Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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L'esdebitazione nella liquidazione giudiziale: evoluzione di uno strumento volto a garantire la continuità aziendale (di Piera Pellegrinelli, Ricercatore in Diritto processuale civile nell'Università degli Studi di Bergamo)


Il presente elaborato analizza lo strumento dell’esdebitazione, con riferimento alla procedura di liquidazione giudiziale, mettendo in risalto le modifiche apportatedal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, destinato ora a trovare una maggiore applicazione e a garantire la continuità aziendale.

Debt discharge in judicial liquidation procedure: evolution of an instrument aimed at guaranteeing business continuity

This paper analyzes the instrument of debt discharge with reference to the judicial liquidation procedure, highlighting the changes made by the Code of business crisis and insolvency, destined now to find greater application and to garantee business continuity.

SOMMARIO:

1. Premessa introduttiva: ricostruzione dell’istituto dell’esdebitazione - 2. Ambito di applicazione dell’istituto nella Legge fallimentare - 3. Le novità del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: applicazione alla persona giuridica - 4. (Segue): anticipazione del dies a quo ed esdebitazione pronunciata dal tribunale, in via residuale - 5. (Segue): la soddisfazione dei creditori: assenza dell’obbligo, anche solo parziale, di pagamento - 6. (Segue): riduzione dei debiti inesigibili - 7. Finalità dello strumento: tutela della continuità aziendale - NOTE


1. Premessa introduttiva: ricostruzione dell’istituto dell’esdebitazione

L’esdebitazione nasce [1] nell’ambito della procedura fallimentare e consiste nel beneficio della liberazione [2] dai debiti non onorati che si concede al fallito, persona fisica, al termine della stessa [3], in presenza di particolari requisiti oggettivi e soggettivi. È un istituto giuridico disciplinato agli artt. 142, 143 e 144 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e fu introdotto dall’art. 128, D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 [4]. Il legislatore ha sostituito lo strumento della riabilitazione civile [5] con quello dell’esdebitazione, volto ad offrire una second chance al fallito perché lo libera dai debiti pregressi (c.d. discharge) e gli consente di operare nuovamente sul mercato, senza subire ritorsioni da parte dei creditori [6]. Il D.Lgs. 5/06 era accompagnato da una relazione ministeriale che individuava la ratio dell’esdebitazione nel fine “di recuperare l’attività economica del fallito per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie”; finalità, questa, derivata dalla letteratura giuridica di origine anglo-americana, la quale, definendo la ratio della bankruptcy discharge, utilizza l’espressione “to make a fresh start in life” [7]. L’introduzione dell’esdebitazione ha rappresentato una nuova “etica” del fallimento: a partire dall’anno 2005 questo nuovo istituto può essere considerato emblematico della filosofia cui il nuovo diritto fallimentare si ispirava [8]. L’istituto dell’esdebitazione è stato una novità assoluta nell’ordinamento giuridico italiano perché, fino ad allora, era in vigore la regola contraria, disciplinata dal previgente art. 120, L. Fall., che non prevedeva l’esdebitazione del fallito: chiusa la procedura fallimentare, “i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi”; il D.Lgs. 5/06, introducendo l’esdebitazione, ha modificato l’articolo aggiungendo la previsione: “[…] salvo quanto previsto dagli artt. 142 e seguenti”. I creditori possono riacquistare il libero esercizio delle azioni verso il debitore, per la parte non soddisfatta dei loro crediti, per capitale ed interessi, salvo il beneficio del­l’e­sdebitazione concesso al fallito, in [continua ..]


