ossia il buon banchiere, che dovrà possedere non solo specifiche competenze, ma anche essere dotato dei mezzi ido­nei a garantire una prudente e [continua ..]


3.Orientamenti giurisprudenziali e dottrinali

3.1. La giurisprudenza L’individuazione del criterio idoneo a quantificare il danno, derivante dagli atti di mala gestio da parte degli amministratori, è stato oggetto di varie e differenti interpretazioni. Ripercorrendo l’iter evolutivo giurisprudenziale, un primo filone interpretativo individuava il quantum debeatur nel risultato proveniente dalla somma algebrica tra le voci dell’attivo e del passivo societario [2]. Tuttavia, nel decennio successivo alle varie pronunce giurisprudenziali che, nei giudizi di responsabilità contro amministratori e sindaci, identificavano il danno risar­cibile nella differenza tra attivo e passivo, si è ravvisata, nella giurisprudenza della Cassazione, la necessità di imporre un cambiamento e superamento del suddetto criterio, ritenuto non coerente, in tali circostanze, ad una corretta liquidazione del danno. Le critiche che la giurisprudenza avanzava circa l’adozione del criterio differenziale, miravano a sottolineare l’inadeguatezza rispetto al rapporto di causalità che deve sussistere tra il comportamento illegittimo addebitato agli organi sociali e il danno risarcibile, il quale dovrà essere determinato in relazione alle conseguenze immediate e dirette delle violazioni contestate. Il suddetto criterio, prevalentemente utilizzato nei giudizi di responsabilità contro amministratori di società in dissesto, contrastava, quindi, con il principio civilisti­co che impone di accertare l’esistenza di un rapporto di causalità tra la condotta e il danno di cui si pretende il risarcimento. Tale criterio, infatti, si ritenne applicabile solo in via equitativa, ove ricorrano le condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi riconducibili alla condotta degli amministratori [3]. Pertanto, l’interpretazione avallata dal primo filone è stata completamente ribaltata dalla Suprema Corte che ritenne di abbandonare il criterio del deficitfallimentare, affermando maggiormente il criterio di causalità, il quale tende ad accertare il danno quale conseguenza diretta e immediata della violazione contestata. Tuttavia, l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo [continua ..]


4. Quantificazione del danno

Nonostante le vicende esaminate dal Tribunale di Catania e dalla Suprema Corte riguardino entrambe una fattispecie di irregolare concessione del credito, causata da un agire contrario al criterio di diligenza ed in violazione delle norme bancarie sulla sana e prudente gestione da parte dei componenti degli organi sociali della banca, si ritiene necessario analizzare la ratio ed i presupposti che hanno spinto i due giudici a trattare in modo sostanzialmente diverso una questione analoga. Innanzitutto, sembrerebbe opportuno accennare che l’erogazione del finanziamento costituisce il momento conclusivo di un lungo iter comprensivo di diverse fasi di istruttoria in cui l’istituto di credito è chiamato ad effettuare determinate valutazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del richiedente, sui piani d’in­vestimento, sulle coperture finanziarie, nonché sulla struttura organizzativa e sulle finalità dell’operazione [12]. Tuttavia, le soluzioni adottate nelle sentenze in commento sull’accertamento del danno e sulla sua quantificazione presentano posizioni del tutto difformi. La Corte di Cassazione, infatti, nel rilevare come l’accertamento sulla sussistenza del danno sia distinto dalla liquidazione dello stesso, mette in evidenza comel’at­tore, nel momento in cui fornisce la prova del danno subito, deve indicare i parametri per la liquidazione del medesimo; tuttavia, sarà onere del giudice valutarel’attendibi­lità dei parametri offerti, spettando proprio all’organo giudicante liquidare il danno, anche in via equitativa nell’ipotesi in cui risulta impossibile trarre elementi per una quantificazione precisa e puntuale. Alla preliminare decisione sulla responsabilità del danno, infatti, deve seguire la quantificazione, anche laddove il danneggiato non sia in grado di fornire un criterio di quantificazione idoneo, perché basato su elementi meramente previsionali e probabilistici. Pur non tralasciando, come detto, una liquidazione del danno in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., laddove si renda difficile per l’attore fornire la prova puntuale del danno riconducibile ad un determinato inadempimento imputabile all’amministra­tore, sembrerebbero sussistere elementi tali da giustificare una quantificazione del danno secondo il criterio della [continua ..]


