Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Sovraindebitamento, sospensione dell'esecuzione e coordinamento dei poteri del giudice delegato e del giudice dell'esecuzione (di Giacinto Parisi, Dottore di ricerca in Diritto processuale civile nell'Università di Roma Tre)


Il presente scritto muove dalla disamina dei principi affermati dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 22715/2023 per poi approfondire, in una prospettiva più generale, il tema dei rapporti tra i poteri del giudice delegato a sovraintendere alla procedura concorsuale e del giudice dell’esecuzione singolare.

Over-indebtedness, suspension of enforcement proceedings and coordination of powers of the delegated judge and of the enforcement judge

This paper starts from the examination of the principles affirmed by the order of the Court of Cassation n. 22715/2023 and then review, from a more general perspective, the issue of the relationship between the powers of the judge delegated to supervise the insolvency procedure and of the judge of singular enforcement proceedings.

MASSIMA: I rapporti tra il giudice dell’esecuzione singolare e il giudice del sovraindebitamento, anche nell’ipo­tesi di contemporanea pendenza di procedure a carico del medesimo debitore, sono improntati a piena equiordinazione, per quanto i rispettivi poteri vadano necessariamente coordinati, nel rispetto delle specifiche disposizioni normative e delle corrispondenti funzioni e prerogative di ciascun giudice. (Massima non ufficiale) PROVVEDIMENTO: (Omissis) 3.1 – Ciò posto, il ricorso è inammissibile per una ragione preliminare ed assorbente, che impedisce la disamina del merito dei singoli motivi. In buona sostanza, con una serie di istanze presentate tra il febbraio e l’aprile del 2021, il Boschiroli ha chiesto al Tribunale di Cremona l’integrazione del provvedimento di omologa dell’accordo proposto della Società Agricola Bastide dei F.lli Boschiroli s.s., ex art. 12 della legge n. 3/2012, adottato in data 12.8.2019. Con dette istanze – sul presupposto per cui gli effetti dell’accordo omologato dovevano estendersi anche ad esso Boschiroli, quale socio illimitatamente responsabile, in forza della sopravvenienza normativa di cui al nuovo art. 7, comma 2-ter, della legge n. 3/2012 –, si è chiesto al g.d. della procedura stessa di ordinare l’arresto di ben determinate procedure esecutive individuali pendenti a carico dell’istante, non solo presso lo stesso Tribunale di Cremona, ma anche presso il Tribunale di Bergamo, con conseguente declaratoria di improcedibilità e nullità delle stesse. Il g.d., a fronte di domande di tale tenore, le rigettò con provvedimento del 17.5.2021, ritenendo di dover affrontare il merito delle questioni poste; in particolare, evidenziò che la normativa invocata non riguardava i debiti personali del socio, e che essa era comunque entrata in vigore in epoca successiva all’adozione del decreto di omologa dell’accordo sociale, sicché, non essendo più pendente la procedura, i provvedimenti richiesti non potevano essere più adottati. Avverso detto provvedimento, il Boschiroli propose reclamo al Collegio, che lo rigettò, qualificandolo espressamente come reso ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. 3.2 – Senonché, l’art. 10, comma 6, della legge n. 3/2012, applicabile ratione temporis, stabilisce in linea generale che al procedimento di accordo di composizione della crisi si applica, in quanto compatibile, l’art. 737 c.p.c., pure prevedendo che il reclamo avverso gli atti del g.d. deve essere proposto al collegio e che di questo non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato (analoghe disposizioni vengono replicate, con specifico riferimento alla revoca dell’ac­cordo per frode o all’omologazione, rispettivamente, dall’art. 11, comma 5, e dal­l’art. 12, comma 4, [continua..]
SOMMARIO:

1. La fattispecie concreta - 2. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione - 3. I rapporti tra giudice della procedura concorsuale e giudice dell’esecu­zione singolare nella più recente disciplina - 4. Il limite ai poteri del giudice del concorso e il principio di equiordinazione tra questi e i poteri del g.e. nella giurisprudenza di legittimità - 5. Rilievi conclusivi - NOTE


