Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Concordato preventivo e controversie sui crediti (di Giacinto Parisi, Assegnista di ricerca nell'Università di Roma “Roma Tre”)


Lo scritto prende le mosse da una decisione del Tribunale di Brescia, la quale ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le controversie relative ai diritti dei singoli creditori sono sottratte alla cognizione dell'autorità giurisdizionale preposta alla vigilanza e al controllo sulla procedura di concordato preventivo, per poi esaminare le implicazioni generali che derivano dall'assenza di una fase di verificazione dei crediti in tale procedura concorsuale.

Composition with creditors procedure and credit disputes

The paper starts from a decision of the Court of Brescia, which reiterated the consolidated case-law according to which disputes relating to the rights of individual creditors are not devolved to the court responsible for supervising and controlling the composition with creditors procedure (concordato preventivo). The paper then examines the general implications deriving from the absence of a verification phase of claims in the same procedure.

MASSIMA: A seguito dell’omologazione del concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto i diritti dei singoli creditori sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e del Tribunale fallimentare e devono essere risolte nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione. PROVVEDIMENTO: (Omissis) Fatto e diritto. X e Y proponevano reclamo avverso il terzo piano di riparto predisposto dal liquidatore del concordato preventivo Alfa. I reclamanti lamentavano che con i primi due piani di riparto fosse stato pagato il 50% del loro credito e che, nel terzo piano di riparto, il liquidatore, ritenendo erroneamente che il restante credito fosse stato estinto con accordo transattivo, non avesse provveduto a pagare la restante parte delle somme loro dovute. Gli istanti chiedevano, quindi, il riconoscimento del loro credito e l’accan­tonamento delle somme ai sensi dell’art 110 quarto comma l.f. Il liquidatore si costituiva in giudizio ed eccepiva l’inammissibilità del reclamo. Parte resistente rilevava che il rimedio di cui agli artt. 36 e 110 1.f. non era esperibile nella fase esecutiva della procedura di concordato, non essendo richiamato dall’art. 182 1.f. Il liquidatore, in via subordinata, eccepiva l’inammissibilità del reclamo sotto un secondo ed ulteriore profilo. Il resistente evidenziava che i reclamanti non avevano impugnato ex artt. 26 e 164 1.f. il decreto 22.7.2022, con cui il giudice delegato aveva disposto il deposito del progetto di riparto in cancelleria, e che, pertanto, non potevano impugnare un atto che era consequenziale rispetto a quello non impugnato. Nel giudizio si costituiva anche il creditore Z che eccepiva l’inammissibilità del reclamo e, comunque, la sua infondatezza. All’udienza dell’11.10.2022, il giudice si riservava la decisione. L’eccezione di inammissibilità del reclamo è fondata. Una volta omologato il concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto i diritti dei singoli creditori sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e del tribunale fallimentare e vanno risolte nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione. La Corte di Cassazione ha, al riguardo, affermato che “dopo la sentenza di omologazione del concordato preventivo non sussiste una competenza funzionale del giudice delegato e del tribunale fallimentare sulle controversie che possono insorgere nella fase esecutiva tra il debitore e uno o più creditori e sulle questioni, quindi, attinenti alla sussistenza, entità e rango dei crediti che debbono essere fatti valere con ordinario giudizio di cognizione” (Cass. 8116/1998; vedi anche Cass. 6859/1995 e Cass. 31659/2021). L’orientamento della Corte, cui questo Tribunale ha già dichiarato di aderire con decreto del 29.1.2022, è assolutamente condivisibile, tenuto conto che le norme che [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso concreto e i principi di diritto ribaditi dal Tribunale di Brescia - 2. Le peculiarità della formazione dello stato passivo nell’ambito del concordato preventivo - 3. La tutela dei creditori nei confronti del debitore in concordato - 3.1. (segue): le tipologie di azioni giudiziali proponibili dai creditori - 3.2. (segue): interesse ad agire e legittimazione a contraddire nel giudizio ordinario promosso dai creditori - 4. Le iniziative esperibili dal debitore nei confronti dei creditori concordatari - 5. Gli accantonamenti in favore dei creditori contestati e il loro inserimento nella proposta di concordato - NOTE


