Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La crisi delle società di calcio all'esito delle riforme: tra NOIF, diritto comune e casi giurisprudenziali (di Francesco Fimmanò, Professore ordinario di Diritto commerciale nell’Università telematica delle Camere di commercio di Roma “Universitas Mercatorum”)


Tantissimi default di società di calcio professionistico negli ultimi 20 anni hanno messo a dura prova i rapporti tra l’ordinamento statale e quello sportivo, tra le norme organizzative interne federali ed il diritto comune. Emerge il quadro di un assetto regolamentare inadeguato che troppo lentamente viene armonizzato ai nuovi interessi ed esigenze di un settore industriale divenuto rilevantissimo. I casi giudiziari divengono occasione di continue modifiche dirette a risolvere la questione del momento senza una visione unitaria dei principi dell’ordinamento.

 

Football club defaults after the reforms: between federal rules, common law and court cases

The large number of defaults of professional football clubs over the last 20 years have severely tested the relationship between the state and sporting regulations, between federal internal sporting rules and ordinary law. The picture emerges of an inadequate regulatory structure which is too slowly harmonized with the new interests and needs of an industrial sector that has become extremely relevant. Judicial cases become the occasion for continuous changes aimed at resolving the question of the moment without a unitary vision of the principles of the legal system.

Keywords: Bankruptcy – Company – Football – Sport.

SOMMARIO:

1. L’esplosione della crisi del calcio professionistico e gli effetti sistemici - 2. I rapporti tra ordinamenti nella tutela dei diritti soggettivi. Le norme emanate a seguito del caso Catania - 3. L’esercizio provvisorio delle imprese dichiarate insolventi. I casi Monza, Bari, Parma e Vicenza - 4. L’affitto dell’azienda sportiva ed il conferimento in una società veicolo - 5. Circolazione dell’azienda e sorte del titolo sportivo. Il caso Napoli - 6. Il c.d. lodo Petrucci ed il caso Fiorentina - 7. La circolazione del titolo sportivo come componente del complesso aziendale - 8. Le criticità applicative successive al “lodo” Napoli: i casi Torino e Salernitana - 9. Il quadro attuale e le persistenti criticità riguardanti lo svincolo dei calciatori. I casi Vicenza e Sambenedettese - 10. L’uso di strumenti alternativi nella soluzione della crisi. I casi Lazio e Sampdoria - NOTE


1. L’esplosione della crisi del calcio professionistico e gli effetti sistemici

Gli ultimi ventidue anni sono stati caratterizzati da una variegata casistica di gloriosi clubs in crisi dichiarati insolventi [1], molto spesso subito dopo la fine del campionato sportivo e la mancata iscrizione alla competizione successiva, determinando una sorta di campionato “giudiziario” del calcio alla fine di ogni stagione. Ciò ha prodotto l’esplosione di questioni interpretative che proprio a seguito dei default delle società hanno “stressato” i già difficili rapporti tra ordinamento sportivo e statale. In tale contesto, caratterizzato da una sorta di ibridazione ordinamentale, devono infatti convivere nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari, le norme comuni di diritto civile e della crisi, le norme speciali di diritto sportivo e le norme organizzative federali interne (c.d. NOIF) ed europee, cioè le disposizioni regolamentari delle varie federazioni, che spesso non sono “conformi” alle leggi ed ai principi dell’ordinamento giuridico. Questo quadro complessivo, fondato sulla esigenza, anche normativa, di separare l’ambito dello sport dilettantistico da quello professionistico [2] e da quello del calcio in particolare, in realtà ha risentito e tuttora risente di palesi ambiguità. La crisi d’identità riguarda società che sono passate dal diritto speciale [3] al diritto comune e che hanno aspirazioni opportunistiche e velleitarie di collocazione in un limbo ove in virtù di provvedimenti normativi eccezionali possano godere di speciali prerogative, (provvedimenti cui sono stati attribuiti non a caso nomignoli del tipo salvacalcio, spalmadebiti, stoppa-Tar e così via). Il fenomeno appartiene ad una tendenza più generale diretta a creare sempre più frequentemente categorie di soggetti i cui rapporti sono regolati da uno ius singulare [4]. La bocciatura all’epoca del c.d. decreto salvacalcio da parte della Commissione europea, in quanto contrario alle norme comunitarie sulla concorrenza, apparve epifanico e paradigmatico della gestione “istituzionale” inadeguata del settore [5]. L’introduzione del fine di lucro (e la conseguente possibilità delle società sportive anche di quotarsi in mercati regolamentati [6]) ha svincolato i clubs dall’obbligo del reinvestimento degli utili nell’attività sportiva e ne ha [continua ..]