1. La fattispecie concreta

Il caso esaminato dalla Suprema corte nella decisione in commento [1] origina da un provvedimento reso in data 12 agosto 2019, con cui il Tribunale di Cremona aveva omologato l’accordo di composizione della crisi ex art. 12 L. n. 3/2012 proposto da una società agricola. A distanza di quasi due anni dalla suddetta omologazione, il socio illimitatamente responsabile della predetta società aveva chiesto mediante diverse istanze proposte al giudice della procedura di sovraindebitamento che fosse disposta la sospensione di alcune espropriazioni immobiliari intraprese nei propri confronti da creditori personali dinanzi al Tribunale di Cremona e di Bergamo, chiedendo, altresì che fosse dichiarata la loro improcedibilità e nullità per effetto del disposto di cui al­l’art. 7, comma 2 ter, L. n. 3/2012, introdotto dal D.L. n. 137/2020, conv. dalla L. n. 176/2020, secondo cui «[l]’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili». Con ordinanza del 17 maggio 2021 il giudice della procedura di sovraindebitamento aveva rigettato, nel merito, le suddette istanze, rilevando che: i) con riferimento ai soci illimitatamente responsabili, gli effetti dell’omologazione riguardano le sole obbligazioni sociali e non anche quelle personali; ii) in ogni caso, la novella non sarebbe applicabile alla procedura in discorso, in quanto non più pendente alla data della entrata in vigore della nuova norma. Avverso la predetta decisione il socio illimitatamente responsabile aveva proposto reclamo dinanzi Tribunale di Cremona in composizione collegiale che, con ordinanza del 7 ottobre 2021, lo aveva (erroneamente [2]) riqualificato come reso ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. e, poi, rigettato, confermando la correttezza della decisione del primo giudice. Questa decisione veniva, quindi, impugnata dal medesimo socio con ricorso per cassazione, articolato in diversi motivi. In particolare, il ricorrente lamentava la nullità e la manifesta illogicità della decisione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere il giudice del provvedimento impugnato ritenuto non estensibili gli effetti dell’accordo ai soci illimitatamente responsabili, nonostante l’intervento di un creditore sociale nelle procedure esecutive individuali già pendenti nei [continua ..]


2. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione

Giova premettere, innanzitutto, che la questione relativa agli effetti dell’accordo di composizione della crisi della società rispetto alle obbligazioni dei soci illimitatamente responsabili è rimasta sullo sfondo del giudizio di legittimità, non avendo il Collegio esaminato compiutamente il tema. Solo per completezza, ci sembra vada precisato che il socio illimitatamente responsabile – anziché chiedere al giudice delegato della procedura concorsuale ormai omologata della citata società l’emissione di provvedimenti direttamente incidenti nelle espropriazioni individuali pendenti nei suoi confronti – ben avrebbe potuto proporre: i) un autonomo ricorso, quale consumatore, per comporre il sovraindebitamento in relazione ai propri debiti personali; ovvero ii) opposizione a norma dell’art. 615 c.p.c. nei confronti del creditore sociale che aveva spiegato intervento nella espropriazione singolare dinanzi al giudice dell’esecuzione di quest’ultima procedura [3] (rimedio su cui si veda anche infra al successivo §). Il socio illimitatamente responsabile (esecutato) ha, invece, preferito rivolgere una istanza al giudice della procedura di sovraindebitamento – già omologata – perché disponesse la sospensione, nonché emanasse una declaratoria di improcedibilità e di nullità, delle plurime esecuzioni pendenti. Dal proprio canto, il Collegio ha ravvisato alla base dell’istanza di sospensione (e/o improcedibilità e nullità delle esecuzioni individuali) rivolta al giudice del sovraindebitamento una supposta e indiscriminata prevalenza della prospettiva concorsuale «nel senso di un presunto ruolo ancillare e subalterno dell’esecuzione singolare, rispetto a quella collettiva», come se il giudice concorsuale «fosse investito di un potere immanente e sovraordinato rispetto a quello di direzione e controllo, spettante a ciascun giudice». Il ragionamento svolto dalla Corte muove dalla considerazione per cui nell’or­dinamento manca qualsivoglia norma di carattere generale che consente al giudice della procedura di sovraindebitamento di ordinare al giudice dell’ese­cu­zione l’arresto di ogni attività, al punto addirittura di dichiararne l’improcedibilità o la nullità, da ciò conseguendo che i rapporti tra giudice [continua ..]


