Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Rapporti e flussi comunicativi interorganici nella Procedura di ammissione del concordato preventivo (secondo il codice della crisi d´impresa e dell´insolvenza) * (di Francesco De Santis, Professore ordinario di Diritto processuale civile nell’Università di Salerno)


Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha valorizzato il ruolo del commissario giu­diziale del concordato preventivo, al quale è affidato il compito di recepire, organizzare e valutare il flusso di informazioni necessario, da un lato, ai fini delle decisioni del giudice concorsuale circa gli atti di straordinaria amministrazione e la fattibilità economica del piano, e, dall’altro lato, a porre i creditori in condizione di esprimere un voto libero e consapevole.

The Corporate Crisis and Insolvency Code enhanced the role of the judicial commissioner of the composition with creditors, who is entrusted with the task of receiving, organizing and evaluating the flow of information necessary, on the one hand, for the purposes of the judge’s decisions insolvency regarding extraordinary administration and economic feasibility of the plan, and, on the other hand, to put creditors in a position to express a free and conscious vote.

Keywords: Insolvency Code – creditors' trustee – composition with creditors

SOMMARIO:

1. L’assenza del comitato dei creditori e l’attivazione ab ovo del circuito informativo commissario-giudice concorsuale in funzione dell’autoriz­zazione degli atti di straordinaria amministrazione - 2. Centralità e specializzazione del giudice concorsuale e del commissario giudiziale: riflessi sui percorsi formativi degli organi concordatari - 3. Il rapporto tra gli organi del concordato nella verifica dell’esistenza e della permanenza dei presupposti di fattibilità per l’accesso alla procedura - 4. L’indefettibilità della nomina ab ovo del commissario giudiziale in funzione di un costante flusso informativo verso il giudice concorsuale - 5. Il rapporto tra giudice e commissario alla luce della nuova latitudine del giudizio di fattibilità - 6. Rapporti tra il commissario giudiziale ed il giudice delegato - 7. Le attività gestionali e valutative del commissario giudiziale, in funzione di una compiuta informazione del giudice concorsuale - NOTE


1. L’assenza del comitato dei creditori e l’attivazione ab ovo del circuito informativo commissario-giudice concorsuale in funzione dell’autoriz­zazione degli atti di straordinaria amministrazione

Benché sia evidente che organi della procedura concordataria sono il tribunale, il giudice delegato ed il commissario giudiziale, nella Sezione II del Capo III del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), sotto la rubrica “Organi e amministrazione” della procedura, è menzionato il solo commissario giudiziale (art. 92), differentemente dalla “toponomastica” adottata dagli artt. 121 ss. per la liquidazione giudiziale (ove l’“organigramma” della procedura è declinato secondo il tradizionale assetto degli organi tribunale concorsuale-giudice delegato-curatore-comi­tato dei creditori). La cosa non stupisce, atteso il ruolo centrale e fortemente “operativo” che la legge, nell’àmbito della procedura, assegna al commissario, e di cui si dirà nelle pagine che seguono. È altresì da segnalare che nella procedura di concordato preventivo, fino all’o­mologazione, non è neppure prevista – né dalla legge fallimentare, né dal CCII – l’istituzione del comitato dei creditori [1]. Il CCII non ha modificato questo assetto, anzi, con riferimento alla fase del­l’esecuzione del concordato successiva all’omologa, ha perfino “attenuato” il ruolo del comitato dei creditori; nel nuovo concordato preventivo, il comitato – nell’as­senza di espresse e specifiche previsioni circa le modalità della liquidazione, contenute nella sentenza di omologazione – sarà assai probabilmente destinato a fungere da organo consultivo per il liquidatore (ovvero, per ripetere il gergo del Codice, ad esercitare funzioni di “assistenza alla liquidazione”) [2]. Ciò non vuol dire, però, che il ruolo dei creditori sia stato sic et simpliciter “degradato”. Invero, nella procedura di concordato i creditori si esprimono attraverso il voto, e possono determinare il successo o l’insuccesso della proposta concordataria (nel senso di accettarla o meno), ma – in linea di principio – non possono influire (neppure indirettamente) sugli atti di gestione dell’impresa (ad esempio gli atti di straordinaria amministrazione), esattamente quelli che a volte risultano decisivi proprio in vista della redazione della proposta. Il legislatore del 2019 parrebbe aver confermato l’idea (o, se si [continua ..]


