Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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L´avviso di accertamento ante tempus in caso di fallimento del contribuente soggetto a verifica fiscale (di Lorenzo Gambi, Dottore commercialista in Firenze)


La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, conferma le precedenti pronunzie di legittimità che hanno trattato il tema della rilevanza del termine ex art. 12, 7° comma, L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) laddove intervenga il fallimento del soggetto passivo d’im­posta sottoposto a verifica fiscale, ribadendo che l’Amministrazione finanziaria, in tal caso, non è tenuta al rispetto del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica ai fini dell’emissione dell’avviso di accertamento.

Il presente contributo intende esaminare i principali aspetti di diritto trattati dalla Suprema Corte in relazione al tema di cui sopra, soffermandosi sugli elementi che attengono al bilanciamento fra interessi erariali ed interessi della curatela fallimentare, segnalando altresì alcuni spunti che potrebbero indurre a ritenere applicabile la norma in oggetto anche al caso dell’intervento fallimento del contribuente sottoposto a verifica fiscale, nella particolare prospettiva di tutela della massa dei creditori.

The Court of Cassation confirms its previous orientation about the relevance of the term relating to article 12, paragraph 7, Law n. 212/2000, in case of taxpayer failure, where Financial Administration is not required to comply the term of sixty days from the closing of the report to issue the assessment notice.

The essay examines the main topics covered by the Supreme Court, with a focus on the balance between tax interests and bankruptcy interests, indicating some aspects that could lead to the aforementioned rule of law applicable also to taxpayer failure, in the particular perspective of the mass of creditors.

Keywordsnotice of assessment – bankruptcy – taxpayer protection –  tax collaboration – tax interests – bank­ruptcy interests

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. I, ORD., 5 FEBBRAIO 2019, N. 3294 Pres. CAMPANILE, Rel. FRAULINI Fallimento – Disciplina fiscale – Avviso di accertamento – Insussistenza obbligo rispetto termine sessanta giorni da chiusura verifica – Fallimento rappresenta ragione di particolare urgenza. (Art. 12, 7° comma, L. n. 212/2000; artt. 25, 31, 41, 101, L. Fall.; art. 88, D.P.R. n. 602/1973) Ove il contribuente sia dichiarato fallito nel corso del procedimento tributario, l’ente impositore non è tenuto a rispettare il termine di sessanta giorni dalla conclusione della verifica ai fini dell’accerta­mento, ex art. 12, comma 7, L. n. 212/2000. La dichiarazione di fallimento del soggetto passivo sottoposto a verifica fiscale legittima il mancato rispetto del suddetto termine dilatorio poiché l’Am­ministrazione finanziaria deve intervenire tempestivamente nella procedura concorsuale. Detto termine non assume del resto rilevanza rispetto al curatore fallimentare, non potendo egli svolgere la propria attività difensiva se non sotto la stretta vigilanza degli organi della procedura. (Omissis) Fatto La Commissione tributaria regionale per l’Umbria in Perugia, con la sentenza n. 73/02/12, depositata il 30 marzo 2012, riformando la decisione di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento (Omissis) relativo ai tributi IVA e IRAP per l’an­no d’imposta 2002, notificato alla società (Omissis). Il giudice d’appello ha rilevato la nullità dell’atto impositivo in quanto notificato senza previa comunicazione al contribuente dell’avviso di accertamento, in assenza di qualsivoglia motivazione delle ragioni dell’urgenza che avrebbero giustificato l’omissione. Con coeva sentenza n. 74/02/12, la medesima Commissione regionale ha conseguenzialmente annullato anche l’avviso di accertamento (Omissis) notificato ai soci della società (Omissis). Avverso tali decisioni, l’Agenzia delle Entrate ha proposto autonomi ricorsi per cassazione, resistiti dalla sola curatela del Fallimento della società (Omissis). All’odierna udienza, la Corte ha disposto la riunione dei procedimenti. (Omissis) Motivi della decisione Il ricorso proposto nei confronti del Fallimento della società (Omissis) consta di due motivi, con i quali viene lamentato quanto segue: a) Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 12, ultimo comma, L. n. 212/2000, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.”, deducendo l’erroneità della motivazione della sentenza laddove ha omesso di rilevare che la sanzione di nullità si applica solo nell’ipotesi di notificazione dell’avviso di accertamento prima del decorso del termine di sessanta giorni dall’avvenuta comunicazione al contribuente del processo [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Le questioni di diritto - 3. Alcune osservazioni - 4. Conclusioni


