Con il provvedimento in commento viene sancita l’inammissibilità della definizione transattiva del giudizio di estensione del fallimento incardinato ai sensi dell’art. 147 L. Fall.. L’approccio interpretativo si muove dall’indagine preliminare sulla portata estensiva della norma rispetto al tradizionale principio della spendita del nome, con l’obiettivo di definirne la natura derogatoria o alternativa, per poi proseguire con l’analisi circa l’adeguatezza del negozio prescelto, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Infine, in via prettamente incidentale, vengono proposte alcune brevi considerazioni sugli strumenti alternativi al fallimento accessibili al socio illimitatamente responsabile.
The court ruling commented states the inadmissibility of a settlement agreement concerning the judgment based on the art. 147 Bankruptcy Law. The interpretative approach moves from the preliminary investigation about the extensive scope of the article 147, compared to the traditional principle. The aims are to investigate about the alternative or special nature of the rule and to verify the adequacy of the transaction purposed, from an objective and subjective point of view. At last, some brief remarks are purpose about any alternative solutions to the insolvency accessible to the unlimited liable shareholder.
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1. La vicenda - 2. La pronuncia - 3. Estensione del fallimento ex art. 147: tra norma eccezionale di imputazione della responsabilità e superamento del principio della spendita del nome - 4. Gli effetti del giudizio di accertamento della societa' di fatto - 5. La limitazione transattiva della responsabilità del socio di società occulta - 6. Procedure alternative di risoluzione del dissesto accessibili dal socio illimitatamente responsabile alla luce del D.Lgs. n. 14/2019 - NOTE
I curatori del fallimento [1] oggetto del giudizio, avendo rilevato nei rapporti giuridici ed economici sussistenti tra la società fallita Alfa s.r.l., il Notaio Tizio e la Beta s.r.l. una comunanza di interessi tale da integrare gli estremi tipizzanti il rapporto sociale [2], hanno proposto ricorso per l’instaurazione di un giudizio di accertamento ex art. 147, 5° comma, L. Fall. finalizzato ad ottenere la declaratoria di fallimento della società di fatto e, in estensione, dei soci illimitatamente responsabili. In pendenza di giudizio, stante la proposta transattiva, avanzata in itinere dall’accertando socio persona fisica, con la quale veniva offerta alla procedura la complessiva somma di euro 120.000 allo scopo di definire negozialmente la controversia e di comprimere in via preventiva gli eventuali effetti patrimoniali dell’estensione del fallimento al socio occulto in caso di accertamento della società di fatto, la curatela ha rimesso al Giudice Delegato della procedura “ogni valutazione, determinazione ed ogni altro provvedimento ritenuto idoneo … in ordine alla eventuale ipotesi di definizione transattiva del giudizio di accertamento ex art. 147, co. 5. L. fall”. In prima battuta (e in via prettamente incidentale) si è scelto di soffermarsi brevemente sulla collocazione procedimentale da attribuire alla nota informativa, corredata dal parere del legale della procedura circa la fattibilità giuridica di una proposta transattiva così incardinata, con la quale il collegio dei curatori sottopone all’attenzione del Giudice Delegato la legittimità di tale soluzione deflattiva del contenzioso potenziale. In tale fase processuale, il rinvio al Giudice Delegato da parte della curatela non può che inquadrarsi alternativamente in un’informativa preventiva ai sensi dell’art. 35, 3° comma, L. Fall. oppure in una richiesta di autorizzazione a transigere ex art. 41, 4° comma, L. Fall. in surroga al Comitato dei Creditori, nel caso di specie non ancora costituito. Invero, seppur entrambe le fattispecie ora citate prevedono il coinvolgimento dell’organo giudiziale, esse contemplano una gradazione del potere di controllo quasi antipodale: mentre per il compimento di atti negoziali eccedenti i 50.000 euro e per le transazioni, ai sensi [continua ..]
