Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La revocabilità della transazione ex art. 166 c.c.i.i. (di Ruggero Corona, Dottorando di ricerca nell'Università degli Studi di Palermo)


Il provvedimento del Tribunale di Palermo che si annota offre un'occasione per affrontare il tema della revocabilità ex art. 166 c.c.i.i. (già art. 67 L. Fall.) della transazione. Si tratta di un tema controverso che verrà affrontato, in primo luogo, ripercorrendo le opposte tesi che si sono susseguite negli anni e che, con diverse argomentazioni, hanno a volte ammesso, altre volte negato, l'esperibilità di tale azione. In secondo luogo, si affronterà il problema dei criteri nella disponibilità del giudice per valutare l'effettiva lesività del regolamento transattivo delle ragioni creditorie: anche in questa sede verranno richiamate le diverse soluzioni che, nel tempo, sono state utilizzate dalla giurisprudenza, per giungere poi all'approdo seguito dal provvedimento del Tribunale di Palermo in commento.

The avoidability of the settlement pursuant to section 166 of the crisis and insolvency code

The decision of the Court of Palermo that is being annotated provides an opportunity to address the issue of the avoidability under Section 166 of the Italian Corporate Crisis and Insolvency Code (before Section 67 of the Italian Bankruptcy Act) of the settlement. This is a controversial issue that will be addressed, firstly, by tracing the opposing theses that have followed one another over the years and that, with different arguments, have at times admitted, at other times denied, the admissibility of such action. Secondly, the problem of the criteria available to the judge to assess the actual harmfulness of the settlement of creditors' claims will be addressed: here, too, the various solutions that have been used by case law over time will be recalled, leading to the approach followed by the decision of the Court of Palermo in comment.

MASSIMA: Il contratto di transazione è soggetto alla revocatoria fallimentare, atteso che la sua natura non aleatoria ma commutativa fa sì che ciascun contraente subisca un sacrificio patrimoniale determinato, onde procurarsi un vantaggio corrispondente, e rende possibile al giudice valutare, ex art. 67, n. 1, L. Fall. se la prestazione assunta dal fallito sorpassi notevolmente la controprestazione. Pertanto, i creditori e, dopo il fallimento del debitore, il curatore ben possono esercitare l’azione revocatoria contro un atto di transazione posto in essere in danno delle ragioni dei creditori. In tema di revocatoria fallimentare della transazione promossa per sproporzione tra le prestazioni (art. 67, 1° comma, n. 1, L. Fall.), ai fini della quantificazione del presupposto della sproporzione il giudice è anche chiamato a stabilire il valore della pretesa originaria, e ciò principalmente sulla base delle sue probabilità di successo, tenendo altresì conto dell’alea del giudizio, sia alla stregua del grado di controvertibilità delle ragioni in fatto e di diritto prospettate, sia sulla base di tutte quelle altre circostanze, quali la solvibilità del debitore ed il tempo necessario per l’attuazione del diritto in via ordinaria, che usualmente vengono in considerazione nella valutazione dei crediti. PROVVEDIMENTO: (Omissis). Con atto di citazione regolarmente notificato il Curatore del fallimento della società (omissis), dichiarato con sentenza n. 92/2011 del 16.5.2011, ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale le società (omissis) in liquidazione, (omissis) e (omissis). Resistono le convenute, tutte regolarmente costituite, formulando le rispettive conclusioni anch’esse trascritte. Assume la Curatela attrice che la società (omissis), subappaltatrice (giusta lettera/contratto del 9.7.2003) dalla società consortile (omissis) dei lavori di costruzione di diverse opere edili, dopo aver esattamente adempiuto a tutti gli obblighi contrattuali e dopo aver inoltrato alla subappaltante numerose richieste di pagamento rimaste inevase, il 3.5.2010 aveva trasmesso alla (omissis) una relazione contenente la dettagliata rassegna dei suoi ingenti crediti. Il 12.8.2010 era stata conclusa tra le parti una transazione mediante la quale la (omissis) aveva riconosciuto alla (omissis) l’ulteriore importo omnicomprensivo di euro 130.428,24 (per un totale di euro 246.356,89 in considerazione di debiti precedentemente riconosciuti), a fronte di una richiesta ammontante ad euro 1.995.538,05. Siffatta transazione, ha dedotto la Curatela attrice, costituiva espressione dell’ap­profittamento dello stato di bisogno della (omissis), ben noto alla (omissis) che già a far data dal 23.10.2003 aveva ricevuto almeno 28 lettere dalle quali risultavano le gravi difficoltà economiche della subappaltatrice dipendenti dai ritardi e [continua..]
SOMMARIO:

