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Il concordato preventivo con continuità aziendale nel nuovo codice della crisi e dell'insolvenza

Francesco D’Angelo, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università di Firenze

L’articolo analizza il concordato in continuità aziendale, prendendo spunto dal panorama attuale per affrontare le soluzioni offerte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, sia con riguardo alle fattispecie di continuità che con riguardo alla relativa disciplina. Particolare attenzione è dedicata al concordato con continuità indiretta (anche attuato mediante affitto d’azien­da), oggetto di un’analisi critica anche in relazione al giudizio di prevalenza, destinato a distinguere il concordato in continuità dal concordato liquidatorio. L’articolo tenta di offrire soluzioni interpretative in linea con il dichiarato (ma non pienamente attuato) favor del legislatore verso gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che consentano di salvaguardare l’attività d’impresa.

The paper analyses the going concern composition with creditors (“concordato in continuità aziendale”), starting from the debate on Italian insolvency law currently in force to discuss the solutions adopted by the forthcoming “Insolvency Code” (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”). Particular attention is devoted to the “concordato” with “indirect” continuation of business, i.e., in which, under the plan, the business is to be transferred to a new entrepreneur, and to the business lease that may precede such a transfer. The paper criticizes of the requirements set forth by the new Insolvency Code, and endeavours to offer an interpretation of the law that is in line with the declared (but not fully implemented) favor of the Code for the instruments that aim at preserving business continuity.

Keywords: insolvency, composition with creditors, going concern, distress resolution, restructuring, insolvency code.

Sommario:

1. Premessa: la più recente giurisprudenza e l’intervento del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza - 2. Il concordato con continuità aziendale nell’art. 186-bis, L. Fall. - 3. Continuità indiretta e affitto d’azienda - 4. Il concordato in continuità nel nuovo Codice della crisi e dell’insol­venza - 4.1. I princìpi della legge delega e le disposizioni contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza - 4.2. La continuità diretta e indiretta; l’affitto dell’azienda - 4.3. La continuità e il mantenimento dei livelli occupazionali - 4.3.1. I dubbi di legittimità costituzionale della norma - 4.3.2. L’inadeguatezza della norma e le (prevedibili) difficoltà interpretative e applicative - 5. Il ripristino dell’equilibrio economico e finanziario - 6. Utilità e rischio nel concordato in continuità - 7. Il giudizio di prevalenza - NOTE


1. Premessa: la più recente giurisprudenza e l’intervento del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza

Fin dall’introduzione di un’apposita disciplina, ad opera del D.L. n. 83/2012, il concordato con continuità aziendale è stato al centro di un acceso dibattito, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza [1]. La legge delega per la riforma della crisi e dell’insolvenza (L. 19 ottobre 2017, n. 155) è intervenuta, fra l’altro, cercando di dettare le basi per risolverne alcuni degli aspetti più controversi. Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, “CCI”) in attuazione della legge delega, detta dal canto suo una disciplina che incide significativamente sul concordato in continuità aziendale. Riservando al seguito alcuni commenti più puntuali sulle disposizioni del CCI, appare comunque utile continuare a guardare (anche) alla disciplina attualmente vigente, stante la lunga vacatio prevista dall’art. 389, 1° comma, CCI, che fissa in 18 [continua ..]

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2. Il concordato con continuità aziendale nell’art. 186-bis, L. Fall.

Come accennato in apertura, l’art. 186-bis venne introdotto dal D.L. n. 83/2012, e fu da subito salutato con favore, dal momento che dava dignità legislativa ad una figura che, pur cominciando ad affacciarsi alla ribalta professionale ed accademica [7], rimaneva priva di una sua fisionomia, così da non consentire un’effettiva salvaguardia degli eventuali valori della continuità aziendale e da non impedire gli effetti negativi conseguenti all’accesso alla procedura di concordato; a questo proposito basti pensare, fra l’altro, ai problemi in ordine alla continuazione dei contratti, alla sorte dei contratti pubblici, alle possibilità di contrarre finanziamenti e di soddisfare debiti pregressi verso fornitori strategici [8]. Contemporaneamente, in giurisprudenza ed in dottrina, si cominciò a riflettere sulla portata della definizione, elaborando varie distinzioni e sottocategorie, al fine di includere ovvero [continua ..]

