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I contratti pendenti nel concordato preventivo alla luce del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
Luigi Farenga, Professore ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Perugia
L’autore opera una ricognizione della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo alla luce del nuovo Codice della crisi d’impresa, cogliendo le maggiori differenze con la disciplina della legge fallimentare. Una particolare attenzione è rivolta al contratto di locazione finanziaria ed ai contratti con le Pubbliche Amministrazioni, oggetto di specifica disciplina.
The authorcarries out a review of the discipline of pending contracts in the arrangement with creditors in light of the new corporate crisis code, observing the major differences with the discipline of the bankruptcy law. Particular attention is paid to the leasing contract and the contracts with the public administrations, which are subject to specific regulations.
Keywords: Insolvency Code – arrangement with creditors – pending contracts
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Sommario:
1. I precedenti - 2. La disciplina del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza - 3. La definizione di contratti pendenti - 4. La sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti - 5. Lo scioglimento del contratto di locazione finanziaria - 6. I contratti esclusi dalla disciplina dell'art. 97 c.c.i. - 7. I contratti con le Pubbliche Amministrazioni - 8. Questioni dibattute - NOTE
1. I precedenti
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (di seguito anche c.c.i.) ha apportato alcune modifiche all’attuale disciplina dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo (art. 169-bis L. Fall.). Giova peraltro ricordare che la riforma del concordato preventivo, ad opera del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 convertito con modificazioni in L. 14 marzo 2005, n. 80 – quindi circa un anno prima della riforma del diritto fallimentare di cui al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (entrata in vigore il 16 luglio 2006) – ha radicalmente mutato la funzione di questa procedura. Sino alla suddetta riforma infatti il concordato preventivo si presentava unicamente come procedura liquidatoria, finalizzata ad evitare gli effetti negativi che la dichiarazione di fallimento comportava per il debitore. Con la riforma del 2005 il concordato preventivo diviene procedura diretta anche al risanamento dell’impresa, idonea a [continua ..]
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2. La disciplina del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
La disciplina del c.c.i. relativa ai “contratti pendenti” è contenuta nell’art. 97, il quale ha introdotto delle significative modifiche rispetto all’attuale disciplina contenuta nell’art. 169-bis L. Fall., che si andranno ad esaminare partitamente. Va preliminarmente osservato che la disciplina in esame è rivolta prevalentemente alla tutela della continuità aziendale, lasciando all’imprenditore la scelta se proseguire o sospendere o, addirittura, sciogliersi dal rapporto, analogamente a quanto previsto nel caso della liquidazione giudiziale (art. 172). Così il 1° comma dell’art. 97 prevede la prosecuzione indistinta di tutti i contratti durante il concordato, fatta salva la disciplina speciale relativa alla cessione dell’azienda o di un ramo d’azienda o di specifici beni aziendali contenuta nel 2° comma dell’art. 91. Tuttavia è in facoltà [continua ..]
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3. La definizione di contratti pendenti
L’originaria formulazione dell’art. 169-bis L. Fall. non forniva – in relazione al concordato preventivo – una definizione di «contratti in corso di esecuzione», come invece il 1° comma dell’art. 72 L. Fall., dettato in tema di fallimento, il quale contempla il contratto «ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti». Così gli interpreti erano divisi nel ritenere che l’ambito di applicazione, nel concordato preventivo, fosse uguale ovvero più ampio rispetto a quella dell’art. 72 [4]. Solo con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, venne introdotto l’inciso «contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti». Il c.c.i., al 1° comma dell’art. 97 (denominato “Contratti pendenti”) chiarisce che, per contratti pendenti, si devono intendere «i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti [continua ..]
