Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Sequestro penale e codice della crisi: evoluzione normativa e approdi della giurisprudenza di legittimità (di Enrico Quaranta, Magistrato – Presidente Sezione Procedure Concorsuali del Tribunale di Santa)


Il contributo preliminarmente si propone di fornire un quadro dell’evoluzione giurisprudenziale di legittimità sul rapporto tra misure ablatorie penale e procedure concorsuali, anche in considerazione degli approdi autorali e delle decisioni assunte dalla Corte delle leggi. Quindi di riferire delle opzioni praticate dal codice della crisi per disciplinare tale rapporto, con il conseguente rimando alle norme del codice antimafia ivi previsto. Nel dettaglio viene esaminata la scelta di codificare la prevalenza delle misure penali sulla liquidazione giudiziale, oggetto di espressa previsione dell’art. 317 c.c.i.i. e, comunque, evidenziato l’apparente carattere totalizzante che appare ascriversi a tale disciplina rispetto alle varie misure cautelari reali previste dall’ordinamento. Nondimeno il contributo – sottolineate le deroghe codicistiche al principio generale della prevalenza penalistica – si preoccupa anche di rilevare che il sequestro preventivo totalizzante del patrimonio del soggetto attinto potrebbe lasciare comunque intonsi i rimedi risarcitori riconosciuti ai creditori della massa civilistica, con in conseguenti dubbi circa la necessità della chiusura della procedura concorsuale che segua alla misura penale.

Criminal seizure and the crisis code: normative evolution and landings of the jurisprudence of legitimacy

The preliminary contribution aims to provide an overview of the jurisprudential evolution of legitimacy on the relationship between criminal ablation measures and insolvency procedures, also in consideration of the authorial approaches and decisions taken by the Court of Laws. Therefore, to report on the options applied by the Crisis Code to regulate this relationship, with the consequent reference to the rules of the Anti-Mafia Code provided for therein. In detail, the decision to codify the prevalence of criminal measures over judicial liquidation, subject to the express provision of art. 317 CCII and, in any case, the apparent totalizing character that appears to be ascribed to this discipline with respect to the various real precautionary measures provided for by the legal system is highlighted. Nevertheless, the contribution – having underlined the exceptions of the Code to the general principle of criminal prevalence – is also concerned to point out that the totalizing preventive seizure of the assets of the subject drawn could in any case leave untouched the compensatory remedies granted to creditors of the civil estate, with consequent doubts about the need for the closure of the insolvency proceedings that follow the criminal measure.

SOMMARIO:

1. Considerazioni introduttive. L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità delle Sezioni Unite - 2. La disciplina contenuta nel codice della crisi - 3. L’oggetto del sequestro ai fini di confisca e la tutela dei terzi - 4. Legittimazione del curatore all’impugnazione dei provvedimenti di sequestro ex art. 320 c.c.i.i. - 5. La scelta di rinvio del codice della crisi alla disciplina del codice antimafia - 6. La novella all’art. 104 bis: la riforma Cartabia - NOTE


1. Considerazioni introduttive. L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità delle Sezioni Unite

Il tema del rapporto tra le misure ablatorie penali e le procedure concorsuali è stato oggetto di sistemazione nell’ambito del codice della crisi e dell’insolvenza, introdotto come noto dal D.Lgs. n. 14/2019. Occorre ricordare che il legislatore, attraverso l’emanazione della L. 19 ottobre 2017, n. 155 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 30 ottobre 2017), ha delineato in prima battuta i principi generali e i criteri direttivi per la riforma della crisi d’im­presa e dell’insolvenza, introducendo – tra l’altro – l’istituto della liquidazione giudiziale, procedura che succede e sostituisce il fallimento, con il precipuo scopo di liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente, ripartendo il ricavato in favore dei creditori sulla base della graduazione dei loro crediti. Il codice è entrato definitivamente in vigore 15 luglio 2022, all’esito di un iter legislativo che annovera nel suo percorso tre principali provvedimenti: (i) il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, (ii) il D.Lgs. 26 ottobre 2021, n. 147 e (iii) il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, intitolato “Modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insol­venza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza). Ed invero il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 costituisce, come premesso, il recepimento della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza). La finalità della Direttiva consisteva nell’esigenza di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle libertà fondamentali di circolazione dei capitali e stabilimento, tramite l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in [continua ..]


