Il commento che qui si propone riguarda una sentenza del Tribunale di Roma che affronta un tema poco indagato dalla giurisprudenza, ovvero se, nelle società di persone, il socio possa esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore responsabile per mala gestio, alla stregua di quanto avviene nel modello s.r.l. in forza del disposto dell’art. 2476, 3° comma, c.c.
I Giudici capitolini negano la legittimazione del socio di società personale ad agire contro l’amministratore per ottenere il ristoro del danno da questi cagionato alla società, atteso che si tratterebbe di una ipotesi di sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c. fuori dai casi espressamente contemplati dal legislatore.
L’impostazione del Tribunale, tuttavia, non appare condivisibile, alla luce di una diversa ricostruzione in punto di diritto della fonte di legittimazione del socio.
The comment proposed here concerns a sentence of the Court of Rome which deals with a subject little investigated by the jurisprudence, or if, in partnerships, the shareholder can exercise the social action of responsibility towards the managing director responsible for bad management, like what happens in the s.r.l. model pursuant to the provisions of art. 2476, third paragraph, of the Italian Civil Code.
The Capitoline Judges deny the legitimacy of the member of a personal company to act against the administrator to obtain compensation for the damage caused by them to the company, given that it would be a hypothesis of procedural replacement pursuant to art. 81 c.p.c. outside the cases expressly contemplated by the legislator.
The approach of the Court, however, does not appear to be acceptable, in light of a different reconstruction in law of the source of legitimacy of the shareholder.
Keywords: partnership – action for liability – "mala gestio"
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1. Il fatto - 2. La tesi della carenza di legittimazione in capo al socio: critica - NOTE
In materia di responsabilità degli amministratori di società di persone, un tema [1] che ancora agita dottrina e giurisprudenza riguarda la corretta individuazione di chi sia legittimato a promuovere l’azione di responsabilità, nonché lo stabilire a chi spetti esercitarla in giudizio. Dinanzi al sobrio tenore dell’art. 2260, 2° comma, c.c. – il quale lascia di fatto non disciplinata la materia delle azioni di responsabilità nelle società personali – ed alla poca ed ondivaga giurisprudenza sul tema [2], si segnala la sentenza in epigrafe resa dal Tribunale di Roma, cui va il merito – almeno – di affrontare il delicato tema della legittimazione del socio di società di persone ad esperire azione di responsabilità contro il socio amministratore per i danni cagionati al patrimonio sociale. A fronte delle domande azionate dall’attore, unico socio accomandante, contro l’unico socio accomandatario amministratore, volte ad ottenere i) la sua revoca dalla carica di amministratore, ii) la sua esclusione dalla compagine sociale e iii) la sua condanna alla restituzione in favore della società di tutte le somme oggetto di accertata distrazione, il Tribunale accoglie solo quella avente ad oggetto l’esclusione, ritenendo in essa assorbita la richiesta di revoca dalla carica di amministratore; in ordine alla domanda di condanna al risarcimento del danno subito dalla società in dipendenza della mala gestio dell’amministratore, dichiara, invece, il difetto di legittimazione attiva dell’attore, sulla scorta essenzialmente di una sola considerazione di ordine sistematico: l’art. 81 c.p.c. – a mente de quale «fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può fare valere nel processo in nome proprio un diritto altri» – è espressione di un principio di tassatività che non consente applicazione analogica di norme che dell’art. 81 c.p.c. costituiscono eccezione. La norma di cui all’art. 2476, 3° comma, c.c. – la quale, come è noto, attribuisce ai soci di s.r.l. un potere di «sostituzione processuale» per la tutela dell’integrità del patrimonio sociale leso dalla mala gestio degli amministratori – ha dunque carattere eccezionale e, come tale, è insuscettibile di applicazione analogica al tipo [continua ..]
Sul tema della legittimazione del socio [3] di società di persone ad esperire l’azione di responsabilità si contrappongono – tanto in dottrina quanto in giurisprudenza – due orientamenti: l’uno, esclude che il socio possa esperire azione di responsabilità ex art. 2260 c.c., dovendosi radicare la legittimazione in capo alla società, per il tramite del suo legale rappresentante [4]; l’altro, invece, riconosce ad ogni singolo socio, ancorché privo del potere di amministrazione [5] e di rappresentanza, il diritto di esperire l’azione sociale di responsabilità agendo uti socius, vale a dire nell’interesse sociale al fine di reintegrare il patrimonio della società [6]. Quanti negano la legittimazione del singolo socio ad agire in responsabilità contro gli amministratori, osservano che le società di persone, per quanto prive di personalità giuridica, costituiscono pur sempre un centro di imputazione giuridica autonomo rispetto ai singoli membri del gruppo, dotato di una soggettività giuridica e quindi di una legittimazione processuale distinta da quella dei soci: quale conseguenza di tale alterità soggettiva, il ristoro del danno cagionato al patrimonio sociale non può che essere richiesto solo dalla stessa società, per il tramite del suo legale rappresentante. Tale assunto, invero, assume oggi una connotazione non più attuale ove si ponga nella dovuta considerazione che la legittimazione del singolo socio a convenire in giudizio l’amministratore per i danni arrecati al patrimonio sociale è codificata nel modello della società a responsabilità limitata così come partorito dal legislatore della Riforma del 2003: come è noto, l’art. 2476, 3° comma, c.c. prevede che «l’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi». Il dogma della necessaria indifferenza dei soci per le vicende che impattano sul patrimonio della società è stato irrimediabilmente compromesso dalla norma appena citata, dettata, peraltro, per un modello societario – la s.r.l. – dotato di [continua ..]