3. I rapporti tra giudice della procedura concorsuale e giudice dell’esecu­zione singolare nella più recente disciplina

Le conclusioni cui è pervenuta dal Suprema corte sono, nella sostanza, condivisibili. Prima di esaminare meglio le ragioni che fondano questo giudizio, è bene precisare che le cause da cui origina la presunta prevalenza della procedura concorsuale su quella esecutiva singolare hanno radici profonde e sono in buona parte giustificate sia da ragioni sistematiche sia pratico applicative [8]. Il tema è evidentemente molto vasto [9] e in questa sede potrà farsi solamente un breve cenno, focalizzando l’atten­zione sui profili di interferenza dei poteri sospensivi esercitati dai diversi giudici. La prima ragione che fonda la primazia dell’esecuzione collettiva su quella singolare ci sembra da individuarsi nel principio secondo cui la legge concorsuale fornisce – in tesi – la migliore tutela possibile per il ceto creditorio. Ciò in quanto finché l’attivo di un patrimonio eccede il passivo, il legislatore consente che ogni creditore eserciti separatamente il proprio diritto. Tuttavia, quando quel patrimonio non è sufficiente per tutti, le esecuzioni individuali costituiscono «un premio ai creditori più pronti, più vicini, meno scrupolosi a scapito dei più benevoli, dei più lontani che per lo più giungeranno dopo che il debitore è esaurito» [10]. In tali piane riflessioni si coglie chiaramente il senso dell’incompatibilità della tutela individuale del credito con l’esecuzione collettiva che si esplica nel generale divieto di azioni da parte dei singoli creditori; con la specificazione per cui la funzione di tale inibitoria è strettamente correlata ai principi del concorso sostanziale (art. 2741 c.c., art. 51 L. Fall., art. 150 c.c.i.i.) e formale (ogni credito e/o diritto reale o personale, su beni mobili o immobili deve essere accertato dal giudice delegato ex artt. 52 L. Fall. e 151 c.c.i.i.). In buona sostanza il divieto di azioni esecutive, anche se oggi è percepito come un beneficio per il debitore, costituisce da sempre un presidio fondamentale della par condicio creditorum e della legge del concorso, come chiaramente confermato dall’aggettivo “concorsuale” usato per qualificare le procedure esecutive collettive riservate all’imprenditore commerciale di non piccole dimensioni [11]. Con l’incedere delle crisi economiche e l’evolversi [continua ..]


4. Il limite ai poteri del giudice del concorso e il principio di equiordinazione tra questi e i poteri del g.e. nella giurisprudenza di legittimità

