Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La liquidazione giudiziale vista dal curatore (di Rinaldo D'Alonzo, Magistrato, giudice delegato presso il Tribunale di Larino)


La figura del curatore “fallimentare” ha, tradizionalmente, rivestito un ruolo nevralgico nel macrosistema del diritto concorsuale. Anche il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non rinuncia a questo organo della liquidazione giudiziale, raffinandone tuttavia compiti e responsabilità facendo tesoro di quasi un secolo di elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale. È certamente vero che la riscrittura delle norme ha, per diversi aspetti, risparmiato la trama letterale delle previgenti disposizioni del ‘42; questo, tuttavia, nel contesto di una rivisitazione minuziosa e complessiva del preesistente corpus normativo, è comunque il segno di una scelta consapevole, espressiva della volontà di confermare la bontà di alcune scelte della Legge Fallimentare. Su molti versanti, invece, il codice è intervenuto a dettare la linea. In questo magmatico contesto, nel quale vecchio e nuovo si avvicendano, lo scritto s’incarica di passare in rassegna la vita del curatore fallimentare, proponendosi quale agile vademecum.

The judicial liquidation seen by liquidator

The figure of the bankruptcy trustee traditionally plays a crucial role in the macrosystem of bankruptcy law. Even the code of business crisis and insolvency does not renounce this organ of judicial liquidation, however refining its tasks and responsibilities by treasuring almost a century of doctrinal and jurisprudential elaboration. It is certainly true that the rewriting of the rules has, in several respects, spared the literal plot of the previous provisions of 1942; this, however, in the context of a detailed and comprehensive review of the pre-existing body of legislation, is in any case the sign of a conscious choice, expressive of the will to confirm the validity of some paradigms of bankruptcy law. On many fronts, however, the code intervened to dictate the line. In this magmatic context, in which old and new take turns, the paper undertakes to review the life of the liquidator, proposing itself as an agile vademecum.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Dichiarazione di apertura della liquidazione, formazione del fascicolo, nomina del curatore e requisiti per la nomina - 3. Accettazione dell’incarico, revoca e sostituzione - 4. Deposito e prelievo di somme - 5. Comunicazioni telematiche - 6. Responsabilità del curatore e libro giornale - 7. Relazioni e rapporti riepilogativi del curatore - 8. Gestione degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per il debitore e dei rapporti processuali pendenti - 9. Gestione degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per i creditori - 10. Trattamento degli atti pregiudizievoli ai creditori - 11. Gestione dei rapporti giuridici pendenti - 12. Contratti relativi a immobili da costruire, contratti a carattere personale e finanziamenti destinati ad uno specifico affare - 13. Locazione finanziaria e vendita con riserva di proprietà - 14. Contratti ad esecuzione continuata o periodica, conto corrente, man­dato, commissione - 15. Contratto di affitto di azienda e contratto di locazione di immobili - 16. Contratti di appalto e di assicurazione - 17. La gestione dei rapporti di lavoro subordinato - 18. Custodia e amministrazione dei beni compresi nella liquidazione giudiziale. Sigilli, inventario, consegna del danaro e dei documenti - 19. Accertamento del passivo. Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti immobiliari o mobiliari e redazione del bilancio - 20. Avviso ai creditori e agli altri interessati - 21. Domanda di ammissione al passivo - 22. Predisposizione dello stato passivo, discussione, esecutività e comunicazione. Previsione di insufficiente realizzo - 23. Le opposizioni allo stato passivo - 24. Domande tardive ed ultratardive - 25. Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione - 26. Programma di liquidazione - 27. Cessioni di crediti, azioni revocatorie e partecipazioni e mandato a riscuotere crediti - 28. Modalità della liquidazione - 29. Ripartizione dell’attivo e distribuzione delle somme - 30. Disciplina dei crediti prededucibili e dei conti speciali - 31. Riparti, accantonamenti, pagamenti - 32. Rendiconto - 33. Compenso - 34. Chiusura della procedura - 35. Prosecuzione di giudizi dopo la chiusura - NOTE


1. Premessa

La genesi del codice della crisi d’impresa e icasticamente indicata nell’incipit della relazione illustrativa, dove si legge che “Il decreto legislativo di attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, pubblicata sulla G.U. n. 254 del 30 ottobre 2017, è espressione dell’esigenza, oramai indifferibile, di operare in modo sistematico ed organico la riforma della materia dell’insolvenza e delle procedure concorsuali”. Quali fossero le ragioni di questa necessità riformatrice, ormai non più rinviabile, è presto detto. La Legge Fallimentare portava [1] le cicatrici di stratificazioni normative che si erano succedute nel corso di tre quarti di secolo, che a volte esprimevano visioni eterogenee delle procedure concorsuali (emblematici sono stati gli accenti pubblicistici piuttosto che privatistici con cui di volta in volta si è tentato di connotare la disciplina del concordato preventivo) e che l’avevano resa disorganica, costringendo interpreti ed operatori a faticose interpretazioni di soccorso, volte a rimediare alle aporie ed ai vuoti che venivano a trovarsi, tanto da scavare un solco profondo tra le disposizioni riformate ed il diritto vivente. Vi era poi la necessità di rispondere alle sollecitazioni unionali, rappresentate dal Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento e del Consiglio del 20 maggio 2015 [2], dalla raccomandazione n. 2014/135/UE della Commissione del 12 marzo 2014 [3], dal Regolamento delegato UE 2016/451 della Commissione [4], dai principi della Model law, elaborati in tema d’insolvenza dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), senza considerare l’irruzione, in corso d’opera, della Direttiva Insolvency. In questo ambito non poteva abdicarsi alla necessità di passare in rassegna anche la disciplina del fallimento (che nel codice è diventata la liquidazione giudiziale), il quale non ha subito un processo di “ristrutturazione pesante”, quanto piuttosto un intervento di aggiustamento e chiarificazione [5]. Questo tuttavia non deve trarre in inganno. Infatti, proprio la voluntas legis di operare una riforma complessiva della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha imposto al legislatore di passare in rassegna tutti gli strumenti della Legge Fallimentare e di verificarne la compatibilità rispetto al [continua ..]


2. Dichiarazione di apertura della liquidazione, formazione del fascicolo, nomina del curatore e requisiti per la nomina

Come nella Legge Fallimentare (art. 16), a mente dell’art. 49, comma 3, c.c.i. la procedura di liquidazione giudiziale si apre con sentenza, i cui contenuti originari restano. Costituisce invece una novità il fatto che il Tribunale, con la sentenza, nomina altresì, “se utile, uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore”. la previsione ha una evidente funzione acceleratoria, poiché consente, ad esempio, di affiancare al curatore un professionista che si occupi della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura o dell’esercizio provvisorio dell’impresa. Ai sensi dell’art. 137, ultimo comma, del compenso liquidato a questi soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso dovuto al curatore. Alle medesime esigenze acceleratorie risponde altresì la previsione per cui già in sede di sentenza il curatore viene autorizzato dal Tribunale (non necessitando più, quindi, dell’autorizzazione del giudice delegato) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari, alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi, ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’art. 21 D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 [6], ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti, ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice. L’art. 199 prevede che con la pubblicazione della sentenza di liquidazione giudiziale viene assegnato il domicilio digitale alla procedura e viene formato il fascicolo informatico. La norma tuttavia ad oggi è inoperante. La disciplina dei soggetti legittimati a svolgere l’ufficio di curatore è stata completamente ridisegnata. Da un lato vengono confermate le categorie di soggetti già nominabili nel vigore della Legge Fallimentare [7] ad esse aggiungendosi quella dei consulenti del lavoro; dall’altro si confermano le condizioni di incompatibilità già previste dall’ordinamento [8]. Costituisce una innovazione di particolare rilievo il fatto che per la nomina [continua ..]


3. Accettazione dell’incarico, revoca e sostituzione

A norma dell’art. 126 c.c.i. (analogamente all’art. 29 L. Fall.) il curatore, nei due giorni successivi alla comunicazione di nomina, deposita la dichiarazione di accettazione dell’incarico, nella quale deve: dichiarare (così come prescritto dall’art. art. 35.1 [10], comma 1, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159) di non essere legato da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico, né di avere con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione [11]; indicare l’esistenza di rapporti di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della L. 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado o frequentazione assidua con magistrati, giudicanti o requirenti, del distretto di Corte di appello nel quale ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento [12]. Il Tribunale sostituisce d’urgenza il curatore che nei due giorni successivi alla comunicazione di nomina non accetta l’incarico. La disciplina della revoca e della sostituzione del curatore è contenuta negli artt. 134 e 135, a norma dei quali il curatore è revocato dal Tribunale con decisione assunta d’ufficio, oppure su impulso del giudice delegato, del comitato dei creditori, dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al passivo. È stata invece soppressa la possibilità che questi ultimi possano indicare un nuovo nominativo.


