Il lavoro, partendo dalla decisione della Corte cost. 22 ottobre 2019, n. 245, analizza la disciplina delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, così come disciplinata dalla L. n. 3/2012 e ripercorre l’elaborazione giurisprudenziale relativa alla falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento, analizzando le ragioni della Corte che hanno determinato l’illegittimità costituzionale dell’infalcidiabilità dell’IVA in dette procedure.
This work deals with the regulations concerning the settlement of over-indebtedness crisis under Law no. 3/2012, based on Constitutional Court ruling no. 245, issued on 22 October 2019. It also analyses the legal approaches to VAT reduction in over-indebtedness cases, taking into account the reasons for the Constitutional Court to deem the impossibility of VAT reduction in such cases unconstitutional.
Keywords: over-indebtedness – VAT reduction – settlement of the crysis
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1. La vexata quaestio dell’infalcidiabilità dell’IVA nel sovraindebitamento - 2. Il trattamento dei crediti tributari e contributivi - 3. I crediti tributari nella composizione della crisi da sovraindebitamento - 4. Il decisum della Corte costituzionale - NOTE
La falcidiabilità dell’IVA e della sua compatibilità con le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento [1], torna a fare parlare di sé, ma questa volta in maniera risolutiva, attraverso la sentenza della Corte cost. 22 ottobre 2019, n. 245 depositata in cancelleria il 29 novembre 2019, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, 1° comma, terzo periodo, L. n. 3/2012 limitatamente alle parole “all’imposta sul valore aggiunto” [2]. Il concetto di sovraindebitamento, che non coincide con quello di insolvenza, è la condizione di mancanza, prolungata nel tempo, di risorse economiche che consentono di fronteggiare gli impegni assunti, rappresentando una situazione di difficoltà non temporanea di adempiere facendo ricorso ai propri redditi. La definizione si caratterizza dunque per la sua elasticità ed infatti non rilevano tutte le difficoltà finanziarie, ma solo quelle derivanti da uno squilibrio patrimoniale non transitorio. Come noto, le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento consentono a lavoratori autonomi, imprenditori non soggetti a procedure concorsuali e consumatori [3] di fronteggiare situazioni di perdurante squilibrio economico, fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile, che determinano la rilevante difficoltà ovvero la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Il Tribunale di Udine, attraverso l’ordinanza del 14 maggio 2018, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, 1° comma, terzo periodo, L. n. 3/2012 – in rapporto agli artt. 3 e 97 Cost. – relativamente all’infalcidiabilità dell’IVA nell’ambito di una procedura di sovraindebitamento. La controversia sottoposta dinanzi al foro di Udine aveva ad oggetto la richiesta di ammissione di una proposta di composizione della crisi da parte di un soggetto non assoggettabile a fallimento e la contestuale richiesta del pagamento parziale dell’IVA. I giudici friulani, richiamando il Tribunale di Pistoia, 26 aprile 2017 e Tribunale di Torino, 7 agosto 2017, i quali ammettevano la falcidiabilità dell’IVA, evidenziavano le similitudini con la disciplina del concordato preventivo che riconosce, in alcune particolari [continua ..]
Preliminarmente è necessario fornire un quadro generale sull’istituto della transazione fiscale disciplinata dall’art. 182-ter L. Fall., che a seguito di numerosi interventi legislativi di coordinamento tra normativa concorsuale e quella fiscale [9], ha quale obiettivo quello di definire i rapporti tra fisco e contribuente attraverso il raggiungimento di accordi negoziali [10], di tipo remissorio o dilatorio [11], all’interno della regolazione concordata della crisi [12]. L’accordo transattivo tra Amministrazione finanziaria e contribuente diventa parte integrante di una proposta di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione: l’imprenditore in crisi può sottoporre all’Amministrazione finanziaria un’ipotesi di ristrutturazione dei debiti tributari nell’ambito di un più generale piano di soluzione della crisi, da sottoporre ai creditori secondo i meccanismi negoziali e consensuali previsti per tali procedure, i cui effetti giuridici operano anche nei confronti del creditore Fisco [13]. Ai sensi dell’art. 182-ter, 1° comma, L. Fall., l’accordo transattivo può applicarsi “ai tributi amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d)”. La transazione può avere ad oggetto i tributi e contributi gestiti dalle agenzie fiscali e dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e i loro accessori, dovendosi intendere i soli interessi e non anche le sanzioni [14]. Il piccolo imprenditore, quindi, non può (anche a seguito della Circolare n. 40/E/2008) accedere alla transazione fiscale, se non accedendo all’art. 7 della L. n. 3/2012, ma può sempre utilizzare gli ordinari istituti “deflattivi” del contenzioso fiscale, previsti dalla legislazione tributaria speciale, al fine di ottenere soltanto la riduzione delle sanzioni e/o la dilazione dei [continua ..]
