Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Sulla legittimazione ad agire nel procedimento ex art. 2409 c.c. (di Daniele Petta, Dottorando di ricerca, Dipartimento Scienze Giuridiche nell’Università di Salerno)


L’istituto del controllo giudiziario si inserisce in un eterogeneo quadro normativo, posto a tutela del generale interesse della società, all’interno del quale la denunzia al tribunale svolge una funzione residuale di garanzia e di ripristino della regolarità gestoria, mediante un riassetto amministrativo e contabile, della società. La pronuncia in commento, che offre l’occasione per approfondire i presupposti per il ricorso allo strumento del controllo giudiziario, suggerisce altresì alcune considerazioni in ordine ai profili di legittimazione attiva ad azionare il rimedio di cui all’art. 2409 c.c., profilo che merita un’adeguata valutazione, attesa la natura marcatamente processuale del procedimento.

 

Regarding the legitimacy to act in the proceedings pursuant to article 2409 of the italian civil code

The institution of judicial control is part of a heterogeneous regulatory framework, designed to protect the general interest of the company, within which the complaint to the court performs a residual function of guarantee and restoration of management regularity, through an administrative and accounting reorganization of the company. The ruling in question, which provides the opportunity to examine the prerequisites for recourse to the instrument of judicial control, also suggests some considerations regarding the profiles of active legitimacy to implement the remedy under Article 2409 of the Italian Civil Code, a profile that deserves an adequate assessment, given the markedly procedural nature of the procedure.

Keywords: Judicial control, complaint to the court, interest of the company, management, protection, serious irregularities, damage, legitimacy.

MASSIMA(1) Anche i fatti riguardanti le controllate possono rilevare, quali irregolarità nella gestione della capogruppo, tutte le volte che le prime palesino una condotta inadempiente dell’organo amministrativo della capogruppo in quanto legittimato, come rappresentante, ad esprimerne la volontà nelle assemblee della controllata, in particolare se venga da singole decisioni depauperato il patrimonio della controllante. MASSIMA(2) Le scelte gestionali dell’organo amministrativo, quando non rivelino il perseguimento di un interesse extrasociale in manifesto conflitto con quello della società, appartengono all’ambito della discrezionalità imprenditoriale e non possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale ai sensi dell’art. 2409 c.c. PROVVEDIMENTO: (Omissis). In via preliminare, la difesa di (omissis) ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, atteso che la denuncia in oggetto riguarderebbe irregolarità non dell’organo amministrativo della controllante bensì irregolarità degli amministratori delle controllate (di cui la ricorrente non è socia). Tale eccezione è priva di pregio. Invero, non vi è dubbio che con la procedura in oggetto i ricorrenti chiedono di “porre sotto la lente” del Tribunale le vicende relative al gruppo (omissis), con particolare riferimento alla holding di famiglia (omissis) S.p.A. ed alle sue controllate direttamente ((omissis) S.p.A.) ed indirettamente per il tramite di quest’ultima (Consorzio (omissis) in liquidazione). Ordunque, nella prospettazione di parte che fonda la legittimazione del ricorso, le irregolarità delle controllate non possono non avere riflessi sulla capogruppo e non solo in relazione alla veridicità e chiarezza dei bilanci della controllante, ma anche in relazione al mancato governo da parte dell’organo gestorio della controllante delle operazioni delle controllate, che possono determinare conseguenze pregiudizievoli all’intero gruppo. Infatti, in alcune pronunce di merito si è sostenuto che anche i fatti riguardanti le controllate possono rilevare, quali irregolarità nella gestione della capogruppo, tutte le volte che le prime palesino una condotta inadempiente dell’organo amministrativo della capogruppo, in quanto legittimato, come rappresentante, ad esprimere la volontà nelle assemblee della controllata, in particolare se venga da singole decisioni depauperato il patrimonio della controllante (Trib. Roma 17 luglio 1997, in Giur. it., 1999, 1458) o allorché si è considerato violato l’obbligo di non concorrenza da parte dell’amministratore di una società holding per il fatto di ricoprire analoga carica in società concorrente con una società operativa controllata (Trib. Mantova 26 novembre 1992). Venendo al merito della denuncia, il Collegio rileva che [continua..]
SOMMARIO:

1. Introduzione: verso un ampliamento del controllo giudiziario? - 2. Breve premessa sui fatti causa - 3. Inquadramento del “rimedio” ex art. 2409 c.c. - 4. Presupposti del controllo giudiziario: la potenzialità del danno - 5. (Segue): le gravi irregolarità - 6. (Segue): attualità - 7. Legittimazione alla denunzia: una eccezione alla regola? - 8. Profili generali sulla Business Judgement Rule - NOTE


1. Introduzione: verso un ampliamento del controllo giudiziario?

Prima di trascorrere alla disamina dell’ordinanza resa dalla Sezione specializzata del Tribunale di Napoli, che offre alcuni spunti interessanti in merito alla disciplina di cui all’art. 2409 c.c. nonché l’occasione per approfondire i presupposti per il ricorso allo strumento del controllo giudiziario, non pare inconferente, preliminarmente, indagare l’ambito di operatività che l’istituto de quo ha acquisito nel tempo, per effetto non solo di alcuni recenti interventi legislativi, ma anche dei principi affermati, sul tema, dalla giurisprudenza [1]. È ben noto che la richiamata disposizione normativa, dettata in materia di società per azioni, in virtù del rinvio disciplinato dagli artt. 2454 e 2545-quinquiesdecies c.c., è stata espressamente estesa alle società in accomandita per azioni, a fronte del sospetto di irregolarità dei soci accomandatari [2], nonché alle società cooperative che hanno più di tremila soci [3]. L’art. 379, 2° comma, CCII, modificando l’art. 2477 c.c., ha statuito che le disposizioni di cui all’art. 2409 c.c. si applicano alle società a responsabilità limitata, ancorché prive di organo di controllo [4]; l’art. 291 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, ha esteso altresì al curatore della liquidazione giudiziale unitaria di un gruppo di imprese la legittimazione a proporre, “nei confronti di amministratori e sindaci delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale”, la denunzia al Tribunale [5]. Il procedimento ex art. 2409 c.c. si applica, inoltre, agli enti del c.d. terzo settore [6], ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, salvo quelli religiosi civilmente riconosciuti, nonché alle società di capitali a partecipazione pubblica, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 [7]. Da un punto di vista della “politica del diritto”, sembrerebbe emergere, dunque, un ampliamento del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c., un aspetto quasi evolutivo della disciplina [8], che, da misura eccezionale, sembrerebbe destinata a divenire una forma di tutela quasi generalizzata, sfuggendo ad essa, ormai, solo poche fattispecie [9]: ed invero, l’art. 2409 c.c. non trova attuazione per le società di persone, attesa [continua ..]


2. Breve premessa sui fatti causa

Con la pronuncia in commento, giova evidenziarlo sinteticamente, il Tribunale di Napoli respinge il ricorso proposto ex art. 2409 c.c., a fronte di asserite presunte gravi irregolarità gestionali sottoposte al vaglio della Sezione specializzata in materia d’impresa, condannando altresì la società ricorrente al pagamento delle spese di lite. A sostegno del rigetto della domanda, spiegata nei confronti sia della holding (omissis) S.p.A., di cui parte ricorrente è socia, sia della società (omissis) S.p.A. e del Consorzio (omissis) in liquidazione, direttamente e/o indirettamente controllati, nonché nei confronti dell’amministratore unico e del socio di maggioranza della società controllante, il Tribunale adduce la palese inidoneità delle irregolarità – di tipo finanziario – a legittimare una richiesta di intervento ai sensi dell’art. 2409 c.c., in considerazione della mancata dimostrazione finanche di un danno potenziale cagionato dalle condotte denunciate, osservando, sul punto, come la denuncia sia stata costruita “in maniera anche piuttosto generica ed in modo disarticolato”, oltreché supportata da contestazioni alquanto lacunose, alcune delle quali non presenterebbero “nemmeno il carattere dell’attualità” [13]. L’apparente linearità della motivazione sottesa alla decisione, pertanto, suggerisce alcune considerazioni sull’istituto del controllo giudiziario, non tanto per la soluzione finale alla quale i giudici napoletani sono pervenuti, quanto, piuttosto, per il percorso argomentativo seguito per dichiarare l’(in)ammissibilità del ricorso ex art. 2409 c.c., profilo che merita un’adeguata valutazione, attesa la natura marcatamente processuale dell’istituto; le perplessità sollevate acquistano particolare rilievo, come si vedrà, essendo carente in capo alla società denunciante la legittimazione a promuovere la denuncia.