4. Deposito e prelievo di somme

In tema di gestione delle somme riscosse, l’art. 131 prevede che il curatore deve aprire un conto corrente intestato alla procedura, presso un ufficio postale o una banca da lui scelta [13]. Entro il termine massimo di dieci giorni le somme riscosse a qualunque titolo sono lì depositate, e la violazione di quest’obbligo è valutato dal tribunale ai fini dell’eventuale revoca del curatore. La norma introduce alcune novità in tema di prelievo. Dopo aver ribadito (analogamente a quanto faceva l’art. 34 L. Fall.) che per prelevare le somme il curatore deve munirsi di mandato di pagamento (in difetto del quale l’istituto di credito non può eseguire l’operazione richiesta) del giudice delegato (e, nel periodo di intestazione «Fondo unico giustizia» del conto corrente, dell’autorizzazione di Equitalia Giustizia s.p.a. [14]) il comma 4 dell’art .131 dispone che il mandato non è più sottoscritto solo dal giudice delegato, ma anche dal cancelliere, ed è trasmesso telematicamente alla banca, secondo la disciplina che sarà stabilita con apposito D.M. Giustizia, che ne stabilisce modalità, condizioni e limiti [15].


5. Comunicazioni telematiche

Particolare sottolineatura è stata dedicata alla individuazione dei canali per il tramite dei quali cui il curatore deve comunicare con i suoi interlocutori, introducendosi, con l’art. 10, la regola generale per cui le comunicazioni sono effettuate al domicilio digitale risultante dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, quando i destinatari hanno l’obbligo di munirsene. Invece, per coloro che non hanno l’obbligo di munirsi di pec, per il debitore (o per il legale rappresentante della società di cui si è aperta la liquidazione giudiziale) ed in generale per i soggetti che hanno sede o risiedono all’estero, il curatore [16] deve attivare (con costi a carico della procedura ex art. 10, ultimo comma) un domicilio digitale da utilizzare esclusivamente per la procedura, dandone tempestiva comunicazione agli interessati. A proposito di questa norma, la relazione illustrativa afferma che “Le comunicazioni poste a carico degli organi di gestione, controllo e assistenza delle procedure sono effettuate con modalità telematiche al domicilio digitale assegnato dai medesimi organi ai creditori ed ai titolari di diritti sui beni che non hanno l’obbligo di munirsene; ai soggetti che hanno sede o che risiedono all’estero; al debitore e al legale rappresentante della società o ente sottoposti a una delle procedure disciplinate dal codice dell’insolvenza. Si tratta di modalità idonee a semplificare e velocizzare le comunicazioni”. È dunque chiaro, che per “semplificare e velocizzare le comunicazioni” la norma ponga (a carico dei curatori, dei commissari giudiziali, ecc.) un obbligo: quello di assegnare un domicilio digitale ai seguenti soggetti: ai creditori che non hanno l’obbligo di munirsene; ai soggetti che risiedono all’estero; al debitore. Inoltre, è altrettanto chiaro che i costi di questo adempimento siano a carico della procedura. Questa regola deve essere applicata anche nelle liquidazioni giudiziali, nonostante il disposto dell’art. 201, comma 3, lett. e), e comma 5, c.c.i., i quali prevedono che nel depositare istanza di insinuazione al passivo debbano indicare l’indirizzo pec “al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura”, con l’avver­tenza che in difetto si applica l’art. 10, [continua ..]


6. Responsabilità del curatore e libro giornale

Dopo aver ribadito che il curatore adempie ai doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, il che rende applicabile al curatore la disciplina dell’art. 2236 c.c. [17], l’art. 136 conferma per il curatore l’obbligo di tenuta del libro giornale, a proposito del quale introduce tuttavia talune novità. In primo luogo viene superata la previsione in forza della quale il libro giornale doveva essere vidimato da ameno un componente del comitato dei creditori [18]: il registro, infatti, diviene informatico [19], e deve essere consultabile telematicamente, oltre che dal giudice delegato, da ciascuno dei componenti del comitato dei creditori. Resta fermo che in esso il curatore deve annotare giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione, dovendo provvedere, con cadenza mensile, a firmarlo digitalmente ed approvi la marca temporale [20], in conformità alle regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici.


7. Relazioni e rapporti riepilogativi del curatore

Gli obblighi informativi cui il curatore è tenuto sin dalle battute iniziali sono stati notevolmente implementati nell’art. 130 c.c.i., il quale sostituisce il previgente art. 33. Costituisce una prima novità il fatto che il curatore, entro 30 giorni dalla dichiarazione di apertura della liquidazione, deposita una iniziale informativa (che non si sostituisce alla relazione particolareggiata di cui all’art. 33, comma 1, L. Fall., ma ad essa si aggiunge) in cui è chiamato a dare conto: delle cause dell’insolvenza; delle eventuali responsabilità del debitore, degli amministratori e degli organi di controllo della società (sindaci e revisori contabili). Questa norma deve essere letta tenuto presente quanto previsto dal novellato art. 255 c.c.i., che individua le azioni di responsabilità che il curatore può esercitare, sicché la relazione dovrà contenere uno specifico paragrafo relativo alla esperibilità delle azioni di responsabilità, il cui ventaglio è oggi allargato. Ciascuno di questi elementi dovrebbe costituire una sezione della relazione. Quella delle responsabilità, a sua volta, dovrebbe articolarsi in sottosezioni, una per ogni figura. Per ognuno di tali fattori il curatore dovrà inoltre indicare gli accertamenti compiuti e gli elementi informativi acquisiti. Altra novità è rappresentata dal fatto che quando il debitore o gli amministratori non hanno ottemperato all’obbligo di deposito dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e dell’elenco dei creditori disposto dal Tribunale (ai sensi del­l’art. 49, comma 3, lett. c) con la sentenza di dichiarazione della liquidazione giudiziale (a meno che – ma questo vale solo per il debitore persona fisica – non abbia già provveduto nel momento in cui abbia chiesto l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza a norma dell’art. 39), il curatore: ne informa senza indugio il pubblico ministero; può [21] chiedere al giudice delegato di essere autorizzato ad accedere a banche dati, ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 49, indicandole specificamente nell’istanza di autorizzazione, con riferimento alle operazioni compiute dal debitore nei cinque anni anteriori alla presentazione della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale. [continua ..]


8. Gestione degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per il debitore e dei rapporti processuali pendenti

Dopo aver riconfermato all’art. 142 uno dei principi cardine della liquidazione giudiziale, e cioè che la sentenza di apertura della procedura comporta lo spossessamento del debitore, si precisa (comma 3) che il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunziare ad acquisire non solo beni del debitore che gli pervengono durante la procedura, ma anche quelli che sono già nel suo patrimonio, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi, viene altresì ribadito al­l’art. 146 l’elenco dei beni non compreso nello spossessamento: si tratta non solo dei beni e i diritti di contenuto non patrimoniale, ma anche quelli a contenuto patrimoniale ma strettamente personali, oppure la cui esclusione dalla liquidazione trova giustificazione nella loro destinazione al soddisfacimento dei bisogni essenziali. Viene altresì ribadito, quanto al ricavato dell’attività lavorativa, che il diritto al­l’esclusione dall’apprensione al patrimonio liquidabile, e quindi il mantenimento della disponibilità in capo al debitore, è condizionato dal provvedimento del giudice delegato, adottato sentito il curatore ed il comitato dei creditori. Pure invariata è la regola (artt. 148 e 149 c.c.i.) per cui il debitore deve consegnare al curatore la corrispondenza riguardante i rapporti compresi nella liquidazione, comunicando altresì la propria residenza ed ogni sua variazione. A questo fine è opportuno che il curatore, subito dopo l’accettazione dell’incarico, inoltri al debitore una comunicazione in cui lo invita a consegnargli la corrispondenza. L’art. 147 conferma inoltre che il giudice delegato provvede sentito il curatore ed il comitato dei creditori alla concessione di un sussidio al debitore. Con riferimento ai rapporti processuali pendenti, viene ribadito all’art. 143 l’esclusività della legittimazione processuale del curatore, sostitutiva di quella del debitore, il quale può intervenire in giudizio solo allorquando la definizione delle questioni oggetto dello stesso può influire sull’esito di un’imputazione di carattere penale a suo carico o quando l’intervento è previsto dalla legge. Viene altresì ribadito che l’apertura della liquidazione comporta di [continua ..]


