Lo scritto analizza una delle soluzioni indicate dall’art. 11, L. n. 147/2021 per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale ed economico finanziario dell’impresa, valorizzandone la natura contrattuale e la funzione di integrazione del contenuto negoziale attribuita alla relazione dell’esperto; nonché si esaminano le interferenze che il contratto, idoneo ad assicurare la continuità aziendale, può presentare con altre possibili vicende concorsuali.
The essay analyzes one of the solutions provided for in article 11 of the Law 147/2021 to overcome the financial and economic distress of the company, enhancing its contractual nature and the function of the expert’s report related to the integration of the content of the contract; the connections between the contract, able to ensure business continuity, and other insolvency proceedings are also examined.
Keywords: Negotiated solution of the crisis, Conctract that ensures the going concern, Inteference with the Insolvency proceedings.
Articoli Correlati: composizione negoziata della crisi - continuità aziendale
1. La peculiarità del contratto idoneo ad assicurare la continuazione aziendale - 2. Il contenuto e la causa concreta del contratto - 3. Le possibili interferenze con vicende concorsuali - NOTE
L’art. 11 L. n. 147/2021 disciplina, come è noto, la fase delle conclusioni delle trattative, condotte sotto la guida dell’esperto, con particolare riferimento alle soluzioni alternative prospettate per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale ed economico finanziario dell’impresa. In questa sede, si affronterà la soluzione indicata dalla lett. a) dell’art. 11, ovvero la conclusione “di un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’art. 14 se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’art. 5, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuazione aziendale per un periodo non inferiore a due anni”. Il tema merita di essere affrontato attraverso le sue molteplici implicazioni e nei suoi plurimi intrecci, considerata la connotazione “multidimensionale” che il contratto in oggetto assume nell’ordito della L. n. 147/2021 [1]. Si allude alla conclusione delle trattive, come sviluppo positivo di un procedimento contrattuale in cui possono essere coinvolti tutti i creditori che abbiano ritenuto di addivenire all’accordo, come definito dalla norma, oppure, alternativamente, che a detto accordo siano addivenuti solo alcuni dei creditori, e, ciò nonostante, il contratto è ritenuto comunque idoneo ad assicurare la continuità aziendale. Si è osservato che “la disposizione parla inappropriatamente di contratto stipulato dalle parti con uno o più creditori, da un lato ampliando astrattamente, ma non realmente, la sfera soggettiva di uno dei contraenti, laddove pone appunto le ‘parti’ e non il solo imprenditore come ‘controparte’ dei ‘creditori’, e, dall’altro, restringendo, al tempo stesso, questa volta concretamente, la platea dei contraenti, che possono essere, in ultima analisi, a fronte dell’imprenditore, solo ‘creditori’ e non anche ‘parti interessate’” [2]. Invero, il primo allinea del 1° comma dell’art. 11 utilizza correttamente il termine “parti”, posto che la continuazione dell’attività di impresa – che costituisce il dato essenziale e determinante del contratto in oggetto – potrebbe essere assicurata anche attraverso la autorizzazione resa dal tribunale all’imprenditore di trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o [continua ..]
Innanzitutto, il presupposto di ogni conclusione delle trattative coincide con l’individuazione di una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi o pre-crisi indicata dall’art. 2, 1° comma [10]; più precisamente, si tratta, nella specie, di una soluzione la quale resta il risultato del “dialogo contrattuale” che si è svolto sotto la guida dell’esperto. Il primo elemento che si ricava è indubbiamente connesso al risultato di tipo (esclusivamente) negoziale, che si rinviene nel contratto con uno o più creditori, che “produce gli effetti di cui all’art. 14 (che, però, non possono essere considerati i soli “effetti conseguibili”), se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’art. 5, 8° comma, esso è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni [11]. Attraverso la “scomposizione” della norma, si apprezza che la soluzione negoziale dà luogo ad un contratto; al quale possono partecipare uno o più creditori, dunque allo stesso non aderiscono tutti i creditori dell’impresa, e questo è un dato che vale a distinguerlo rispetto ad altra ipotesi di composizione negoziata, quale potrebbe essere lo stesso concordato preventivo, né è richiesto l’intervento di un numero di creditori che possano rappresentare la maggioranza dei crediti, come nel caso dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. È infatti sufficiente notare che nel concordato preventivo i creditori non aderenti sono assoggettati alle regole della maggioranza e, poi, con il definitivo decreto di omologa, viene a realizzarsi quella soluzione latamente “negoziale” che finisce per coinvolgere e riguardare tutti i creditori [12]. Nella fattispecie all’esame, di contro, sono coinvolti solo uno o più creditori [13]: ciò significa che, nello svolgersi delle trattative, è emerso che la crisi dell’impresa è una prodotta – in realtà – da una disfunzione contrattuale riferibile proprio ad uno o più creditori, ovvero che la dinamica della crisi e l’individuazione della sua soluzione è subordinata al raggiungimento dell’accordo con questi. In questa prospettiva, viene dato atto della rilevanza oggettiva di quei creditori assolutamente determinanti ai [continua ..]
Emergono, però, in questo contesto alcuni nodi controversi. Il primo riguarda l’esito dell’eventuale ricorso presentato da un creditore per la dichiarazione di insolvenza dell’imprenditore (art. 5, 3° comma, lett. d), posto che dal giorno della pubblicazione dell’istanza di accesso al procedimento negoziale e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o l’accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata (art. 6, 4° comma). Orbene, se il positivo esito delle trattative si conclude con il contratto in oggetto, ne dovrebbe derivare la dichiarazione di improcedibilità (sopravvenuta) del ricorso. Ben più articolato resta il riscontro a fronte di altre situazioni che pure potrebbero presentarsi. Pur in presenza di detto contratto, è possibile che l’impresa stessa possa presentare una domanda di concordato preventivo o accedere ad un altro strumento (es. ristrutturazione del debito), constatando che nei due anni, per eventi sopravvenuti, non possono essere regolarmente eseguiti gli impegni assunti con i creditori. Si tratta di evenienze di particolare rilevanza, specie in ragione di eventi sopravvenuti che incidano sulla tenuta dell’accordo e sulla finalità (causa concreta) del contratto. In via generale, si ritiene che l’imprenditore possa accedere a strumenti diversi previsti dalla legge (ferma restando la possibilità di rinegoziare l’accordo in una prospettiva “privatistica” ovvero in assenza dell’intervento dell’esperto) e ciò non incontri ostacoli nel conseguito esito della composizione della crisi [21]: in tal senso, il debitore può depositare una domanda di concordato prenotativo ex art. 161, 6° comma, L. Fall., in presenza di eventi sopravvenuti non conosciuti e non prevedibili, tali da aggravare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa. Da questo punto di vista, in linea generale, si ritiene, a maggior ragione, che non vi siano ostacoli neppure per accedere ad un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. Fall. [22]. In presenza di detto contratto, inoltre, ci si chiede se può un creditore aderente al contratto depositare una successiva domanda per la dichiarazione di insolvenza dell’imprenditore. Il [continua ..]