L’art. 147L. Fall. definisce al suo interno due istituti che assumono un ruolo cardine, nel diritto concorsuale, ossia la ripercussione e l’estensione del fallimento. I termini ripercussione ed estensione, seppur non citati espressamente nel testo dell’art. 147, sono spesso utilizzati in maniera equipollente, entrambe espressioni riferite al fenomeno per cui il fallimento di una società con soci a responsabilità limitata produce il fallimento anche di quest’ultimi. Tuttavia essi assumono un significato diverso, in parte complementare, e si collegano a situazioni disomogenee: il fallimento per ripercussione è riconducibile all’estensione automatica del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, cioè senza che sia necessario l’accertamento autonomo dell’insolvenza; mentre, per fallimento in estensione, invece, si intende quel fenomeno per il quale ad una declaratoria di fallimento di un’impresa se ne aggiunge un’altra [5]. La dovizia di argomentazioni con le quali storicamente si è articolato il dibattito in materia [6] si risolve, anche dopo la riforma, in un’unica disposizione concorsuale, come se il legislatore intendesse modulare nell’art. 147 L. Fall. una sorta di “micro testo unico” [7], incorporando in un’unica norma il sistema di regole procedimentali e, soprattutto, sostanziali che innervano l’istituto dell’estensione e della ripercussione del fallimento. Con il provvedimento in commento, il giudice beneventano, stante la proposta transattiva come in precedenza inquadrata, conclude per l’inammissibilità di una definizione alternativa del giudizio incardinato ai sensi dell’art. 147 L. Fall. Il pregio semantico della decisione può certamente rilevarsi nella scelta di valutare l’ammissibilità della proposta transattiva non tanto nel merito dell’offerta avanzata, quanto invece in termini di fattibilità giuridica, focalizzandosi tout court sulle principali questioni di diritto sostanziale che gravitano attorno all’istituto. I punti su cui il giudicante si sofferma sono molteplici, tuttavia la decisione si erge, in primo luogo, sull’esigenza di tutela dei terzi che ispira le scelte del legislatore in materia di predisposizione dei modelli organizzativi societari e di come [continua ..]
Sorge, dunque, la necessità di inquadrare da un punto di vista sistematico il prototipo normativo di cui all’art. 147 L. Fall., posto che le argomentazioni che hanno orientato il provvedimento verso la negazione della fattibilità giuridica del negozio transattivo si imperniano sulla indisponibilità della qualità di socio, inidonea a formare valido oggetto di transazione ex art. 1966 c.c., e sulla portata costitutiva del giudizio di accertamento de quo. Tralasciando divaganti considerazioni sull’applicabilità dell’istituto alle varie declinazioni dell’esercizio indiretto (rectius occulto) dell’attività d’impresa (dibattito che ha visto un deciso punto di svolta risolutivo con la recente pronuncia della Corte costituzionale con cui si è attribuito all’esegesi estensiva di cui al 5° comma dell’art. 147 il rango di diritto vivente, per effetto della consolidata giurisprudenza nomofilattica [8]), risulta opportuno limitarsi ad un approccio che vede il suo iter logico-giuridico muoversi dall’indagine circa l’effettiva eccezionalità o meno dell’estensione del fallimento rispetto al tradizionale criterio della spendita del nome. L’interrogativo che ci si pone è se la portata estensiva dell’art. 147, 5° comma, L. Fall. rappresenti una deroga speciale al principio tipico di imputazione formale dell’attività d’impresa e, dunque, della responsabilità per le obbligazioni assunte nell’esercizio della stessa oppure dalla norma si possa ricavare in via interpretativa un criterio alternativo, fondato sulla valorizzazione degli interessi sostanziali perseguiti nell’attività d’impresa, che possa assurgere a elemento qualificante della fattispecie e quindi consentire ipso iure di espandere la responsabilità per gli atti in essa posti in essere. Notoriamente, gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che hanno preso piede nel dibattito sono tradizionalmente due, seppur nel tempo gli stessi si siano diramati in molteplici correnti divergenti. Secondo la dottrina maggioritaria l’acquisto della qualifica di imprenditore avviene esclusivamente in forza al principio della spendita del nome, pertanto la netta distinzione tra effetti giuridici ed effetti [continua ..]
Sulla base delle considerazioni ora svolte, l’estensione del fallimento di una società di capitali alla super-società di fatto non deriva dallo sgretolamento della personalità giuridica e la ripercussione ai soci di quest’ultima avviene per effetto della qualità di socio illimitatamente responsabile di una società irregolare [22]. Superata la questione relativa alla portata con cui opera l’istituto, nella fattispecie concreta in esame la ripercussione del fallimento sui soci presuppone in primis l’accertamento dell’esistenza della società di fatto tra la società originariamente dichiarata fallita e coloro, siano essi persone fisiche o giuridiche, ad essa legati dall’affectio societatis. È ormai consolidato che l’affectio societatis vada valutato, più che nella sua dimensione psicologica [23], nella sua dimensione oggettiva e si possa individuare nella comunanza di interessi allo svolgimento dell’attività d’impresa, la cui rilevanza giuridica non è necessariamente subordinata alla esteriorizzazione formale del rapporto sociale ma anche rinvenibile per facta concludentia, dedotti sulla base di elementi fattuali sistematici qualificabili come collaborazione attiva del socio al perseguimento degli scopi sociali. Per l’applicabilità dell’estensione, dunque, si ritiene che la società palese originariamente dichiarata fallita debba essere utilizzata quale veicolo per l’esercizio dell’attività comune e nell’interesse della intera collettività dei soci (palesi e occulti). Qualora invece, la super società di fatto, su indirizzo dei soci occulti [24], dovesse aver agito contro l’interesse dei propri soci palesi ma nell’interesse esclusivo di soggetti ad essi estranei, il rapporto interno tra i soci della super-società non potrebbe inquadrarsi nel perimetro dell’affectio societatis ma come attività di direzione e coordinamento, configurando una situazione sanzionata dall’ordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. in termini di responsabilità risarcitoria nei confronti dei soci e dei creditori connessa all’attività direzione e coordinamento esercitata dalla holding. L’istituto dell’estensione, [continua ..]