9. Gestione degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale per i creditori

A proposito degli effetti della liquidazione giudiziale per i creditori, l’art. 150 ripropone il contenuto dell’art. 51 L. Fall., e quindi il principio dell’intangibilità del patrimonio del debitore dal momento in cui la procedura viene aperta. L’impos­sibilità di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari resta assoluta, e fa salvi i diversi casi previsti dalla legge (es. fondiario). È quindi fondamentale che subito dopo l’accettazione dell’incarico il curatore acceda alla cancelleria esecuzioni per verificare se esistono procedure esecutive pendenti in danno del debitore. L’art. 152 pone un’eccezione al divieto di agire singolarmente sui beni del debitore per i crediti di cui agli artt. 2756 e 2761 c.c. [27] prevedendo che il creditore possa chiedere di realizzare crediti privilegiati al di fuori del programma di liquidazione. Il giudice delegato provvede sentiti il curatore ed il comitato dei creditori. Il giudice delegato può in alternativa autorizzare il curatore a riprendere il bene, pagando il creditore o a procedere lui stesso alla vendita. Rispetto al passato, v’è di nuovo il fatto che quello che sopravanza dalla vendita, una volta pagate le spese e soddisfatto i creditori, deve essere versato alla procedura. N.B. Questo implica che il curatore dovrà sorvegliare la vendita ed acquisire notizie in ordine ai relativi esiti. A questo proposito sarebbe opportuno che la relazione periodica contenesse una sezione dedicata allo stato di queste vendite. L’art. 151, quindi, conferma il principio secondo cui tutte le pretese a contenuto patrimoniale, compresi i crediti prededucibili debbono passare attraverso la verifica del passivo. Si ribadisce che questo vale anche per i creditori esonerati dal divieto di agire esecutivamente sul patrimonio del debitore. Si conferma: che i creditori garantiti da pegno, ipoteca o privilegio devono essere soddisfatti con precedenza sul ricavato dei beni vincolati per capitale, interessi e spese e che, se rimangono parzialmente insoddisfatti, concorrono al chirografo sul restante attivo; che anche alla ripartizione nella liquidazione giudiziale si applica la disciplina dell’estensione del privilegio agli interessi, prevista dagli artt. 2749 (per i crediti assistiti da privilegio), 2788 (per i crediti assistiti da pegno) e 2855 (per i crediti assistiti da ipoteca) ribadendosi, per i crediti [continua ..]


10. Trattamento degli atti pregiudizievoli ai creditori

Il capo uno (“imprenditori individuali e società”) del titolo quinto si occupa, nella sezione quarta, degli “effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli dei creditori”. Si mantiene, sotto il profilo della impostazione sistematica, una struttura identica a quella ideata nel ’42, laddove appunto la sezione terza era proprio intitolata “degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli creditori”. Anche il contenuto della sezione registra un’architettura generale non diversa da quella della previgente Legge Fallimentare, salvo modificarne alcuni aspetti che saranno di via scandagliati nel corso dell’esame delle singole disposizioni. Essa si apre con l’art. 163 (“atti a titolo gratuito”) che corrisponde all’art. 64 della Legge Fallimentare, e prosegue con l’art. 164 dedicato ai “Pagamenti di crediti non scaduti e postergati”, il quale amplia la previsione di cui all’art. 65 della Legge Fallimentare, che faceva genericamente riferimento ai “pagamenti”, comminando l’ineffi­cacia anche del rimborso dei crediti postergati di cui all’art. 2467 c.c. A proposito di questi ultimi si osserva come la sanzione di inefficacia trasloca dall’art. 2467 ciato all’art. 164 c.c.i.i., con l’effetto per cui essa oggi opera in tutti i tipi societari e non solo per le s.r.l., al quale l’art. 2467 si riferisce. È stato poi introdotto l’art. 165 “azione revocatoria ordinaria”, che corrisponde al previgente art. 66 del R.D. del 1942. L’art. 166 è intitolato “Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie”, identicamente al vecchio art. 67 L. Fall., salvo: apportare alla relativa disciplina una serie di aggiornamenti dettati da esigenze di coordinamento con il nuovo impianto normativo; prendere espressa posizione su talune questioni di carattere interpretativo oggetto di contrasti in giurisprudenza (il riferimento è al comma 3, lett. d) ed e), laddove si è precisato che tutte le ipotesi di esclusione da revocatoria fallimentare di pagamenti contemplate da queste due disposizioni operano anche rispetto all’azione revocatoria ordinaria, così risolvendosi le divergenze giurisprudenziali esistenti sul punto). Segue quindi l’art. 167 (“patrimoni destinati ad uno specifico affare”) che riprende la lettera [continua ..]


11. Gestione dei rapporti giuridici pendenti

Così come nella Legge Fallimentare, il curatore deve confrontarsi con la gestione dei rapporti pendenti alla data di apertura della liquidazione giudiziale. Si ribadisce preliminarmente all’art. 172 che detti contratti restano sospesi, e che il curatore deve chiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori al subentro o al recesso. A questo fine il creditore può mettere in mora il curatore, chiedendo che gli venga fissato un termine per esprimersi, decorso il quale il contratto è risolto. Stessa autorizzazione (ritengo) deve essere richiesta per lo scioglimento dal contratto preliminare; anche se l’art. 173 (a differenza del previgente comma 3 dell’art. 72) non lo prevede, mi sembra un mero difetto di coordinamento derivante dal fatto che la disciplina dell’attuale 173 era contenuta all’interno del medesimo art. 72 L. Fall. Disciplina diversa è prevista per i contratti preliminari di vendita pendenti, trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. e aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale del promissario acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa del promissario acquirente. Per questi contratti l’art. 173 c.c.i. pur ribadendo che essi non si sciolgono, aggiunge che l’esecuzione è subordinata al fatto che gli effetti della trascrizione non siano cessati anteriormente alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale, e che (soprattutto) il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione nel termine e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura, il che nella sostanza si traduce nel fatto che la permanenza degli effetti del contratto è rimessa alla libera scelta del promissario acquirente. In sostanza, dunque, mentre nella Legge Fallimentare questi contratti non si scioglievano, nel c.c.i. è previsto che affinché possano non sciogliersi è necessario (tra l’altro) che il promissario acquirente presenti domanda di esecuzione ex art. 2932 c.c., nei termini e nelle forme della domanda di rivendica. Inoltre si stabilisce al comma 4 che “Gli acconti corrisposti prima dell’a­pertura della liquidazione giudiziale sono [continua ..]


12. Contratti relativi a immobili da costruire, contratti a carattere personale e finanziamenti destinati ad uno specifico affare

L’art. 174 prevede, identicamente a quanto già disponeva la Legge Fallimentare, che se il curatore non intende sciogliere i contratti di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 122/2005 [31] deve comunicare alla controparte la scelta di volerlo eseguire prima che l’acquirente gli comunichi di aver escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore. E poiché i subentri sono subordinati all’au­torizzazione del comitato dei creditori (art. 172, comma 1) il curatore deve preoccuparsi di ottenerla preventivamente, sebbene non vada esclusa una possibilità di ratifica ex post dell’operato del curatore ad opera del comitato medesimo. Per i contratti a carattere personale [32] l’art. 175 dispone lo scioglimento automatico per effetto della apertura della liquidazione giudiziale, a meno che il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori e il consenso dell’altro contraente, manifesti la volontà di subentrarvi in luogo del debitore. L’art. 176 c.c.i. a proposito dei finanziamenti destinati ad uno specifico affare prevede che il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società, aggiungendo che il contratto si scioglie comunque se: l’apertura della liquidazione impedisce a prosecuzione o la realizzazione dell’affare; il curatore, messo in mora dalla controparte (con richiesta di fissazione di un termine al giudice delegato) non si esprime.


