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L´inesistenza del principio della cristallizzazione del passivo nel concordato preventivo e le regole applicabili alla tutela del credito contestato

Andrea Palazzolo, Professore di Diritto societario nell’Università di Roma “Luiss Guido Carli”

Nelle procedure di concordato preventivo non opera il principio della cristallizzazione del passivo, mentre la par condicio ammette deroghe finalizzate alla migliore soddisfazione del ceto creditorio. Non può attribuirsi alcun rilievo di giudicato alla valutazione del credito contestato in seno al procedimento di ammissione al voto. I riferimenti alle norme della legge fallimentare restano di carattere puntuale e non consentono di desumere l’applicazione in via analogica di altre regole. Gli interessi moratori e i danni da ritardo sono liberamente rivendicabili. Gli accantonamenti seguono le comuni regole civilistiche di redazione del bilancio d’esercizio.

The non-existence of the principle of crystallisation of liabilities in the arrangement with creditors and the rules applicable to the protection of the contested credit

The principle of the crystallisation of debts does not apply in the procedure of composition with creditors, while the “par condicio” allows exceptions for the better satisfaction of the creditor class. There can be no res judicata to the assessment of the claim contested in the procedure of admission to vote. The references to the rules of bankruptcy law remain precise and do not allow the analogous application of other rules to be inferred. Default interest and delay damages are freely available. The provisions shall follow the common rules of civil procedure applicable to the annual accounts.

Keywords: crystallisation of liabilities – par condicio creditorum – arrangement with creditors – insolvency proceedings – interest in bringing proceedings – legal standing

È infondato il reclamo basato sul presupposto che l’omologazione provochi un giudicato sulla pretesa creditoria; infatti a differenza che nel fallimento i creditori conservano il diritto di agire in via ordinaria per fare valere per proprie pretese ed il voto ha effetti esclusivamente endo-proce­dimentali. (Omissis). 1. Va, anzitutto, richiamata la motivazione con la quale il primo giudice ha ritenuto infondata l’opposizione avanzata dall’odierna reclamante, osservando: – che essa aveva contestato solo la fattibilità economica del piano; – che ogni profilo attinente alla fattibilità economica del piano è riservata alla valutazione del ceto creditorio e non già al Tribunale. 2. Con il proposto reclamo, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Ragusa, contesta l’erroneità della motivazione del primo giudice, osservando di essersi opposta all’omologazione in quanto [continua ..]


Commento

Sommario:

1. Il caso - 2. La decisione della Corte catanese - 3. Osservazioni - 3.2. La tutela dei creditori tra diritto comune e diritto della crisi: l’inoperatività della cristallizzazione per danni e ritardati pagamenti - 3.3. L’azione giudiziale per la determinazione dei crediti contestati ed i limiti al divieto di azioni esecutive e cautelari ex art. 168 L. Fall. - 3.4. Interesse ad agire e legittimazione nel giudizio promosso in via ordinaria dai creditori - 3.5. Gli accantonamenti in sede di omologazione del concordato preventivo quale espressione dell’assenza del giudicato sul debito - 4. Conclusioni - NOTE


1. Il caso
Avverso il decreto di omologazione del concordato proponeva reclamo l’Agenzia delle Entrate, assumendo di vantare, nei confronti della ricorrente un maggior credito rispetto a quanto risultante dal piano concordatario e ritenendo la necessità di opporsi all’omologazione per non subire il giudicato sulla minore quantificazione. Costituitasi in giudizio, la ricorrente sosteneva, di converso, che l’omologazio­ne, pur determinando un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, non potesse comportare la formazione di un giudicato su esistenza, entità e rango del credito in contestazione.

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2. La decisione della Corte catanese
La Corte di Appello di Catania, dopo aver ripercorso brevemente l’iter logico-argomentativo che aveva portato il primo giudice al rigetto dell’opposizione ex art. 176, 2° comma, L. Fall., confuta la tesi erariale evidenziando come la determinazione dei crediti effettuata dal ricorrente in seno alla proposta di concordato, così come le decisioni del giudice delegato, abbiano quale unico scopo il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, sicché la successiva omologazione del concordato non può comportarne il passaggio in giudicato. La decisione del Tribunale su esistenza, entità e rango (privilegiato o chirografario) del credito in contestazione avviene quindi incidenter tantum all’interno della procedura. Ne consegue che i soggetti, il cui credito è contestato dall’imprenditore sottoposto a concordato preventivo, non possono ricorrere attraverso il [continua ..]

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3. Osservazioni
3.1. La par condicio e la “cristallizzazione” del passivo nelle procedure di concordato preventivo e fallimentare Il provvedimento in commento si occupa dell’annosa questione della formazione del giudicato su esistenza, entità e rango dei crediti in contestazione in sede di omologazione del concordato preventivo, sovente al centro delle pronunce della Suprema Corte in tema di inammissibilità del ricorso ex art. 111, 7° comma, Cost. avverso la decisione della Corte di Appello sul reclamo ex art. 183 L. Fall. [2]. Ai fini di esaminare le regole applicabili alla tutela dei crediti contestati, occorre premettere una breve disamina delle principali differenze riscontrabili tra concordato preventivo e concordato fallimentare in tema di accertamento dello stato passivo. Seppur sia vero che il concordato preventivo al pari del fallimentare, sia giudiziale e di massa, esso si differenzia infatti profondamente [continua ..]

