Lo scritto esamina la vicenda della crisi dei Consorzi di Bacino per la gestione in forma associata tra Comuni dello smaltimento dei rifiuti, scrutinando, in primo luogo, la giurisprudenza che ha ritenuto di esonerare gli stessi dal fallimento, e valutando la compatibilità di questa opzione nel contesto del Codice della crisi. Di seguito, sono analizzate, in dipendenza della normativa pubblica speciale della Regione Campania, le compatibilità e le difficoltà applicative tra la disciplina della liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 14 ter L. n. 3/2012 e la gestione del Commissario Liquidatore, come emerse anche nella giurisprudenza amministrativa.
The paper examines the issue of the crisis of the Basin Consortia for the associated oh the local council management of waste disposal, first of all scrutinizing the jurisprudence that has deemed it possible to exempt them from bankruptcy, and evaluating the compatibility of this option in the Crisis Code. Below, the compatibility and application difficulties, depending on the special public legislation of the Campania Region, between the regulation of asset liquidation pursuant the art.14-ter L. n. 3/2012 and the management of the Liquidator, as emerged in administrative jurisprudence, are analysed.
1. La vicenda del Consorzio di Bacino per la gestione in forma associata dello smaltimento dei rifiuti: l’esenzione dalla disciplina del fallimento (o della liquidazione giudiziale) - 2. La liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 14 ter L. n. 3/2012) - 3. Le incertezze della disciplina sui Consorzi di Bacino nella Regione Campania) - 4. Le difficoltà applicative in ordine alla gestione affidata al Commissario Liquidatore e alle funzioni attribuite al Liquidatore del patrimonio: la giurisprudenza amministrativa) - 5. Conclusioni - NOTE
Il Consorzio dei Comuni Bacino Salerno 2 per lo smaltimento RR.SS.UU. in liquidazione, è stato ammesso dal Tribunale di Salerno con Decreto 24 luglio 2020, alla procedura di liquidazione di cui all’art. 14 ter L. 27 gennaio 2012, n. 3 e successive modificazioni [1]. L’interesse suscitato dal predetto decreto si è sostanzialmente appuntato sulla “natura” del Consorzio e sulla sottrazione dello stesso dalla disciplina del fallimento (anche alla luce delle “nuove” prospettive assunte nel Codice della crisi e dell’insolvenza), omettendo, però, ogni considerazione sugli effetti concreti che il decreto di apertura della procedura avrebbe potuto avere sulla funzionalità del Consorzio stesso e sulla compatibilità tra la liquidazione in oggetto e le permanenti funzioni consortili nel contesto della disciplina di settore. Per quanto la vicenda resti limitata ai Consorzi di Bonifica, come disciplinati dalla normativa della Regione Campania, la tematica finisce per assumere un interesse più generale in relazione al “governo” della disciplina di crisi o di insolvenza di enti a formazione obbligatoria, che svolgono funzioni di particolare interesse pubblico ed esclusivamente partecipati da enti locali (senza, però, affrontare il più articolato profilo della crisi delle società in house). Per quanto riguarda la prima delle questioni, deve ricordarsi che, alla stregua della giurisprudenza amministrativa, “i consorzi unici di bacino devono ritenersi assimilabili a quelli pubblici, avendo lo scopo di gestire il servizio pubblico locale della raccolta dei rifiuti, secondo la fonte statutaria ed istitutiva, nonché secondo il loro apporto strumentale alle finalità pubblicistiche proprie dei Comuni che vi partecipano” [2] . La giurisprudenza, come è noto, si è più volte espressa sulla “natura” dei Consorzi di Bacino per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in Regione Campania, anche con riferimento alla qualificazione del rapporto di lavoro tra dipendenti e Consorzi, pervenendo alla conclusione che questi ultimi vadano qualificati come “enti pubblici non economici”, e tanto in ragione della considerazione che “il consorzio ha ad oggetto le attività necessarie per la gestione associata, integrata ed unitaria, finalizzata al contenimento dei costi e alla [continua ..]