La rapida disamina delle norme richiamate nel precedente paragrafo dimostra come la giurisdizione concorsuale si sia, negli ultimi anni, rafforzata ai danni di quella esecutiva; ciononostante deve essere chiaro che tale ampliamento non è assoluto, ma assoggettato a limiti ben precisi e diversificati a seconda del tipo di procedura concorsuale [17], limiti che – va qui ribadito – sono vincolanti tanto per le parti come per i giudici, concorsuali e dell’esecuzione [18]. Si tratta di precisazione solo apparentemente ovvia, che acquisisce un particolare rilievo alla luce della tendenza della giurisprudenza di merito ad adottare interpretazioni correttive del dato normativo, favorendo un (ulteriore ed ingiustificato) rafforzamento del primato del regime (concorsuale) speciale su quello ordinario. Così, a titolo esemplificativo, si può richiamare un recente arresto della giurisprudenza di merito, in cui il giudice delle misure protettive ha disposto, dopo il deposito di una domanda prenotativa di concordato preventivo, la sospensione del giudizio di sfratto per morosità, ritenendo il contratto di locazione “essenziale” ai fini della continuità ex art. 94 bis c.c.i.i. [19]; ovvero l’orientamento per cui va esclusa l’operatività del privilegio fondiario nella liquidazione controllata del sovraindebitato, ai sensi dell’art. 270, comma 5, c.c.i.i. [20]. Non mancano precedenti volti a favorire il primato del giudice concorsuale nemmeno nella giurisprudenza di legittimità. Al riguardo va qui richiamata una importante decisione della terza sezione della Corte, che ha significativamente limitato il privilegio processuale in favore del credito fondiario e l’operatività dell’art. 41 TUB, affermando il principio che se l’ac­certamento e la graduazione dei crediti sono già avvenuti in ambito concorsuale, il giudice dell’esecuzione deve comunque tenerne conto [21], «in modo che l’attribu­zione (pur sempre) provvisoria effettuata in sede esecutiva sia comunque modulata in concreto sulla base di quello che già risulti stabilito in sede fallimentare (in via definitiva o anche in via provvisoria)» [22]. Accanto però alla tendenza alla “concorsualizzazione” del sistema della responsabilità patrimoniale si registrano altre decisioni, che hanno più [continua ..]


5. Rilievi conclusivi

La Cassazione è, dunque, ferma nel ritenere che le contestazioni sull’an exequatur (in tutto o in parte) o sul quomodo dell’azione esecutiva vanno necessariamente proposte entro il momento conclusivo del procedimento [25] e, soprattutto, dinanzi allo stesso giudice dell’esecuzione assegnatario del fascicolo, unico giudice (insieme a quello delle eventuali e successive opposizioni esecutive) titolare della potestà di intervenire su quel procedimento e munito di competenza funzionale al riguardo. È su quest’ultimo concetto, confortato da numerosi precedenti della Suprema corte [26], che fa leva la decisione in commento, là dove esclude in capo al giudice dell’ese­cuzione singolare la sussistenza del dovere della c.d. mera “presa d’atto” dell’ef­fetto sospensivo prodottosi altrove [27]. Ciò sta a significare che: a) il giudice dell’esecuzione quando concede o nega la sospensione è tenuto comunque ad effettuare una autonoma valutazione sui presupposti della misure protettive e sull’esistenza di altre disposizioni di legge che consentano, comunque, la prosecuzione dell’esecuzione nonostante la sospensione disposta in sede concorsuale [28]; b) al provvedimento di sospensione adottato dal giudice dell’esecuzione viene riconosciuto carattere costitutivo e non dichiarativo; c) è possibile ritenere che non ogni attività sarà preclusa, in applicazione dell’art. 626 c.p.c., a mente del quale «quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione» [29]; d) il debitore e gli altri soggetti interessati, ove non condividano le determinazioni del giudice dell’esecuzione – come ad es., la mancata sospensione – sono tenuti ad opporre il provvedimento dinanzi al giudice dell’esecuzione nel rispetto delle regole dei rimedi oppositivi (e non dinanzi al tribunale concorsuale), pena l’irretrattabilità degli effetti dell’esecuzione [30]. Diversi sono gli indici normativi che confermano la correttezza della decisione qui commentata. A norma dell’art. 175 c.p.c. il processo è diretto dal magistrato cui quel determinato giudizio è stato assegnato, secondo il calendario delle udienze e, ove si tratti di un’esecuzione forzata la [continua ..]


NOTE