3. Inquadramento del “rimedio” ex art. 2409 c.c.

Il Tribunale di Napoli effettua una preliminare ricostruzione della disciplina di cui all’art. 2409 c.c., osservando, innanzitutto, che il “rimedio” regolato dalla richiamata disposizione normativa si configura come un procedimento c.d. di volontaria giurisdizione, volto, cioè, non a definire un contrasto tra pretesi diritti soggettivi, bensì a tutelare l’interesse generale della società, mediante disposizioni ritenute opportune al fine del suo riassetto amministrativo e contabile [14]. Il procedimento ex art. 2409 c.c. si inserisce, invero, in un eterogeneo quadro normativo, all’interno del quale la “denunzia al tribunale” svolge una funzione residuale di garanzia e di ripristino della corretta amministrazione della società [15]. Il Collegio aderisce all’orientamento prevalente in giurisprudenza [16], che ravvisa nell’art. 2409 c.c. una funzione di tutela del generale interesse della società ad una corretta amministrazione nonché di situazioni soggettive riconducibili nella categoria dell’interesse legittimo [17]: non essendovi, alla base del procedimento, una vicenda specificatamente contenziosa né una esigenza di tutela diretta di posizioni giuridiche soggettive determinate [18], i provvedimenti resi dal Tribunale, in subiecta materia, si esauriscono in misure latamente cautelari e provvisorie [19], che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non definiscono un conflitto tra parti contrapposte ovvero un contrasto intersoggettivo [20].


4. Presupposti del controllo giudiziario: la potenzialità del danno

Il Tribunale si sofferma altresì sull’aspetto concernente i presupposti per l’azio­nabilità del procedimento in esame: l’art. 2409 c.c. prevede, nel suo tenore letterale, che le gravi irregolarità nella gestione, conseguenti alla violazione dei doveri degli amministratori, debbano essere idonee ad “arrecare danno” alla società ovvero a una o più società controllate. L’introduzione, a seguito della riforma del diritto societario [21], del requisito della potenzialità pregiudizievole della condotta posta in essere dall’organo amministrativo sembra operare una drastica limitazione della sfera di operatività dell’istituto [22], trasformando il procedimento, da “presidio” finalizzato a perseguire la regolarità e la correttezza della gestione sociale, in uno strumento volto a interrompere comportamenti di mala gestio potenzialmente dannosi [23]. Si è rilevato, al riguardo, che una interpretazione restrittiva della novellata disposizione, circoscritta all’attribuzione di una valenza, stricto sensu, patrimonialistica ai potenziali danni, potrebbe, invero, incidere sulla possibilità di denunciare irregolarità formali – quali, ad esempio, la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili ovvero l’omessa adozione degli adempimenti e dei comportamenti richiesti dallo stato in cui versa la società – che non necessariamente rilevano ai fini dell’adozione degli “opportuni provvedimenti”, in quanto da dette omissioni potrebbe non derivare un danno alla società, quanto, piuttosto, un effetto favorevole di breve periodo [24]: è indubbio, infatti, che una gestione ancorché contra legem, ma non dannosa e, addirittura, profittevole per la società dovrebbe escludere la possibilità della denunzia ex art. 2409 c.c. [25]. Tuttavia, privilegiando il dato letterale della norma si rischierebbe di svuotare fortemente di significato siffatto procedimento, riducendo il controllo demandato all’autorità giudiziaria a poco più di un’“arma spuntata” in mano alle minoranze [26]. Alla luce delle suesposte considerazioni, appare corretto concludere che sottoposte al vaglio del Tribunale possono essere – non solo le violazioni reputate idonee a cagionare un danno qualificato di natura [continua ..]