13. Locazione finanziaria e vendita con riserva di proprietà

Gli artt. 177 e 178, nel ribadire la facoltà del curatore di decidere se recedere o subentrare nel contratto di locazione finanziaria [33] prevedono che se la scelta è per lo scioglimento, la curatela deve restituire il bene al concedente, ma ha il diritto di ottenere da questi l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene a valori di mercato rispetto al credito residuo del concedente in linea capitale. Si specifica, ed è questa la novità, che il credito residuo è determinato a norma dell’art. 97, comma 12, e quindi esso è pari alla somma: dei canoni scaduti e non pagati fino alla data dello scioglimento; dei canoni a scadere, (ma solo in linea capitale); del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto; delle spese anticipate per il recupero del bene; dei costi per la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Il concedente dal canto suo ha diritto di insinuarsi al passivo per la differenza fra il credito vantato alla data di apertura della liquidazione giudiziale e quanto ricavabile dalla nuova allocazione del bene secondo la stima disposta dal giudice delegato. Costituisce anche qui una novità rispetto alla Legge Fallimentare il fatto che non si faccia più riferimento al “ricavato” ma al “ricavabile”. Tutto questo, evidentemente, importa il fatto che prima di assumere ogni decisione il curatore dovrà valutare con urgenza se munirsi di una stima del bene. Viene infine ribadito che le somme già versate al concedente non sono suscettibili di revocatoria, se eseguite a termie d’uso. Gli effetti della vendita con riserva di proprietà vengono diversamente regolati a seconda che la liquidazione giudiziale coinvolga il compratore o il venditore. Nella prima ipotesi il curatore: può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori se il prezzo deve essere ancora pagato a termine o a rate; se invece decide di recedere, deve ottenere dal venditore la restituzione delle rate di prezzo già riscosse, da cui va detratta una somma a titolo di equo compenso per l’uso della cosa. Si precisa che questo compenso è suscettibile di compensazione. Se l’apertura della liquidazione riguarda il venditore il contratto non si scioglie e dunque il curatore dovrà darvi [continua ..]


14. Contratti ad esecuzione continuata o periodica, conto corrente, man­dato, commissione

Il curatore (sempre previa autorizzazione del comitato dei creditori) può subentrare nei contratti ad esecuzione continuata. Evidentemente, a tal fine dovrà provvedere al pagamento integrale delle consegne avvenute e dei servizi erogati dopo l’apertura della liquidazione giudiziale, che andranno considerati costi prededucibili. Viceversa, sarà necessario che la controparte si insinui al passivo per le prestazioni eseguite prima dell’apertura della liquidazione. Quest’ultima è una novità rispetto alla disciplina previgente, che assoggettava all’obbligo di pagamento integrale anche le prestazioni che precedevano la dichiarazione di fallimento. A norma dell’art. 183 i contratti di conto corrente, anche bancario, e di commissione, si sciolgono per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una delle parti. Il contratto di mandato, invece, si scioglie se la liquidazione giudiziale colpisce il mandatario, mentre rimane sospeso se la liquidazione colpisce il mandante. In questo secondo caso, se il curatore decide (sempre previa autorizzazione del comitato dei creditori) di subentrare nel contratto, il credito del mandatario per l’attività compiuta dopo l’apertura della procedura diviene prededucibile.


15. Contratto di affitto di azienda e contratto di locazione di immobili

Per entrambe queste figure contrattuali il codice introduce alcune novità. La disciplina delle sorti del contratto di affitto di azienda (art. 184 c.c.i.i.) pendente alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale subisce sorti differenti a seconda che la liquidazione coinvolga il concedente o l’affittuario. In caso di liquidazione che coinvolga il concedente, il contratto non si scioglie ed il curatore ha 60 giorni di tempo, per recedere (previa autorizzazione del comitato dei creditori). Se decide di recedere deve alla controparte un equo indennizzo (che non è più prededucibile, ma segue le regole della insinuazione al passivo), che nel dissenso tra le parti è determinato dal giudice delegato. In caso di liquidazione che coinvolga l’affittuario il contratto prosegue regolarmente, ma curatore può in qualunque tempo, previa autorizzazione del comitato dei creditori, recedere. Anche in questo caso se decide di recedere deve corrispondere alla controparte un equo indennizzo, da pagarsi in moneta fallimentare, il cui importo, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato. Il codice non consente più alla controparte la facoltà di recesso, per cui oggi l’unico soggetto che può decidere le sorti del contratto è il curatore. È interessante notare come il c.c.i.i. preveda che al recesso del curatore (così come pure alla scadenza del contratto) si applichi la disciplina di cui all’art. 212, comma 6, c.c.i.i. Questo vuol dire che la curatela non sarà responsabile in solido per i debiti maturati sino alla cessazione del contratto di affitto, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 e 2560 c.c., ed i rapporti pendenti alla data di cessazione del­l’affitto saranno trattati come rapporti pendenti alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale. Anche a proposito del contratto di locazione, l’art. 185 c.c.i.i. disciplina diversamente la liquidazione giudiziale a seconda che essa riguardi il conduttore o il locatore. In caso di liquidazione che coinvolga il locatore, il curatore subentra nel contratto. Tuttavia, se, alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale, la residua durata del contratto è superiore a quattro anni, il curatore, entro un anno dall’apertura della procedura, può esercitare il diritto di recesso corrispondendo al conduttore un equo [continua ..]


16. Contratti di appalto e di assicurazione

Il contratto di appalto (art. 186 c.c.i.i.) si scioglie in ogni caso per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una delle parti. Tuttavia il curatore, nel termine di sessanta giorni dall’apertura della procedura, e previa autorizzazione del comitato dei creditori, può inviare alla controparte una dichiarazione di voler subentrare nel rapporto, offrendo idonee garanzie per l’adempimento delle obbligazioni a carico della curatela. Nel caso si tratti di contratto intuitu personae, il sinallagma si scioglie se la liquidazione giudiziale ha interessato l’appaltatore, a meno che il committente non consenta la prosecuzione del rapporto. È evidente che qui si è voluto tutelare il committente che abbia stipulato il contratto di appalto confidando nelle caratteristiche personali dell’appaltatore. Con riferimento al contratto di assicurazione è prevista l’applicazione dell’art. 172 (trattasi di una novità in quanto l’art. 82 L. Fall. prevedeva la prosecuzione del contratto), per cui: il contratto rimane sospeso; il curatore deve chiedere l’au­torizzazione del comitato dei creditori al subentro. L’assicuratore dal canto suo può: mettere in mora il curatore chiedendo che gli venga fissato un termine per esprimersi, decorso il quale il contratto è risolto; recedere comunque a norma dell’art. 1898 c.c. se la prosecuzione del contratto può determinare un aggravamento del rischio.


17. La gestione dei rapporti di lavoro subordinato

Particolare attenzione è stata riservata al trattamento dei rapporti di lavoro subordinato in essere alla data di apertura della liquidazione giudiziale, rispetto ai quali il ruolo e gli adempimenti del curatore vengono meglio dettagliati mediante l’applicazione delle regole della disciplina lavoristica, che trovano specifica declinazione in ambito concorsuale. L’apertura della liquidazione giudiziale non costituisce motivo di licenziamento; i rapporti di lavoro subordinato in atto restano quindi sospesi, fino a quando il curatore: con l’autorizzazione del giudice delegato [34], e sentito il comitato dei creditori comunica [35] ai lavoratori il subentro, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso. Recesso e subentro decorrono da momenti diversi: il primo ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale; il secondo decorre dalla comunicazione effettuata ai lavoratori dal curatore per iscritto. Il curatore dispone di 4 mesi per comunicare il subentro, decorsi i quali il contratto di lavoro si risolve. Quindici giorni prima della scadenza di questo termine il curatore può chiederne la proroga al giudice delegato. Analoga proroga può essere richiesta dal direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale, oppure dai singoli lavoratori (nel qual caso la proroga ha effetto solo per coloro che la chiedono). La proroga può essere richiesta dai soggetti sopra indicati qualora ritengano sussistenti la possibilità di ripresa o trasferimento a terzi dell’azienda o di un suo ramo, la qualcosa rende opportuno posticipare la decisione circa il subentro o il recesso. Se la richiesta di proroga viene accolta il giudice delegato può assegnare al curatore un termine, non superiore a otto mesi, per decidere se recedere o subentrare nei contratti sospesi, decorsi infruttuosamente quali i rapporti ancora sospesi cessano con decorrenza dalla data di dichiarazione di apertura della liquidazione. Il curatore procede in ogni caso al recesso in due casi: quando non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo; quando sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro. Indipendentemente dal subentro o dal recesso il curatore, entro trenta giorni dalla nomina (prorogabili di ulteriori 30 da parte del giudice delegato su [continua ..]