Si ricorda che nella procedura di liquidazione di cui alla L. n. 3/2012, in cui gioca principalmente il disposto dell’art. 2740 c.c., il patrimonio viene tutto messo a disposizione dei creditori, senza promessa o proposta di alcuna percentuale di soddisfo e senza che il debitore possa mantenere alcun controllo sulla propria attività economica. In sostanza, detta liquidazione non conserva alcuna funzione di tutelare l’attività economica del debitore, a differenza dell’accordo, che resta procedura conservativa, la quale consente al debitore di mantenere il controllo della propria attività, sia pure sotto il controllo del gestore [10]. In questa prospettiva, la liquidazione in oggetto resta a tutti gli effetti una procedura concorsuale, in quanto involge l’intero complesso dei beni del debitore (con le sole eccezioni, per altro prevalentemente riferibili al debitore persona fisica), affidandone le sorti ad un organo ad hoc, investito dei compiti dismissivi, prodromici al riparto dell’attivo realizzato tra i creditori [11]. Questo risultato è sintonico con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la sfera della concorsualità può essere ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci allontana dal nucleo (la procedura familiare) fino all’orbita più estrema (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio (quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, gli accordi di composizione della crisi), così scandendo un principio che postula una certa osmosi delle norme che regolano le singole procedure concorsuali [12]. Non a caso, la giurisprudenza di merito ha richiamato per la liquidazione di cui all’art. 14 ter ss. L. n. 3/2012, i principi di cui agli artt. 43 e 52 L. Fall. [13] o l’art. 111 ter L. Fall. [14], in uno alle disposizioni sulle regole di distribuzione dell’attivo [15]. Se così è, in una prospettiva generale, il fenomeno del completo spossessamento del debitore, coerente con la funzione propria della procedura concorsuale liquidatoria (il fallimento ed ora la liquidazione giudiziale e la liquidazione controllata [16]), dovrebbe comportare che al liquidatore andrebbe affidata anche la [continua ..]
Ritornando all’ammissione del Consorzio di Bacino alla liquidazione del patrimonio, di cui all’art. 14 ter L. n. 3/2012, si pongono, però, ulteriori profili in ragione della particolare natura del Consorzio in oggetto e delle norme, tutte di fonte pubblica, che ne governano l’attività. In particolare, si ricorda, in sintesi, che: a) la costituzione obbligatoria dei Consorzi è prevista dalla L. 5 luglio 2007, n. 87, di conversione del D.L. n. 61 dell’11 maggio 2007, in particolare dall’art. 4 (“Consorzi di bacino”), con il quale si disponeva che i Comuni della Regione Campania fossero obbligati ad avvalersi, in via esclusiva, per lo svolgimento dei servizi di raccolta differenziata, dei consorzi costituiti ai sensi dell’art. 6 Legge Regione Campania 10 febbraio 1993, n. 10; b) la Legge Regione Campania 28 marzo 2007, n. 4 (“Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo di rifiuti e bonifica dei siti inquinati”) ha innovato significativamente il quadro normativo di cui alla Legge Regionale n. 10/1993, disponendo nell’art. 32 che “alla data di entrata in vigore della presente legge è abrogata la legge regionale 10 febbraio 1993, n. 10, fatta eccezione per l’art. 6, che è abrogato a decorrere dalla data di aggiudicazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle autorità d’ambito di cui all’art. 20, comma 1”, posto che a queste è trasferito l’esercizio di competenza degli enti locali consorziati in materia di gestione integrata dei rifiuti; c) con Legge Regionale del 14 aprile 2008, n. 4, di modifica alla L. n. 4/2007, viene introdotto l’art. 32 bis, a mente del quale “alla data di entrata in vigore della presente legge, i consorzi obbligatori per lo smaltimento dei rifiuti cessano di svolgere le proprie funzioni, trasferite alle province, che subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi”; d) successivamente, ovvero con l’art. 1, comma 69, Legge Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, risulta soppressa la dizione (di cui alla precedente disposizione) “dalla entrata in vigore della presente legge” e aggiunto dopo le parole “passive”, la seguente dizione “dal momento dell’avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore”; e) di seguito, il comma 69 dell’art. 1 è stato dichiarato [continua ..]