2. Centralità e specializzazione del giudice concorsuale e del commissario giudiziale: riflessi sui percorsi formativi degli organi concordatari

L’esigenza che, fin dalle prime battute della procedura di concordato, si attivi il flusso informativo tra giudice concorsuale e commissario giudiziale impone un’ul­teriore riflessione di sistema. Negli anni più recenti la disciplina legislativa del processo di concordato preventivo è stata caratterizzata da una strutturale instabilità normativa e da continui adattamenti del diritto vivente. Il legislatore ha valorizzato, talora non in perfetta coerenza con la natura negoziale degli strumenti di soluzione pattizia della crisi d’impresa, la centralità del giudice e dell’organo commissariale [10], e ne ha progressivamente implementato i poteri di controllo e d’intervento. Tanto da chiedersi se ci troviamo di fronte all’affievolimento del tratto privatistico dell’istituto, a vantaggio delle esigenze pubblicistiche di tutela dei creditori e dell’economia; oppure se l’accentuazione del profilo dirigistico della procedura ha inteso preservare quelle condizioni di libera determinazione del consenso, che sono alla base della validità di ogni patto tra privati. Il CCII si è posto sulla medesima linea del legislatore degli ultimi anni, ed ha anzi implementato la centralità del giudice e del commissario giudiziale, nel contesto della vicenda processuale concordataria. Ci si riferisce non soltanto all’introduzione della previsione del giudizio di fattibilità economica della proposta concordataria (che di questa tendenza è il dato più rappresentativo), ma, in generale, al complesso dei poteri (ora di gestione della procedura, ora autorizzatori, ora di giudizio), che il giudice è chiamato ad esercitare du­rante la procedura di concordato, sovente a fronte degli “impulsi” provenienti dal commissario giudiziale. L’esercizio di tali poteri, e la maniera in cui essi vengono in concreto interpretati dai protagonisti della vicenda, appaiono di non secondario rilievo in vista del successo o dell’insuccesso dell’esperimento concordatario: si pensi, per fare un esempio, nuovamente ai poteri autorizzativi degli atti di straordinaria amministrazione. È certo inoltre che, mai come in questa materia, il dato normativo è sempre più propenso ad elevare nozioni di derivazione aziendalistica a parametri di valutazione giudiziale (si pensi ancora al giudizio di fattibilità [continua ..]


3. Il rapporto tra gli organi del concordato nella verifica dell’esistenza e della permanenza dei presupposti di fattibilità per l’accesso alla procedura

L’esame dei rapporti tra giudici e commissario giudiziale impone di effettuare una ricostruzione in senso diacronico, con riguardo a tutte le “tappe” che conducono al­l’omologazione del concordato, che rappresenta l’atto finale della procedura concor­dataria. Si tratta, in altre parole, di esaminare tali rapporti in vista (ovvero in funzione) del­l’omologazione, noto essendo che il concordato, nel momento in cui viene omologato, è già “chiuso” (art. 113 CCII), e si entra nella successiva fase dell’esecuzione del patto votato dai creditori [11]. Il dipanarsi di tale rapporto ed il rispetto dei reciproci ruoli nell’interpretazione dei fatti aziendali rappresenta il motore della procedura concordataria; buona parte di esso corre sul filo della valutazione della fattibilità del piano, rispetto alla quale, nella pratica, la collaborazione del commissario giudiziale coi giudici concorsuali è, come noto, assai prossima. A partire dal 2013, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno consolidato il principio secondo il quale il controllo sui presupposti per l’accesso al concordato preventivo non si risolve in una verifica istantanea e puntuativa, ma è un’attività continuamente in fieri, un work in progress, che giunge fino al momento dell’omolo­gazione. Il controllo di fattibilità, insegnano le Sezioni Unite, è esercitabile dal tribunale in ogni fase della procedura concordataria – ossia nella fase di ammissione, in quella di revoca ed in quella di omologazione – alla stregua del medesimo parametro di giudizio, ovvero dell’attitudine della proposta a perseguire la causa in concreto del concordato [12]. È ben vero che il CCII ha investito il tribunale del potere di valutazione della fattibilità economica del concordato, ma non sarebbe corretto sostenere che il sindacato giudiziale fosse stato limitato dalle Sezioni Unite del 2013 al solo controllo di fattibilità giuridica della proposta. Secondo la Corte regolatrice, già alla luce della legge fallimentare, il tribunale è chiamato a valutare l’idoneità della proposta non soltanto ad assicurare il soddisfacimento, sia pur modesto e parziale, dei creditori, ma perfino il superamento della situazione di crisi dell’impren­ditore. E poiché dalla crisi si può [continua ..]