1. Il caso concreto e i principi di diritto ribaditi dal Tribunale di Brescia

La fattispecie concreta che ha offerto al Tribunale di Brescia l’occasione per tornare ad occuparsi del rapporto tra concordato preventivo e controversie sui crediti coinvolti nella medesima procedura può essere così riassunto. Nell’ambito di un concordato preventivo liquidatorio, due creditori contestavano mediante reclamo ai sensi dell’art. 36 L. Fall. dinanzi al giudice delegato il terzo piano di riparto, ritenendo che il liquidatore avesse erroneamente omesso di includere nel medesimo piano la restante parte del loro credito, già parzialmente soddisfatto nei primi due riparti. I reclamanti chiedevano, quindi, al giudice delegato di riconoscere il loro credito e di disporre l’accantonamento delle somme ritenute loro dovute ai sensi dell’art. 110 L. Fall. L’iniziativa assunta dai creditori si è tuttavia infranta contro la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal giudice delegato con il provvedimento in commento. Richiamando il consolidato insegnamento della giurisprudenza, infatti, il giudice bresciano ha ricordato che, a seguito dell’omologazione della proposta di concordato preventivo, né il giudice delegato né il Tribunale hanno il potere di accertare l’esistenza dei diritti dei singoli creditori ovvero l’ammontare dei crediti e l’esi­stenza di eventuali privilegi [1]. Corollario del fondamentale principio sopra richiamato è quindi quello per cui i creditori che intendano far accertare i loro diritti devono proporre una causa ordinaria [2] dinanzi al giudice competente [3] al fine di procurarsi un titolo da azionare nei confronti del debitore concordatario. Le condivisibili conclusioni cui è pervenuto il giudice delegato meritano di essere comunque approfondite e inquadrate in via sistematica nella cornice dei rimedi previsti dall’ordinamento per consentire la tutela dei creditori, nonché, come si vedrà meglio infra, del medesimo debitore rispetto alle pretese creditorie contestate nell’ambito della procedura di concordato preventivo.


2. Le peculiarità della formazione dello stato passivo nell’ambito del concordato preventivo

In via preliminare, occorre soffermarsi brevemente sulle modalità di formazione dello stato passivo del debitore nell’ambito del concordato preventivo, anche in raffronto ad altre procedure concorsuali, prima tra tutte il fallimento [4], che, come noto, costituisce il prototipo delle procedure di tipo giudiziale. L’art. 52 L. Fall. [5] dispone che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, prevedendo la parità di trattamento degli stessi ai fini del soddisfacimento delle rispettive pretese creditorie, in ossequio al principio generale della par condicio creditorum sancito dall’art. 2740 c.c. [6]. I titolari di un diritto di credito nei confronti del fallito, alla data della dichiarazione di fallimento, assumono dunque la qualifica di creditori concorsuali, potendo far valere le proprie pretese unicamente secondo la disciplina prevista nell’ambito della procedura fallimentare; soltanto a seguito del suo accertamento giudiziale in sede di ammissione al passivo, i titolari del credito verso il fallito diventano creditori concorrenti, maturando il diritto di partecipare alla ripartizione dell’attivo fallimentare [7]. A garanzia della parità di trattamento dei creditori, l’art. 51 L. Fall. [8] stabilisce che dal giorno della dichiarazione di fallimento non possono essere promosse o proseguite, anche per crediti maturati nel corso della procedura, azioni esecutive e cautelari individuali nei confronti del fallito. Inoltre, è previsto che i soggetti che vantino un credito anteriore alla dichiarazione di fallimento non possono far valere i propri diritti in un separato giudizio, dovendo procedere a tale fine alla proposizione di un’apposita istanza di insinuazione al passivo, secondo quanto stabilito dagli artt. 92 ss. L. Fall. [9]. Anche il concordato preventivo è informato al principio della par condicio creditorum, pur essendo previste specifiche ipotesi contemplate dalla legge, nel cui ambito è consentito il pagamento di debiti anteriori, ove gli stessi si risolvano in un beneficio per il ceto creditorio nel suo complesso [10]. Tuttavia, a differenza del fallimento e delle altre procedure allo stesso assimilabili, nel concordato preventivo risulta assente una fase di accertamento giudiziale dei crediti [11]. È infatti previsto che alla propria domanda di ammissione alla procedura concordataria [continua ..]