1. Premessa: la revocabilità della transazione ex art. 166 c.c.i.i. (già art. 67 L. Fall.) - 2. L’orientamento restrittivo: la difficile valutazione della proporzione tra le attribuzioni transattive - 3. La tesi della giurisprudenza di legittimità: la natura commutativa della transazione e la conseguente ammissione della revocatoria ex art. 166 c.c.i.i. (già art. 67 L. Fall.) - 4. I criteri di apprezzamento della lesività della transazione - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa: la revocabilità della transazione ex art. 166 c.c.i.i. (già art. 67 L. Fall.)

Il Tribunale di Palermo, ponendosi in linea di continuità con la giurisprudenza di legittimità, ha confermato l’ammissibilità della revocatoria concorsuale ex art. 67 L. Fall. avente ad oggetto una transazione di cui all’art. 1965 c.c. In via preliminare è opportuno precisare che il tema in oggetto, nel quadro della recente riforma di cui al D.Lgs. del 12 gennaio 2019, n. 14 – recante il c.d. codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, entrato in vigore lo scorso 15 luglio 2022 –, è stato interessato da modifiche soltanto marginali. Pertanto, anche avendo riguardo non più agli artt. 64 ss. L. Fall. bensì agli artt. 163 ss. c.c.i.i., può continuarsi a fare riferimento al quadro giurisprudenziale e dottrinale formatosi sotto la disciplina previgente [1]. Ciò premesso, il tema della revocabilità del contratto di transazione [2], importante strumento di autocomposizione bilaterale della (anche potenziale) controversia [3], si è posto negli anni all’attenzione degli operatori del diritto. La transazione, in effetti, è caratterizzata da una complessa ed articolata struttura che si presta facilmente ad abusi: essa potrebbe essere stipulata in frode delle ragioni creditorie, in modo da intaccare così la garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c. [4], e ciò in particolare nel caso in cui la transazione si collochi fra gli atti dispositivi compiuti dal debitore che versi in uno stato di insolvenza con l’obiettivo di allontanare il rischio del definitivo dissesto della propria impresa, assumendosi il rischio di cagionare un danno ulteriore alla massa dei creditori [5]. Per queste ragioni si è cercato uno strumento teleologicamente orientato alla tutela degli interessi dei creditori che evitasse un’ingiusta frustrazione delle loro pretese. È in tale scenario che si è ipotizzato di fare ricorso all’azione revocatoria, espressamente disciplinata all’art. 2901 c.c. e, in sede concorsuale, agli artt. 163 ss. c.c.i.i. (e già agli artt. 66 e 67 L. Fall.) [6]. Sennonché, le peculiarità del contratto in oggetto hanno lungamente spinto gli interpreti ad interrogarsi sull’appli­cabilità di tale strumento: nel tempo sono così emerse differenti tesi che, spendendo diverse argomentazioni, hanno [continua ..]


