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Società di capitali in liquidazione e concordato preventivo in “continuità aziendale”

Vincenzo Vito Chionna, Professore ordinario di Diritto commerciale nell'Università degli Studi di Bari “A. Moro”

Il saggio si occupa della relazione tra stato di liquidazione di una società di capitali e continuità dell’impresa per verificare la praticabilità di una procedura di concordato preventivo in continuità aziendale anche da parte di una società in liquidazione.

La riflessione giunge alla conclusione che ciò è giuridicamente possibile dopo aver accertato l’o­mogeneità nel nostro diritto positivo tra continuità dell’impresa in liquidazione e continuità dell’im­presa in concordato preventivo sotto i seguenti tre profili:

(a) la diretta strumentalità – in termini vincolati di “utilità” – della continuazione dell’attività rispetto all’obiettivo della migliore e prioritaria soddisfazione dei creditori;

(b) il potere dei liquidatori di decidere e porre in essere l’eccezionale atto gestorio “nuovo” costituito dalla particolare continuazione dell’impresa;

(c) l’esistenza di un piano della continuità che preveda un termine entro il quale assicurare la soddisfazione massima dei creditori.

Limited company during liquidation and judicial composition with creditors in “going concern”

The essay deals with the relationship between the state of liquidation of a limited company and the continuity of the business in “going concern” in order to verify the feasibility of an “concordato preventivo” procedure in business continuity also by a company in liquidation.

It comes to the conclusion that this is legally possible after ascertaining the homogeneity in our positive law between the continuity of the company in liquidation and the continuity of the company in “concordato preventivo” procedure in the following three features:

(a) the direct instrumentality – in binding terms of ‘utility’ – of the continuation of the business in relation to the objective of the best and priority satisfaction of creditors;

(b) the power of the liquidators to decide and implement the exceptional ‘new’ management act constituted by the particular continuation of business;

(c) the existence of a continuity plan providing for a time limit within which to ensure the maximum satisfaction of creditors.

Sommario:

1. La fattispecie - 2. Dal “divieto” di nuove operazioni alla eccezionale possibilità di intraprenderle ex art. 2489 c.c. qualora “utili” ... - 3. … anche quando le nuove operazioni siano proprie di un “esercizio provvisorio” dell’impresa in stato di liquidazione ex art. 2487, 1° comma, lett. c), c.c. - 4. I caratteri di sostenibilità della “continuità liquidatoria” - 5. Dalla “continuità liquidatoria” alla “continuità concordataria” - 6. Il concordato preventivo in c.d. “continuità aziendale” quale operazione gestoria “utile” alla liquidazione di una società di capitali: il potere di decidere il compimento del particolare “atto utile” alla liquidazione - 7. (Segue): la “sostenibilità” della continuità concordataria in termini di “utilità” per la migliore liquidazione - 8. (Segue): la prospettiva temporale vincolata della continuità concordataria tra limiti di attestabilità e irrilevanza della revoca dello stato di liquidazione - NOTE


1. La fattispecie

1.1. Il formale stato di liquidazione di una società di capitali (in crisi) è stato spesso considerato, soprattutto nel diritto giurisprudenziale, motivo di dubbio per la praticabilità di una procedura di soluzione negoziata della crisi legata alla continuità aziendale ex art. 186-bis L. Fall. (oggi ex art. 84, 2° comma, c.c.i.i. [1]). Sia chi non ha ritenuto omologabile un concordato preventivo proposto in c.d. “continuità diretta” da società in liquidazione [2], sia chi più radicalmente non lo ha ritenuto neanche ammissibile in qualsiasi sua declinazione a meno che, prima del deposito del ricorso, nell’eventuale c.d. periodo finestra ex art. 161, 6° comma, L. Fall. (oggi art. 44 c.c.i.i.), la società ricorrente non abbia revocato la liquidazione ai sensi dell’art. 2487-ter c.c. [3], ha sempre determinato il suo convincimento essenzialmente sulla base del dato formale [continua ..]

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2. Dal “divieto” di nuove operazioni alla eccezionale possibilità di intraprenderle ex art. 2489 c.c. qualora “utili” ...

2.1. La riforma del diritto societario del 2003, è noto, ha novellato sensibilmente le regole della liquidazione delle società di capitali attribuendo, tra l’altro, ai liquidatori attraverso l’art. 2489, 1° comma, c.c. “il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società” quando non vi sia “diversa disposizione statutaria, ovvero adottata in sede di nomina”. In questa prospettiva, la cassazione del tradizionale espresso “divieto di intraprendere nuove operazioni” (dal sorgere della causa di scioglimento) fino ad allora inderogabilmente fissato dal previgente art. 2449 c.c. [7] non si può dire sia valsa di per sé a legittimarle sic et simpliciter tanto che, ancor oggi, dottrina e giurisprudenza in linea di principio tendono ad escluderne la possibilità per la loro naturale estraneità alla finalità conservative del patrimonio ex art. 2486 [continua ..]

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3. … anche quando le nuove operazioni siano proprie di un “esercizio provvisorio” dell’impresa in stato di liquidazione ex art. 2487, 1° comma, lett. c), c.c.