3. La tutela dei creditori nei confronti del debitore in concordato

Alla luce della sintetica ricostruzione del quadro normativo sopra svolta, è possibile ora passare ad esaminare gli strumenti a disposizione dei creditori per far valere le loro doglianze rispetto all’esclusione, anche parziale, del loro credito, nonché in ordine al rango allo stesso attribuito nell’elenco depositato dal debitore. Va, peraltro, rilevato come la contestazione del creditore possa avere ad oggetto anche il trattamento riservato dal debitore a un altro creditore. Anche l’inclusione nella proposta di concordato di un credito in tutto o in parte inesistente potrebbe in effetti alterare gli esiti della votazione, nonché incidere sul grado di soddisfazione degli altri creditori, aumentando il passivo concordatario e deprimendo le aspettative di soddisfacimento di questi ultimi [20]. Non vi sono, tuttavia, apprezzabili differenze tra le contestazioni rivolte da un creditore rispetto ad un proprio diritto ovvero a quello vantato da un altro soggetto, sicché l’argomento può essere senz’altro esaminato in maniera unitaria. In primo luogo, i creditori possono svolgere le loro contestazioni sul credito nell’ambito dell’adunanza di cui all’art. 174 L. Fall. ovvero, nel contesto della nuova disciplina di cui al c.c.i.i., mediante le osservazioni da comunicare al commissario giudiziale almeno dieci giorni prima della data iniziale stabilita per il voto, ai sensi dell’art. 107, 4° comma, c.c.i.i. Come anticipato nel precedente paragrafo, tali contestazioni sono decise dal giudice delegato ai soli fini dell’ammissione al voto [21], potendo questi accertare provvisoriamente, in tutto o in parte, i crediti contestati, senza che ciò pregiudichi le pronunce definitive sulla sussistenza dei crediti. La valutazione in ordine all’ammissione del credito al voto presuppone tuttavia un’attività incidentale meramente amministrativa ai soli fini dell’approvazione della proposta, essendo il controllo giudiziale diretto esclusivamente a verificare incidenter tantum la fondatezza della pretesa creditoria sulla sola base della documentazione prodotta sia dal creditore che dal debitore [22]. Da quanto precede deriva, pertanto, che la statuizione del giudice sulla determinazione dei crediti in contestazione non assume carattere di definitività, né forza di giudicato [23]. Qualora il giudice delegato escluda [continua ..]