18. Custodia e amministrazione dei beni compresi nella liquidazione giudiziale. Sigilli, inventario, consegna del danaro e dei documenti

Sebbene l’art. 193 c.c.i.i., nel ribadire che il curatore deve procedere alla immediata ricognizione dei beni del debitore, segua le orme dell’art. 84 L. Fall., introduce comunque due novità. In primo luogo è previsto che all’apposizione dei sigilli sui beni acquisiti al­l’attivo si proceda “se necessario”, ove non sia possibile provvedere direttamente alla redazione dell’inventario; in secondo luogo la facoltà di nomina di coadiutori (nei casi in cui i beni si trovano in più luoghi o non è agevole l’immediato compimento delle operazioni) non è più autorizzata dal comitato dei creditori, ma dal giudice delegato. La scelta si giustifica in considerazione del fatto che l’apposizione dei sigilli è una delle primissime attività che il curatore deve compiere, e quindi il comitato dei creditori potrebbe non essersi ancora costituito. Si conferma che per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli, la disciplina è quella di cui all’art. 758 c.p.c., e quindi il curatore: redige processo verbale delle cose sulle quali non si possono apporre i sigilli; chiede al giudice la vendita delle cose deteriorabili. Nel regolare la consegna del denaro, dei titoli, delle scritture contabili e di ogni altra documentazione, l’art. 194, dopo aver confermato la regola della Legge Fallimentare secondo cui essi devono essere consegnati al curatore, introduce la novità (peraltro già diritto vivente nella prassi degli uffici) per cui il denaro è depositato sul conto corrente della procedura, e non più “in luogo idoneo”, su autorizzazione del giudice delegato. Questo adempimento deve essere assolto tenendo conto dell’art. 131 (art. 34 L. Fall.) il quale prevede che in vista della riscossione di somme il curatore deve aprire un conto corrente intestato alla procedura, presso una banca da lui scelta, e che le somme riscosse a qualunque titolo sono lì depositate nel termine massimo di dieci giorni. È infine confermato all’art. 194 che i documenti e le scritture acquisite dal curatore possono essere esaminate ed estratte in copia da “ogni interessato” a sue spese. Anche qui costituisce una novità il fatto che l’autorizzazione alla consultazione non è più demandata al giudice delegato ma al curatore [38]. A [continua ..]


19. Accertamento del passivo. Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti immobiliari o mobiliari e redazione del bilancio

L’art. 198 c.c.i., nel ricalcare sostanzialmente l’art. 89 L. Fall., prevede che il curatore adempia a due incombenze. La prima attiene alla compilazione dell’elenco dei creditori (da depositare nel fascicolo della procedura). Si tratta di un onere rispetto al quale non è previsto alcun termine, ma è di tutta evidenza che esso costituisce attività che deve essere svolta nel più breve tempo possibile, poiché ancillare all’attivazione del domicilio digitale ed all’invio del­l’avviso di cui all’art. 200; avviso che, come si dirà, dev’essere inoltrato ai creditori “senza indugio”. Il curatore deve poi procedere alla redazione dell’ultimo bilancio di esercizio. A questo proposito giova osservare che anche per tale adempimento, l’art. 198 c.c.i.i. non prevede alcuna scadenza, e tuttavia il bilancio deve essere compilato, al più tardi, entro il termine per il deposito della relazione di cui all’art. 130, comma 4, c.c.i.i., e dunque entro 60 giorni dalla esecutività dello stato passivo. Orbene, poiché la prima udienza di verifica dello stato passivo si tiene, mediamente, dopo 4 mesi dalla dichiarazione di apertura della liquidazione, ne deriva che il curatore, se il debitore non adempie, ha circa sei mesi di tempo per la presentazione del bilancio. Entrambi gli adempimenti sopra illustrati presuppongono, all’evidenza, che il curatore si trovi dinanzi a scritture contabili che consentano il loro espletamento; va da sé, dunque, che al cospetto di una documentazione assolutamente carente si potrà prescindere sia dalla compilazione dell’elenco dei creditori, sia dall’elaborazione del bilancio.


20. Avviso ai creditori e agli altri interessati

Riprendendo l’art. 92 L. Fall., l’art. 200 specifica che l’avviso ai creditori deve essere recapitato “senza indugio” [40]. Preliminarmente, a proposito dei destinatari dell’avviso, va precisato che la norma vi ricomprende i creditori ed i titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore compresi nella liquidazione giudiziale. Si tratta, comunque, di un elenco non esaustivo. Infatti, l’avviso deve essere recapitato anche ai soggetti, non creditori del debitore, che tuttavia siano titolari di ipoteca sui beni ricompresi nella liquidazione giudiziale, e che quindi hanno diritto di partecipare al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di quei beni, poiché il successivo art. 201 prevede, come si vedrà, che anche tali soggetti hanno l’onere di insinuarsi al passivo. Pure destinatari dell’avviso sono i promissari acquirenti in forza di contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale loro o di loro parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa del promissario acquirente. Invero, l’art. 173, comma 3, c.c.i.i. prevede che se questi soggetti intendono chiedere l’esecuzione di detto contratto devono trasmettere apposita domanda nel termine e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti di terzi sui beni compresi nella procedura, altrimenti il contratto preliminare si scioglie. Quanto alle modalità di invio, l’avviso deve esse spedito a mezzo pec se l’in­dirizzo del destinatario risulta dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti e, in ogni altro caso, mediante lettera raccomandata indirizzata alla sede, alla residenza o al domicilio del destinatario. Va comunque sottolineato che, se già attivato e comunicato, l’avviso deve essere recapitato presso il domicilio digitale di cui all’art 10 c.c.i. Il contenuto dell’avviso è assai nutrito. In esso deve essere comunicato ai creditori: - che possono partecipare al concorso trasmettendo la domanda con le [continua ..]


21. Domanda di ammissione al passivo

Quanto alle domande di ammissione al passivo l’art. 201 sottolinea preliminarmente il fatto che, a norma dell’ultimo comma della disposizione, il procedimento di verifica dello stato passivo è sottoposto alla sospensione feriale dei termini processuali, in deroga alla regola generale di cui all’art. 9. Il curatore provvede all’esame delle domande di ammissione al passivo ai fini della predisposizione del progetto di stato passivo da sottoporre al giudice all’u­dienza (la prima udienza è fissata dal Tribunale con la sentenza, ex art. 49, comma 3, lett. d), c.c.i. nel termine di 120 o 150 giorni dal deposito della sentenza). Il comma 1, oltre a confermare che possono insinuarsi al passivo i creditori e coloro che vantino diritti di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, aggiunge che devono insinuarsi anche coloro che sono titolari di diritti ipotecari sui beni costituenti l’attivo [41]. Nella domanda questi soggetti (comma 3, lett. b) devono anche determinare l’ammontare del credito per cui intendono partecipare. Si conferma: 1. che la domanda deve essere presentata almeno 30 giorni prima dell’udienza (se presentata dopo verrà inserita nello stato passivo dell’udienza successiva); 2. che va inoltrata al curatore presso l’indirizzo di posta elettronica indicato dal curatore medesimo nell’avviso di cui all’art. 200 (art. 96 L. Fall.); 3. che può essere sottoscritta dalla parte personalmente; 4. che eventuali titoli di credito devono essere depositati in originale in cancelleria, mentre gli altri documenti sono allegati alla domanda. Non cambia di molto il contenuto della domanda di ammissione. Si conferma che essa deve contenere l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore, specificandosi a questo proposito che esse devono ricomprendere anche: il suo numero di codice fiscale; le coordinate bancarie del­l’istante o la dichiarazione di voler essere pagato con modalità diversa dal­l’ac­credito in conto corrente bancario “stabilita dal giudice delegato ai sensi dell’ar­ticolo 230, comma 1”. La domanda deve indicare: la somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione; la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di [continua ..]