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4. La sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti
Se non che il 2° comma dell’art. 97 stabilisce che «la richiesta di scioglimento può essere depositata solo quando sono presentati anche il piano e la proposta». Dunque, se il piano e la proposta non vengono presentati unitamente alla domanda di accesso alla procedura, può chiedersi solamente la sospensione del rapporto e non anche lo scioglimento. Il che per altro appare incoerente con il presupposto stabilito dal 1° comma per la richiesta di sospensione o scioglimento. È stabilito infatti che «Il debitore può chiedere, con autonoma istanza, l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento di uno o più contratti, se la prosecuzione non è coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione». Dunque, come potrebbe il Tribunale accertare se la domanda di sospensione del rapporto è coerente con le previsioni del piano o funzionale alla sua esecuzione se il [continua ..]
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5. Lo scioglimento del contratto di locazione finanziaria
Sul tema la novità più rilevante è l’intervenuta disciplina del contratto di leasing ad opera del comma dal 136° al 140° dell’art. 1, L. 4 agosto 2017, n. 124, di tal che il leasing non può più definirsi contratto innominato. La disciplina dettata dal 12° comma dell’art. 97 del Codice si differenzia dal 5° comma dell’art. 169-bis L. Fall. Il citato 12° comma dell’art. 97 c.c.i. stabilisce, nella prima parte, che «In caso di scioglimento del contratto di locazione finanziaria, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare al debitore l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato, dedotta una somma pari all’ammontare di eventuali canoni scaduti e non pagati fino alla data dello scioglimento, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e [continua ..]
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6. I contratti esclusi dalla disciplina dell'art. 97 c.c.i.
L’ultimo comma dell’art. 97 c.c.i. stabilisce che «Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato, nonché ai contratti di cui agli articoli 173, comma 3, 176 e 185, comma 1». Il contratto di cui al 3° comma dell’art. 173 c.c.i. è il contratto preliminare di vendita trascritto; quelli di cui all’art. 176 c.c.i. sono i finanziamenti destinati ad uno specifico affare (art. 2447-bis 1° comma, lett. b, c.c.); quello di cui al 1° comma dell’art. 185 c.c.i. è il contratto di locazione nel caso di concordato preventivo del locatore. Per quanto concerne i contratti di lavoro, si pone un problema di disciplina. Infatti, mentre nella liquidazione giudiziale l’art. 189 c.c.i. prevede una disciplina estremamente articolata, ma comunque imperniata nella scelta da parte del curatore se proseguire o recedere dal contratto, in sintonia con [continua ..]
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7. I contratti con le Pubbliche Amministrazioni
L’art. 95, nonostante esordisca con l’inciso «fermo quanto previsto nell’articolo 97», ribadisce che «i contratti in corso di esecuzione, stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto del deposito della domanda di concordato. Sono inefficaci eventuali patti contrari». Al di là della diversa terminologia (“contratti in corso di esecuzione”) è evidente l’intenzione del legislatore di consentire all’imprenditore in concordato di continuare i contratti in corso con le Pubbliche Amministrazioni; disposizione questa di vitale importanza soprattutto per le imprese, spesso di notevoli dimensioni, che operano prevalentemente, se non esclusivamente, attraverso la partecipazione ad appalti pubblici. L’ultimo inciso (“sono inefficaci eventuali patti contrari”) serve a rafforzare il principio che assume così una valenza assoluta. Il 2° comma [continua ..]
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8. Questioni dibattute
Vigente l’attuale disciplina, vi erano posizioni discordanti in ordine alla sorte delle c.d. linee di credito autoliquidanti, operazione con la quale la banca concede un finanziamento a fronte della cessione di crediti su fatture o altri documenti comprovanti crediti; operazione che in realtà viene talvolta realizzata con un semplice mandato all’incasso a favore della banca. Si discuteva infatti sulla possibilità di mantenere in vita il rapporto anche se la banca aveva già interamente eseguito la propria prestazione [14]. La soluzione venne offerta dall’inserimento dell’art. 182-quinquies L. Fall., ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, il quale consente al debitore che presenta domanda di concordato con riserva, di essere autorizzato, non solo a contrarre finanziamenti prededucibili, ma anche a mantenere «linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda». La norma è [continua ..]
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NOTE