Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Finalità e funzione del concordato semplificato (di Stefania Pacchi, Già Professoressa ordinaria di Diritto commerciale nell'Università di Siena – Cattedra d'Eccellenza Carlos 3 UCM – Banco Santander)


Il saggio prende le mosse dalla considerazione del cambiamento del contesto normativo in cui si è inserita l’intesa semplificata. L’Autore esamina: il rapporto tra la soluzione negoziata e l’accordo semplificato; gli aspetti distintivi del contratto e il significato.

Purpose and function of the simplified agreement

The essay starts from the consideration of the change in the regulatory context in which the simplified agreement was inserted. The Author examines: the relationship between Negotiated settlement and Simplified agreement; the distinctive aspects of the agreement and the meaning of its inclusion within the scope of compulsory agreements and finally the procedural guarantees to protect the right to credit.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Considerazioni sugli sbocchi della composizione negoziata - 3. L’approccio al concordato semplificato - 4. Sintesi della disciplina - 5. La dipendenza del concordato semplificato dalla composizione negoziata - 6. La tutela dei creditori: i presidi procedimentali - 7. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Con la composizione negoziata il legislatore ha inteso mettere a disposizione delle imprese risanabili e virtuose – perché dotate di adeguati assetti – una soluzione idonea [1] al pronto superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza. Con l’offerta di questo percorso si incentiva la tempestività [2] al di là di quello che potrà essere l’impatto della soluzione finale sull’imprenditore, il legislatore volendo evitare, con l’entrata sollecita in questo percorso guidato dall’esperto, la liquidazione disgregativa che per lo più si impone quando il ritardo nell’approccio alla crisi ha eroso il complesso aziendale e vanificato ogni interesse del mercato non solo per l’impresa ma anche per i residui valori del complesso aziendale [3]. Alla tempestività dell’approccio alla crisi fa da sponda la rapidità dell’indivi­duazione e della realizzazione della soluzione. Questi sono i cardini della disciplina introdotta dal D.L. n. 118/2021 (conv. in L. n. 147/2021), incorporata nel c.c.i.i. con il D.Lgs. n. 83/2022 che è andata – in virtù di una rivoluzione concettuale (da alcuni censurata anche pesantemente) [4] avvenuta all’ombra della pandemia e dell’evento bellico – a prendere il posto degli strumenti di allerta. Come esito [5], si favoriscono le soluzioni light, definitive (quelle di cui alle lett. a e c dell’art. 23, comma 1) o transitorie/interlocutorie (la moratoria di cui alla lett. b) che costituiscono l’approdo diretto delle trattative [6], senza tuttavia respingere l’ipo­tesi in cui “all’esito delle trattative, se non è individuata una soluzione tra quelle al comma 1” l’imprenditore ricorra o a uno strumento variamente plasmabile quali il piano attestato ex art. 56 o (hard) all’accordo di ristrutturazione, che può godere del vantaggio competitivo derivante dal percorso precedentemente intrapreso [7] o, se nessuno di questi strumenti è proponibile, – a condizioni ben precise – al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Residuano, infine, quali sbocchi possibili, per gli imprenditori commerciali, gli altri strumenti disciplinati nel codice della crisi o nel D.Lgs. n. 270/1999 e nel [continua ..]