2. Ambito di applicazione dell’istituto nella Legge fallimentare

Il beneficio è concesso al fallito persona fisica e non anche al fallito persona giuridica: sul punto il tenore letterale dell’art. 142, comma 1, L. Fall., è oltremodo chiaro, definendo la condizione soggettiva per poter accedere al beneficio dell’esde­bitazione. Di conseguenza, possono richiederne l’applicazione: (i) l’imprenditore commerciale individuale “non piccolo”; (ii) il socio illimitatamente responsabile di società di persone ed (iii) il socio accomandatario di s.a.p.a. e s.a.s., dichiarati falliti per estensione, ai sensi dell’art. 147 L. Fall. [9]. Non possono beneficiarne: i soggetti non fallibili, ai sensi dell’art. 1 L. Fall.; le startup [10]; le persone giuridiche, anche se soggetti fallibili ai sensi dell’art. 1 L. Fall., compreso l’unico socio di una s.p.a. o di una s.r.l. [11]; e le persone giuridiche socie di società di persone. Il legislatore ha operato una precisa scelta delimitando l’ambito soggettivo di applicabilità dell’istituto dell’esdebitazione alla sola “persona fisica”, escludendo la persona giuridica, in particolare la società commerciale, per più motivi. In primo luogo, perché la liquidazione del patrimonio sociale è in palese contrasto con la continuità aziendale della società: di regola, una volta terminata la fase liquidatoria, la società è cancellata dal registro delle imprese. In particolare, l’art. 118, comma 2, L. Fall., prevede che, chiusa la procedura fallimentare, il curatore ne chieda la cancellazione dal registro delle imprese quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo o quando, nel corso della procedura, si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura [12]; quindi, in questi due casi, non vi sarebbe più il soggetto nei cui confronti possa essere emesso il provvedimento liberatorio [13]. In secondo luogo, la chiusura del fallimento della società non precluderebbe ai singoli soci, che ne facevano parte, di costituire una nuova società, che nascerebbe senza il peso dei debiti residui, eliminando così il bisogno di ricorrere all’esde­bitazione [14]. Ed ancora, parte della dottrina [15] sostiene che le [continua ..]


3. Le novità del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: applicazione alla persona giuridica

La disciplina dell’esdebitazione è mutata a seguito dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (per brevità, d’ora in poi, c.c.i.i.) [17] il quale disciplina l’esdebitazione agli artt. 278-281 [18], prevedendo disposizioni che riguardano sia la liquidazione giudiziale, sia la liquidazione controllata. Con riferimento all’esdebitazione nella liquidazione giudiziale, una delle maggiori novità introdotte dal c.c.i.i. consiste nel concedere la possibilità di accedere all’istituto dell’esdebitazione anche alle società, sia di persone sia di capitali. Ciò alla luce della L. delega 19 ottobre 2017, n. 155, la quale all’art. 8, comma 1, lett. c) sancisce che il Governo preveda “anche per le società l’ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e, nel caso di società di persone, in capo ai soci”. Su questa base, la novità introdotta dal c.c.i.i. realizza un ampliamento applicativo particolarmente significativo perché supera la distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche, sul presupposto per cui, se la procedura può estendersi ai soci (persone fisiche) di persone giuridiche, non vi è ragione per non ammettere direttamente anche queste ultime al beneficio della liberazione dai debiti residui [19]. In particolare, l’art. 278 c.c.i.i. sancisce che può accedere all’istituto dell’e­sde­bitazione il ‘debitore’ [20], così come definito dall’art. 1 c.c.i.i., norma che include la persona giuridica. L’art. 278 c.c.i.i., rimandando alla definizione di ‘debitore’ ex art. 1 c.c.i.i., prevede che può avvalersi dell’esdebitazione anche il fallito persona giuridica; diversamente da quanto prevede l’art. 142 L. Fall., il quale, come già sopra esposto, limita l’accesso all’esdebitazione al solo fallito persona fisica. Inoltre, l’art. 278 c.c.i.i., sancisce che, nell’ambito dell’esdebitazione della persona giuridica, le condizioni ostative ex art. 280 c.c.i.i., non devono sussistere nei confronti dei seguenti soggetti societari: i soci illimitatamente responsabili ed i legali [continua ..]


