La nota esamina la problematica relativa al rapporto intercorrente tra tutela cautelare tipica e innominata nel campo dell’impugnazione delle delibere assembleari di società di capitali al fine di indagare se, dinnanzi ad una norma come quella di cui all’art. 2378 c.c. – che espressamente subordina la richiesta di sospensiva alla instaurazione di un giudizio ordinario di cognizione finalizzato ad accertare la illegittimità della delibera – possano individuarsi esigenze ulteriori o diverse, tali da giustificare che la stessa richiesta venga inoltrata prima dell’avvio del giudizio ordinario, tramite il ricorso allo strumento d’urgenza e residuale previsto e disciplinato dall’art. 700 c.p.c.
This work deepens the matter of relationships between “typical” and “unnamed” protection regarding the decisions adopted by the meetings of a LLC and the possibility to avoid the judicial remedy given by the special procedural rule (art. 2378 c.c.), by filing such claim trough the general procedural remedy (art. 700 c.p.c.).
Keywords: Company, Limited company, Resolution, Appeal, Ante causam suspension, Atypical interim protection.
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1. Il caso - 2. Le questioni di diritto rilevanti sottoposte all’esame del Tribunale e la soluzione adottata - 3. Sospensione della delibera, tra cautela tipica ed innominata - NOTE
Il provvedimento in esame, reso in sede collegiale dal Tribunale di Catanzaro, Sezione specializzata in materia di imprese, consente di fare il punto su un problema assai dibattuto nella dottrina e nella giurisprudenza processual-societaria, ovvero quello del rapporto tra art. 700 c.p.c. ed art. 2378, 3° comma, c.c. La decisione origina da un’azione cautelare esperita, ai sensi del combinato disposto degli articoli succitati, dal socio di una s.r.l. avverso una delibera di aumento del capitale e modifica dello statuto sociale, solo successivamente impugnata in sede di merito e per via arbitrale, in attivazione della clausola compromissoria contenuta nello statuto medesimo. In prime cure, il Tribunale dichiarava l’inammissibilità del ricorso, siccome proposto prima dell’instaurazione del procedimento di cognizione e, quindi, in violazione delle rigide preclusioni fissate dall’art. 2378 c.c., strumento ideato dal legislatore come procedimento incidentale ad una controversia di merito. A fronte del reclamo interposto dalla società, il Tribunale di Catanzaro confermava integralmente l’ordinanza di prime cure, sul presupposto che la tutela cautelare atipica nel campo delle impugnazioni delle delibere assembleari di società di capitali non è ammissibile in presenza di un rimedio ad hoc già previsto dal legislatore all’art. 2378, 3° comma, c.c. Da ciò, deriva secondo i Giudici, l’inammissibilità tanto della richiesta di sospensione ex art. 2378 c.c., tanto della tutela cautelare domandata ai sensi dell’art. 700 c.p.c. per carenza del requisito della residualità, stante la mancata allegazione da parte del socio ricorrente di elementi idonei a far desumere una eventuale lacuna di tutela con riferimento all’azione cautelare tipica, che in thesi potrebbe giustificare il ricorso alla tutela atipica e residuale disciplinata dal codice di rito. Più in particolare, secondo il Tribunale, nessun rilievo assume in tal senso la sussistenza di una clausola compromissoria all’interno dello statuto societario, atteso che agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari; con ciò garantendosi in ogni caso al socio che si ritiene leso da una delibera assembleare la necessaria tutela giurisdizionale.
L’ordinanza merita piena condivisione con riferimento alla ritenuta inammissibilità della tutela cautelare richiesta dal socio, ai sensi dell’art. 2378, 3° comma, c.c., antecedentemente all’attivazione del giudizio di cognizione arbitrale. Aderendo all’indirizzo giurisprudenziale maggioritario, il Tribunale, sulla scorta della premessa per cui il rimedio tipico inibitorio previsto dal codice civile si atteggia come procedimento incidentale ad una controversia di merito, ne predica l’inammissibilità ante causam. Tale conclusione trova invero una prima conferma dal raffronto tra il testo di cui all’art. 2378 c.c., così come novellato ad opera del D.Lgs. n. 5/2003, rispetto alla previgente previsione, che ipotizzava, «su richiesta del socio opponente», una sospensione dell’esecuzione «della deliberazione impugnata»; ed infatti l’attuale disposizione, al 3° comma, dispone che la richiesta va avanzata dall’«impugnante» la delibera, con apposito ricorso da depositarsi (almeno) «contestualmente» al deposito della citazione di impugnazione della delibera» [1]. Come notato [2], la novità introdotta con la riforma organica del diritto societario testimonierebbe una precisa voluntas legis; quella cioè di operare un giusto coordinamento tra pronuncia cautelare e relativa controversia di merito, di modo che la prima intervenga là dove siano già stati chiaramente delineati, da parte del socio che si reputa leso dalla delibera, i contorni della vicenda oggetto del giudizio di merito.
Fermo tale rilievo, la questione più rilevante che la lettura dell’ordinanza del Tribunale di Catanzaro spinge ad indagare riguarda il rapporto intercorrente tra tutela cautelare tipica e quella innominata nel campo dell’impugnazione delle delibere assembleari di società di capitali. In sostanza, dinnanzi ad una norma, come quella di cui all’art. 2378 c.c. che espressamente subordina la richiesta di sospensiva alla instaurazione di un giudizio ordinario di cognizione finalizzato ad accertare la illegittimità della delibera, possano individuarsi esigenze “altre” o più “urgenti” tali da giustificare che la stessa richiesta venga inoltrata prima dell’avvio del giudizio ordinario, tramite il ricorso strumento d’urgenza e residuale previsto e disciplinato dall’art. 700 c.p.c. In considerazione cioè delle finalità, dei limiti di ammissibilità e dei presupposti cui è subordinata l’emissione di provvedimenti di cautela atipica, la “copertura” fornita dall’art. 2378 c.c. risulta di portata tale da escludere il ricorso alla cautela innominata di cui all’art. 700 c.p.c. o, viceversa, residuano vuoti di tutela che ne giustificano l’applicazione? Invero, l’utilizzo dell’art. 700 c.p.c. nel campo delle delibere assembleari di società di capitali trova un primo ostacolo, per così dire sistemico, come affermato dalla stessa ordinanza in commento, nella presenza di rimedi cautelari tipici, trattandosi di strumento concepito dal legislatore come sussidiario e residuale («Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo» v. art. 700 c.p.c.) alle misure già previste dall’ordinamento. Epperò, innanzi a tale inequivocabile – forse solo all’apparenza – dato, in merito alla “sopravvivenza” del rimedio atipico in tale settore non vi è unanimità di vedute, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. La tesi più permissiva, oltre ad invocare l’art. 24 Cost., al fine di affermare – a contrario – l’incostituzionalità di un sistema che non garantisca la tutela sospensiva in via preventiva per diritti che possono subire pregiudizio imminente e irreparabile anche in un momento precedente all’instaurazione della causa di merito [3], – fa leva sulla generale [continua ..]