2. Considerazioni sugli sbocchi della composizione negoziata

Da questa varietà di strumenti messi a disposizione delle parti, ricaviamo alcuni corollari. In primo luogo, viene esaltata – visti gli sbocchi target – l’autonomia privata nella scelta del rimedio alla crisi [9]. In secondo luogo, la composizione negoziata rappresenta il percorso obbligato perché l’imprenditore avente i requisiti di legge, possa accedere ad una qualsiasi delle soluzioni indicate nell’art. 23, scortate da alcuni interessanti effetti premiali. In terzo luogo, elemento distintivo degli sbocchi di cui al comma 2 dell’art. 23 rispetto a quelli del comma 1, è che i primi possono non essere frutto diretto delle trattative [10] pur sfruttando di queste il flusso informativo e le conoscenze acquisite sulle diverse posizioni assunte dalle parti. Ciascuno è, quindi, arricchito da potenzialità che non avrebbe in un utilizzo “in solitario”. Con questo bagaglio cognitivo e comportamentale – costruito anche grazie al­l’at­tività dell’esperto che ha retto le fila del percorso precedente registrando, al termine, l’insuccesso con un report puntuale sul “vissuto” nelle “segrete stanze” delle trattative, in particolare rispetto al comportamento tenuto dalle parti [11] – l’im­pren­ditore “riparte” verso la elaborazione di una proposta. Se per l’esito favorevole del percorso, viene messo a disposizione un ventaglio di soluzioni “target” che possono comportare la continuità diretta o indiretta, per quello sfavorevole (le trattative si sono svolte, proposte sono state presentate dal­l’impren­ditore e dibattute con i creditori che, tuttavia, non le hanno condivise), sempre nell’orbita della rapidità, della possibile non dispersione dei valori, di una conclamata inutilità di marchi e sanzioni espunti dall’ordinamento per lasciare il posto ad un’e­sdebitazione quale generale effetto di una procedura concorsuale (concordataria o liquidativa che sia), viene proposta la possibilità di un “non fallimento” mediante un nuovo ed autonomo tipo di concordato [12]. Tale è il concordato semplificato [13].


3. L’approccio al concordato semplificato

All’inquadramento di questo strumento di regolazione della crisi, al quale ci si può accostare assumendo angoli diversi di osservazione, sono rivolte queste pagine [14]. Nel solco di un approccio tradizionale agli strumenti della concorsualità potremmo, infatti, leggere la disciplina con le lenti dei protagonisti della crisi: il debitore da una parte e i creditori dall’altra. Osserveremmo che un imprenditore definisce la sua crisi, verosimilmente profonda e ormai scivolata nell’insolvenza, con uno strumento che, a dispetto della denominazione (“concordato”), gli consente l’autogestione della liquidazione del proprio patrimonio. Conseguentemente verrebbe in risalto l’assenza di voice dei creditori a causa della privazione del momento decisionale, a lungo ritenuto il clou della negoziazione della crisi non solo quale fu legislativamente tratteggiata nelle riforme del 2005-2006 alle quali impresse il marchio caratterizzante, ma già come era presente nelle procedure preventive del fallimento del ’42 (concordato preventivo e amministrazione controllata), essendo, all’inizio, in posizione divergente da quel modello partecipativo l’imposizione della proposta debitoria, creata per il concordato della liquidazione coatta amministrativa, nel proseguo estesa prima all’amministrazione straordinaria e, da ultimo, allo strumento per il consumatore. Nessuna di queste lenti condurrebbe alla comprensione dello strumento in questione. Se ci riferissimo tout court ai principi e al quadro degli interessi fondanti la disciplina fino all’entrata in vigore del codice saremmo portati a evidenziare esclusivamente la dissonanza del concordato semplificato rispetto alla nostra tradizione concorsualistica. A me pare che voler misurare la disciplina del concordato semplificato con ciò che del diritto della crisi è stato fino al D.Lgs. n. 83/2022, crei fraintendimenti perché (anche) con questo nuovo strumento (uno fra quelli di nuovo conio) siamo fuori dai canoni che hanno improntato un momento storico, economico e giuridico che il nostro legislatore si è lasciato ormai dietro le spalle, in parte motu proprio, in parte indotto da quello unionale, in parte incalzato dalle vicende epidemiologiche e politiche foriere di inquietanti scenari di crisi [15]. Una lettura “laica” di questo concordato impone non solo di operare un doveroso e [continua ..]