4. L’indefettibilità della nomina ab ovo del commissario giudiziale in funzione di un costante flusso informativo verso il giudice concorsuale

La formulazione letterale delle norme potrebbe indurre a chiedersi se la presenza del commissario giudiziale sia necessaria fin dall’inizio della vicenda concordataria. Nel sistema della legge fallimentare, l’art. 161 dà facoltà al tribunale di nominare, già al momento della concessione del termine per la presentazione della domanda e del piano, il commissario giudiziale, senza tuttavia rendere obbligatoria tale nomina. La lett. b) del 1° comma dell’art. 44 CCII prevede invece che, nel caso di domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo (non distinguendosi in questa parte le possibili tipologie di concordato preventivo, dunque comprendendosi anche la domanda di concordato “con riserva”), il tribunale nomini un commissario giudiziale (la norma testualmente prevede che il tribunale “nomina”, e non “può no­minare”, come nell’art. 161 L. Fall.). D’altro canto, il 1° comma dell’art. 47 CCII prevede che, in sede di apertura della procedura di concordato, il tribunale acquisisce il parere del commissario giudiziale “se nominato ai sensi dell’art. 44”; e che, qualora disponga l’apertura della pro­cedura, nomina “o conferma” il commissario giudiziale, sembrando così attribuire al tribunale la facoltà (e non l’obbligo) di nominare il commissario fin dall’introdu­zione della procedura. A me sembra che – nonostante tali “aporìe” lessicali – l’art. 44 abbia inteso stabilire che la nomina del commissario giudiziale debba intervenire in ogni caso fin dal momento della presentazione della domanda di concordato, che sia o meno “con riserva”. In effetti – differentemente da quanto accade nel procedimento di omologazione dell’ac­cordo di ristrutturazione (ove la nomina del commissario deve intervenire solo in presenza di domande di apertura della liquidazione giudiziale, pur se da più parti si propone di riconoscere al tribunale la facoltà di nominare il commissario anche in assenza di domande di liquidazione) – nel concordato preventivo la necessità che vi sia, già in questa fase, un commissario giudiziale riposa sul fatto che il suo compito è (anche quello) di riferire al giudice circa gli atti di frode ai creditori non dichiarati nella domanda (previsione recata [continua ..]


5. Il rapporto tra giudice e commissario alla luce della nuova latitudine del giudizio di fattibilità

L’art. 6, lett. e), della delega 19 ottobre 2017, n. 55, aveva delegato l’esecutivo a stabilire i poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano concordatario, attribuendogli anche poteri di verifica in ordine alla fattibilità economica dello stesso, “tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale”. La latitudine così impressa al giudizio di fattibilità rafforza, a mio avviso, l’idea che il combinato disposto degli artt. 44 e 47 (in parte qua) CCII vadano (almeno al­lo stato e salvo successive precisazioni normative [17]) interpretati nel senso che la no­mina di un commissario giudiziale sia fin dall’inizio funzionale ad adiuvare il tribunale nella valutazione – non solo dell’ammissibilità della proposta sotto il profilo della ricorrenza dei presupposti giuridici – ma soprattutto della fattibilità economica del piano, vuoi che la si intenda (minimalisticamente) come astratta attitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati [18], vuoi che la si intenda (specie con riguardo al concordato con la continuità aziendale [19]) come concreta possibilità che il debitore porti a compimento il piano mettendo in campo gli strumenti, finanziari ed operativi, a ciò idonei (impregiudicata, io ritengo, la valutazione di convenienza della proposta, come tale ancora rimessa ai creditori). In ogni caso, a me sembra che il controllo sul piano implichi una valutazione in concreto, secondo criteri aziendalistici, riguardo alla probabilità di conseguimento dei risultati prospettati dall’imprenditore, ed in questo senso è corretto parlare di ve­rifica della fattibilità economica. Quest’ultima, dal canto suo, finisce con l’assorbire anche la valutazione della ricorrenza della causa in concreto (di cui parlano le Sezioni Unite del 2013), in quanto il giudizio demandato al tribunale non può non investire, oltre alla liceità del progetto pattizio (e ciò rientra nella valutazione dei presupposti di ammissibilità giuridica), anche la delibazione della causa negoziale concreta, sia sotto il profilo (astratto) dell’idoneità del piano ad assicurare il soddisfacimento dei creditori e quindi il superamento della crisi, sia sotto il profilo dell’effettiva realizzabilità del medesimo. Vi [continua ..]