2. La disciplina contenuta nel codice della crisi

Così ricostruiti gli ultimi e per il momento definitivi approdi della giurisprudenza di legittimità, da un punto di vista normativo va detto che effettivamente, per recepire la delega contenuta all’art. 13 della L. n. 155/2017, il codice della crisi ha regolamentato nel titolo VIII – intitolato “Liquidazione giudiziale e misure cautelari reali” – il rapporto tra tali misure e la procedura che ha sostituito il fallimento. Il titolo consta di quattro articoli e si apre all’art. 317, a sua volta rubricato, con una intitolazione che fa comprendere la scelta di campo operata “Principio di prevalenza delle misure cautelari e tutela dei terzi”. Detta norma si preoccupa di precisare che le condizioni e i criteri di prevalenza delle misure cautelari reali sulle cose oggetto del generale spossessamento conseguente all’apertura della liquidazione giudiziale (ex art. 142 c.c.i.i.) sono regolate dalle disposizioni del codice antimafia, con eccezione di quanto previsto ai successivi artt. 318, 319 e 320 c.c.i.i. Al comma 2 l’art. 317 si premura di specificare che le misure reali di cui intende sono i sequestri delle cose di cui è consentita la confisca ex art. 321, comma 2, c.p.p., e vedono la propria attuazione disciplinata dall’art. 104 bis disp. att. c.p.p., anch’esso novellato. Appare che effettivamente il legislatore abbia adottato un sistema normativo fondato su una regola rappresentata dalla prevalenza delle misure cautelari reali rispetto alla gestione concorsuale, su cose di cui è consentita la confisca, sia essa obbligatoria, sia essa facoltativa [10], con la conseguente applicazione del combinato disposto degli artt. 63 e 64 D.Lgs. n. 159/2011 e, quindi della esclusione o separazione di beni dalla liquidazione giudiziale la quale, se già aperta, sarebbe destinata a chiudersi ove non ne residuino altri [11]. Dall’altro, che lo stesso legislatore abbia previsto eccezioni a tale regola negli artt. 318 e 319 c.c.i.i., ove ha stabilito la recessività del sequestro impeditivo (321, comma 1, c.p.p.) e, in modo ancor più radicale, di quello conservativo (art. 316 c.p.p. e 54 D.Lgs. n. 231/2001), siano essi antecedenti o successivi all’apertura della liquidazione giudiziale, per la loro omogeneità funzionale con la procedura stessa Prima di addentarsi a verificare più nello specifico l’ambito di [continua ..]