4. Sintesi della disciplina

La disciplina del concordato semplificato è estremamente scarna. L’art. 25 sexies stabilisce che l’imprenditore – quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo, perché non è stato raggiunto alcun accordo con le parti interessate sulle soluzioni di cui all’art. 23, commi 1 e 2, lett. c) – può presentare, nei sessanta giorni successivi al ricevimento della comunicazione della suddetta relazione finale (art. 17, comma 8), una proposta di concordato per cessione dei beni (unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’art. 39) che può prevedere la suddivisione dei creditori in classi. L’imprenditore – a lui soltanto spetta l’iniziativa – chiede (direttamente) l’omo­logazione del concordato con ricorso depositato al tribunale del luogo in cui l’im­presa ha il proprio centro degli interessi principali, comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. Dalla data della pubblicazione della domanda si producono gli effetti di cui agli artt. 6, 46, 94 e 96. Ciò importa che la pubblicazione della domanda determina nei confronti del debitore e dei creditori gli stessi effetti della presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo. Niente, invece, è disposto in ordine a eventuali effetti sui contratti pendenti per cui possiamo ritenere che nel concordato semplificato questi proseguano secondo le originarie pattuizioni. Al tribunale è demandata, in prima battuta, la valutazione della ritualità, che consiste nell’esame circa la sussistenza dei requisiti per accedere alla procedura. Se accerta la mancanza della ritualità della proposta o della fattibilità del piano il tribunale emette un provvedimento con il quale dichiara cessati gli effetti prodotti con la pubblicazione della domanda nel registro delle imprese. Se, invece, il tribunale, valuta positivamente la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale e il parere dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina con decreto un ausiliario (art. 68 c.p.c.) che deve comunicare al tribunale l’accettazione dell’incarico entro tre giorni dalla ricezione del [continua ..]


5. La dipendenza del concordato semplificato dalla composizione negoziata

L’imprenditore può presentare una proposta di concordato semplificato – precisamente chiede l’omologazione del concordato – “all’esito delle trattative” ciò supponendo che quelle abbiano aperto un canale di interlocuzione – se pur non proficuo – che viene sfruttato in termini: di informazioni circolate (fra) e acquisite dalle parti, di preclusioni e di indisponibilità dei creditori [19]. Merita sottolineare che è interdetto l’accesso a detto concordato non solo nel caso in cui, concluse le trattative, l’esperto esprima un “giudizio negativo” sul comportamento delle parti o rilevi che le proposte negoziali non sono state completamente e chiaramente presentate e illustrate dall’imprenditore, ma anche qualora – prima dell’esito finale – abbia ritenuto, ai sensi dell’art. 17, comma 5, non sussistenti le concrete prospettive di risanamento e, conseguentemente, dato corso all’ar­chiviazione dell’istanza di composizione negoziata. In questa ipotesi l’esistenza di buona o mala fede non assumerebbe alcun rilievo [20]. In conclusione, deve essere chiaro che: A) il concordato semplificato non è autonoma procedura; B) non può essere l’obbiettivo che smuove l’imprenditore ad accedere alla composizione negoziata; ma C) costituisce la soluzione estrema “di ripiego” quando, deluse le aspettative di risanamento per l’opposizione dei creditori partecipanti, – fallito il tentativo (“tracciabile”) di pervenire ad alcuna delle soluzioni indicate precedentemente dall’art. 23 – l’imprenditore, per primo, sia costretto ad accettare questa soluzione di ultima istanza. Il concordato semplificato è, quindi, riservato a quegli imprenditori che non solo abbiano chiesto la nomina dell’esperto ma abbiano anche instaurato e condotto le trattative della composizione negoziata, presentando l’impresa il requisito della risanabilità. Qualsiasi imprenditore [21], transitato da trattative [22] nelle quali abbia proposto concrete soluzioni conservative senza tuttavia incontrare l’adesione dei creditori, presa consapevolezza del fatto che l’unica ipotesi percorribile è quella liquidatoria, può chiedere al tribunale – nei sessanta giorni [23] seguenti alla comunicazione della [continua ..]