5. (Segue): le gravi irregolarità

Con la pronuncia in commento, che si colloca sulla scia di consolidati orientamenti interpretativi, la Sezione specializzata del Tribunale di Napoli sottolinea che i comportamenti integranti le “gravi irregolarità” devono essere idonei alla causazione di un danno, anche futuro, purché patrimonialmente rilevante [30], e, sulla base di tale rilievo, esclude che le condotte denunciate dalla ricorrente, in maniera piuttosto generica e in modo disarticolato, siano idonee a cagionare un danno nemmanco potenziale; ed invero, il procedimento de quo è attivabile soltanto qualora le irregolarità denunciate possano recare un danno al – o anche al – patrimonio della società, in grado di pregiudicare gli interessi dei soci e dei creditori, senza che rilevi il tipo di violazione commessa ovvero il tipo di norma violata; sempre che, ovviamente, detta violazione si concreti in un inadempimento dei doveri gravanti sugli amministratori [31]. Per comprendere come il Collegio sia giunto a qualificare le (presunte) irregolarità denunciate nella vicenda in esame alla stregua di “mere anomalie”, è opportuno evidenziare che l’art. 2409 c.c. trova applicazione in presenza del fondato sospetto di “gravi irregolarità nella gestione”, compiute dagli amministratori in violazione dei propri doveri: la disposizione normativa non ha, invero, un contenuto definitorio [32]; è innegabile che ad integrare siffatto presupposto non possa essere qualunque violazione – o una violazione qualunque [33] – e spetta, dunque, ai (soci) ricorrenti circostanziare correttamente la natura di dette gravi irregolarità [34], il cui sospetto dovrà essere suffragato da un concreto quadro indiziario, senza, tuttavia, essere tenuti a dare piena prova dell’irregolarità denunciata [35]. La giurisprudenza ha precisato, al riguardo, che il requisito della “gravità” postula fatti e deficienze non altrimenti eliminabili, concretanti violazioni della legge o delle regole generali di gestione diligente nell’interesse sociale e in assenza di conflitti di interesse, che si sostanzino in fatti specificamente determinati e ascrivibili agli amministratori [36] e che, non essendo il procedimento instaurato ai sensi dell’art. 2409 c.c. collegato all’esercizio dell’azione di [continua ..]


6. (Segue): attualità

Altro presupposto rilevante, ai fini della denunzia ex art. 2409 c.c., sebbene la norma non lo menzioni espressamente, tra i profili decisivi nel caso di specie, riguarda l’attualità delle irregolarità contestate: i comportamenti integranti “gravi irregolarità” devono essere attuali e la stessa impostazione viene, quindi, confermata dalla pronuncia in esame. Il Tribunale di Napoli, richiamando, invero, un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, evidenzia come non rilevino, ai fini della denunzia, le vicende societarie ormai esaurite e, quindi, non ulteriormente produttive di effetti, non potendosi dar luogo all’intervento dell’autorità giudiziaria qualora sia già stato ripristinato l’ordine amministrativo e gli effetti della condotta siano divenuti intangibili; in tal caso, residua, in capo ai soci, l’eventuale esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori inadempienti nonché lo strumento della loro revoca [38]. Essendo, dunque, l’intervento del Tribunale rivolto alla eliminazione delle violazioni denunciate, in modo da impedire il prodursi – o il permanere – di effetti pregiudizievoli per la società, ripristinando la regolare attività di gestione, il procedimento ex art. 2409 c.c. non può essere promosso nell’ipotesi in cui gli amministratori, cui le irregolarità sono addebitabili, siano cessati e sostituiti, in quanto il rimedio invocato non ha la finalità di sanzionare gli autori delle irregolarità, bensì di rimuovere ovvero interrompere, con immediatezza, le cause e gli effetti delle stesse [39]. Ne consegue che il requisito [40] dell’attualità deve essere riferito al “danno” e non anche alla “carica”; dunque, la circostanza che gli amministratori, ai quali le irregolarità sono imputate, siano cessati rileva solo se – ed in quanto – siano state rimosse anche le denunciate violazioni [41]. Al contrario, se le irregolarità permangono, non basterà ad evitare il controllo giudiziario la rimozione – e la conseguente sostituzione – degli amministratori cui sono attribuiti gli illeciti, né l’eventuale apertura della fase di liquidazione della società [42], posto che l’interesse all’eliminazione delle [continua ..]


