Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Gli effetti per il fallimento del giudicato ottenuto nel giudizio proseguito dal fallito (di Antonio Carratta)


Cassazione, Sez. I, 23 maggio 2018, n. 12854 – Pres. Genovese – Rel. Pazzi

La questione esaminata dalla Suprema Corte nella pronuncia che qui si segnala consisteva nel verificare se ed entro quali limiti il curatore sia legittimato ad avvalersi di una statuizione favorevole, già passata in giudicato, conseguita in un giudizio svoltosi davanti ai giudici tributari su iniziativa del fallito e all’esito di un giudizio pendente prima della dichiarazione di fallimento e proseguito senza l’intervento del curatore. La conclusione alla quale pervengono i giudici della legittimità conferma l’o­rientamento, seguito già nel passato, secondo il quale del giudicato positivo ottenuto in sede tributaria dal fallito può avvalersi anche il curatore, sebbene egli non abbia preso parte al giudizio tributario pendente al momento del sopravvenuto fallimento. La motivazione che sorregge questa conclusione fa riferimento al fatto che la perdita di capacità processuale conseguente alla dichiarazione di fallimento, ai sensi dell’art. 43 L. Fall., non sarebbe affatto assoluta; tant’è che essa – secondo l’orien­tamento prevalente in giurisprudenza – potrebbe essere eccepita esclusivamente dal curatore nell’interesse della massa fallimentare (così Cass. 6 giugno 2017, n. 13991; Cass. 6 luglio 2016, n. 13814; Cass. 15 gennaio 2016, n. 614; Cass. 30 aprile 2014, n. 9434; Cass. 18 marzo 2014, n. 6248). Proprio perché la perdita di capacità processuale non avrebbe carattere assoluto, la stessa giurisprudenza ammette che il contribuente, anche dopo che sia stato dichiarato fallito, continui a conservare la legittimazione ad impugnare l’accertamento tributario anche nell’inerzia degli organi fallimentari. Anche in considerazione del fatto che, comunque, egli rimane esposto ai riflessi anche di natura sanzionatoria conseguenti alla definitività dell’atto impositivo. Se ne deduce che, ai fini dell’impugnazione dell’atto impositivo, eccezionalmente la legittimazione vada riconosciuta sia al contribuente fallito, a salvaguardia della sua posizione personale, sia al curatore, nell’interesse della massa. Ora, la presenza della duplice legittimazione ad impugnare l’atto impositivo giustificherebbe – secondo la pronuncia della Suprema Corte che qui viene segnalata – la conclusione secondo cui il curatore possa avvalersi dell’esito favorevole del giudizio promosso dal contribuente fallito, sollevando l’eccezione di giudicato, sempre al fine di salvaguardare l’interesse della massa dei creditori, e quindi per limitare la pretesa del concessionario insinuatosi al passivo per il recupero dell’intero credito tributario, nonostante questo sia stato favorevolmente impugnato dal contribuente fallito. In tal caso, dunque, il Tribunale fallimentare, tenendo conto dell’eccezione di giudicato legittimamente sollevata dal [continua..]
Fascicolo 3-4 - 2018