2. L’orientamento restrittivo: la difficile valutazione della proporzione tra le attribuzioni transattive

Un primo orientamento, quello restrittivo, ritiene che la transazione non possa essere oggetto di revocatoria. Fra gli argomenti posti a fondamento di tale tesi vi è quello che nega l’e­speribilità dell’azione revocatoria in base ad un’interpretazione letterale dell’art. 1970 c.c., che espressamente afferma la non impugnabilità della transazione per causa di lesione [7]. Segnatamente, si evidenzia come l’indagine avente ad oggetto il carattere della lesività, presupposto necessario ai fini della proposizione dell’actio pauliana, richieda che sia possibile accertare univocamente ciò che viene dalle parti dato a fronte di quanto ricevuto. Nella transazione però, diversamente dai contratti commutativi, questa indagine non è realizzabile, proprio in ragione del fatto che «la misura del diritto di ciascuna parte è ignorata o dovrebbe essere accertata giudizialmente o convenzionalmente» [8]. Come diretta conseguenza di ciò non potrebbe trovare applicazione il criterio di adeguatezza e proporzionalità economica obiettiva [9] delle prestazioni corrispettive, in quanto la valutazione della sproporzione fra reciproche attribuzioni non solo involgerebbe elementi di incerta valutazione (si pensi alla natura delle questioni proposte, alla fondatezza delle rispettive tesi in diritto ed alla prova dei fatti esistenti), ma costituirebbe oltretutto una indebita interferenza nella regolamentazione degli interessi voluta dalle parti che, in sede transattiva [10], raggiunge massima estensione, violando altresì il principio del ne bis in idem transactum. Pertanto, il divieto di cui all’art. 1970 c.c. andrebbe fondato «nella pratica impossibilità di apprezzare, in termini di (dis)equilibrio e (s)proporzione, i reciproci sacrifici dei transigenti alla luce delle loro originarie, confliggenti pretese» [11], cui si aggiungerebbe l’impossibile valutazione del vantaggio consistente nell’evitare il processo (fonte, ex se, di costi, rischi ed incertezze) [12]. Conseguentemente, non potrebbe che respingersi l’ammissibilità dell’azione revocatoria [13]. Questa prima ricostruzione è quella che nel giudizio definito dal provvedimento in commento è stata posta a fondamento di quanto eccepito dalle parti convenute, che hanno concluso affermando la non [continua ..]


3. La tesi della giurisprudenza di legittimità: la natura commutativa della transazione e la conseguente ammissione della revocatoria ex art. 166 c.c.i.i. (già art. 67 L. Fall.)

L’orientamento restrittivo, così come gli argomenti che ne sono stati posti a fondamento, sono stati messi in discussione dall’opposto versante interpretativo. Già una prima apertura era stata registrata nel momento in cui si ritenne che ai fini della valutazione circa l’esperibilità, o meno, dell’azione revocatoria sarebbe stato necessario assumere un approccio casistico. In particolare, solo se fosse stato possibile operare un accertamento negoziale ex post dell’alterazione rispetto alla situazione giuridica preesistente si sarebbe potuta esperire l’actio pauliana, non potendo questa essere aprioristicamente utilizzata senza apprezzare le peculiarità del singolo caso di specie [27]. È stato però con riferimento al primo argomento speso dai sostenitori della tesi restrittiva (relativo all’interpretazione letterale della norma di cui all’art. 1970 c.c.) che si è apprezzata una netta inversione di tendenza. Si è infatti avuto modo di chiarire, innanzitutto, che «non sia possibile sostenere l’impraticabilità dell’operazione di stima delle concessioni transattive adducendo il carattere imperscrutabile e soggettivo delle ragioni che spingono le singole parti ad effettuarle, trattandosi di una questione riguardante in generale il rimedio rescissorio […] e solitamente risolta affermando che la sproporzione va saggiata con riferimento a obbiettivi parametri di mercato, esclusa la rilevanza di ogni motivo che muove alla conclusione del negozio» [28], per il diritto irrilevante. Inoltre, «in merito […] alla più radicale critica rivolta alla stessa logica fattibilità dell’operazione di apprezzamento della proporzionalità […] s’è evidenziato che proprio il codice, all’art. 1971 c.c., consente, anzi impone, di vagliare l’intrinseca fondatezza della pretesa o difesa del transigente onde rintracciarne il carattere temerario» [29]. Per quanto concerne le tesi che si sono concentrate sull’analisi della natura giuridica del contratto in oggetto, con riferimento all’accostamento della transazione ai negozi di accertamento con efficacia dichiarativa [30] in un primo momento si è sostenuto che ritenere la transazione un contratto aprioristicamente dichiarativo sarebbe stato arbitrario, potendo essa produrre [continua ..]