5. Risarcibilità del danno (futuro)

Per quanto attiene il profilo della risarcibilità del danno, mentre la Cassazione for­nisce una interpretazione chiaramente improntata a ritenere, ex ante, l’irregolare concessione di credito fattispecie costitutiva di danno attuale causato dalla mala gestio dei componenti degli organi sociali, prescindendo dall’esito infruttuoso delle azioni volte al recupero del credito, il Tribunale di Catania adotta una linea forse eccessivamente rigorosa e restrittiva, esigendo la prova concreta della irrecuperabilità del credito. In realtà, l’orientamento seguito dal Tribunale rappresenterebbe il punto debole della sentenza stessa, non solo in termini di accertamento della prova, comportando un evidente aggravamento dell’onere di attivarsi per ottenere la percentuale maggiore possibile di rientro ed imponendo alla banca la necessaria dimostrazione dell’atti­vità di recupero dei crediti, causando, quindi, un ostacolo non indifferente al diritto della stessa alla riparazione del pregiudizio subito, ma in quanto è la stessa giurisprudenza ad ammettere la risarcibilità dei cc.dd. “danni futuri”, laddove un evento illecito avesse causato, nei confronti di un soggetto giuridico, un pregiudizio le cui conseguenze non siano attuali e immediate, ma destinate a prodursi in relazione al­l’evento dannoso già verificatosi [13]. Alla luce di ciò, anche il danno futuro è risarcibile, a condizione, tuttavia, che sussista un elevato grado di probabilità che esso si verifichi secondo un criterio di regolarità (id quod plerumque accidit), rimesso al prudente apprezzamento del giudice [14]. La differenza sostanziale tra la risarcibilità del danno presente e il danno futuro sta, quindi, nel diverso grado di certezza che caratterizza le due figure di danno [15]. Tuttavia, la vicenda su cui si sono pronunciati il Tribunale di Catania e la Corte di Cassazione presenterebbe elementi e caratteristiche diverse dalla fattispecie del“danno futuro”; infatti nel caso di erogazione irregolare di credito, il pregiudizio che ne scaturisce è attuale, essendo future, piuttosto, le conseguenze sfavorevolidell’eventus damni [16]. Il danno attuale subito dalla banca consisterebbe nella immediata svalutazione del portafoglio crediti, il quale comporterebbe, a sua volta, una [continua ..]


6. Osservazioni conclusive

La soluzione adottata dal Tribunale di Catania appare quella meno convincente, sia sotto il profilo della tutela risarcitoria, che della quantificazione del danno, e si differenzia nettamente dalla pronuncia della la Corte di Cassazione, maggiormente garantista nei confronti della banca, meritevole di tutela risarcitoria a prescindere dall’e­ventuale accertamento circa la recuperabilità del credito. Il principio cardine dal quale si dovrebbe partire, una volta accertato l’evento dan­noso e, soprattutto, che lo stesso sia stato causato da condotte negligenti da parte degli organi sociali, dovrebbe essere quello di agire nei confronti dei medesimi per ristorare la banca del pregiudizio sofferto, individuando uno strumento di analisi quantitativa maggiormente attendibile, che possa condurre ad una corretta determinazione circa il criterio di quantificazione del danno, in relazione alle conseguenze immediate e dirette delle violazioni contestate. Di qui, emerge il giusto rilievo che, in ossequio al criterio di causalità materiale, assume l’onere di allegazione della condotta che si pone astrattamente come “causa efficiente” del danno di cui si chiede il risarcimento. Tuttavia, il problema della causalità rappresenta uno degli aspetti più difficili e discussi, ma la prova del nesso di causalità non può (e non deve) trasformarsi in una probatio diabolica. Sebbene il rischio d’impresa è insito nell’attività svolta dalla banca, non si può prescindere dal ritenere che la questione su cui sono stati chiamati a pronunciarsi il Tribunale di Catania e la Corte di Cassazione metta in luce il mancato rispetto degli obblighi imposti dalla legge nell’esercizio della funzione gestoria, che risulterebbe es­sere una pre-condizione per il buon andamento sociale. Pertanto, sembrerebbe opportuno che, una volta accertati la condotta (attiva o omissiva) negligente degli amministratori e dei sindaci e il danno (attuale e/o futuro) subito dalla banca, la quantificazione dello stesso si basi sull’importo del credito in sofferenza (che dovrebbe risultare dalle scritture contabili), secondo il criterio di causalità materiale, ricorrendo ad una liquidazione del danno in via equitativa solo in via residuale ed in mancanza degli elementi idonei a provare la condotta lesiva.


NOTE
Fascicolo 3-4 - 2018