2. I rapporti tra ordinamenti nella tutela dei diritti soggettivi. Le norme emanate a seguito del caso Catania

Queste premesse evidenziano che qualsiasi soluzione interpretativa non risolve i problemi di fondo, ma serve solo ad immaginare assetti funzionali al migliore funzionamento della crisi delle società e delle relative aziende sportive nel quadro dei rapporti tra ordinamenti. Le principali questioni applicative concernenti la compatibilità tra istituti di diritto comune e regolamenti sportivi, in caso di crisi, vanno analizzate ed interpretate dalla giustizia ordinaria ed amministrativa sulla base di una impostazione sistematica e sistemica e non sulla base delle norme organizzative federali interne che sono solo l’ultima (e non certo la prima) fonte del sistema, specie quando si discute di interessi officiosi e diffusi come quelli dei creditori di una procedura concorsuale. Peraltro la c.d. riforma del settore (contenuta nei D.Lgs. nn. 36-37-38-39-40 del 28 febbraio 2021) non contempla alcuna norma in materia fallimentare [12] anche se alcune novità introdotte in materia societaria, impattano in caso di assoggettamento a procedure concorsuali che, come noto a loro volta sono state oggetto di riforma per effetto del D.Lgs. n. 14/2019 (c.d. “Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle Imprese”). L’analisi deve dunque partire dall’affermazione del primato di norme imperative dettate dal codice civile e dalla legge fallimentare a tutela dei diritti soggettivi in genere [13] su regole di sub-ordinamenti convenzionali funzionali alle esigenze ed interessi dei propri tesserati [14]. Questa impostazione ha ricevuto l’avallo del Decreto L. 19 agosto 2003, n. 220 (convertito nella L. n. 280/2003 – c.d. “Decreto Salva Calcio”) [15], col quale Governo prima e le Camere poi, approvarono, qualche anno fa, alcune disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, al fine di porre rimedio alle situazioni di conflitto sorte tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, a seguito del c.d. caso Catania [16]. Orbene la legge stabilisce che “i rapporti tra l’or­dinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”. E di certo, come vedremo, sono casi di rilevanza per l’ordinamento le tematiche riguardanti la configurazione [continua ..]


3. L’esercizio provvisorio delle imprese dichiarate insolventi. I casi Monza, Bari, Parma e Vicenza

Il 6° comma dell’art. 16, delle NOIF sancisce che: “Il Presidente Federale delibera la revoca della affiliazione di una società alla F.I.G.C. in caso di dichiarazione e/o accertamento giudiziale dello stato di insolvenza. Gli effetti della revoca, qualora la dichiarazione e/o l’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza siano intervenuti nel corso del Campionato e comunque prima della scadenza fissata per la presentazione della domanda di iscrizione al campionato di competenza successivo, decorrono da tale data nel solo caso in cui l’esercizio dell’impresa prosegua. Nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 52 comma 3, il titolo sportivo della società in stato di insolvenza venga attribuito ad altra società prima della scadenza del termine fissato per la presentazione della domanda di iscrizione al Campionato successivo, gli effetti della revoca decorrono dalla data di assegnazione del titolo”. Dunque la normativa federale appare espressamente compatibile – prima facie – solo con le ipotesi dell’Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e di liquidazione giudiziale, nel caso previsto dall’art. 211 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (c.c.i.), rubricato “Esercizio dell’impresa del debitore”. La disposizione – analogamente alla norma della vecchia legge fallimentare – stabilisce che l’apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell’attività quando il Tribunale con la sentenza che dichiara aperta la procedura autorizza il curatore a proseguire l’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, purché la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori, oppure successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizzi, con decreto motivato, l’esercizio fissandone la durata. Appare escluso l’affitto dell’azienda, mentre di concordati e di accordi di ristrutturazione neppure si parla, in quanto pur proseguendo l’esercizio dell’impresa nella continuità diretta o indiretta non c’è alcuna dichiarazione di stato di insolvenza come contemplata nelle NOIF. Gli strumenti alternativi di regolazione della crisi sono quindi rimessi al diritto comune, come vedremo più [continua ..]