3.1. (segue): le tipologie di azioni giudiziali proponibili dai creditori

In considerazione dell’assenza di una fase di verifica endoconcorsuale, si deve ritenere che i creditori possano sempre agire nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione ovvero di un procedimento speciale [28], da introdurre dinanzi al giudice competente secondo i criteri di cui agli artt. 18 ss. c.p.c., al fine di veder accertati l’esistenza e l’ammontare del proprio diritto contestato dal debitore in concordato [29] e, una volta omologata la proposta, possono agire nei confronti del medesimo debitore in via esecutiva per ottenere soddisfazione concreta alla loro pretesa, al netto ovviamente della falcidia concordataria [30]. Inoltre, i creditori contestati possono richiedere nell’ambito dell’autonomo giudizio di cognizione promosso nei confronti del debitore anche gli interessi moratori maturati in corso di procedura, oltre all’eventuale maggior danno subito ai sensi dell’art. 1224, 2° comma, c.c., atteso che il principio di cristallizzazione degli interessi sancito dagli artt. 169 e 55 L. Fall. vale soltanto nell’ambito della procedura e non opera al di fuori della stessa [31]. Per completezza, va altresì segnalato che, a seguito dell’omologazione del concordato, oltre all’azione esecutiva individuale, i creditori contestati che abbiano già ottenuto un accertamento giudiziale del loro diritto possono attivare specifici rimedi interni alla procedura concordataria. In particolare, i creditori potranno proporre azione di risoluzione, a condizione che l’inadempimento lamentato non sia di scarsa importanza [32], ovvero chiedere l’esecuzione in forma specifica della medesima proposta omologata [33]. A quest’ultimo riguardo occorre distinguere tra la disciplina contenuta nella legge fallimentare da quella riportata nel c.c.i.i. Nel primo caso, infatti, secondo quanto disposto dall’art. 185, 4° comma, L. Fall., il rimedio dell’attuazione forzosa del concordato preventivo è previsto per la sola ipotesi in cui sia stata omologata una proposta concorrente [34] e la legittimazione è riservata esclusivamente ai creditori che abbiano presentato tale proposta, oltre che al commissario giudiziale, il quale può eventualmente assumere tale iniziativa su sollecitazione di un creditore “non titolato” [35]. Invece, nella disciplina introdotta dal c.c.i.i., ferma la [continua ..]


3.2. (segue): interesse ad agire e legittimazione a contraddire nel giudizio ordinario promosso dai creditori

L’interesse ad agire del creditore nell’ambito di un autonomo giudizio ordinario presuppone evidentemente la semplice esistenza di una contestazione rispetto alle modalità attraverso cui il debitore ha trattato il relativo credito nell’ambito dell’elenco depositato unitamente alla propria domanda. Né sembra condivisibile l’opinione di una parte della giurisprudenza di merito, la quale ha ritenuto che tale interesse non sussisterebbe là dove il creditore non abbia contestato in sede concordataria l’ammontare o il rango del proprio credito [43]: ciò in quanto, da un lato, nessuna disposizione normativa, né tantomeno le finalità della procedura, impone al creditore di far valere all’interno della procedura le proprie contestazioni in ordine all’esistenza, all’entità o al rango del credito vantato. La determinazione del credito deve, dunque, ritenersi indipendente rispetto alla procedura di concordato preventivo, all’interno della quale il creditore muove le proprie contestazioni ai soli fini del voto e della formazione delle maggioranze. L’iniziativa del creditore deve essere proposta nei confronti del debitore, unico soggetto legittimato passivamente, il quale prosegue nell’amministrazione dei beni aziendali e, se previsto dalla proposta, nell’esercizio dell’impresa durante lo svolgimento della procedura concordataria, dovendo dare adempimento agli obblighi sorti con l’omologazione del concordato [44]. Ci si è inoltre interrogati sull’eventuale sussistenza della legittimazione passiva del liquidatore in caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori ai sensi dell’art. 182 L. Fall. Ferma la possibilità per il liquidatore di proporre sempre intervento adesivo [45], lo stesso deve ritenersi contraddittore necessario rispetto alle domande del creditore soltanto là dove quest’ultimo abbia promosso una controversia che involge una questione liquidatoria e distributiva [46], come avvenuto proprio nella fattispecie concreta da cui è scaturita la decisione in commento.


