Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Sulla legittimazione esclusiva del curatore all´esercizio delle azioni di responsabilità dopo la dichiarazione di fallimento o l´apertura della liquidazione giudiziale (di Alessandra Zanardo, Professoressa associata di Diritto commerciale nell’Università Ca’ Foscari Venezia)


Il presente commento ha ad oggetto una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che si pronuncia sulla legittimazione dei creditori sociali ad esercitare l’azione di responsabilità di cui all’art. 2394 c.c. dopo la dichiarazione di fallimento della società debitrice. Secondo la Corte, i creditori sono legittimati ad esercitare l’azione di responsabilità anche in pendenza della procedura fallimentare, se il curatore non provvede ad esercitarla. La tesi, che diverge dall’opinione consolidata della giurisprudenza (anche di legittimità), merita di essere attentamente analizzata.

On the bankruptcy trustee’s exclusive standing to bring liability actions upon the opening of bankruptcy or compulsory winding-up proceedings

This commentary deals with a decision of the Court of Appeal of Naples on the standing of creditors to bring liability actions under Article 2394 of the Italian Civil Code after the opening of bankruptcy proceedings against the debtor company. According to the Court, creditors have standing to bring a liability action against company directors even during bankruptcy proceedings, if the relevant bankruptcy trustee (curatore) does not bring the action himself. This opinion, which differs from the established opinion (including that of the Supreme Court of Cassation), deserves to be analysed in depth.

MASSIMA: Fallimento – Società per azioni – Azioni di responsabilità – Esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali – Legittimazione sostitutiva del curatore – Carattere esclusivo della legittimazione – Insussistenza (Artt. 2394, 2394-bis c.c.; artt. 66, 146 L. Fall.) I creditori sociali perdono la legittimazione a ciascuno di essi attribuita dall’art. 2394 c.c. non già per effetto della dichiarazione del fallimento della società per azioni loro debitrice, ma soltanto a partire dal momento in cui il curatore ivi nominato decida di usufruire della legittimazione sostitutiva attribuitagli dall’art. 2394-bis c.c. Possono pertanto, fino a tale momento, esercitare l’azione di responsabilità loro accordata dall’art. 2394 c.c. anche in pendenza della procedura fallimentare aperta nei confronti della società, allo stesso modo in cui i creditori che hanno promosso azione revocatoria ordinaria nei confronti degli atti di disposizione compiuti dal proprio debitore sono legittimati a proseguire nell’azione anche dopo la dichiarazione del fallimento di quest’ultimo, qualora il curatore non eserciti, in relazione ai medesimi atti, il potere sostitutivo attribuitogli dall’art. 66 L. Fall. PROVVEDIMENTO: (Omissis). 1. Con una citazione notificata il 6 ottobre 2014, la (omissis) conveniva in giudizio dinnanzi alla Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Napoli (omissis), che ricoprivano, il primo, la carica di presidente e, il secondo e la terza, quella di componente del consiglio di amministrazione della (omissis) allegando: a) di avere, nel periodo compreso tra il luglio del 2013 ed il gennaio del 2014, effettuato in favore della (omissis) diverse forniture di elettroconduttori di rame verso il prezzo complessivo di 204.906,30 € del quale non aveva chiesto l’immediato pagamento confidando in perfetta buona fede nella situazione di stabilità finanziaria e patrimoniale dell’acquirente, desunta dall’esame dei bilanci d’esercizio di quest’ul­tima relativi agli anni 2011 e 2012 e della bozza del bilancio relativo al periodo dal 1° gennaio al 31 agosto 2013, fornitale su sua richiesta dalla medesima società, nonché dai propri pregressi e regolari rapporti commerciali con quest’ultima e dal­l’as­senza di indici sintomatici di dissesto della controparte derivanti da protesti, ritardi nei pagamenti etc.; b) di avere pertanto accettato, anche per la reputazione positiva di cui la (omissis) godeva presso alcuni suoi funzionari, che per il pagamento di una parte di quelle forniture l’acquirente le rilasciasse 8 assegni bancari dell’importo complessivo di 152.546,62 €, tutti postdatati e poi – fatta eccezione per il primo, dell’importo di 10.000,00 € – rimasti impagati; c) di avere [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso e le questioni giuridiche affrontate - 2. La posizione della Corte d’Appello di Napoli sulla legittimazione esclusiva del curatore - 3. Critiche alla tesi dei giudici partenopei - 4. Possibili rimedi esperibili dai creditori sociali - NOTE