Il legislatore, come visto in precedenza, ha deciso di dedicare un trattamento speciale ai crediti di natura erariale nella disposizione contenuta nell’art. 7, della L. n. 3/2012, che prevede, senza ampi margini di interpretazione: “con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione di pagamento”. La L. n. 232/2016, riformulando il contenuto dell’art. 182-ter L. Fall., a seguito della sentenza della Corte di Giustizia causa C-546/14/2016, ha consentito il pagamento parziale dei crediti erariali anche se costituiti da IVA, previo accertamento di “incapienza” da parte di un perito indipendente. Dopo l’apertura della Corte di Giustizia europea in ordine alla possibile falcidia del debito IVA e l’ammissione del principio dettato dall’art. 182-ter L. Fall. che ne ammette lo stralcio, si è ampliato il divario con la normativa sul sovraindebitamento, ed il Tribunale friulano propone una possibile interpretazione costituzionalmente orientata a permettere la falcidia del credito IVA anche in sede di accordo di composizione e di piano del consumatore, ma non a legislazione invariata. Anche la dottrina si era lecitamente chiesta se l’istituto della transazione fiscale di cui all’art. 183-ter L. Fall., potesse essere applicato alle procedure di sovraindebitamento e quali fossero le relative implicazioni connesse all’art. 7 della L. n. 3/2012, a seguito del mancato coinvolgimento delle modifiche apportate dalla L. n. 232/2016 [24]. La transazione fiscale è uno strumento la cui applicazione è riservata al debitore che ha accesso alla procedura di concordato preventivo di cui agli artt. 160 ss. L. Fall. o richiede l’omologazione di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L. Fall. A seguito della concessione offerta dalla Corte di Giustizia in ordine al pagamento parziale del debito IVA, la previsione espressa nell’art. 7 della sola possibilità di dilazione dell’IVA, pone una questione sulla distinzione rispetto alle procedure concorsuali relative a imprese fallibili con chiari elementi di incostituzionalità della norma. La Corte Costituzionale, nella sua decisione di cui qui si commenta, evidenzia come, a seguito della sentenza Degano, il quadro [continua ..]
Si è avuto modo di vedere come l’accordo di composizione della crisi da indebitamento riproduce le caratteristiche fondamentali del concordato preventivo, confermandone, tra l’altro, una identica ratio sottostante. Ed è proprio su questo dato sostanziale che si fonda la decisione definitiva della Corte costituzionale che qui si commenta. La Corte costituzionale, pur non dissentendo con l’esclusione di una interpretazione indirizzata al dato censurato consono al diritto unionale, in ragione della chiara ed univoca lettera dell’art. 7, 1° comma, terzo periodo, L. n. 3/2012, è consapevole che non sarebbe praticabile alcuna altra diversa interpretazione senza sconvolgere il significato letterale della locuzione “in ogni caso” che non concede alcuna possibilità di diversa interpretazione, impedendo un avvicinamento della disciplina interna ai principi e agli obiettivi espressi nella direttiva di riferimento. La Corte pone l’accento sul fatto che in entrambe le procedure è consentita l’esdebitazione dei soggetti particolarmente indebitati, evitando la liquidazione del relativo patrimonio e agevolando una rapida ricollocazione del debitore all’interno del circuito economico e sociale, nonostante vi sia una palese diversità di interessi coinvolti, quanto a soggetti che possono accedervi. In entrambe le procedure le regole previste per i crediti privilegiati e, in particolare, quelli di natura tributaria, assumo un ruolo determinante. Infatti, la comune regola è quella della possibilità di falcidiare tali poste creditorie, la cui integrale soddisfazione, può lasciare il campo solo se la liquidazione del relativo patrimonio non è altrettanto conveniente. Viene operata la deroga al principio dettato dall’art. 2741 c.c. la cui conseguenza è un “sacrificio” della posizione del creditore in quanto la finalità esdebitatoria pone pur sempre l’attenzione alle effettive prospettive di soddisfazione del credito munito di prelazione, “che devono essere maggiori rispetto a quella potenzialmente derivante dalla liquidazione dei beni coperti dalla prelazione”. L’elemento fondamentale delle procedure preventive che hanno quale obiettivo l’esdebitazione è proprio la possibilità di falcidiare i crediti garantiti da prelazione. Contrariamente si otterrebbe il risultato [continua ..]