Con la pronuncia in commento, il Giudice Delegato ha dichiarato l’inammissibilità della proposta transattiva tra la curatela del fallimento e il socio occulto persona fisica, adducendo l’indisponibilità di quest’ultimo dello status di socio, il cui riconoscimento è subordinato agli effetti costitutivi dell’accertamento della società di fatto. Dunque, posto che la ripercussione sui soci illimitatamente responsabili si realizza sulla base non dell’imputabilità ad essi dell’attività d’impresa, ma in forza della corresposnabilità patrimoniale connessa alla qualità di socio di società irregolare, l’indagine della decisione in commento non può che passare da un interrogativo: in che momento avviene l’acquisto della qualità di socio di società di fatto occulta? Orbene, gli elementi che caratterizzano il tipo societario in questione sono principalmente due, uno oggettivo e l’altro psicologico. I tipi di contratti sociali, seppur originati da un atto di autonomia negoziale, sono sottoposti ad un regime di tipicità, che pone il contratto di società come un’eccezione al principio generale dell’atipicità dei contratti di cui all’art. 1322, 2° comma, c.c. [32]. Il mancato adempimento degli obblighi pubblicitari prescritti dalla legge comporta l’inquadramento della fattispecie nel tipo societario residuale della società irregolare disciplinata dall’art. 2297 c.c. Si tratta di un prototipo societario ad hoc elaborato dal legislatore al quale vengono ricondotti tutti quei rapporti sociali che i contraenti non hanno volontariamente cristallizzato in termini di efficacia positiva. In sostanza, prevedendo la massima attenuazione dell’autonomia patrimoniale, tale modello mira a realizzare una più incisiva tutela dei terzi che entrano in contatto con la società, onde evitare che questa si avvantaggi impropriamente della mancata iscrizione [33]. Si badi, l’assoggettamento alle regole dettate per la società irregolare prescinde dalla forma con cui viene concluso il contratto o dalle reali intenzioni che soggiacciono al mancato adempimento degli obblighi pubblicitari. Viene da se che una società occulta, cioè [continua ..]
Se, dunque, al di fuori del rito concorsuale, al socio illimitatamente responsabile sono preclusi atti dispositivi aventi ad oggetto gli effetti patrimoniali del fallimento in estensione, la possibilità di definire alternativamente l’esposizione debitoria è invece rimessa all’autonomia negoziale solo nel contesto concorsuale mediante procedure esdebitatorie sottoposte, in maniera piò o meno pervasiva, al controllo giudiziale. Senza dubbio, lo strumento alternativo tipico predisposto dal legislatore che si adatta alla fattispecie concreta è il concordato fallimentare. Nel fallimento di una società ad autonomia patrimoniale imperfetta, ciascun socio può proporre un concordato, sia ai creditori sociali che a quelli particolari, ai sensi dell’art. 154 L. Fall. Con l’omologazione del piano concordatario, che può essere proposto in qualsiasi momento prescindere dallo stato in cui versa la procedura fallimentare, vengono cristallizzati gli effetti prodotti sul piano sostanziale dall’accordo raggiunto con i creditori sociali e personali, con la conseguenza che il socio sarà liberato dai debiti residui all’esito del regolare adempimento del concordato. Tuttavia, gli effetti del concordato particolare del socio (a differenza di quello ex art. 153 L. Fall., dove il concordato presentato dalla società ha efficacia anche rispetto ai soci e fa cessare il loro fallimento) comportano l’inoperatività dell’art. 120, 3° comma, L. Fall., cioè la riespansione del diritto di credito per la parte non soddisfatta, limitatamente alla posizione del socio proponete, restando salva per i creditori sociali la possibilità di concorrere negli altri fallimenti per la parte residua del proprio credito. Tale alternativa negoziale di risoluzione dell’insolvenza viene prevista, nei medesimi termini, anche dopo la rimodulazione dell’intero impianto normativo concorsuale recata dal D.Lgs. n. 14/2019 nella disposizione di cui all’art. 267. Nel corso dell’indagine sui limiti all’autonomia del socio a responsabilità illimitata, con riferimento ai profili di ammissibilità di strumenti negoziali atti a definire preliminarmente gli effetti del fallimento, è sorto l’interrogativo circa quali fossero gli strumenti stragiudiziali deflattivi del [continua ..]