4. (Segue): anticipazione del dies a quo ed esdebitazione pronunciata dal tribunale, in via residuale

L’art. 279 c.c.i.i., prevede che il debitore meritevole ha diritto a conseguire l’esdebitazione “decorsi tre anni dall’apertura della procedura di liquidazione o al momento della chiusura della procedura, se antecedente”. La disposizione normativa, da un lato, è sicuramente innovativa perché introduce un momento temporale nuovo che consente al debitore di accedere al beneficio dell’esdebitazione anticipatamente rispetto alla previgente normativa, ovvero quando la procedura di liquidazione giudiziale è ancora aperta. L’anticipazione temporale della possibilità di avvalersi dell’esdebitazione consente al debitore di ricorrere al fresh start senza attendere la chiusura della procedura di liquidazione giudiziale. La durata spesso eccessiva di quest’ultima può rappresentare una limitazione per il debitore a porre in essere una nuova attività economica, precludendogli così il ritorno nel mercato, quanto meno nel lungo periodo [27]. La previsione mira ad un tempestivo reinserimento del debitore nel mondo economico, recuperandolo nel circuito economico grazie alla definitiva liberazione dai debiti pregressi, anche in una prospettiva di politica sociale che permea la formulazione dei principi di legge delega in materia di esdebitazione [28]. Invero, la legge delega, alla luce della quale è stato redatto il c.c.i.i., formula i principi in materia di esdebitazione avvalendosi delle coordinate europee; in particolare della Raccomandazione 2014/135/UE, la quale evidenzia come “gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo una seconda volta” [29] e, per l’effetto, sottolinea la necessità – fermi i dovuti controlli finalizzati ad evitare ricorsi abusivi al premio – di “adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dei debiti dopo un lasso di tempo massimo” [30]. L’istituto dell’esdebitazione ha trovato negli anni sempre crescente rilevanza nella programmazione europea, la quale, nel tempo, ha mutato la prospettiva dell’istituto stesso, portandolo ad ammantarsi di un ruolo nevralgico con funzione finanche sociale e riabilitativa. A muovere il mutamento di prospettiva dell’istituto verso un nuovo approccio ideologico-sistematico la valutazione [continua ..]


5. (Segue): la soddisfazione dei creditori: assenza dell’obbligo, anche solo parziale, di pagamento

Pare doveroso interrogarsi in relazione al requisito della “soddisfazione dei creditori” che ha sempre rappresentato uno scoglio, spesso rivelatosi preclusivo, all’o­peratività dell’esdebitazione. Ed invero, l’art. 142, comma 2, L. Fall. prevede che “l’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”. Il dubbio, da subito posto, concerneva la portata del requisito oggettivo: se dunque fosse necessario che tutti i creditori, seppure in parte, fossero pagati [34] o se, invece, fosse sufficiente che almeno una parte di essi avesse trovato soddisfazione [35]. La pronuncia della Prima Sezione civile della Suprema Corte di cassazione [36] ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, della questione relativa al requisito oggettivo. Con sentenza resa a Sezioni Unite civili [37], la Suprema Corte di cassazione ha preliminarmente affermato che la disposizione normativa di cui all’art. 142, comma 2, L. Fall. – sopra riportata – “presenta evidenti margini di equivocità e non consente quindi di ricostruire, con la certezza che viceversa è necessaria, la volontà del legislatore” [38]. Neppure i successivi artt. 143 [39] e 144 [40] L. Fall. sono di aiuto, poiché non conferiscono alcuna certezza sul piano interpretativo. Di conseguenza, la Suprema Corte ritiene necessario ricorrere al criterio interpretativo logico sistematico [41], finalizzato all’individuazione della ratio della disposizione che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’esdebi­tazione [42]; pertanto, nel quadro complessivo di riferimento, l’inesigibilità dei debiti (non automatica, ma in subordine all’esistenza di determinate condizioni) assume per l’imprenditore una “valenza centrale, sia in termini di prospettive che in relazione all’esito venutosi a determinare”. Ed invero, la possibilità di cancellare i propri debiti favorisce la tempestiva apertura delle procedure concorsuali ed induce il debitore a non porre in essere condotte dilatorie ed ostruzionistiche; a ciò s’ag­giunga che consente al debitore – che riprende la sua attività senza avere pendenze di sorta – di poter espandere pienamente le proprie [continua ..]