7. Legittimazione alla denunzia: una eccezione alla regola?

La pronuncia in commento presta il fianco ad alcune considerazioni in ordine ai profili di legittimazione attiva ad azionare il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. [44]. Nel caso affrontato dal Tribunale di Napoli, invero, nonostante la denuncia abbia ad oggetto irregolarità non dell’organo amministrativo della società controllante, di cui la ricorrente è socia, bensì irregolarità degli amministratori di società direttamente e/o indirettamente controllate, di cui la ricorrente non è socia [45], il Collegio ha fondato l’ammissibilità del ricorso sul presupposto che le irregolarità delle controllate – e, precisamente, “le vicende relative al gruppo” – non possono non avere riflessi anche sulla capogruppo [46]. Sennonché, il dettato normativo dell’art. 2409 c.c., nel riferirsi espressamente al solo profilo del danno arrecato o arrecabile “a una o più società controllate”, ancorché idoneo ad incidere negativamente sul patrimonio della società controllante [47], non contempla la possibilità di denunziare, ai fini dell’esperimento del rimedio da parte dei soci di quest’ultima, (anche) gli inadempimenti gestori, id est le “gravi irregolarità” compiute dagli amministratori della società direttamente e/o indirettamente controllata, in quanto soggetto passivo della procedura è – e resta – esclusivamente l’or­gano gestorio della controllante [48]; ciò equivale ad affermare che il (potenziale) danno riferibile ad una società eterodiretta deve essere la conseguenza delle gravi irregolarità nella gestione non della stessa controllata, bensì della controllante. Alla luce di tali preliminari considerazioni, appare opportuno, dunque, analizzare il profilo della legittimazione tenuto conto dell’inquadramento sistematico dei singoli istituti sottesi alla vicenda in esame. Giova, in primo luogo, interrogarsi sulla (verosimile) configurazione di una ipotesi di “sostituzione processuale”, di cui all’art. 81 c.p.c., secondo cui l’esercizio in nome proprio di un diritto altrui è consentito nei soli casi “espressamente previsti dalla legge”, stante la natura eccezionale di dette fattispecie. La citata norma non fa altro che ribadire il generale [continua ..]


8. Profili generali sulla Business Judgement Rule

Il Tribunale di Napoli, nel prendere posizione in merito ad alcuni dei profili ritenuti “problematici” e, dunque, meritevoli di attenzione da parte del Collegio [73], dà conto, ancorché succintamente, dell’applicabilità, alla fattispecie in esame, della business judgment rule [74], partendo dall’assunto secondo cui il merito delle scelte di gestione societaria rientri nell’alveo dell’insindacabilità in sede di controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. [75]. Il corredo motivazionale dell’ordinanza in commento appare condivisibile: il Collegio ha, invero, aderito al consolidato orientamento della giurisprudenza di merito, secondo cui il contenuto delle scelte di gestione dell’impresa [76] è assistito da un generale criterio esentivo [77], in forza del quale, laddove la decisione sia stata assunta non in conflitto di interessi, in buona fede e sulla base di un processo razionale, avvalendosi di tutte le informazioni ragionevolmente disponibili [78], è esclusa la configurabilità di una responsabilità gestoria, pur in presenza di conseguenze pregiudizievoli in capo alla società [79]. Circa la portata della business judgement rule si è interrogata anche la dottrina, soprattutto alla luce del novellato art. 2086 c.c., che ha conferito un carattere transtipico all’obbligo (generalizzato) di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati “alla natura e alle dimensioni dell’impresa”: il tema al centro del dibattito ha riguardato l’applicabilità, o, meglio, la estensione del principio alle decisioni di organizzazione dell’impresa; al riguardo, è stata ravvisata la possibilità di individuare un margine, più o meno ampio, di discrezionalità tecnica di cui gli amministratori godono nella selezione e predisposizione degli assetti adeguati [80]. In estrema sintesi, il Tribunale deve limitarsi, ai fini dell’adozione degli “opportuni provvedimenti”, a valutare la ragionevolezza delle scelte di gestione societaria [81], ma non anche la opportunità o la convenienza economica di dette operazioni; deve limitarsi, cioè, ad accertare che gli amministratori non abbiano osservato l’insieme delle norme e dei principi posti a garanzia della legalità e della correttezza ovvero che non [continua ..]


NOTE