22. Predisposizione dello stato passivo, discussione, esecutività e comunicazione. Previsione di insufficiente realizzo

L’art. 203 conferma che il progetto di stato passivo è bipartito: crediti e rivendiche, anche se si potrebbe pensare di prevedere una terza parte dedicata ai titolari di ipoteca sui beni della liquidazione, (che oggi devono insinuarsi al passivo ex art. 201, comma 1) poiché questi soggetti non sono “creditori”. Lo stato passivo continua ad un elenco dei creditori per ciascuno dei quali il curatore motiva una proposta di accoglimento o rigetto o declaratoria di inammissibilità [42]. Formato il progetto di stato passivo, il curatore: lo deposita in cancelleria almeno 15 giorni prima dell’udienza, e lo trasmette ai creditori all’indirizzo in dicato in domanda (o al domicilio digitale eventualmente assegnato ex art. 10, comma 2); riceve le eventuali osservazioni ed i documenti integrativi presentati dai creditori fino a 5 giorni prima dell’udienza. Nulla muta a proposito dell’udienza di verifica dello stato passivo (che può essere rinviata di 8 giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti, se nel giorno previsto non si riesce a completare l’esame delle domande), nella quale il giudice provvede anche in assenza della parti (ma, a mio avviso, non del curatore), decidendo su ciascuna domanda sulla base delle conclusioni formulate dal curatore, delle eccezioni rilevate anche d’ufficio e delle osservazioni di altri interessati o del debitore, che può chiedere di essere sentito. È possibile compiere atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento. Infine, è confermato che il giudice delegato può stabilire che l’udienza sia svolta in via telematica, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi. L’art. 204 ribadisce che sulle singole domande il giudice provvede con decreto succintamente motivato. Si conferma inoltre l’ammissione con riserva per una serie di crediti. Segnatamente, sono ammessi con riserva: - i crediti condizionati (la norma vale pacificamente per la condizione sospensiva, laddove essa è conforme alla regola della retroattività della condizione ex art. 1360 c.c.; più incerto è se essa valga anche per le condizioni risolutive); - i crediti che non possono essere fatti valere contro il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione [continua ..]


23. Le opposizioni allo stato passivo

L’art. 206 c.c.i., nel distinguere tre fattispecie ripercorre le orme dell’art. 98 L. Fall., sebbene vadano registrate talune innovazioni. In primo luogo le opposizioni con cui il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contesta che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta. In secondo luogo contempla l’impugnazione, con cui il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili impugna il provvedimento di accoglimento di un creditore o di altro concorrente. Infine prevede la revocazione, a mezzo della quale il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, anche se sono decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere la revoca dell’accoglimento o del rigetto della domanda, se provano che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile all’istante. Costituisce invece una novità il fatto che nei casi di opposizione o impugnazione è ammessa l’impugnazione incidentale, anche se è per essa decorso il termine per impugnare [45]. Si conferma invece che errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del titolare di diritti sui beni o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata. Il mancato rinvio agli art. 287 e 288 c.p.c. conferma che non è necessaria la fissazione dell’udienza, a meno che il giudice delegato non lo ritenga opportuno [46]. Viene ribadito dall’art. 207 che le opposizioni allo stato passivo si propongono con ricorso da depositarsi presso la cancelleria del Tribunale nel termine di 30 giorni decorrenti dalla comunicazione di cui all’art. 205 (art. 97 L. Fall.) ovvero, nel caso di revocazione, dalla scoperta della falsità, del dolo, dell’errore o del documento. Si introduce la novità per cui i termini del procedimento di opposizione soggiacciono al regime della sospensione feriale dei termini processuali, e ciò in deroga alla regola generale di cui all’art. 9 c.c.i. Non cambia il contenuto del ricorso, che contiene tutti gli elementi che erano già previsti dall’art. 99, comma 2, L. Fall. [47]. Viene pure confermato che il [continua ..]


24. Domande tardive ed ultratardive

A proposito delle domande tardive, la novità introdotta dall’art. 208 riguarda in primo luogo la riduzione del termine da 12 a 6 mesi, oltre il quale le domande di insinuazione sono considerate tali. Anche la possibilità di proroga d questo termine da parte del tribunale viene ridotta, passando da 18 a 12 mesi. Il procedimento di verifica di queste domande non muta. L’unica novità (già conosciuta nella prassi di alcuni uffici) è rappresentata dal fatto che l’udienza viene fissata solo quando vi sono domande da esaminare (la Legge Fallimentare prevedeva invece che il giudice fissasse udienza ogni 4 mesi). La data di fissazione del­l’udienza viene comunicata dal curatore non solo a coloro che hanno presentato domanda, ma anche ai creditori già ammessi al passivo. Molti invece i cambiamenti che si registrano a proposito della disciplina delle domande ultratardive, cioè proposte oltre il termine di 6 mesi (o 12, ove stabilito dal Tribunale in sentenza) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. Queste domande sono esaminate subordinatamente al ricorrere di talune condizioni: possono essere proposte fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo; il ricorrente deve fornire la prova (o deve indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi) che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile; la domanda deve essere depositata nel termine di sessanta giorni [48] decorrenti dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo (con evidente disparità di trattamento rispetto ai creditori tempestivi, poiché essi godono di un periodo di tempo molto più lungo), il che porrà nella prassi il problema, potenzialmente molto spinoso, di stabilire, e stabilire con certezza, quando questo momento si è verificato. Infine, è previsto che il giudice dichiara inammissibile la domanda (senza dunque fissare udienza) quando l’istante non ha indicato la causa non imputabile del ritardo, oppure quando non ne ha fornito prova documentale o non ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per dimostrarne la non imputabilità della omessa tempestiva insinuazione al passivo. A questi casi di inammissibilità occorre evidentemente aggiungere quello in cui si indica la causa e la data in cui è cessata la causa che ha impedito il deposito [continua ..]


25. Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione

La fisionomia del procedimento di rivendica o restituzione permane, nella sostanza, inalterata. L’art. 210 conferma che il ricorrente non può provare con testimoni il diritto sui beni di cui chiede la restituzione, tranne che l’esistenza del suo diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati da lui o dal debitore [49]. La sola novità è rappresentata dal fatto che il decreto che accoglie la domanda di rivendica di beni o diritti il cui trasferimento è soggetto a forme di pubblicità legale (si pensi ai beni immobili o ai mobili registrati) deve essere reso opponibile ai terzi con le medesime forme. Il codice non esplicita chi debba sostenere le spese di siffatti adempimenti pubblicitari, né chi debba eseguirli. Poiché tuttavia si tratta di spese non prededucibili, mi pare che l’unica soluzione praticabile sia quella per cui esse gravano sul richiedente [50].


26. Programma di liquidazione

A norma dell’art. 213 c.c.i. il curatore deve redigere il programma di liquidazione entro 60 giorni dall’inventario ed in ogni caso entro 150 giorni dalla sentenza dichiarativa dell’apertura della liquidazione giudiziale, a pena di revoca dell’incarico (a norma dell’art. 129, comma 1 – art. 32, comma 1, L. Fall. – si tratta di attività non delegabile) e trasmetterlo al giudice delegato che ne autorizza la trasmissione al comitato dei creditori per l’approvazione. Il giudice delegato dunque è chiamato dal codice a compiere un vaglio preliminare sul programma di liquidazione, anticipato rispetto alla sua approvazione da parte del comitato dei creditori; solo all’esito di questo vaglio il giudice autorizza la trasmissione dello stesso al comitato dei creditori per l’approvazione. Si conferma la possibilità per il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, di non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’at­tività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. Ottenuta l’auto­riz­zazione, il curatore è tenuto ad un duplice onere: quello di darne comunicazione ai creditori (affinché possano agire esecutivamente su quei beni); e quello di notificare l’autorizzazione ai pubblici registri, nel caso si tratti di beni immobili o di beni mobili registrati, in modo tale che sia annotata la cancellazione della trascrizione della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale. Per indirizzare questa scelta il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza presume manifestamente non conveniente la prosecuzione dell’attività di liquidazione dopo sei esperimenti di vendita [51] cui non abbia fatto seguito l’aggiudicazione [52], salvo che il giudice delegato non autorizzi il curatore a continuare l’attività liquidatoria, in presenza di giustificati motivi [53]. Scompare l’elenco di cui al comma 2 dell’art. 104-ter (anche se, fatta salva la scomparsa del riferimento alle proposte concordatarie, il contenuto è sostanzialmente rimasto). Esso è sostituito dalla previsione (comma 3) per cui il programma è suddiviso in sezioni in cui sono indicati, separatamente: criteri e modalità della liquidazione dei beni immobili; criteri e modalità della liquidazione degli altri beni; [continua ..]