4. L’affitto dell’azienda sportiva ed il conferimento in una società veicolo

Orbene se può essere vero che in corso di campionato la migliore soluzione sia l’esercizio provvisorio, anche se come vedremo esistono strade alternative, al contrario non è condivisibile l’affermazione secondo cui la dichiarazione di insolvenza e la liquidazione giudiziale producono di per sé la perdita del titolo sportivo e lo svincolo “d’autorità” dei lavoratori-calciatori. Come abbiamo visto non si può obliare il primato di norme imperative dettate dal codice civile e dal codice della crisi a tutela dei diritti soggettivi in genere su esigenze ed interessi particolari di sub-ordinamenti convenzionali funzionali ai propri tesserati ed affiliati. L’azienda come complesso di beni e persone organizzato mediante l’attività di coordinamento dell’imprenditore deve comunque essere considerata come una realtà che si estingue solo a causa della disgregazione dei fattori della produzione e non certo per effetto di altri eventi [27], semmai previsti dalle norme federali. Anche la procedura concorsuale può e deve, in alcuni casi, consentire la conservazione del complesso produttivo evitando distruzioni di ricchezza, purché ciò sia comunque compatibile col migliore soddisfacimento dei creditori. In questa ottica, la liquidazione giudiziale tutela l’interesse dei creditori e dell’e­conomia generale, garantendo l’interesse alla sopravvivenza dell’azienda, anche calcistica [28]. Con la dichiarazione di insolvenza cessa l’esercizio dell’attività imprenditoriale del debitore ma l’azienda può sopravvivere sino a quando si mantiene nella sua unità produttiva ed organizzativa e soprattutto finché conserva la funzionalità all’esercizio dell’attività economica. Al fine di evitare la disgregazione del complesso aziendale, la legge prevede accanto all’esercizio provvisorio dell’impresa, l’affitto dell’azienda [29] e la gestione mediante veicoli societari appositamente creati [30]. L’affitto può essere stipulato in funzione della procedura o nel corso della stessa, specie se utilizzato in relazione alla successiva vendita, nell’ambito di un tipico programma unitario diretto a massimizzare il valore di liquidazione [31]. Inoltre anche il conferimento in un veicolo societario previsto [continua ..]


5. Circolazione dell’azienda e sorte del titolo sportivo. Il caso Napoli

Tornando all’affitto dell’azienda calcistica, la inammissibilità dello strumento – sostenuta dagli organi federali – fu al centro della vicenda del fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli SpA e dei relativi provvedimenti del Tribunale fallimentare di Napoli [34]. La società – fortemente indebitata e priva dei requisiti per l’iscrizione al campionato professionistico di serie B – aveva concesso in affitto ad altra società l’azienda sportiva di cui era titolare al fine di salvare il rilevantissimo valore del titolo di partecipazione al campionato, in pendenza di un ricorso di fallimento proposto dal pubblico ministero [35]. Prima di dichiarare l’insolvenza il tribunale, con un primo provvedimento, riteneva opportuno rinviare la decisione in attesa delle determinazioni della FIGC sulla legittimità della circolazione del titolo sportivo unitamente all’azienda ed al fine di valutare le garanzie di soddisfacimento dei creditori anche non tesserati. In particolare i giudici partenopei rilevavano che se scopo della procedura concorsuale è quello di tutelare le ragioni dei creditori, secondo criteri ispirati al principio della parità di trattamento, la dichiarazione di fallimento si sarebbe risolta in un risultato di segno opposto, paradossalmente favorendo, per una sorta di eterogenesi dei fini non trasparenti operazioni e speculazioni finanziarie in pregiudizio dei medesimi. Per i giudici partenopei, infatti, “la maggiore ricchezza patrimoniale di una società calcistica è per l’appunto il titolo sportivo il cui recupero alla massa per via giudiziaria, sicuramente perseguibile in forza del primato dell’ordinamento statuale, se per un verso si imporrebbe agli eventuali, futuri organi fallimentari, per altro, realisticamente, esigerebbe tempi forse incompatibili con quelli dell’iscrizione e della partecipazione al campionato di competenza”. Il Presidente della FIGC, infatti, con nota del 7 luglio 2004, aveva affermato che «…l’operazione prefigurata nel contratto preliminare d’affitto d’azienda da Voi prodotto dando luogo al trasferimento ad altro soggetto del diritto di godimento del titolo sportivo appartenente alla Società Sportiva OMISSIS S.p.A. incorre nel divieto sancito dal combinato disposto di cui agli artt. 52-16, co. IV, lett. a) delle NOIF. A tale [continua ..]