1. Il caso

Dalla sintetica esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza in commento è possibile ricostruire il caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio nel modo che segue. L’Agenzia delle Entrate dava inizio ad una verifica fiscale nei confronti di una società di persone in relazione a tributi diretti ed IVA per l’anno d’imposta 2012. Dopo l’avvio del procedimento tributario, la società veniva dichiarata fallita; l’en­te impositore provvedeva ad invitare il curatore a depositare documentazione con­tabile e tributaria inerente al periodo d’imposta sottoposto a controllo. L’Amministrazione finanziaria, a motivo dell’intervenuto fallimento del contribuente, all’esito della chiusura della verifica, notificava l’avviso di accertamento sia alla società, sia ai soci [1], senza prima procedere alla notifica nei loro confronti del processo verbale di constatazione. L’Agenzia delle Entrate non attendeva dunque il termine di sessanta giorni dalla conclusione della verifica ai fini dell’emissione degli avvisi d’accertamento, come previsto dall’art. 12, 7° comma, L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente). Il giudizio tributario di primo grado, attivato dalla curatela fallimentare, si concludeva con sentenza favorevole all’Amministrazione finanziaria; gli avvisi d’ac­certamento venivano invece annullati in sede di giudizio di seconde cure. La Commissione tributaria regionale dell’Umbria ritenne, al riguardo, che gli avvisi di accertamento avrebbero dovuto essere preceduti, in primo luogo, dalla notifica del processo verbale di chiusura della verifica fiscale, in secondo luogo, dal decorso del termine di sessanta giorni dalla notifica del p.v.c., ex art. 12, 7° comma, L. n. 212/2000. Secondo i giudici di secondo grado, l’intervenuto fallimento del contribuente non rappresenta motivo di particolare urgenza da legittimare l’ente erariale a derogare alle sopra ricordate formalità, poste a tutela del diritto di difesa del soggetto passivo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, è giunta a censurare la sentenza di seconde cure, ritenendo che l’intervenuta apertura del concorso nei confronti del contribuente sottoposto a verifica tributaria costituisca una ragione d’ec­cezionale urgenza. Quest’ultima è [continua ..]


2. Le questioni di diritto

L’art. 12, 7° comma, L. n. 212/2000, rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”, dispone che nel rispetto del principio di collaborazione fra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente [2], quest’ultimo, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura della verifica tributaria, può comunicare all’ente impositore, entro il termine di sessanta giorni, ogni propria osservazione e/o richiesta. Secondo la disposizione di cui sopra, l’avviso di accertamento può essere emesso solo qualora sia decorso il termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica fiscale, salvo che non vi siano circostanze di particolare e motivata urgenza. Tale regola, per effetto della norma prevista dall’art. 2, 1° comma, L. n. 212/2000, si applica a qualsiasi accesso, ispezione e verifica eseguita presso i locali destinati all’esercizio dell’attività economica e/o professionale del contribuente [3]. Dall’applicazione dell’art. 2, 7° comma, dello Statuto del contribuente derivano due conseguenze, la prima, che rappresenta un obbligo per l’Amministrazione finanziaria, la seconda, un diritto per il soggetto passivo d’imposta. In primo luogo, è necessario che una volta che la verifica tributaria sia conclusa i relativi risultati vengano enucleati nel processo verbale di constatazione; in secondo luogo, il contribuente deve poter accedere al contraddittorio nei sessanta giorni successivi, presentando ogni propria osservazione difensiva [4]. Il mancato rispetto della norma ex art. 2, 7° comma, L. n. 212/2000 – e dunque ove l’atto impositivo sia emesso prima del decorso del termine di sessanta giorni – comporta la nullità dell’accertamento, per violazione di legge. In questo senso, le Sezioni Unite hanno statuito che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, L. 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispe­zione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del [continua ..]


3. Alcune osservazioni

Si può ritenere che la Corte di Cassazione, con il consolidato orientamento cui si conforma l’ordinanza in oggetto, abbia effettuato un bilanciamento fra gli interessi in gioco. Da un lato, l’interesse erariale a prendere parte tempestivamente alla procedura concorsuale attraverso la presentazione della domanda d’ammissione al passivo, fondata sull’atto impositivo che scaturisca dalla conclusione del procedimento tributario. Quanto sopra a prescindere dal fatto che la partecipazione al concorso possa validamente avvenire entro il termine di dodici mesi dalla data del deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (art. 101, 1° comma, L. Fall.). Ciò in quanto l’Amministrazione finanziaria – così come ogni altro creditore concorrente –, nel rispetto delle norme di legge, ha diritto di tutelare la propria posizione all’interno del concorso attraverso un’attività di monitoraggio del fallimento, sia in termini di vigilanza sull’operato degli organi della procedura, sia in termini di eventuale impugnazione degli altri crediti ammessi. Dall’altro lato, l’interesse della curatela fallimentare a che non venga (oltremisura) compromesso il proprio diritto di difesa, costituzionalmente garantito, rispetto agli atti amministrativi frutto dell’esercizio della potestà impositiva. Diritto di difesa il quale – a ben vedere –, in caso di procedura fallimentare, deve intendersi posto a tutela delle ragioni di tutti i creditori dell’imprenditore (carattere “universale” del concorso [15]). In questo quadro, non si giustificherebbe una diversità di trattamento fra la posizione giuridica del contribuente in bonis rispetto a quella del contribuente sottoposto a fallimento. Se è vero che il curatore è soggetto terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito, dal momento che il primo “eredita” i rapporti giuridici posti in essere dal secondo, non avendovi preso parte [16], tuttavia, con riferimento al rapporto tributario, le prerogative che spettino al contribuente in bonis ai fini della propria tutela difensiva non vengono a decadere con l’apertura del concorso. In primo luogo, secondo la stessa prassi ministeriale, con l’apertura del concorso, per effetto dello spossessamento, si verifica una sorta di successione, se non surrogazione, [continua ..]


4. Conclusioni