27. Cessioni di crediti, azioni revocatorie e partecipazioni e mandato a riscuotere crediti

Il codice conferma all’art. 215 la facoltà per il curatore, (la quale dovrà, evidentemente, essere previamente esplicitata nel programma di liquidazione) di: cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; cedere le azioni revocatorie concorsuali, a condizione che i relativi giudizi siano già pendenti; cedere partecipazioni societarie, con la specificazione che per le società a responsabilità limitata si applica l’art. 2471 c.c. [55]. Nella previsione di cessione dovranno essere attenzionati almeno quattro aspetti: il primo è che il credito deve essere esistente al momento della cessione ex art. 1266 c.c.; il secondo è che il credito da cedere deve essere cedibile ex art. 1260 c.c. (e di questo il curatore dovrà dare conto nel programma di liquidazione); il terzo è che il cessionario non potrà essere uno dei soggetti di cui all’art. 1261 e 1471 c.c. (anche di questo aspetto il curatore dovrà avere cura di occuparsi) [56]; il quarto (valevole per le cessioni di quote di s.r.l.) è che occorrerà verificare se si tratta di quote liberamente trasferibili o meno, poiché ciò incide sulle modalità della vendita [57]. Rimane fermo che il curatore, in alternativa alla cessione, può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti.


28. Modalità della liquidazione

L’art. 107 L. Fall. è stato completamente riscritto, e di esso rimane poca traccia nell’art. 216 c.c.i. Si esplicita in primo luogo (recependo pervero una prassi consolidata) che la vendita dei beni deve essere preceduta da una loro stima, sicché il curatore prima di redigere il programma di liquidazione dovrà nominarlo “ai sensi dell’articolo 129, comma 2”, ossia su autorizzazione del comitato dei creditori. La relazione di stima: andrà depositata con modalità telematiche (il che significa che sarà depositata in cancelleria e non più consegnata al curatore) con l’avvertenza che il mancato rispetto degli oneri telematici anzidetti costituirà motivo di revoca dall’incarico; dovrà essere redatta sulla base di modelli informatici pubblicati sul portale delle vendite pubbliche; ove riguardi beni immobili, dovrà contenere le informazioni previste per la perizia propria delle esecuzioni forzate individuali, in virtù del rinvio testuale all’art. 173-bis disp. att. c.p.c. Così come l’art. 107 L. Fall., anche l’art. 216 prevede che la stima “può essere omessa per i beni di modesto valore”. È chiaro che abdicare alla stima implica una valutazione ex ante non sempre praticabile, soprattutto con riferimento ai beni immobili. Più facile decidere con riferimento ai beni mobili, dove tuttavia il modesto valore potrebbe suggerire, a monte, una rinuncia all’acquisizione all’attivo, (su autorizzazione del comitato dei creditori), o alla liquidazione, ai sensi degli artt. 142 e 213, comma 2, c.c.i. Per la liquidazione del compenso dell’esperto viene richiamato, infine, il comma 3 dell’art. 161 disp. att. c.p.c., (introdotto dall’art. 14, comma 1, lett. a-ter), del D.L. 27 giugno 2015, n. 83), il quale, con riferimento all’esperto nominato ex art. 568 c.p.c., prevede che il compenso sia “calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita”, e che “prima della vendita” non possano “essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima”. È evidente che con questa previsione il legislatore delegato ha voluto prendere posizione rispetto alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di merito [58] che aveva dubitato della legittimità di [continua ..]


29. Ripartizione dell’attivo e distribuzione delle somme

A norma dell’art. 220 c.c.i. alla ripartizione dell’attivo il curatore provvede ogni 4 mesi a partire dalla data del decreto di esecutività dello stato passivo, o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato. Rispetto alle previsioni della Legge Fallimentare vanno segnalate le seguenti novità. Non è più prevista la presentazione del piano di riparto al giudice delegato: il curatore qualora l’entità del passivo accertato consenta una ripartizione in misura apprezzabile, trasmette a tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso un giudizio di opposizione allo stato passivo un prospetto delle somme disponibili unito ad un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’articolo 150 (non mutano i presupposti e le garanzie in presenza delle quali il riparto può andare anche a beneficio dei crediti in contestazione). È stata eliminata la previsione di cui al comma 2 dell’art. 108, per cui il giudice non ordina più il deposito del piano di riparto in cancelleria con avviso ai creditori, prevedendosi (analogamente a quanto disponeva il previgente comma 3 dell’art. 110) che i creditori possono proporre reclamo al giudice delegato entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione. Il piano di riparto viene quindi depositato dal curatore decorsi tali 15 giorni, con allegata la prova della comunicazione ai creditori, e con richiesta di pronuncia del decreto che dichiara esecutivo il piano di riparto. Non muta la disciplina che regola il procedimento di reclamo, salvo precisarsi che non si fa luogo ad accantonamento dei crediti contestati qualora sia presentata in favore della procedura una fideiussione idonea a garantire la restituzione di somme che, in forza del provvedimento che decide il reclamo, risultino ripartite in eccesso, oltre interessi. Immutato è l’ordine di distribuzione delle somme ricavate. Il codice si premura solo di precisare alla lett. d) dell’art. 221 (ma si tratta di aggiunta solo formale) che tra i creditori legittimati a concorrere vi sono anche i creditori postergati.


30. Disciplina dei crediti prededucibili e dei conti speciali

Se la disciplina dei crediti prededucibili, oggi contenuta nell’art. 222 c.c.i., resta sostanzialmente invariata rispetto al quadro ricavabile dal previgente art. 111-bis L. Fall., quello che muta è la individuazione di siffatta categoria di crediti. In primo luogo cambia topograficamente la collocazione della nozione di crediti prededucibili, che mentre il legislatore del 1942 si trovava nel corpo delle norme dedicate al fallimento, all’art. 111, oggi alberga tra i principi generali, in quanto la prededuzione rappresenta un fenomeno trasversale a tutte le procedure concorsuali. Ma non è tutto. Invero, facendo tesoro di una lunga stratificazione giurisprudenziale [68], il legislatore declina in modo puntuale l’elenco dei crediti prededucibili, che oggi appaiono meglio individuati. Sono infatti prededucibili, oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge: – i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall’OCC nell’am­bito dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento; – i crediti professionali [69] sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, di una domanda di concordato preventivo (sia di quella “in bianco” che di quella completa) o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati [70] o che la procedura di concordato preventivo sia aperta a norma dell’art. 47 c.c.i.; – i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi. Vanno ancora considerati: – in tema di concordato preventivo, i crediti di cui all’art. 46, il quale prevede, tra l’altro, che la domanda di autorizzazione al compimento di atti urgenti contenga “idonee informazioni sul contenuto del piano” – aggiungendo che “i crediti di terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili”; – in tema di composizione negoziata i crediti di cui all’art. 22, a mente del quale, su richiesta dell’imprenditore il Tribunale può autorizzare [continua ..]


31. Riparti, accantonamenti, pagamenti

Al di là del nome, forse fuorviante, l’art. 227 disciplina (negli stessi termini del previgente art. 113) gli accantonamenti [71] cui il curatore è tenuto nelle ripartizioni parziali. Si rbadisce in primo luogo che essi non possono superare l’80% delle somme da ripartire. Va ricordato a questo proposito che la base di calcolo su cui determinare l’80% va determinata sottraendo dall’attivo disponibile le spese di procedura già liquide ed esigibili, perché non sono spese future; le somme ricevute per effetto di provvedimenti non ancora definitivi le spese oggetto di precedenti accantonamenti generici. Inoltre, che devono essere trattenute, e dunque scorporate dall’80% determinato, le quote assegnate [72]: a) ai creditori ammessi con riserva[73]; b) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari; c) ai creditori opponenti la cui domanda è stata accolta quando la sentenza non è passata in giudicato; d) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revocazione. Infine, si specifica che se l’80% non è sufficiente a pagare le somme ritenute necessarie per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e ogni altro debito prededucibile esso deve essere ridotto. L’art. 228 aggiunge poi (analogamente all’art. 113-bis, L. Fall.) che quando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, il curatore dovrà chiedere al giudice delegato la pronuncia del decreto di modifica dello stato passivo depositando la documentazione che prova il verificarsi dell’e­vento che consente lo scioglimento della riserva. Chiaramente, poiché questo determina una conseguente modifica dello stato passivo, lo stesso andrà comunicato ai creditori, anche se la norma non lo prevede espressamente. La regola della irripetibilità dei pagamenti eseguiti e dettata dall’art. 229, in cui è trasfuso l’art. 144 L. Fall., e prevede che pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione. Chiaramente, la legittimazione ad agire con l’azione di indebito oggettivo sarà esercitata dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato. Per quanto riguarda i pagamenti ai creditori, l’art. 230 rievoca la [continua ..]