6. Il c.d. lodo Petrucci ed il caso Fiorentina

La citata disposizione, nota come “lodo Petrucci”, approvata dal Consiglio federale della FIGC il 14 maggio 2004 fu ispirata dall’allora presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), Gianni Petrucci, onde permettere alle società calcistiche in crisi finanziaria e dichiarate fallite di far rivivere il loro titolo sportivo in una nuova società, con il declassamento di una categoria. Il precedente famoso, che poi avrebbe prodotto la norma, era stato quello della Associazione Calcio Fiorentina Spa, retrocessa in Serie B nel 2002 e di lì a breve fallita, il cui titolo sportivo fu attribuito a una nuova società, la Florentia Viola Spa, ammessa alla Serie C2 della stagione successiva su iniziativa della FIGC [39]. La norma sanciva che: “In caso di non ammissione al campionato di serie A, B o C1, per mancato rispetto dei criteri economico-finanziari, di una società costituente espressione della tradizione sportiva italiana e con un radicamento nel territorio di appartenenza comprovato da una continuativa partecipazione anche in serie diverse, ai campionati professionistici di Serie A, B, C1 e C2 negli ultimi dieci anni, ovvero, da una partecipazione per almeno venticinque anni nell’ambito del calcio professionistico, la FIGC, sentito il Sindaco della città interessata, può attribuire il titolo sportivo inferiore di una categoria rispetto a quello di pertinenza della società non ammessa ad altra società, avente sede nella stessa città della società non ammessa, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale...”. La gestione discrezionale del caso della Fiorentina con tutte le polemiche che ne conseguirono, portarono all’elaborazione di una regola apposita per le insolvenze dei clubs professionistici, anche perché all’orizzonte si profilavano altri casi di imminenti collassi di clubs che avevano militato nel campionato di massima serie. Ed infatti subito dopo si verificò il caso Napoli e la transazione descrittà che determinò un utilizzo parziale del “lodo Petrucci”. Come visto la società esclusa doveva possedere dei meriti sportivi per poter consentire l’apertura del lodo, ovvero una permanenza consecutiva di cinque anni nelle serie professionistiche o almeno quindici anni anche non consecutivi nel corso della propria [continua ..]