6. (Segue): riduzione dei debiti inesigibili

L’esdebitazione non è un diritto automatico, che spetta a ciascun debitore sottoposto alla procedura di liquidazione giudiziale, come si trattasse di una sorta di “premio”, ma è concesso dall’autorità giudiziaria, al ricorrere di determinati requisiti. Venuto meno il requisito soggettivo – che riservava al solo debitore persona fisica il ricorso all’esdebitazione – il principale limite all’utilizzo di tale strumento è rappresentato dal possesso di determinati requisiti di meritevolezza [46]. Di conseguenza, tale elemento assume il ruolo di spartiacque tra la decisione, assunta dal tribunale, di concedere o negare l’esdebitazione. Vi sono tuttavia alcuni debiti esclusi dall’esdebitazione [47]: gli obblighi di mantenimento ed alimentari [48]; i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale [49]; nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti [50]. Merita di essere evidenziata l’assenza, dall’elenco dei debiti inesigibili, della previsione “e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa”, contenuta nella Legge fallimentare [51]. Tale modifica merita di essere salutata con favore perché in tale modo non si opera più la distinzione tra “debito personale” e “debito assunto per l’esercizio dell’impresa”, classificazione poco rilevante se si considera che, nell’ambito della Legge fallimentare, l’esdebitazione era concessa alla sola persona fisica [52]. Il meccanismo dell’esdebitazione, per come già riferito, mira a mettere nuovamente nel circuito economico il debitore: sarebbe difficile pensare di raggiungere lo stesso risultato se lo stesso fosse esdebitato dei debiti relativi all’attività imprenditoriale, ma non di quelli legati alla sua sfera personale. A ciò si aggiunga che non sempre risulta semplice capire allorquando un debito rientri nella prima categoria o nella seconda [53]. Di conseguenza, anche i debiti relativi ad obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa sono oggetto di esdebitazione. L’esdebitazione non opera per i giudizi in corso e per le operazioni liquidatorie: se all’esito dei giudizi e delle [continua ..]


7. Finalità dello strumento: tutela della continuità aziendale

Il c.c.i.i., con le novità previste in tema d’esdebitazione nella liquidazione giudiziale, promuove un favor debitoris maggiore rispetto alle norme contenute nel R.D. n. 267/1942 e favorisce la continuità aziendale del debitore. È indubbio che le nuove peculiarità dell’istituto lo rendono più accessibile, poiché risulta più semplice per il debitore ottenere la pronuncia d’inesigibilità dei suoi debiti: l’esdebitazione può essere concessa già durante la procedura di liquidazione giudiziale, decorsi tre anni dall’apertura della stessa, e non richiede che siano stati soddisfatti, anche solo in parte, i creditori concorsuali. Solo considerando tali due modifiche può sicuramente prevedersi un utilizzo maggiore di tale strumento, soprattutto prima del termine della conclusione della procedura di liquidazione giudiziale. Lo spazio temporale che decorre dalla scadenza del triennio dall’apertura della procedura alla conclusione della stessa diverrà indubbiamente il momento di maggior utilizzo per il debitore di tale strumento, poiché elevata è la volontà di quest’ultimo di liberarsi dei debiti che la procedura non sarà in grado di onorare. Di più: vi sarà un decrescente interesse del debitore ad avvalersi dell’esdebitazione dalla scadenza del triennio dall’apertura della procedura concorsuale alla sua conclusione. Sembra che il legislatore scelga di favorire significativamente il debitore, a discapito dei creditori [55]. In realtà, non può affermarsi che l’attenzione del legislatore si sia spostata dal ceto dei creditori al debitore: ciò è già avvenuto nelle numerose riforme che hanno interessato la Legge Fallimentare dall’anno 2005. Penso che si possa affermare che la volontà sia stata quella di rendere operativo uno strumento nella prassi poco utilizzato per via delle caratteristiche intrinseche e sicuramente l’obiettivo è stato raggiunto ponendo l’enfasi sulla meritevolezza [56] del debitore, che rappresenta il fulcro attorno al quale è stato ripensato il beneficio esdebitatorio: la valutazione del comportamento del debitore, sia anteriore sia posteriore all’apertura della procedura di liquidazione giudiziale. In particolare, il debitore deve avere assunto un preciso profilo e deve essere [continua ..]


NOTE