3. L’oggetto del sequestro ai fini di confisca e la tutela dei terzi

a) Il sequestro ai fini della confisca Nell’ipotesi di sequestro delle cose di cui è consentita la confisca l’art. 317 c.c.i.i. stabilisce, quindi, il principio di prevalenza delle misure cautelari reali, tuttavia con il limite inderogabile della tutela dei terzi. La prevalenza della misura cautelare si realizza con l’apprensione in sede penale delle cose indicate dall’art. 142 c.c.i.i., ovvero dei beni del debitore alla data di apertura di apertura della liquidazione giudiziale, nonché quelli che pervengono al medesimo durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione degli stessi. In virtù del rinvio alla normativa del codice antimafia, la gestione di tali beni viene regolata dalle norme relative contenute del Libro I, titolo IV codice antimafia (La tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali). Più segnatamente, dagli artt. 52-65, laddove l’art. 104 bis disp. att. c.p.p. – novellato dall’art. 373 c.c.i.i. e nel testo in vigore dal 15 luglio 2022 – disciplina le modalità per la fattispecie in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione. In ogni caso, tale formulazione dell’art. 104 bis disp. att. cit. (salvo quanto appresso si dirà per effetto delle modifiche addotte dalla Riforma Cartabia) determina che il rinvio alle norme del libro I, titolo III del codice antimafia riguarda solo le disposizioni che attengono alla nomina e revoca dell’amministratore, ai compiti e agli obblighi dello stesso nonché alla gestione dei beni, mentre quelle in materia di Agenzia dei beni confiscati sono ritenute “estranee” ai sequestri penali. La dottrina ha evidenziato il carattere innovativo della rubrica dell’art. 317 c.c.i.i. ove si riferisce alla tutela dei terzi, laddove in tal modo ha consacrato normativamente e per la prima volta che nella materia del sequestro e della confisca del prezzo o profitto del reato, o per equivalente la necessitò di garantire i diritti di credito dei terzi, cosa prima prevista solo in sede di interpretazione giurisprudenziale [16]. La tutela dei terzi in buona fede era stata del resto affermata dalla Corte Costituzionale [17] che aveva nel contempo identificato quali obiettivi del codice antimafia: 1) escludere dalla tutela i crediti [continua ..]


4. Legittimazione del curatore all’impugnazione dei provvedimenti di sequestro ex art. 320 c.c.i.i.

L’art. 320 c.c.i.i. prevede espressamente la legittimazione del curatore della liquidazione giudiziale alla richiesta di riesame e appello avverso il decreto di sequestro e le ordinanze in materia di sequestro, nei casi, nei termini e con le modalità previsti dal codice di procedura penale. Nei predetti termini e modalità, altresì, il curatore è legittimato a proporre ricorso per cassazione. L’opzione è stata assunta dopo un lungo dibattito sul tema, fondato soprattutto sulla circostanza per cui il curatore non essendo titolare di alcun diritto sui beni sarebbe stato sprovvisto della capacità di agire in rappresentanza dei creditori. Va detto che la giurisprudenza aveva già riconosciuto la legittimazione del curatore ad impugnare il sequestro preventivo adottato in funzione della confisca per equivalente del profitto dei reati tributari, ove il vincolo penale avesse avuto riguardo a somme giacenti sul conto corrente della procedura concorsuale e derivanti dall’attività di gestione degli organi fallimentari, sul presupposto del riconoscimento al curatore di una soggettività giuridica nelle vicende cautelari penali, quale titolare “gestionale” della proprietà e dei beni della massa fallimentare e tutore attivo degli interessi della procedura concorsuale dei creditori. Più precisamente la Corte aveva affermato che il curatore fallimentare è in astratto legittimato a impugnare, con ricorso ex artt. 322 e 322 bis c.p.p., il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca (per equivalente) del profitto del reato ed avente ad oggetto somme di denaro depositate sul conto corrente bancario intestato alla procedura concorsuale aperta in epoca antecedente all’ado­zione del vincolo cautelare penale. Tuttavia, che spettava al giudice apprezzare nel singolo caso concreto il diritto e l’interesse del curatore all’impugnativa della misura cautelare reale, avuto riguardo alla specialità sia delle norme fallimentari che della normativa penale di riferimento e formulando, di volta in volta, un giudizio di bilanciamento tra i contrapposti interessi parametrato anche sull’applicazione del principio di prevenzione temporale tra misura cautelare penale e dichiarazione di fallimento [22]. Tale orientamento veniva successivamente confermato da altra decisione secondo la quale il curatore fallimentare [continua ..]