4. I criteri di apprezzamento della lesività della transazione

Ammessa la proponibilità della revocatoria avente ad oggetto una transazione resta da sciogliere il nodo relativo ai criteri di apprezzamento nella disponibilità del giudice per valutare l’effettiva lesività della transazione e procedere così alla sua quantificazione. È opportuno in via preliminare evidenziare che si tratta di una valutazione tutt’altro che agevole: infatti, «a differenza di un qualunque contratto traslativo di diritti, in cui l’alterazione patrimoniale assume una spiccata evidenza, nella transazione questa può emergere soltanto da un accertamento giudiziale ex post di quella che era la reale situazione giuridica precedente alla transazione» [67]. La giurisprudenza è ormai concorde nel ritenere che – posta l’integrazione del presupposto dell’eventus damni che, ai fini dell’azione revocatoria concorsuale, deve essere considerato in re ipsa, consistendo nella lesione della par condicio creditorum che, per presunzione legale ed assoluta, è ricollegabile all’uscita di un bene dalla massa a seguito di un atto di disposizione [68] – non si possa prescindere da un’analisi nel merito del rapporto giuridico controverso per valutare se la transazione abbia effettivamente leso, ed in che misura, la garanzia patrimoniale generica [69]. Si tratta di una valutazione di dirimente importanza, specie in considerazione del fatto che, ai sensi dell’art. 166, 1° comma, lett. a), c.c.i.i. l’atto dispositivo deve aver comportato l’assunzione, da parte del debitore, di un’obbligazione che sorpassa di oltre un quarto quanto da lui originariamente dato o promesso. Pertanto, è questa notevole sproporzione che, nel sistema delineato nella legge fallimentare prima, e nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza poi, «assume giuridica rilevanza, come causa d’inefficacia del contratto, in deroga al principio dell’autonomia privata e dell’equivalenza soggettiva delle prestazioni» [70]. Non resta, allora, che chiarire quali siano i criteri da utilizzare per procedere a tale quantificazione. Si tratta di un problema più volte affrontato dalla giurisprudenza, e che per essere correttamente inquadrato richiede – come fatto nel provvedimento in commento – di ripercorrere quelle che, storicamente, sono state le soluzioni [continua ..]


5. Conclusioni

Volendo svolgere alcune considerazioni conclusive, si rileva innanzitutto che l’ammissibilità dell’azione revocatoria avente ad oggetto una transazione può oggi ritenersi un dato assodato, sia ex artt. 2901 c.c. e 165 c.c.i.i. sia ai sensi dell’art. 166 c.c.i.i. Il tribunale di Palermo ha correttamente speso le argomentazioni della Cassazione che, respingendo l’orientamento restrittivo, hanno diversamente interpretato i dati normativi che tradizionalmente ne sono stati posti a fondamento. Il curatore potrà, pertanto, esperire l’azione revocatoria concorsuale ex art. 166 c.c.i.i. beneficiando del sistema presuntivo a tal fine delineato, che consente un più facile assolvimento dell’onere probatorio. Nel caso in cui l’atto dispositivo non ricada nel periodo sospetto si potrà sempre esperire la revocatoria ordinaria di cui agli artt. 2901 c.c. e 165 c.c.i.i., dovendo però essere assolto un più gravoso onere probatorio. Segnatamente, i presupposti soggettivi della revocatoria ordinaria sono soddisfatti nel caso in cui il debitore fallito ed il terzo contraente fossero consapevoli del fatto che il regolamento transattivo da loro stipulato era idoneo a definire un concreto assetto di interessi lesivo dell’in­tegrità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. e, pertanto, in grado di rendere incerta la soddisfazione delle pretese del ceto creditorio. In sede concorsuale, invece, la presunzione relativa dal legislatore prevista – che ritiene la conoscenza dello stato di insolvenza provata in ragione del compimento dell’atto dispositivo nel periodo sospetto – comporta un’astrazione processuale che onera il terzo della prova liberatoria, che potrà essere raggiunta ove si riesca a dimostrare la non conoscenza dello stato di insolvenza. Per quanto concerne, invece, il requisito oggettivo dell’eventus damni, è opportuno operare una distinzione. Nella revocatoria ex artt. 2901 c.c. e 165 c.c.i.i., esso coincide con il pregiudizio patrimoniale derivante dall’atto di disposizione. Nel caso della revocatoria di cui all’art. 166 c.c.i.i., diversamente, il pregiudizio deve essere inteso – secondo la tesi antiindennitaria oggi maggioritaria – quale lesione della par condicio creditorum derivante dal compimento dell’atto dispositivo. In sede concorsuale, inoltre, ai fini di cui all’art. [continua ..]


NOTE