32. Rendiconto

La disciplina del conto della gestione contenuta nell’art. 231, si connota per alcune novità procedurali. Questa norma va letta insieme all’art 130, comma 9 (art. 33, comma 5, L. Fall.) in forza della quale il curatore, entro quattro mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo [75] (quindi, non più entro 6 mesi dal deposito della prima relazione ex art. 33, a sua volta da depositarsi entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento) e, successivamente, ogni sei mesi, presenta, tra gli altri, un conto della gestione, con la conseguenza che i dati contenuti nei conti periodici dovrebbero confluire (eventualmente aggregati) nel conto finale. Dopo essersi ribadito che il curatore presenta il conto della gestione dopo la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, nonché in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, e che esso consiste nella esposizione analitica delle operazioni contabili e dell’attività di gestione della procedura, si aggiunge che nel conto della gestione, altrettanto analiticamente, il curatore deve illustrate le “modalità con cui ha attuato il programma di liquidazione e il relativo esito”, con la conseguenza che, in linea teorica, programma di liquidazione e conto della gestione dovrebbero coincidere, nel senso che un conto della gestione, se il curatore ha ben operato, dovrebbe ribadire le previsioni del programma di liquidazione, dimostrando che esso è stato puntualmente rispettato. Si conferma che il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria e fissa l’udienza che non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dalla comunicazione del rendiconto a tutti i creditori. Si ribadisce che il curatore notizia dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza: il debitore; i creditori ammessi al passivo; coloro che hanno proposto opposizione; i creditori in prededuzione non soddisfatti. avvisandoli che possono presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino a cinque giorni prima dell’udienza con le modalità di cui all’articolo 201, comma 2. Si aggiunge inoltre che alla comunicazione deve essere allegata copia del rendiconto. La disciplina dell’udienza fissata per la discussione ed approvazione del conto della gestione è rimasta invariata: se non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva [continua ..]


33. Compenso

La disciplina del compenso spettante al curatore risulta dalla combinata lettura degli artt. 137 e 219, comma 2. Viene ribadito che il curatore ha diritto al compenso liquidato dal Tribunale, su relazione del giudice delegato. il compenso può essere richiesto dopo l’appro­vazione del rendiconto (ed eventualmente dopo l’esecuzione del concordato) sulla base dei seguenti dati: attivo realizzato, passivo accertato, eventuali ricavi lordi ed utili netti derivanti dell’esercizio provvisorio, compenso liquidato ad eventuali esperti nominai dal Tribunale con la sentenza ai sensi dell’art. 49, comma 3, lett. b), coadiutori e delegati nominati a norma dell’art. 129 c.c.i. È evidente che per evitare una defatigante attività di ricerca, appare quantomai opportuno che questi dati siano già riportati nei rapporti riepilogativi, anche se negativi. Rispondendo alle esigenze della prassi il codice prevede che una integrazione del compenso è liquidato nei casi di chiusura per completo soddisfacimento dei creditori ammessi o mancanza di insinuazioni al passivo, per le attività di cui all’art. 233, comma 2 (convocazione dell’assemblea per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività o della sua cessazione oppure richiesta la cancellazione dal registro delle imprese della società), nonché per le attività svolte fino a conclusione dei giudizi [76]. Anche la disciplina della liquidazione degli acconti subisce una modifica, poiché la loro liquidazione è consentita salvo giustificati motivi, solo previa esecuzione (e non più mera presentazione) di un progetto di ripartizione parziale. Viene inoltre previsto che se con la sentenza sono stati nominati esperti ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lett. b), il compenso dovuto al curatore è ridotto proporzionalmente in considerazione del compenso liquidato a tali soggetti. Infine, in occasione delle vendite, il curatore può altresì chiedere al Tribunale una somma in conto del compenso finale, la quale viene prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione. Importanti chiarimenti vengono offerti al tema della liquidazione del compenso in caso di revoca della sentenza dichiarativa dell’apertura della liquidazione giudiziale. Invero, l’art. 366, comma 1, modifica l’art. 147 del tu spese di [continua ..]


34. Chiusura della procedura

Il codice ribadisce preliminarmente all’art. 233 c.c.i. i casi di chiusura già contemplati dal comma 1 dell’art. 118, vale a dire: a) mancanza di insinuazioni al passivo; b) pagamento dei crediti e delle spese, anche prima del riparto finale; c) ripartizione finale; d) accertamento della inutilità della prosecuzione della procedura per insufficienza di attivo. È una novità quella per cui la chiusura per le ipotesi di cui alle lett. a) e b) determina, in capo al curatore, la nascita dell’obbligo di convocare l’assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività o della sua cessazione ovvero per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti il venti per cento del capitale sociale. È chiaro che nel caso in cui l’assemblea non deliberi la prosecuzione dell’attività, il curatore dovrà chiedere la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. A norma dell’art. 137 (art. 39 L. Fall.) per queste attività è dovuta al curatore una integrazione del compenso. Si conferma inoltre che, negli altri casi di chiusura, il curatore deve chiedere la cancellazione dal registro delle imprese, salvo che non residuino procedimenti pendenti. A tal proposito, poiché il curatore è chiamato a compiere tutte le attività prescritte dall’art. 233 dopo aver ottenuto al liquidazione del proprio compenso ed il rimborso delle spese, sarà necessario che sin dalla richiesta di liquidazione queste spese future siano già determinate.


35. Prosecuzione di giudizi dopo la chiusura

Si conferma all’art. 234 che la chiusura della procedura per intervenuta ripartizione dell’attivo non è impedita dalla pendenza di giudizi o procedimenti esecutivi [77], e non comporta la cancellazione della società dal registro delle imprese, alla quale si provvede solo alla conclusione dei giudizi in corso e alla effettuazione dei riparti supplementari. A proposito della chiusura anticipata, occorre dare conto del diffuso orientamento, cui in questa sede si intende aderire [78] di procedere alla c.d. chiusura anticipata in assenza di beni da liquidare ed in pendenza di liti attive non solo nel caso in cui sia possibile allo stato un riparto finale (ex art. 233, comma 1, lett. c), ma anche quando sarà possibile il riparto solo all’esito del giudizio o dei giudizi che resteranno pendenti. Rispetto ai giudizi in corso il curatore mantiene la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, e la legittimazione si estende (novità) a tutti i procedimenti di cognizione, di esecuzione e cautelari strumentali all’attua­zione delle decisioni favorevoli alla liquidatela, anche se instaurati dopo la chiusura della procedura. Si conferma che se è necessario rinunziare alle liti o transigere, il curatore deve chiedere l’autorizzazione al giudice delegato (non al comitato dei creditori, ormai decaduto): questo significa implicitamente che dopo la chiusura ed in pendenza di giudizi, nessuna comunicazione va più eseguita al comitato dei creditori, che va quindi espunto dai destinatari degli atti del curatore o del giudice delegato. Si ribadisce che le somme necessarie per spese future ed eventuali, nonché le somme ricevute sono trattenute dal curatore come tutte le liquidità che affluiscono alla procedura (il che significa che la chiusura non determina l’estinzione del conto corrente) e sono oggetto di riparto supplementare quando sono definitivamente acquisite. È una novità (recepita dalla prassi) quella per cui la chiusura per liti pendenti non dispensa il curatore dal deposito: – dei rapporti riepilogativi periodici; – di un supplemento di rendiconto; – di un riparto supplementare di riparto (anche solo per distribuire le somme accantonate ai fini dei giudizi pendenti). Con il decreto di chiusura il tribunale impartisce al curatore le disposizioni necessarie per adempiere a tali [continua ..]


NOTE