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La protezione del debitore nel codice della crisi: un approccio sistematico
Marco Aiello, Professore associato di Diritto commerciale nell'Università degli Studi di Torino
L'articolo verte sulla protezione del debitore che acceda alla composizione negoziata della crisi o a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza. Muovendo dal quadro normativo europeo, si analizza l'assetto adottato in materia dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cogliendone le differenze rispetto all'impianto previgente e provando a offrirne una lettura di sistema, attraverso l’individuazione dei profili di omogeneità della protezione, pur a fronte della persistenza di elementi di frammentazione della fattispecie legati allo specifico percorso di risanamento prescelto.
The paper focuses on the protection of the debtor who accesses the negotiated settlement of the crisis or a tool for regulating crisis and insolvency. Starting from the European regulatory framework, the study analyses the structure adopted by new Italian bankruptcy law, understanding the differences compared to the previous system and trying to offer a systematic reading, by identifying the profiles of homogeneity of protection, despite the persistence of elements of fragmentation linked to the specific recovery path chosen.
Sommario:
1. Il nuovo assetto della protezione del debitore alla luce del quadro normativo europeo - 2. L’impianto previgente: la protezione del patrimonio del debitore nella legge fallimentare - 3. Le “misure protettive” secondo la definizione del nuovo codice e il “catalogo” (aperto) delle protezioni - 4. Le misure protettive tra (tentativo di) reductio ad unum e frammentazione della fattispecie - 5. Le istanze del debitore e i ruoli del giudice - 6. Il limite massimo di durata della protezione - NOTE
1. Il nuovo assetto della protezione del debitore alla luce del quadro normativo europeo
La temporanea protezione del debitore dalle iniziative ostili dei creditori costituisce un tassello di fondamentale importanza della disciplina degli strumenti preposti a regolare la crisi e l’insolvenza [1]. L’esperienza insegna, infatti, che il successo del risanamento dipende anche dalla possibilità, per l’imprenditore in difficoltà, di ottenere, ogniqualvolta necessario, una difesa tempestiva e sufficientemente estesa dalle azioni volte all’immediato soddisfacimento di singoli creditori o, addirittura, all’apertura di una procedura di liquidazione [2]. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha affidato la risposta a questo bisogno di tutela alle misure protettive [3]. Con esse è stata introdotta una nuova fattispecie nominata, alla quale corrispondono una precisa definizione e una nuova collocazione sistematica, all’insegna di uno stretto nesso con le regole di matrice europea. La [continua ..]
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2. L’impianto previgente: la protezione del patrimonio del debitore nella legge fallimentare
Benché il nuovo codice introduca significative innovazioni in materia di protezione del debitore, questo genere di tutela non può dirsi inedito, perché già presente nella legge fallimentare, ancorché in forme diverse da quelle attuali [11]. Pur in assenza di una specifica definizione e a fronte di un minor rigore sistematico [12], in passato esisteva comunque un insieme di norme deputate a “proteggere il complesso dei beni del debitore dall’aggressione esterna dei debitori, in modo da evitare la disgregazione del patrimonio nell’ottica della destinazione dello stesso alla soluzione concordata della crisi o alla liquidazione del patrimonio” [13]. Lo schema di riferimento andava individuato nell’art. 51 L. Fall., fonte del divieto, a partire dalla dichiarazione di fallimento, di iniziare o proseguire azioni individuali di natura esecutiva o cautelare sui beni ricompresi nella procedura [14]. [continua ..]
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3. Le “misure protettive” secondo la definizione del nuovo codice e il “catalogo” (aperto) delle protezioni
Il nuovo codice qualifica come “protettive” quelle misure temporanee richieste dal debitore al fine di evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative per la regolazione della crisi o dell’insolvenza [35], anche prima dell’accesso a uno degli strumenti a ciò preposti (art. 2, lett. p, c.c.i.i.). La disposizione permette di enucleare il perimetro della fattispecie con una certa precisione. Essa anzitutto prescrive la durata sempre determinata della protezione (non eccedente il limite massimo di cui all’art. 8) e la sua attivabilità esclusivamente su istanza della parte. Esplicita inoltre la finalità delle misure, ravvisabile – in sostanziale continuità con l’impianto previgente – nell’intento di favorire il successo della regolazione della crisi o dell’insolvenza. L’obiettivo viene perseguito non [continua ..]
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4. Le misure protettive tra (tentativo di) reductio ad unum e frammentazione della fattispecie
Il nuovo codice attribuisce alle misure protettive una rilevanza e una sfera di applicazione tendenzialmente generali [57], perché prescindono (almeno in parte) dal rapporto di stretta interconnessione con il singolo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza. L’innovazione rispetto al passato è evidente: la protezione non è più prerogativa automatica del debitore che opti per il concordato preventivo o per gli accordi di ristrutturazione dei debiti [58], ma – essenzialmente grazie alla possibilità di richiederla nel contesto della composizione negoziata – diviene un istituto invocabile pressoché invariabilmente e, quindi, indipendentemente dal percorso prescelto. In questo modo qualsiasi debitore intenzionato a regolare la propria crisi o la propria insolvenza gode della possibilità di neutralizzare le iniziative dei creditori ostili, formulando apposita richiesta al tribunale o, [continua ..]
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5. Le istanze del debitore e i ruoli del giudice
Le misure protettive vanno sempre richieste dal beneficiario (art. 2, lett. p, c.c.i.i.). Il codice della crisi ha eliminato gli automatismi che, in materia, caratterizzavano la legge fallimentare: spetta al debitore attivare lo “scudo” difensivo (salvo che esso discenda dalla legge, come nel caso degli artt. 7 e 46, 5° comma, c.c.i.i., che tuttavia, come si è visto, non disciplinano misure protettive in senso stretto), talora plasmandolo a seconda delle necessità. La richiesta può essere formulata: (a) nel contesto della composizione negoziata, unitamente all’istanza di nomina dell’esperto o con atto separato (art. 18, 1° comma, c.c.i.i.), comunque con onere di investire immediatamente il tribunale della conferma della misura (art. 19, 1° comma, c.c.i.i.); (b) in sede di ricorso ex art. 40 c.c.i.i. e, quindi, in via accessoria rispetto alla richiesta di omologazione degli accordi di ristrutturazione o di accesso al [continua ..]
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6. Il limite massimo di durata della protezione
La durata complessiva della protezione, fino all’omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza [70] o all’apertura della procedura di insolvenza, non può superare il periodo, anche non continuativo, di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe e tenuto conto delle misure disposte nel contesto della composizione negoziata (art. 8 c.c.i.i.). Limitatamente alla (fase della) composizione negoziata, la durata massima è più breve: non può infatti eccedere i duecentoquaranta giorni (art. 19, 5° comma, ultimo periodo, c.c.i.i.). Già in passato, con l’introduzione del concordato “in bianco”, il profilo dell’ampiezza temporale dell’automatic stay aveva assunto fondamentale importanza [71]. Come in allora, anche oggi occorre bilanciare due distinte esigenze: da un lato, quella di concedere al debitore uno “scudo” sufficientemente esteso nel tempo da [continua ..]
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NOTE