7. La circolazione del titolo sportivo come componente del complesso aziendale

Alla luce delle vicende descritte appare chiaro che l’ordinamento giuridico non può consentire che il valore aziendale del titolo sportivo (ovvero del diritto al riconoscimento delle condizioni tecnico-sportive per partecipare alla competizione di riferimento) possa essere di fatto sottratto al patrimonio sociale in virtù di disposizioni regolamentari interne di un sub-ordinamento convenzionale e che l’unitarietà dell’azienda e dei suoi elementi essenziali deve essere sempre tutelato per le ragioni che diremo. L’azienda è qualificabile come una pluralità di beni unificati dalla unitaria destinazione produttiva, ed in quanto tale, oggetto di rapporti di diritto pubblico e di diritto privato. La particolarissima unitarietà funzionale all’esercizio dell’attività economica impressa al coacervo di beni dall’imprenditore, mediante un’attività di coordinamento, attribuisce all’azienda una sicura rilevanza giuridica e la rende meritevole in diverse sedi, come individualità oggettiva, di una tutela espressa da parte del legislatore [44]. L’attività dell’imprenditore di coordinamento ed organizzazione dei fattori della produzione (capitale, fisso e circolante, e lavoro) nelle dimensioni e nelle proporzioni più idonee ed efficaci per il miglior risultato economico produttivo, è ciò che imprime il soffio vitale al mero complesso di beni isolati rendendolo funzionalmente unitario e perciò azienda. Essa per divenire, rimanere o ritornare tale, anche nel corso di una procedura concorsuale, ha bisogno dell’attività dell’im­prenditore di organizzazione dei beni, ha bisogno cioè di un’impresa di riferimento cui essere funzionale. Insomma l’ordinamento giuridico le assegna un ruolo strumentale rispetto all’imprenditore e perciò diviene decisiva, per la sua configurazione in senso tecnico, la destinazione ad impresa del complesso secondo il collaudato schema dell’atto di destinazione [45]. L’azienda è presa in considerazione dalla legge proprio in vista della sua circolazione, volontaria o coattiva che sia, ecco che la stessa questione del titolo sportivosi pone in occasione della sua nuova attribuzione. La cosa azienda non ha una consistenza fisica propria che ne permetta l’identificazione attraverso i sensi ma può [continua ..]


8. Le criticità applicative successive al “lodo” Napoli: i casi Torino e Salernitana

La ricostruzione delineata è stata di fatto definitivamente riconosciuta a seguito del c.d. caso Napoli Calcio, anche dalle norme organizzative federali ed in particolare dall’art. 52, 3°, 7°, 8° e 9° comma (modificato a seguito delle controversie giudiziarie promosse dal Fallimento della Società Sportiva Napoli Calcio [58] e poi successivamente ancora integrato e modificato fino all’ultima novella del 27 maggio 2014). Il Tribunale fallimentare di Napoli aveva escluso la possibilità di: “immaginare, anche con riferimento ai principi costituzionali di cui agli artt. 41, 42 e 47 Cost., come questo bene (il titolo sportivo) potesse, senza neppure la previsione di un indennizzo, essere sottratto ai creditori dell’impresa fallita, in favore di un’organiz­zazione che, sorta al servizio dello sport e dei valori sportivi, si è andata da tempo trasformando in una mastodontica impresa dello spettacolo che movimenta affari e business miliardari, addirittura riferibili a società di capitali, alcune delle quali quotate in borsa. … rilevato il preminente interesse dei creditori della stessa, a conservare alla massa attiva il titolo sportivo, e ciò anche in considerazione del dato che appare in contrasto con l’ordinamento statuale … e ciò in quanto giusta la normativa di cui all’art. 1/2 l. 17.10.2003 n. 280 di conversione con modifica del d.l. 19.08.03 n. 220, sussiste la prevalenza dell’ordinamento statale nei casi (come è sicuramente quello in esame) di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo … considerato che nel caso del fallimento della S.S.C. Calcio Napoli S.p.A. (società professionistica, organizzata come società di capitali) il titolo sportivo costituisce, se non l’unico, sicuramente il principale bene patrimoniale, e comunque un elemento imprescindibile dell’azienda calcistica di cui la curatela è titolare, dalla cui liquidazione è prevedibile l’acquisizione di un attivo tale da garantire un’ampia possibilità di riparto, finanche per i creditori chirografari, …” [59]. Così, il testo dell’art. 52, 3° comma, NOIF, all’esito del c.d. lodo Napoli sanciva che il titolo di una società cui venga revocata [continua ..]


