Il Tribunale di Napoli, delinea i confini di applicazione della norma di diritto societario sulla responsabilità da abuso di attività di direzione e coordinamento, ex 2497 c.c., nel caso di società in house interamente partecipata dall’ente locale socio. In questa prospettiva viene tracciata una differenza tra le ipotesi di partecipazione dell’ente locale in società che svolgono attività di impresa e le ipotesi di partecipazione in società che prestano servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente. Pertanto, solo nel primo caso è possibile riconoscere in capo all’ente locale una responsabilità da attività di direzione e coordinamento, al pari di ogni altro socio privato.
The Court of Naples, outlines the boundaries of application of the rule of company law on liability for abuse of management and coordination activities, under Article 2497 of the Italian Civil Code, in the case of in-house companies wholly owned by the local authority shareholder. In this perspective, a difference is drawn between the hypothesis of the local authority’s participation in companies that carry out business activities and the hypothesis of participation in companies that provide services or instrumental activities for the pursuit of the institutional purposes of the authority. Therefore, only in the first case is it possible to recognize a liability for management and coordination activities on the part of the local authority, like any other private shareholder.
1. Il caso - 2. L’applicazione della disciplina sulla direzione e coordinamento all’ente pubblico locale - 3. (Segue): la sentenza del Tribunale: la natura dell’attività esercitata come elemento distintivo ai fini dell’applicazione dell’art. 2497 c.c. - NOTE
Il caso in esame, trae origine dall’azione promossa dal curatore fallimentare [1] di una società per azioni costituita in regime di affidamento in house ed interamente partecipata dall’ente locale-socio. Dichiarato il fallimento della società in oggetto, la curatela richiedeva l’accertamento della responsabilità del Comune, quale unico socio della società in house fallita, ai sensi dell’art 2497 c.c., finalizzato alla condanna dell’ente medesimo al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione del patrimonio della società. Il curatore poneva a fondamento della sua domanda il controllo analogo esercitato dall’ente nei confronti della società. L’ente locale si costituiva in giudizio e, ancor prima di contestare nel merito la mancanza di elementi di responsabilità, eccepiva la carenza del presupposto normativo per l’applicazione nei suoi confronti della responsabilità da abuso di direzione e coordinamento. L’art. 2497, comma 1, c.c., infatti, secondo quanto osservato dall’ente, non poteva riferirsi alle società che svolgono un’attività strumentale al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio. Il Tribunale di Napoli ricostruiva il quadro fattuale sottolineando la piena conformità al disposto di cui all’art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 dei servizi affidati alla società in house, trattandosi di servizi relativi alle funzioni fondamentali dell’ente. Il regime di affidamento si era concretizzato nell’attribuzione alla società di commesse continuative ed interrotte – dalla data di costituzione alla data di messa in liquidazione della società – con un progressivo adeguamento economico dei relativi contratti. I giudici napoletani pur non avendo, nel caso concreto, ravvisato i presupposti per l’applicazione della disciplina ex art. 2497 c.c. per l’ente pubblico locale, ne hanno comunque riconosciuto l’assoggettabilità in astratto. In tal senso, questa decisione ha consolidato l’orientamento maggioritario che afferma la soggezione dell’ente pubblico locale alla responsabilità per abuso dell’esercizio di direzione e coordinamento sulla società partecipata, qualora siano presenti determinati presupposti. Nella sentenza, tuttavia, lo snodo centrale per la definizione della [continua ..]
A distanza di quasi vent’anni dall’introduzione dell’art. 2497 c.c., a seguito della riforma del diritto societario nel 2003, non sono ancora venute meno le incertezze interpretative in merito all’applicabilità dei presupposti della responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c., in capo agli enti pubblici locali [4]. La materia qui richiamata assume caratteri molto vasti, ricomprendendo non solo profili di diritto societario ma anche la disamina della figura della società a partecipazione pubblica. Tralasciando, in questa sede, un’analisi puntuale sulla natura delle società a partecipazione pubblica [5], è opportuno soffermarsi sulla questione che è alla base del caso controverso: la soggezione dell’ente pubblico locale alla disciplina di cui all’art. 2497 c.c. Come noto, la responsabilità da attività di direzione e coordinamento trova la sua fonte nell’esercizio abusivo della società o dell’ente controllante, il quale agisce «nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale» [6]. L’ordinamento ricollega ad un simile pregiudizio una fattispecie tipizzata di responsabilità non solo per il danno arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale [7], ma anche, per la lesione prodotta al patrimonio della società controllata, insufficiente per l’integrale soddisfazione del ceto creditorio [8]. Sul punto il legislatore è nuovamente intervenuto con una norma di interpretazione autentica – illustrata nel D.L. n. 78/2009 [9] – sulla spinta dei dubbi interpretativi [10] sorti in relazione alla posizione di enti che esercitando attività di direzione e coordinamento di società perseguono un interesse imprenditoriale. Secondo tale interpretazione per “enti” devono intendersi i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria [11]. Il legislatore, con l’introduzione di questa norma interpretativa [12], ha inteso operare una distinzione all’interno del concetto di “ente” tra Stato e altri soggetti giuridici collettivi [13]. Senza [continua ..]
In relazione alla prima problematica offerta dal caso in esame – la soggezione dell’ente pubblico locale alla disciplina di cui all’art. 2497 c.c. – la sentenza accoglie, sulla scia dell’orientamento maggioritario, una interpretazione favorevole all’applicabilità della responsabilità da direzione e coordinamento agli enti pubblici [23]. Per quanto riguarda, poi, la prospettata applicazione di una responsabilità di cui all’art. 2497 c.c. anche nei confronti di un ente pubblico avente partecipazioni in una società in house, la sezione specializzata sembra propendere per una soluzione estensiva della norma di interpretazione autentica. In questo caso il Collegio, pur non soffermandosi particolarmente sulla qualificazione della società attrice come società in house, implicitamente sembra includerla nell’ambito applicativo della responsabilità ex art. 2497 c.c. Difatti, l’ente pubblico locale, nella ricostruzione del Tribunale, è esonerato dall’applicazione della responsabilità da direzione e coordinamento, non già perché detiene partecipazioni in una società in house, ma piuttosto perché esercita un’attività strumentale ai fini istituzionali dell’ente socio. Sul punto non si può non rilevare – considerazione che forse non viene tenuta in debito conto dal Collegio napoletano – come la predetta possibilità di applicare l’art. 2497 c.c. anche alle società in house sia conseguenza necessaria derivante dalla capacità delle stesse di essere assoggettate al fallimento [24]. Questo aspetto merita di essere preso in considerazione, richiamando le conseguenze che derivano dalla decisione di perseguire obiettivi di interesse pubblico attraverso l’uso di uno strumento privatistico. Sotto questo profilo, si richiama la recente pronuncia in tema di fallibilità delle società in house, laddove si è precisato che «in tema di società partecipate dagli enti locali, la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti [continua ..]