5. La scelta di rinvio del codice della crisi alla disciplina del codice antimafia

Il Legislatore del codice della crisi ha quindi scelto il “codice antimafia” quale modello di risoluzione delle interferenze tra misura cautelare reale penale e liquidazione giudiziale. Come copiosamente e diffusamente sostenuto, la disciplina delle misure di prevenzione si caratterizza per una forma espropriativa nei confronti di soggetti (il c.d. “prevenuto”) che non ne giustifichino la legittima provenienza riguardando beni di cui il predetto, anche per interposta persona fisica o giuridica, indiziato di reato, abbia la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al reddito o all’attività economica, nonché beni che si palesino frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Espropriazione che prescinde da una condanna penale intervenuta e che si pone in contrapposizione con i terzi che vantino diritti su tali beni. I creditori ricevono tutela, quand’anche provvisti di garanzie reali, solo qualora esibiscano diritti consacrati in atti di data certa anteriori al sequestro preordinato e provino, ad un tempo, la propria buona fede e l’inconsapevole affidamento [28]. Pertanto la tutela di quei terzi incolpevoli appare chiaramente in secondo piano rispetto all’esigenza espropriativa, tanto che anche il trattamento dei creditori ipotecari avrà luogo esclusivamente nel procedimento innanzi al tribunale di prevenzione, secondo le regole specifiche ivi dettate. In altri termini, in base all’art. 52 del codice antimafia, per la tutela delle proprie ragioni al creditore non basterà l’anteriorità del diritto rispetto al sequestro preordinato alla confisca e la non strumentalità del credito all’attività illecita, essendo suo onere dimostrare la buona fede e l’incolpevole affidamento. Con tutte le difficoltà della prova da rendere in proposito, e quella ulteriore di cogliere in cosa consista la differenza tra buona fede e incolpevole affidamento. D’altro canto, si è sostenuto come pure sia difficilmente comprensibile il dato della “forfettizzazione” del soddisfacimento previsto dal codice antimafia per i creditori, nei limiti del sessanta per cento del valore dei beni confiscati. Ulteriormente criticato l’approccio che attribuisce superiorità quasi incondizionata al sequestro finalizzato alla confisca, laddove il legislatore conferisce [continua ..]


6. La novella all’art. 104 bis: la riforma Cartabia

Su tutto quanto prospettato e sul richiamato stato dell’arte ha inciso ulteriormente la modifica dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p., introdotta dalla riforma Cartabia (D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150). L’art. 104 bis, comma 1, prevedeva che nel caso in cui il sequestro preventivo avesse per oggetto aziende, società ovvero beni di cui fosse necessario assicurare l’ammi­nistrazione, l’autorità giudiziaria dovesse nominare un amministratore giudiziario scelto nell’albo degli amministratori giudiziari previsto dall’art. 35 del codice antimafia. Ora la norma viene modificata sostituendo l’espressione “Nel caso in cui …” con la più ampia formula “In tutti i casi...”, con la conseguenza che l’apertura della liquidazione giudiziale non può comportare che i beni oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca siano amministrati dal curatore, dovendo tale incarico essere affidato all’amministratore giudiziario appositamente nominato. Poiché il comma 1 dell’art. 104 bis prevede che l’amministratore giudiziario è nominato dall’autorità giudiziaria che dispone il sequestro preventivo o la confisca di aziende, società o finanche beni di cui è necessario assicurare l’ammini­strazione, e poiché da tale nomina discende l’applicazione delle disposizioni dei titoli III e IV del libro I del codice antimafia, in tutti i casi in cui vi è un’impresa da gestire (e la liquidazione giudiziale per definizione non può che riguardare un imprenditore) la gestione spetterà in definitiva all’amministratore giudiziario e non al curatore. Ai sensi dell’art. 104, comma 1 ter, i compiti del giudice delegato alla procedura ai sensi dell’art. 35 del codice antimafia verranno svolti nel corso di tutto il procedimento dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro, ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, al giudice delegato nominato ai sensi di tale disposizione. Infine in caso di sequestro finalizzato alla confisca allargata o per i reati di cui all’art. 51, comma 3 bis, c.p.p., troveranno applicazione anche le norme del codice antimafia in materia di amministrazione, destinazione dei beni sequestrati e confiscati, con la previsione dell’intervento dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati [continua ..]


NOTE