3.1. Questo nuovo orizzonte operativo aperto ai liquidatori dalla riforma del diritto societario del 2003 raggiunge la sua estensione massima, è noto, quando l’atto gestorio nuovo non è isolato ed occasionale ma rientra in una sorta di temporanea continuazione (o ripresa) dell’attività di impresa durante la persistente fase di liquidazione. È il caso – dal 2003 espressamente previsto e disciplinato dall’art. 2487, 1° comma, lett. c), c.c. – del c.d. esercizio provvisorio dell’impresa che, tutt’affatto diverso da quello fallimentare tradizionalmente previsto dall’art. 104 L. Fall. (oggi dall’art. 211 c.c.i.i. [13]), per dottrina prevalente non solo (a) è pacificamente compatibile con lo stato di liquidazione [14], ma soprattutto (b) è considerato un possibile “atto utile alla liquidazione” che i liquidatori possono autonomamente decidere di porre in essere – [continua ..]

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4. I caratteri di sostenibilità della “continuità liquidatoria”

4.1. Quanto fin qui emerso dall’analisi delle regole di diritto comune, lascia evidenza delle condizioni minime che – in base agli artt. 2487, 1° comma, lett. c), e 2489, c.c. – rendono giuridicamente sostenibile nell’ambito del diritto societario la relazione tra stato di liquidazione di una società di capitali e continuità dell’im­presa. Abbiamo avuto modo di registrare, più precisamente, che la relazione è giuridicamente possibile nel nostro ordinamento se vi sia: (a) una diretta strumentalità – in termini vincolati di “utilità” – della continuazione dell’attività rispetto all’obiettivo della migliore e prioritaria soddisfazione dei creditori e, de residuo, dei soci; (b) un potere anche solo dei liquidatori – al netto dei pur possibili interventi autorizzativi dei soci – di decidere e porre in essere l’eccezionale atto gestorio [continua ..]

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5. Dalla “continuità liquidatoria” alla “continuità concordataria”

5.1. Si tratta, pertanto, di passare a verificare se la relazione fin qui ricostruita nell’ambito del diritto comune sia altrettanto sostenibile rispetto alla sua possibile diversa declinazione normativa, quella radicata nell’elemento di novità della fattispecie costituito dalla crisi dell’attività di impresa della società già in stato di liquidazione [27]. Lo stato di crisi dell’impresa, infatti, modifica sotto diversi aspetti non solo i criteri di condotta dei liquidatori ma anche, più radicalmente, lo stesso bilanciamento degli interessi meritevoli di tutela cui devono riferirsi nelle loro valutazioni ex art. 2489 c.c. [28]. Al di là di qualche residuo dubbio giurisprudenziale, infatti, non solo per costoro diventano prudenzialmente applicabili i criteri di gestione ispirati alla par condicio rispetto all’accertamento e al pagamento dei crediti [29] ma, qualora la crisi sia tanto grave da [continua ..]

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6. Il concordato preventivo in c.d. “continuità aziendale” quale operazione gestoria “utile” alla liquidazione di una società di capitali: il potere di decidere il compimento del particolare “atto utile” alla liquidazione

6.1. Nel persistente silenzio della lettera della legge, il tema dell’ampiezza dei poteri liquidatori di fronte alla sopravvenuta crisi dell’impresa è stato incidentalmente affrontato nella ridotta prospettiva applicativa dell’art. 152 L. Fall., richiamato in applicazione al concordato preventivo dall’art. 161, 4° comma, L. Fall.; e ciò ancor prima dell’intervento del c.c.i.i. Quando, a seguito delle novelle normative del 2006, si è trattato di precisare la sfera soggettiva di applicazione della disposizione di legge (oggi trasfusa nell’art. 120-bis c.c.i.i.), si era giunti a interpretarla estensivamente, riferendo anche ai liquidatori – perché, come visto, unici titolari del potere gestorio durante lo stato di liquidazione della società di capitali – tutto quanto la lettera dell’art. 152, 2° comma, L. Fall. formalmente riferiva agli “amministratori” della società di [continua ..]

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7. (Segue): la “sostenibilità” della continuità concordataria in termini di “utilità” per la migliore liquidazione

7.1. Nel sistema di regole proprie del concordato preventivo, per altro verso, costituiscono da sempre precetti inderogabili quelli della c.d. sostenibilità della continuità concordataria e della sua massima utilità possibile per i creditori concorrenti. Basta rileggere tanto l’art. 186-bis, ultimo comma, L. Fall. quanto, p.e., l’art. 44, 2° comma, lett. d), c.c.i.i. [42] per ritrovare anche nel diritto speciale concorsuale la regola della necessaria costante sostenibilità economica che qualifica, direi “tipicamente”, la continuità concordataria [43]. In poche parole, al manifestarsi del minimo rischio di pregiudizio per i creditori – da verificare costantemente – derivante dalla continuazione dell’impresa in concordato (p.e. squilibrio finanziario di breve periodo tra costi e ricavi della continuità con conseguente compressione della soddisfazione concorsuale), i Commissari giudiziali [continua ..]

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8. (Segue): la prospettiva temporale vincolata della continuità concordataria tra limiti di attestabilità e irrilevanza della revoca dello stato di liquidazione

8.1 Neanche i risultati dell’ultima verifica di compatibilità di fattispecie tra (originaria) continuità liquidatoria e (successiva) continuità concordataria mettono in discussione la sostenibilità giuridica nel nostro ordinamento della relazione tra stato di liquidazione e continuazione dell’impresa e, di conseguenza, la praticabilità del concordato preventivo in continuità aziendale pure per una società di capitali in formale stato di liquidazione. Anche nella particolare dimensione delle regole concorsuali, infatti, il diritto positivo non trascura di fissare una prospettiva temporale vincolata della continuità, funzionalizzata alla migliore soddisfazione dei creditori concordatari e indipendente dalla sorte del contratto di società che lega i soci della società ricorrente per il concordato preventivo; insomma offre riscontro anche all’ultimo dei tre elementi peculiari che abbiamo visto [continua ..]

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NOTE

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