Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell´insolvenza e revoca degli amministratori di società in house (di Filippo Viola, Dottore di ricerca in Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Milano)


Con il provvedimento in esame il Tribunale di L’Aquila contribuisce a definire in via interpretativa la disciplina della revoca degli amministratori nel contesto di una procedura di regolazione della crisi di una società in house. Esso ricostruisce la nozione rilevante di giusta causa di revoca ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i. e chiarisce la natura del controllo giudiziale sulla presenza o meno della stessa. Muovendo dalle motivazioni del decreto in commento, lo scritto si interroga su quali possano essere in concreto le fattispecie idonee ad integrare la giusta causa di revoca, anche alla luce delle peculiarità della fattispecie delle società in house.

Access to an insolvency plan procedure and dismissal of directors of publicly-owned companies

With the order under analysis, the Court of L’Aquila provides a contribution to the interpretation of the rules governing the dismissal of directors in the context of a publicly-owned company’s insolvency plan procedure. In particular, the Court identifies the relevant concept of just cause for dismissal under Article 120-bis, paragraph four of the Italian Code of Business crisis and Insolvency and clarifies the nature of the judicial review on whether it occurs. Building on the grounds of the order, the paper questions what may be the cases that can qualify as just cause for dismissal, also in light of the special features of publicly-owned companies.

MASSIMA:  Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza – Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza – Revoca per giusta causa degli amministratori – Approvazione giudiziale – Ampiezza del controllo del giudice (Art. 120-bis, comma 1, c.c.i.i.; art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i.) Il controllo del Tribunale in ordine alla sussistenza della giusta causa di revoca degli amministratori di una s.p.a., che abbiano deciso di accedere a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza non ha carattere meramente “estrinseco”, e cioè limitato all’analisi del contenuto formale della delibera di revoca, ma si traduce in una disamina nel merito del provvedimento revocatorio, volta a sindacare la legittimità delle condotte che ne costituiscono il fondamento. Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza – Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza– Società in house – Poteri decisori degli amministratori – Necessità autorizzazioni – Insussistenza (Art. 120-bis, comma 1, c.c.i.i.; art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i.) La decisione di accedere a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza spetta in via esclusiva agli amministratori e non necessita di preventivi confronti, pareri o approvazioni di sorta da parte degli altri organi sociali, neppure in ipotesi di società in house. PROVVEDIMENTO: (Omissis). L’art. 120 bis c.c.i., nel legittimare “in via esclusiva” gli amministratori della società ad “accedere a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, sancisce, nel contempo, che “dalla iscrizione della decisione nel registro delle imprese e fino alla omologazione, la revoca degli amministratori è inefficace se non ricorre una giusta causa”. La norma in esame, onde evitare che la decisione di tal fatta degli amministratori possa indurre per ciò stesso i soci a revocarli, si premura di stabilire che “non costituisce giusta causa la presentazione di una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza in presenza delle condizioni di legge”. Con la conseguenza per la quale la delibera di revoca degli amministratori del c.d.a., adottata dall’assemblea in seguito alla decisione dell’organo amministrativo di accedere a uno strumento della regolazione della crisi, “deve essere approvata con decreto dalla sezione specializzata del tribunale delle imprese competente, sentiti gli interessati”. Tanto premesso, nel caso di specie, i ricorrenti hanno chiesto l’approvazione della delibera assembleare del 30.12.2022 con cui è stata disposta la revoca dei membri del c.d.a., ossia del presidente, (...) e dei consiglieri, (...). Giova preliminarmente rilevare come tale [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso e la decisione - 2. Inquadramento della questione in esame nel dibattito in merito ai poteri dei soci nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi della società - 3. Le specificità delle società in house - 4. La giusta causa di revoca degli amministratori ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i.: la contrapposizione fra controllo intrinseco e controllo estrinseco - 5. Giusta causa di revoca, assenza delle condizioni di legge e sindacato nel merito della scelta degli amministratori - 6. Giusta causa di revoca e società in house. Competenza esclusiva degli amministratori e coinvolgimento preventivo dei soci - NOTE


1. Il caso e la decisione

Con il decreto in commento, il Tribunale ordinario di L’Aquila ha deciso su un ricorso presentato da una società per azioni in house, con il quale la stessa domandava l’approvazione giudiziale, ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i., della delibera dell’assemblea dei soci avente ad oggetto la revoca per giusta causa degli amministratori, i quali avevano precedentemente deliberato di voler accedere a uno strumento di regolazione della crisi in cui la società versava. La società ricorrente, in persona del neo-nominato amministratore unico [1], argomentava la sussistenza della giusta causa di revoca dei membri del consiglio di amministrazione, contestando taluni gravi inadempimenti da parte degli stessi agli obblighi previsti dalla legge e dallo statuto ed inoltre il presunto abusivo ricorso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ai sensi della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 14/2019. Siffatte condotte avrebbero impedito ai soci-enti pubblici di esercitare sulla società in house il c.d. “controllo analogo” (nel caso di specie congiunto) ed avrebbero minato il “pactum fiduciae” tra i soci pubblici e gli amministratori revocati. I resistenti eccepivano anzitutto il difetto di legittimazione attiva dell’ammini­stratore unico della società ricorrente, in quanto, fra l’altro, la procedura di nomina dello stesso non sarebbe stata perfezionata, essendo ancora sub iudice l’approva­zione della delibera di revoca dei precedenti amministratori. Essi adducevano inoltre l’in­validità della delibera di revoca per alcuni vizi del procedimento assembleare. Negavano poi, nel merito, la sussistenza della giusta causa di revoca, per un verso contestando gli inadempimenti rilevati e per altro verso osservando come la scelta di porre in essere le attività funzionali all’ingresso in una procedura di regolazione della crisi sia, alla stregua del dettato normativo, di esclusiva competenza degli amministratori. Il Collegio riteneva infondate le eccezioni dei resistenti in ordine al difetto di legittimazione attiva del ricorrente e all’invalidità della delibera di revoca, ma nondimeno rigettava il ricorso, respingendo quindi l’istanza di approvazione della delibera di revoca, in quanto reputava quest’ultima non assistita da giusta causa.