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3.2. La tutela dei creditori tra diritto comune e diritto della crisi: l’inoperatività della cristallizzazione per danni e ritardati pagamenti
Il riferimento al diritto comune, o meglio all’inesistenza di una speciale procedura di accertamento affine a quella fallimentare per l’accertamento dei propri crediti, induce ad interrogarsi sulle tutele – e sui relativi limiti – nonché sui poteri di contestazione accordati ai creditori concordatari nelle diverse fasi della procedura ai fini della determinazione del credito vantato. Il soggetto legittimato alla presentazione della domanda di ammissione alla procedura è il debitore, il quale allega al proprio ricorso, tra l’altro, l’elenco nominativo dei creditori, contenente l’indicazio­ne dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione (art. 161, 2° comma, lett. b), L. Fall.) [15]. Tale allegazione, nonché le rispettive ed eventuali rettifiche successive alla stessa, non possono sopperire alla mancanza della fase di accertamento del passivo e, in particolare, del progetto di stato passivo, predisposto [continua ..]

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3.3. L’azione giudiziale per la determinazione dei crediti contestati ed i limiti al divieto di azioni esecutive e cautelari ex art. 168 L. Fall.
L’art. 168 L. Fall. stabilisce che, dal momento della data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese fino al decreto definitivo di omologazione dello stesso [33], i creditori per titolo o causa anteriore “non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore” [34], pena la nullità delle stesse [35]. All’interno del novero delle azioni interessate dal divieto non sembrerebbero quindi rientrare quelle di cognizione. Ciò pare confermato, seppur indirettamente, dall’art. 176 L. Fall., a norma del quale l’ammis­sione provvisoria dei crediti contestati non pregiudica le pronunzie definitive sulla loro sussistenza. Orbene, dal punto di vista oggettivo, occorre rilevare che il divieto ex art. 168, come graniticamente affermato dalla giurisprudenza [36], non coinvolge azioni diverse da quelle esecutive e cautelari, a [continua ..]

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3.4. Interesse ad agire e legittimazione nel giudizio promosso in via ordinaria dai creditori
I creditori anteriori alla domanda di concordato possono tutelare le proprie pretese creditorie, durante la procedura, ma anche successivamente all’omologazione del concordato, non solo attraverso un ordinario giudizio di cognizione [50], bensì anche in via monitoria [51]. Nulla esclude, infatti, che questi ultimi possano esperire a tutela del proprio credito apposito procedimento d’ingiunzione (artt. 633 ss. c.p.c.) [52]. L’interesse ad agire dei creditori inseriti nell’elenco ex art. 171 L. Fall., nella fase successiva all’omologazione del concordato preventivo, secondo una parte della giurisprudenza di merito, non sussiste ogniqualvolta questi ultimi non abbiano contestato, in sede concordataria, l’ammontare o il rango del proprio credito [53]. Di converso, alcuni autori affermano la sussistenza dell’interesse ad agire dei creditori sem­plicemente con l’inserimento degli stessi [continua ..]

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3.5. Gli accantonamenti in sede di omologazione del concordato preventivo quale espressione dell’assenza del giudicato sul debito
In ultimo la disciplina degli accantonamenti, contenuta negli artt. 180, 6° comma, e 185, 2° comma, L. Fall., entrambi aventi ad oggetto crediti contestati, condizionali o irreperibili; le due norme sono apparentemente incompatibili, poiché tra loro sovrapponibili e destinate a organi diversi della procedura. A tal proposito, taluni autori hanno ritenuto l’abrogazione implicita, per incompatibilità sopravvenuta, dell’art. 185, 2° comma, L. Fall. [60]; mentre altri ne hanno affermato l’operatività, nonostante l’intervenuta modifica all’art. 180 L. Fall. ad opera del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 [61]. Questo secondo orientamento è condivisibile alla luce del diverso ambito applicativo delle due disposizioni. Mentre l’art. 180, 6° comma, L. Fall. attribuisce al Tribunale la competenza a disporre gli accantonamenti per i crediti contestati e condizionali, nonché per i creditori irreperibili [continua ..]

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4. Conclusioni
Nelle procedure di concordato, a differenza che in quelle fallimentari, non opera dunque il principio della cristallizzazione del passivo, mentre quello della par condicio deriva piuttosto dalla evidenziata incapienza patrimoniale, alla stregua di quanto accade anche in ogni altra ipotesi di questo tenore, ed ha un’applicazione flessibile, orientata al principio del miglior soddisfacimento del ceto creditorio piuttosto che alla rigida ripartizione tipica della sede fallimentare. In assenza di una fase di accertamento del passivo non può attribuirsi alcun rilievo di giudicato alla valutazione del credito contestato in seno al procedimento di ammissione al voto. I riferimenti alle norme della legge fallimentare restano di carattere puntuale e non consentono di desumere l’applicazione in via analogica di altre regole. Ne è prova la fattispecie degli interessi di mora, sempre rivendicabili, al pari dei danni da ritardo, così come quella degli [continua ..]

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NOTE

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