1. Il caso e le questioni giuridiche affrontate

La sentenza in commento, pur affrontando diverse questioni, parte delle quali di carattere fattuale, è di particolare interesse soprattutto nella parte in cui, ponendosi apparentemente [1] in contrasto con la copiosa giurisprudenza precedente, afferma che i creditori sociali conservano, entro certi limiti, la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali dopo la dichiarazione di fallimento della società loro debitrice. Le considerazioni che si svilupperanno nei paragrafi successivi, pertanto, riguarderanno esclusivamente tale profilo. È però utile, in queste note introduttive, dare brevemente conto del caso in esame, che verte appunto sull’esercizio, da parte di un creditore sociale (a sua volta società per azioni), dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una s.p.a. dichiarata fallita pochi mesi dopo. La società attrice agiva in giudizio nei confronti del presidente e di due componenti del c.d.a. di una società di cui era creditrice per una fornitura di merce non pagata ai sensi dell’art. 2394 c.c. e dell’art. 2395 c.c., evocando quindi anche un danno diretto al proprio patrimonio. Il Tribunale di Napoli dichiarava improcedibile la domanda proposta ex art. 2394 c.c., in considerazione del sopravvenuto fallimento della società debitrice e del conseguente trasferimento al curatore della legittimazione ad agire in giudizio, mentre rigettava la domanda formulata ex art. 2395 c.c. per mancanza di prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra la condotta illecita degli amministratori e il danno lamentato da parte attrice. La sentenza veniva impugnata innanzi alla Corte d’Appello sulla base di sette motivi, tra cui l’«errata negazione della legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 2394 c.c.». La Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’impugnazione e in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava procedibile, pur poi rigettandola nel merito, la domanda formulata ex art. 2394 c.c., mentre accoglieva in parte la domanda proposta ai sensi dell’art. 2395 c.c., condannando per l’effetto gli amministratori convenuti al risarcimento dei danni. Sotto il profilo prettamente giuridico, e rinviando ai paragrafi successivi l’analisi del punctum dolens della (im)procedibilità della domanda [continua ..]


2. La posizione della Corte d’Appello di Napoli sulla legittimazione esclusiva del curatore

Si è detto, nel paragrafo introduttivo, che la pronuncia in commento sembra porsi in contrasto con la consolidata (e unanime) opinione giurisprudenziale che riconosce al curatore nominato con la sentenza dichiarativa di fallimento la legittimazione esclusiva all’esercizio delle azioni di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. In effetti la Corte, pur senza negare il carattere esclusivo della legittimazione attribuita ex lege al curatore – in ciò aderendo all’insegnamento della Suprema Corte – e, specularmente, la perdita di legittimazione attiva da parte dei singoli creditori, non rinviene la fonte di tali effetti nella sentenza dichiarativa di fallimento; bensì nella scelta, da parte dell’organo della procedura, di non esercitare l’azione. In particolare, i giudici partenopei sviluppano una serie di argomenti, indubbiamente meditati e per certi versi suggestivi, al fine di negare il carattere esclusivo della legittimazione del curatore all’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali. Detti argomenti, tuttavia, non sembrano sufficienti ad indurre a rivedere l’opinione consolidata [1] che si esprime in favore dell’esclusività della legittimazione del curatore, una volta dichiarato il fallimento (o aperta la liquidazione giudiziale), per le ragioni di seguito illustrate. Anzitutto, è condivisibile, ma resta a latere dell’analisi in oggetto [2], l’affer­mazione della Corte d’Appello circa l’inesattezza e il carattere fuorviante della formula, tralatiziamente riportata in plurime sentenze (anche) della Suprema Corte, secondo la quale le azioni di responsabilità di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c. confluiscono in un’unica azione, dal carattere unitario e inscindibile, al cui esercizio è legittimato in via esclusiva il curatore [3]. Il curatore esercita, né più né meno, le stesse azioni esperibili, nella società in bonis, dalla società medesima – o dai soci di minoranza ex art. 2393-bis c.c. – e da ciascun creditore sociale, o in forza del subentro nella medesima posizione sostanziale e processuale del fallito ai sensi dell’art. 43 L. Fall., o in virtù di una legittimazione sostitutiva ex art. 81 c.p.c. (v. artt. 2394-bis c.c., 146 L. Fall. e 255 c.c.i.i.) [4]. Al curatore non è [continua ..]