4. Le iniziative esperibili dal debitore nei confronti dei creditori concordatari

Nulla impedisce che la contestazione rispetto alla sussistenza, all’ammontare o al rango del credito possa essere sollevata dallo stesso debitore, il quale, ad esempio, pur ravvisando dalle proprie scritture contabili una determinata posta creditoria, ben potrebbe ritenere, per le più svariate ragioni, che il medesimo credito si sia in tutto o in parte estinto o, comunque, che goda o meno di un determinato privilegio [47]. In tali casi il debitore dovrà specificare nella propria proposta di concordato l’esistenza di crediti contestati, provvedendo ad inserirli in una apposita classe, come si vedrà meglio nel successivo paragrafo. Nel caso in cui un credito sia stato contestato, in tutto o in parte, dal debitore, lo stesso deve ritenersi, per la parte non riconosciuta dal debitore, inesigibile sino alla pronuncia di una sentenza che ne accerti l’esistenza, l’ammontare e la natura [48] e ciò in ossequio al vincolo impresso dal provvedimento di omologazione ai crediti concorrenti, ai sensi dell’art. 184 L. Fall. [49]. Peraltro, a nostro avviso [50], per rimuovere tale carattere di inesigibilità del credito è sufficiente per il creditore ottenere la pronuncia di una sentenza non ancora definitiva, non essendo richiesta dalla legge la formazione di un giudicato sul credito e prevedendo l’art. 282 c.p.c. che la sentenza di condanna emessa all’esito di un giudizio di primo grado sia immediatamente esecutiva [51]. Eventualmente, al fine di prevenire l’iniziativa del creditore e di ottenere un accertamento giudiziale che legittimi la propria condotta, potrebbe essere lo stesso debitore a promuovere nelle forme ordinarie e dinanzi al giudice competente un giudizio di accertamento negativo relativo al credito contestato. Potrebbe altresì accadere che la contestazione del credito sorga successivamente alla presentazione della domanda di concordato o, addirittura, dopo l’omologazione della domanda di concordato. Tali situazioni possono senz’altro verificarsi proprio in considerazione della più volte ricordata assenza di una fase di verificazione dei crediti nell’ambito della procedura concordataria. Deve, tuttavia, ritenersi che l’avvenuto iniziale inserimento del credito poi contestato nell’ambito dell’elenco dei crediti possa determinare un’inversione dell’onere della prova normalmente [continua ..]


5. Gli accantonamenti in favore dei creditori contestati e il loro inserimento nella proposta di concordato

Gli artt. 180, 6° comma, e 185, 2° comma, L. Fall. – riprodotti ad litteram, rispettivamente, agli artt. 112, 6° comma, e 118, 2° comma, c.c.i.i. – disciplinano entrambi gli accantonamenti che possono essere disposti in relazione, tra l’altro, ai crediti contestati. La due norme sopra richiamate sono apparentemente incompatibili, poiché tra loro sovrapponibili e destinate a organi diversi della procedura. A tale proposito una parte della dottrina ha addirittura sostenuto l’abrogazione implicita, per incompatibilità sopravvenuta, dell’art. 185, 2° comma, L. Fall. [53], mentre altri ne hanno affermato l’operatività alla luce del diverso ambito applicativo delle due disposizioni. Secondo quest’ultima opzione ermeneutica [54], che appare preferibile in quanto consente di giustificare la scelta del legislatore di non intervenire sul testo dell’art. 185, 2° comma, L. Fall. anche a seguito delle modifiche introdotte, ad opera del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, all’art. 180, il quale, al 6° comma, attribuisce al Tribunale la competenza a disporre gli accantonamenti per i crediti contestati unicamente in fase di omologazione. Al contrario, l’art. 185 L. Fall., rinviando all’art. 136, 2° comma, L. Fall., assegna il medesimo compito al giudice delegato in fase di esecuzione del concordato, coerentemente con il 1° comma, che attribuisce a tale autorità il compito di sorvegliare in questa fase l’attività di controllo esercitata dal commissario giudiziale. Tale opzione interpretativa appare inoltre avallata dalla circostanza per cui anche il legislatore della riforma del 2019 ha deciso di mantenere un doppio binario per la disposizione degli accantonamenti in sede di concordato preventivo, agli artt. 112, 6° comma, e 118, 2° comma, c.c.i.i. sopra menzionati. Da quanto sopra discende dunque che, nell’ipotesi in cui dovessero sorgere questioni problematiche relative ai crediti contestati successivamente alla fase di omologazione, ma geneticamente anteriori alla domanda di concordato, la competenza a disporre gli eventuali accantonamenti sarebbe del giudice delegato e non del Tribunale. Per converso, gli accantonamenti in fase di omologazione del concordato preventivo devono essere disposti dal Tribunale, il quale ne deve prevedere altresì le modalità e le condizioni per lo svincolo. In [continua ..]


NOTE