6. Rapporti tra il commissario giudiziale ed il giudice delegato

Fino all’apertura del concordato preventivo il commissario giudiziale si relaziona col tribunale. Nella fase successiva alla domanda concordataria, ma anteriore all’apertura del concordato, il CCII (al pari della legge fallimentare) non prevede la nomina di un giudice delegato; la mancata “istituzionalizzazione” di tale figura fa sì, come sopra si è detto, che gli atti di straordinaria amministrazione, ovvero la sospensione o lo scioglimento dai contratti pendenti, debbano essere autorizzati (ad esempio in costan­za di decorso del termine per il deposito della proposta e del piano) dal collegio. Nella prassi già consolidata sotto il vigore della legge fallimentare si assiste, tuttavia, all’uso frequente della delega ad un componente del collegio (ovvero al magistrato che, verosimilmente, sarà delegato alla procedura, se quest’ultima è dichiarata aperta), al fine dell’audizione del debitore, nonché della trattazione e dell’esa­me dei mezzi istruttori [22]. In pratica, già in questa fase vi è un giudice che – con l’ausilio del commissario (il più delle volte anch’egli immediatamente nominato in caso di domanda di concordato “con riserva”) – è il fronting del tribunale verso il debitore, raccogliendone le dichiarazioni e le istanze, e, soprattutto, interloquendo con lui (a nome del collegio) nella fase di precisazione (ovvero di modifica) della domanda o del piano. Il procedimento può anche dipanarsi lungo più udienze; è necessario, però, che la delega per l’organizzazione del rito e l’audizione del debitore non si spinga fino ad attingere all’adozione di provvedimenti decisori, in questa fase riservati al collegio. Dopo l’apertura del concordato, entra ufficialmente in scena – tra gli organi deputati alla gestione della procedura – il giudice delegato (nominato dal collegio ai sensi dell’art. 47, 1° comma, lett. a), CCII), che diventa così inevitabilmente il punto di riferimento costante del commissario giudiziale. I poteri del giudice delegato previsti dal CCII (al pari che dalla legge fallimentare) sono particolarmente incisivi, essendo egli, tra l’altro, chiamato ad autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione (art. 47, 3° comma) e la sospensione o lo scioglimento dai contratti pendenti [continua ..]


7. Le attività gestionali e valutative del commissario giudiziale, in funzione di una compiuta informazione del giudice concorsuale

L’ammissione del concordato apre, infine, un ventaglio di ulteriori attività gestio­nali e valutative, che il commissario giudiziale deve svolgere sotto le direttive ed a stretto contatto del giudice delegato, che è in questa fase il suo diretto referente. Molte delle attività gestionali vengono svolte dal commissario in autonomia (nel qual caso può aprirsi, per gli interessati che se ne ritengano lesi, la strada del reclamo al giudice delegato ai sensi dell’art. 133 CCII, richiamato dall’art. 92), ma è evi­dente che per le questioni di maggior rilievo egli riferirà al giudice delegato (o direttamente al tribunale). Sotto il profilo gestionale, avuto riguardo alle previsioni di cui agli artt. 92 e seguenti CCII, il Commissario cura la trascrizione del decreto di apertura nei pubblici registri e ne fa annotazione sotto l’ultima scrittura dei libri presentati; procede alla verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori sulla scorta delle scritture contabili, apportando le necessarie rettifiche; provvede a comunicare ai creditori l’avviso contenente la data iniziale e finale del voto dei creditori, la proposta del debitore ed il decreto di apertura; esprime parere per la comunicazione a mezzo pubblicazione del testo integrale della medesima su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale, in caso di rilevante numero di creditori; redige l’inventario del patrimonio del debitore; dà comunicazione ai creditori, al debitore ed a tutti gli altri interessati delle osservazioni e contestazioni pervenute e ne informa il giudice delegato. Non meno rilevanti sono le attività valutative svolte dal commissario, sia ai fini dell’efficiente svolgimento della procedura, sia in funzione di una compiuta informazione del giudice concorsuale e dei creditori votanti. Epperciò egli: a) fornisce ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della stessa e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti o offerte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso (art. 92, 3° comma); b) comunica senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale e dei quali viene a conoscenza [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3-4 - 2020