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Il danno liquidabile nelle azioni di responsabilita', tra criteri legali ed equità
Nicola Rocco Di Torrepadula, Professore ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Salerno
Lo scritto si concentra sull’analisi della disposizione di cui all’art. 378 c.c.i.i. con cui è stato introdotto il 3° comma dell’art. 2486 c.c. che disciplina la quantificazione del danno liquidabile nelle azioni di responsabilità sociale. La ricostruzione, peraltro, non può prescindere dall’esposizione dei termini dell’articolato dibattito che si è svolto nel tempo. L’obiettivo che ci si propone è, infatti, quello di verificare se la formulazione della nuova norma sia tale da consentire la risoluzione di un risalente problema, ovvero non determini l’innesto di ulteriori questioni interpretative.
The paper focuses on the analysis of the new third paragraph of article 2486 of the Italian Civil Code, as introduced by the recent Insolvency law comprehensive reform (Legislative Decree 12 January 2019, n. 14) with the provisions of its article 378, governing the quantification of damages within the liability actions against the directors. The issue raised a long and complex debate over time and, of course, references to it appear to be essential. The ultimate goal is to ascertain whether the new standard is capable to resolve the problem matter or rather it gives ground to additional issues of concern.
Keywords: corporation – liability action – settlement of damage
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Sommario:
1. Su alcuni punti di partenza - 2. Sui criteri per la liquidazione del danno - 3. (Segue): l'ipotesi intermedia: il criterio della c.d. differenza tra i patrimoni netti - NOTE
1. Su alcuni punti di partenza
Con l’obiettivo di risolvere un vecchio problema [1] il legislatore della recente riforma delle procedure concorsuali (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) ha dettato una disposizione sulla quantificazione del danno da liquidare allorché si agisca per far valere la responsabilità sociale (recte: alcune responsabilità). Con l’art. 378 c.c.i.i. è stato introdotto il 3° comma dell’art. 2486 c.c., che, com’è noto, si occupa, nei primi due commi, dei compiti degli amministratori durante la fase di liquidazione delle società di capitali. Qualche utile riflessione può essere fatta al riguardo, per tentare di comprendere se il problema è stato risolto, oppure no, e qual è oggi la situazione che si è venuta a creare. Per esigenza di sintesi occorre fare una breve premessa che, purtroppo, non può che basarsi su alcuni assiomi. Innanzitutto, il fatto che sulla questione sia intervenuto [continua ..]
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2. Sui criteri per la liquidazione del danno
Fatte queste premesse, che come anticipato risultano in buona parte ovvie, ci si può addentrare nella questione specifica. Essa ruota intorno alla difficoltà pratica che s’incontra molto spesso nell’identificare il danno che è connesso al comportamento illecito degli amministratori. Difficoltà che non viene meno anche a voler prestare massima attenzione alla regola dell’effettività ed al nesso di causalità che lega il comportamento al danno. Questi ultimi due elementi servono proprio a ricercare, con un certo grado di affidabilità, gli atti o le condotte che realmente hanno prodotto il danno, ma che non sempre permettono di arrivare a quantificare il danno [15]. In questa situazione di grande problematicità sono state elaborate in sede concorsuale (luogo d’elezione primario della responsabilità degli amministratori) varie teorie che, per un verso o per un altro, hanno mostrato gravi difetti e, [continua ..]
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3. (Segue): l'ipotesi intermedia: il criterio della c.d. differenza tra i patrimoni netti
Vi è, infine, la terza ipotesi che è quella intermedia, che si può definire di “relativa incertezza”, e che comprende tutti gli eventi in cui il danno non sia liquidabile secondo le regole ordinarie (artt. 1218 e 1223 ss. c.c.). Com’è evidente, si tratta di un’ampia categoria in cui sono ricompresi i casi incerti rispetto ai quali, comunque, esistono e sono utilizzabili le scritture contabili. Per queste situazioni il Legislatore ha scelto il criterio della c.d. differenza dei patrimoni netti. Per precisione è prevista, come sempre, l’applicazione delle regole ordinarie in virtù della salvezza contenuta all’inizio del 3° comma dell’art. 2486 c.c., e, solo in subordine, è permesso l’uso di questo criterio. Si è detto che esso dà vita ad una presunzione relativa [44]. Si è affermato, anche, che il criterio della c.d. differenza dei patrimoni netti [continua ..]
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NOTE