9. Il quadro attuale e le persistenti criticità riguardanti lo svincolo dei calciatori. I casi Vicenza e Sambenedettese

Alla luce di tutti questi casi si è arrivati all’attuale assetto normativo dell’art. 52, per cui il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione ai sensi dell’art. 16, 6° comma, può ora essere attribuito, entro il termine della data di presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo, ad altra società con delibera del Presidente federale, previo parere vincolante della COVISOC ove il titolo sportivo concerna un campionato professionistico, a condizione che la nuova società, con sede nello stesso comune della precedente, dimostri nel termine perentorio di due giorni prima, esclusi i festivi, di detta scadenza: di avere acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza (laddove questa fosse la fattispecie concreta); di avere ottenuto l’affiliazione alla FIGC; di essersi accollata e di avere assolto tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affi­liazione ovvero di averne garantito il pagamento mediante rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta; di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza; di aver depositato, per le società professionistiche, dichiarazione del legale rappresentante contenente l’impegno a garantire con fideiussione bancaria a prima richiesta le obbligazioni derivanti dai contratti con i tesserati e dalle operazioni di acquisizione di calciatori. Non vi sono più insomma distoniche differenze nel caso in cui la società venga dichiarata insolvente prima o dopo l’assegnazione, o vada in concordato od in mera liquidazione volontaria. V’è appunto una norma generale che tendenzialmente rispetta i principi dell’ordinamento giuridico e che evita conseguenze, come la perdita di categoria per l’acquirente, che possano danneggiare il patrimonio e con esso i terzi creditori. La FIGC, nel sovrintendere gli interessi dell’ordinamento sportivo, attribuisce il titolo all’acquirente dell’azienda dopo avere verificato che quell’aspettativa acquisita, con l’azienda, possa divenire un diritto (il titolo) per avere soddisfatto i requisiti tecnico organizzativi. Come accade ad esempio nel caso delle farmacie che possono essere trasferite solo muniti di legittimazione e requisiti [continua ..]


10. L’uso di strumenti alternativi nella soluzione della crisi. I casi Lazio e Sampdoria

In questi anni sono stati poco utilizzati nel settore calcistico gli strumenti alternativi di soluzione della crisi. Ci riferiamo al concordato preventivo, agli accordi di ristrutturazione dei debiti [72] ed alla transazione fiscale-contributiva contemplata ora dall’art. 63 del c.c.i. (e prima dall’art. 182-ter L. Fall.), il cui antesignano ovvero la “transazione dei tributi iscritti a ruolo” (o esattoriale) nacque come soluzione della gravissima crisi della Società Sportiva Lazio S.p.A. L’accordo con l’Agenzia delle Entrate in virtù del quale il club ottenne nel 2005 la rateizzazione delle proprie pendenze fiscali (pari a 140 milioni di euro maturate al 31 agosto 2004, in 23 rate annuali con interesse a tasso legale) fu infatti reso possibile da una norma di legge nota come “Lodo Lazio” [73]. La disposizione provocò grandi polemiche, visto che era stata emanata “ad hoc” e di fatto non applicata a nessun altro contribuente, neppure del settore calcistico; tant’è che la Salernitana nello stesso anno fu dichiarata fallita dopo la mancata accettazione di una proposta analoga al fisco [74]. La transazione non era sistematicamente inquadrata tra le procedure concorsuali e sostanzialmente rimessa ad una autonoma determinazione dell’Agenzia delle Entrate, sentita l’apposita Commissione consultiva, senza un’effettiva possibilità del debitore di incidere sul procedimento. L’atteggiamento diffidente dell’Amministra­zione Finanziaria, esplicitato nella Circolare 8/E/2005, nasceva dalla difficoltà di coordinare la disciplina della crisi con quella fiscale (tutela del gettito contro tutela della massa) [75]. Con l’abrogazione ex art. 151 D.Lgs. n. 5/2006 l’istituto lasciò il passo alla nuova “transazione fiscale”. In verità, a seguito delle recenti riforme, appare adatta al peculiare contesto per evitare gli effetti pregiudizievoli sistemici, la composizione negoziata, in quanto gli “stati di crisi” di per sé, non implicano gli effetti ex art. 16 NOIF o art. 181 del Regolamento FIP, ossia la decadenza e la revoca dell’affiliazione [76]. In particolare una delle disposizioni più utili è quella riguardante la circolazione dell’azienda, in quanto rende effettivamente commerciabile la “res” decisiva [continua ..]


NOTE