6. La tutela dei creditori: i presidi procedimentali

La proposta di soddisfacimento, pur destinata ai creditori come soggetti finali, è indirizzata direttamente all’autorità giudiziaria che deve approvarla. Non è prevista la votazione [31]. Molto è stato scritto circa la privazione del diritto di voto. Questa assenza è stata letta come grave attentato alla tutela del creditore considerando anche il basso costo che l’esercizio di tale diritto avrebbe rispetto all’oppo­sizione e al reclamo. Credo che tali censure – rimanendo nella scia di ciò che ho premesso – vadano ripensate alla luce della mutata disciplina, proprio in punto di voto e di maggioranze, del concordato preventivo, procedura concordataria principe dinanzi alla quale ci possiamo chiedere se il voto oggi concretizzi per davvero la tutela dei creditori o se per questi vi siano migliori forme di protezione. Tutti coloro che se ne sono occupati lo hanno ascritto alla categoria dei concordati coattivi essendo presente – come nelle altre fattispecie che il nostro ordinamento conosce – una proposta che, se valutata dal giudice come rispondente ai requisiti di legge, viene imposta ai creditori. Ciascuno di noi poi si interroga su quale sia l’interesse superiore che giustifica tale (vera o presunta) coazione. Risponderei che rinvengo un interesse pubblico alla rapida definizione delle crisi – in particolare quando soluzioni conservative siano state esplorate e portate all’ap­provazione dei creditori che le hanno tuttavia rifiutate – ed alla altrettanto rapida circolazione degli investimenti senza però dover applicare il più costoso regime (per impresa e creditori) della liquidazione giudiziale [32]. I creditori possono reagire con l’opposizione ed il reclamo del decreto di omologazione. Senza dubbio assistiamo ad una riformulazione della partecipazione dei creditori che, inoltre, devono fare i conti con la presenza di ulteriori diritti e interessi. Non di “minimizzazione dei diritti dei creditori” [33] si tratta, quanto di una riconsiderazione della platea sulla quale ricade il rischio della crisi. Questa platea non è formata soltanto dai portatori di crediti pecuniari in quanto ci sono tante forme di “credito” in senso ampio nascente da diritti di diversa natura (diritto al lavoro, alla salute, ad un ambiente salubre) che devono essere vagliati per poter parlare di [continua ..]


7. Conclusioni

Il concordato semplificato – si legge nell’ordinanza della Cass., 12 aprile 2023, n. 9730 – “è stato concepito fin dalla legislazione dell’emergenza per evitare la liquidazione giudiziale dopo l’esperimento negativo delle trattative”. Si tratta – come ho già notato – di un “non fallimento” [48] volendo essere più rapido e tendenzialmente evitare la disgregazione del patrimonio produttivo trasmettendo ciò che resta del complesso aziendale funzionale all’esercizio dell’impresa. Il diritto vuole uniformarsi ai tempi del mercato. La rapidità, che sacrifica il diritto di voto, peraltro controbilanciato da adeguati presidi, trae la sua legittimazione dal precedente esperimento della composizione negoziata nella quale vi sono state trattative supportate da flussi informativi. Senza dubbio il concordato semplificato costituisce un incentivo per l’impren­ditore a entrare nella composizione negoziata nella consapevolezza che qualora non sia percorribile una soluzione negoziale per il superamento della crisi, sarà comunque possibile ricorrere a una procedura semplificata per una rapida uscita (dal) e un altrettanto rapido ritorno al mercato. Sotto questo aspetto costituisce anche una spinta per i creditori ad abbandonare comportamenti ostruzionistici cercando insieme all’imprenditore una soluzione negoziale. L’abuso potrebbe essere dietro l’an­golo. È per tale consapevolezza che il legislatore ha lastricato lo strumento di controlli e con una voice dei creditori nell’opposizione e nel reclamo. Merita allora osservare che neanche nel fallimento c’è una voice dei creditori all’infuori dell’opposizione allo stato passivo. Così, per comprendere il senso del concordato semplificato, dobbiamo ragionare in termini di procedura sostitutiva del fallimento. Credo che si debba leggere come strumento semplificato di liquidazione. Come lo strumento per il consumatore che non vede un’approvazione dei creditori ma un giudice che approva o non approva il piano proposto per un’esigenza di ordine sociale, così dobbiamo ragionare rispetto al semplificato con il quale si è privilegiata una soluzione economica in una fase storica, politica e giuridica nella quale tante coordinate sono saltate. Basti pensare al nuovo lessico concorsuale che sottende vistosi [continua ..]


NOTE