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3. Continuità indiretta e affitto d’azienda

È noto che le maggiori incertezze si sono registrate con riguardo ai concordati con continuità “indiretta” o “oggettiva”, nei quali l’azienda in esercizio è trasferita a un oggetto diverso dall’imprenditore, con particolare riferimento alle ipotesi caratterizzate dalla presenza di un affitto dell’azienda, preesistente o meno rispetto al deposito della domanda di concordato (situazione, questa, che veniva in rilievo proprio nel caso deciso dalla S.C.). L’esperienza applicativa ha infatti mostrato maggiore uniformità di vedute nei soli casi di continuità “in senso stretto”, caratterizzati dalla prosecuzione dell’attivi­tà ad opera del debitore e nei quali il soddisfacimento dei creditori era previsto con i proventi generati dalla continuità diretta, ipotesi statisticamente non maggioritarie ed ex se incluse nell’art. 186-bis [15]. Con riguardo [continua ..]

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4. Il concordato in continuità nel nuovo Codice della crisi e dell’insol­venza

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4.1. I princìpi della legge delega e le disposizioni contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza

Il CCI interviene profondamente sulla disciplina del concordato preventivo e, in particolare, su quella che dovrebbe esser la sua declinazione in funzione della continuità aziendale. Al riguardo, questi sono i principi essenziali fissati dalla legge delega [18]: a) il concordato preventivo ha prioritariamente natura di procedura volta alla salvaguardia della continuità aziendale, essendo ammissibili proposte “liquidatorie” solo in presenza di apporti esterni che aumentino in misura “apprezzabile” la soddisfazione dei creditori. In ogni caso, ai creditori chirografari deve essere assicurato il pagamento complessivo di almeno il 20% (art. 6, 1° comma, lett. a); b) la continuità aziendale può essere assicurata anche tramite un diverso imprenditore (art. 2, 1° comma, lett. g.); c) è possibile la contemporanea presenza di continuità e liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, [continua ..]

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4.2. La continuità diretta e indiretta; l’affitto dell’azienda

Sul piano delle fattispecie, l’art. 84, 2° comma conferma la nozione oggettiva di continuità, centrata sull’esercizio dell’attività indipendentemente dal soggetto che la esercita ed espressamente distinta in “diretta” o “indiretta” a seconda che vi sia identità nel soggetto che prosegua o riprenda l’esercizio dell’attività. Sempre l’art. 84, 2° comma rende esplicita, in conformità alla previsione contenuta nell’art. 6, 1° comma, lett. l), n. 3, della legge delega, la compatibilità della continuità con la presenza di un contratto di affitto stipulato anteriormente al deposito del piano. Peraltro, in tale caso è necessario che il contratto di affitto sia stato stipulato “in funzione” della presentazione del ricorso. Questa previsione, introdotta nel corso dell’iter di formazione del CCI [21], non è a mio avviso opportuna e [continua ..]

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4.3. La continuità e il mantenimento dei livelli occupazionali

Come accennato in precedenza, l’art. 84, 1° comma, fissa una profonda distinzione fra continuità diretta e indiretta, introducendo, in quest’ultimo caso, l’ulteriore requisito del mantenimento (o della riassunzione) per almeno un anno successivo all’omologazione, della metà della media dei lavoratori dipendenti impiegati nei due esercizi anteriori rispetto al deposito del ricorso. Si tratta di un requisito generale, comunque necessario perché si possa parlare di “continuità indiretta” [29], indipendentemente dall’attualità di esercizio dell’azienda e dal giudizio di prevalenza previsto dal 3° comma, dal quale rimane evidentemente distinto. Ciò desta più di una perplessità, sia sul piano della legittimità che su quello del­l’opportunità.

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4.3.1. I dubbi di legittimità costituzionale della norma

In primo luogo, la norma presta il fianco a forti dubbi di legittimità costituzionale per eccesso di delega [30], posto che la legge delega non sembrava autorizzare l’in­troduzione di un regime giuridico della continuità indiretta così differente, fin sul piano dei requisiti essenziali. Certo, talune differenze di disciplina sono inevitabili e costituiscono un adattamento alle peculiarità dell’uno o dell’altro genere tipologico, come è ad esempio per la previsione concernente il riequilibrio finanziario, di cui all’ultima parte del 2° comma. Il suddetto vincolo non appare tuttavia tale, dal momento che si traduce in un requisito essenziale affinché possa anche solo profilarsi un concordato in continuità indiretta. L’eccesso di delega appare ancor più evidente se si considera che, ove il concordato non soddisfi tale requisito, in nessun caso si potrà parlare di continuità [continua ..]