3. Critiche alla tesi dei giudici partenopei

L’originale ricostruzione dei giudici partenopei si fonda essenzialmente sul richiamo alla fattispecie di cui all’art. 66 L. Fall. (azione revocatoria ordinaria), così come ricostruita dalla giurisprudenza di legittimità, che, secondo i giudici, è fattispecie accostabile, nelle finalità perseguite, a quella disciplinata dagli artt. 2394-bis c.c. e 146 L. Fall. Più precisamente, la Corte d’Appello richiama l’opinione della Cassazione a sezioni unite secondo la quale i creditori che abbiano agito per ottenere la dichiarazione di inefficacia, nei propri confronti, degli atti di disposizione del patrimonio del debitore che li danneggiano possono proseguire nell’azione anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, qualora il curatore non eserciti, in relazione ai medesimi atti, il potere sostitutivo attribuitogli dall’art. 66 L. Fall. [1]. Il ragionamento è completato dall’osservazione che l’opposta soluzione, che riconosce la legittimazione esclusiva del curatore sin dall’apertura della procedura fallimentare e per tutta la sua durata, contrasterebbe con l’art. 24 Cost., impedendo al singolo di agire in giudizio a tutela di un proprio diritto senza che detta limitazione trovi ragione in interessi superiori. Siffatta spiegazione sconta, ad avviso di chi scrive, la diversità delle due fattispecie, l’una regolata dal solo art. 66 L. Fall. attraverso l’uso di un verbo modale che esprime la possibilità per il curatore di «domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile»; l’altra disciplinata dagli artt. 2394-bis c.c. (tuttora in vigore nonostante la prevista abrogazione [2]) e 146 L. Fall. (oggi art. 255 c.c.i.i.). L’art. 2394-bis c.c. prevede, come noto, che in caso di fallimento le azioni di responsabilità previste dagli articoli precedenti, ossia dagli artt. 2393 e 2393-bis e dall’art. 2394 c.c., «spettano» al curatore del fallimento; mentre l’art. 146, comma 2, L. Fall. stabilisce che sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori [3]. In altre parole, se in relazione [continua ..]


4. Possibili rimedi esperibili dai creditori sociali

Se si condividono le considerazioni che precedono, resta da valutare se effettivamente residui in capo ai creditori, in pendenza di una procedura fallimentare o di liquidazione giudiziale, la possibilità di reagire nei confronti della perdurante e ingiustificata inattività del curatore, quanto ai profili che qui rilevano. Ancora una volta il pensiero corre agli strumenti endoprocessuali previsti dal legislatore, in particolare alla possibilità di proporre reclamo nei confronti di omissioni del curatore, ex art. 36 L. Fall. (e art. 133 c.c.i.i.) [1], cui si aggiunge la possibilità di sollecitare, di norma presso il giudice delegato, una proposta di revoca del curatore stesso (si pensi a situazioni di cronica inerzia dell’organo nelle operazioni di liquidazione) [2]. Qualcuno potrebbe, invero, dubitare dell’efficacia di detti rimedi, sulla base del rilievo per cui il decorso del tempo necessario per ottenere i decreti del tribunale possa determinare la prescrizione dell’azione di responsabilità almeno nei confronti taluni amministratori. Se però si considera che la Suprema Corte ha ribadito, anche recentemente, la presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione dell’azione dei creditori sociali e la dichiarazione di fallimento [3]; che il termine per proporre reclamo al giudice delegato contro un’omissione del curatore è di otto giorni decorrenti dalla scadenza del termine indicato nella diffida a provvedere e che, pertanto, il creditore interessato è nella condizione di reagire tempestivamente all’inattività del curatore dando impulso all’iter processuale di cui all’art. 36 L. Fall. [4]; se, ancora, si considerano i tempi relativamente contenuti delle fasi del procedimento di reclamo e le ridotte formalità da osservare, il rischio di prescrizione dell’azione pare abbastanza remoto. Infine, poiché l’azione di responsabilità è esercitata dal curatore nell’interesse (della massa) dei creditori, nei cui confronti la norma “sostanziale” (art. 2394 c.c.) rende responsabili gli amministratori, non sembra che al singolo sia preclusa, per effetto dell’apertura del fallimento della società, anche la facoltà di costituire in mora gli amministratori ritenuti responsabili in funzione della conservazione del proprio [continua ..]


NOTE