È lecito, allora, dubitare se l’apertura della liquidazione di cui all’art. 14 ter L. n. 3/2012 possa comportare la completa elisione della disciplina pubblicistica, ovvero se l’attrazione della stessa nell’ambito della concorsualità consenta o meno un’ulteriore residuale attività da parte degli organi liquidatori del Consorzio, anche in presenza della accertata cessazione definitiva dell’attività tipica. La questione è stata oggetto di valutazione da parte del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Salerno, con sentenza del 30 dicembre 2022, n. 3745. In questa vicenda, riguardante proprio il Consorzio di Bacino Salerno 2, i Comuni ricorrenti hanno impugnato la delibera commissariale n. 2/2021 di approvazione della ripartizione delle perdite di bilancio 2020, come risultanti dall’approvazione dello stesso, perché assertivamente adottata in carenza di potere a seguito proprio della ammissione dell’Ente alla procedura di liquidazione ex art. 14 quinquies L. n. 3/2012. Il Tribunale Amministrativo Regionale, sulla scorta della ricostruzione puntuale della normativa pubblica in oggetto, ha ritenuto che “non può dirsi venuto meno né l’Ente, che ha continuato a svolgere una sia pur limitata attività ad esso demandata dal quadro normativo di riferimento complessivamente inteso, né l’organo di liquidazione che ha provveduto alla gestione dell’ente e che dovrà proseguire la sola attività estintiva, sfociata da ultimo nella procedura ex art. 14 ter della legge n. 3/2012 destinata proprio alla completa liquidazione e alla cessazione del Consorzio (con conseguente necessaria convivenza del Commissario liquidatore quale gestore dell’ente e del liquidatore della procedura ex lege n. 3/2012 quale gestore della specifica procedura)”. Il profilo resta determinante in ordine, ad esempio, alla qualificazione della natura delle spese sostenute dal Commissario Liquidatore per la predisposizione del bilancio di esercizio ovvero per tutte le altre attività richieste dalla legge. Infatti, tra le funzioni attribuite ex lege in capo al Liquidatore (v. normativa di riferimento) permane quella doverosa – anche per il collegio sindacale – della approvazione del bilancio di esercizio e, quindi, ai sensi dell’art. 54 dello statuto-tipo, secondo cui “in caso di [continua ..]
Da quanto innanzi esposto, può ricavarsi che, in contraddizione con l’impianto che attribuisce alla liquidazione la natura concorsuale (e, dunque, di completo spossessamento del debitore), nella specie sussistono e, in parte, si sovrappongono la funzione liquidatoria pura (con riferimento al patrimonio dell’ente) e la gestione del Consorzio (con limitazione alle specifiche attività innanzi dette), in quanto tale affidata al Commissario liquidatore, alla stregua del complesso normativo di riferimento. A fronte della frammentazione delle fonti e della loro eterogeneità, il Codice della crisi ha tentato, invero non sempre riuscendo nell’intento, di ricostruire una certa omogeneità di principi, distinguendo a seconda degli obiettivi della tutela del credito nel contesto della garanzia patrimoniale tout-court o del valore intrinseco attribuito alla continuazione dell’impresa. Questa distinzione delle procedure, non può ritenersi esaustiva, posto che, come constatato nel caso dei Consorzi di Bacino, il fenomeno puramente liquidatorio del patrimonio (connesso alla disciplina del sovraindebitamento) deve essere necessariamente coordinato con le attribuzioni, di fonte pubblica e non derogabili, del Commissario Liquidatore, ciò rendendo necessaria una “integrazione”, secondo i principi della “compatibilità”, tra normativa del concorso e normativa pubblicistica. Ciò, per altro, pone un necessario interrogativo di “vertice”, ovvero se la esenzione dello Stato e degli Enti pubblici dalla disciplina del Codice della crisi, non imponga, da un lato, l’affermazione della incompatibilità strutturale e funzionale delle norme previste per regolare la insolvenza per questi Enti, e, dall’altro o in alternativa, la ricerca di ragioni di “compatibilità” tra le diverse (se non antitetiche) disposizioni che potrebbero regolare il fenomeno. Insomma, la faticosa individuazione di discipline “singolari” idonee a regolare il fenomeno liquidatorio degli Enti, con il conseguente (possibile) riconoscimento di un arretramento della tutela dei creditori (per altro, neppure estranea al compendio delle diverse discipline della crisi [19]). A tal punto resta rilevante la funzione (munus) pubblico attribuito dalla disciplina di settore al Commissario Liquidatore, ritenendo che lo stesso debba perseguire proprio il fine [continua ..]