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4.3.2. L’inadeguatezza della norma e le (prevedibili) difficoltà interpretative e applicative

Al di là dei dubbi di costituzionalità, è poi la disciplina introdotta a non convincere. In primo luogo, l’art. 84, 2° comma, prevede che il mantenimento o il ripristino del livello occupazionale debba essere previsto dal “contratto o dal titolo” sul quale il trasferimento si fonda. La previsione desta qualche stupore, poiché tale “contratto o titolo” ben potrebbe formarsi – come normalmente è – in un momento successivo al deposito del piano e della proposta, ossia in un momento successivo a quello in cui il Tribunale è chiamato a valutare, fra l’altro, anche la eventuale sussistenza della continuità ai fini dell’ammissione alla procedura. Anzi, se si considera che la cessione a terzi prevede quasi inevitabilmente il preventivo esperimento di procedure competitive, prima o dopo l’omologazione, è evidente che al momento dell’ammissione alla procedura [continua ..]

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5. Il ripristino dell’equilibrio economico e finanziario

L’art. 84, CCI, esplicita poi che il piano deve consentire il ripristino dell’equili­brio economico e finanziario dell’impresa. Per quanto riguarda la continuità diretta, si tratta di un requisito precedentemente ritenuto implicito, non essendo ammissibili neppure ai sensi dell’art. 186-bis, L. Fall., concordati in continuità che non consentano il conseguimento di tale riequilibrio. Tanto ciò è vero che la giurisprudenza ha dichiarato l’inammissibilità di piani che al loro esito vedevano la società in una situazione di deficit patrimoniale rilevante ai sensi dell’art. 2447 [42]. Il che non vale a dire che l’impresa debba mostrare la capacità di riequilibrio anche a prescindere dagli interventi di terzi, come invece è stato talora affermato [43], dal momento che una simile prospettiva appare avulsa dal contesto normativo vigente e futuro. Questo sia nelle ipotesi di [continua ..]

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6. Utilità e rischio nel concordato in continuità

Sulla scorta di quanto fin qui detto, è da ritenere che le linee interpretative ed applicative della disciplina tuttora vigente non potranno discostarsi dalla pronuncia della S.C. ricordata in apertura e dai principi della riforma. Il ricordato dibattito in ordine alla continuità indiretta dovrebbe dunque dirsi definitivamente sopito per il periodo di vacatio e di perdurante applicazione dell’art. 186-bis, L. Fall. Questo anche con riferimento ad una ulteriore prospettiva, accolta da alcune interpretazioni offerte dalla giurisprudenza di merito che hanno ricostruito in senso parzialmente diverso la nozione di continuità, prendendo le mosse da alcune norme che ne dettano la disciplina. In particolare, in questa ottica si è argomentato nel tentativo di limitare la portata delle fattispecie previste dall’art. 186-bis, evidenziando come una componente ineliminabile sia costituita dalla partecipazione dei creditori al rischio della [continua ..]

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7. Il giudizio di prevalenza

Passo così ad un altro aspetto che, come accennato in apertura, è stato sovente oggetto di attenzione in tutti i casi di concordati “misti”: il giudizio di prevalenza della componente della continuità. È noto che, accanto alle ipotesi della continuità indiretta, l’altra categoria che ha visto le maggiori incertezze interpretative è quella dei concordati c.d. “misti”, nei quali è prevista la cessione di attività non funzionali all’esercizio dell’azienda in concorso con una qualche forma di continuazione – diretta e indiretta – dell’attività d’impresa [60]. L’art. 186-bis chiarisce che la presenza di simili atti liquidatori non snatura il concordato in continuità; tuttavia, in tali casi è andata affermandosi la necessità di dar corso ad una valutazione circa la prevalenza della continuazione dell’attività [continua ..]

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NOTE

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