2. Inquadramento della questione in esame nel dibattito in merito ai poteri dei soci nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi della società

Il decreto in commento è forse uno dei primi ad affrontare la questione della revoca degli amministratori da parte dei soci a seguito della decisione dei primi di richiedere, per conto e nell’interesse della società, l’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza previsti dalla legge [1]. Tale questione presenta particolare interesse, anche in ragione della novità della disciplina di riferimento, entrata in vigore il 15 luglio 2022 e contenuta nell’art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i. [così come formulato in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023, d’ora in avanti “la direttiva” o “direttva restructuring”]: essa attiene infatti al tema cruciale del ruolo dei soci nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi dell’impresa societaria [2], che sta alimentando un vivace dibattito fra gli interpreti. Con specifico riferimento al versante dei diritti amministrativi/organizzativi dei soci, la nuova disciplina, che si pone come attuativa del principio del divieto di ostruzionismo [3] di matrice europea, si caratterizza, come da più parti osservato, per un “depotenziamento” complessivo del loro ruolo [4]. Ne è testimonianza anzitutto la disciplina relativa alla posizione dei soci nella fase di pendenza ed esecuzione dello strumento di regolazione della crisi, ispirata dalle esigenze – sicuramente meritevoli di tutela – di garantire la massima celerità ed efficacia (anche da un punto di vista di economia processuale) di tali strumenti. Qui, infatti, il coinvolgimento dei soci, raggruppati in una o più classi, è previsto esclusivamente ex latere creditoris, mediante il voto sulla proposta (valendo peraltro il principio del silenzio-assenso), con conseguente applicazione del meccanismo della ristrutturazione trasversale. Quest’ultimo, tuttavia, per come costruito, non sembra in grado di offrire ai soci un alto livello di protezione [5]. Al cennato sistema del classamento sono poi collegati i meccanismi di attuazione “coattiva” del piano di cui agli artt. 120-quinquies, commi 5 e 6 e 118 c.c.i.i., i quali escludono – in fase esecutiva – la necessità di qualsiasi delibera assembleare altrimenti necessaria in base al diritto societario generale, in ragione dei contenuti del piano. Ma la stessa tendenza è [continua ..]


3. Le specificità delle società in house

Il provvedimento in commento è meritevole di attenzione anche in ragione della circostanza che la ricorrente è una società in house: il fenomeno del depotenziamento delle prerogative dei soci descritto nel paragrafo che precede deve infatti essere posto a confronto con tale peculiare fattispecie, giacché essa è caratterizzata in base all’essere la società assoggettata all’influenza determinante dei soci pubblici, a tal punto da qualificarla come soggetta ad un controllo analogo a quello che gli enti pubblici esercitano sui propri uffici interni. Premesso che la disciplina contenuta nel c.c.i.i. è destinata ad applicarsi anche alle società pubbliche (art. 1, comma 1, c.c.i.i.) [1], fatte salve le eventuali previsioni di leggi speciali in materia (art. 1, comma 3, c.c.i.i.), si pone la questione se le singole disposizioni (e, nel caso di specie, l’art. 120-bis) debbano o meno essere interpretate diversamente a seconda della diversa struttura che le imprese possono presentare sotto il profilo degli equilibri e dei rapporti tra i vari poteri. Più nello specifico, in relazione alle società in house, ci si potrebbe chiedere se trovi applicazione, in quanto compatibile con le leggi speciali in materia di crisi delle società pubbliche, la regola di cui all’art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i. e se, nell’affermativa, la natura pubblica della compagine sociale consenta o meno di ampliare i confini della nozione di giusta causa rispetto alle società “di diritto comune”, anche al di fuori dell’ipotesi del mutamento del quadro politico-ammini­strativo degli enti pubblici-soci [2]. A tali quesiti parrebbe poi strettamente collegato quello – pur trattato nel provvedimento in esame – della compatibilità o meno fra il c.d. controllo analogo (che, come si è già osservato, è requisito essenziale ai fini della qualificazione di una società come in house [3]) e la regola contenuta nell’art. 120-bis c.c.i.i., comma 1, c.c.i.i., che attribuisce agli amministratori in via esclusiva la competenza in merito alla decisione sull’accesso a uno strumento di regolazione della crisi e alla definizione dei contenuti del piano.


4. La giusta causa di revoca degli amministratori ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i.: la contrapposizione fra controllo intrinseco e controllo estrinseco

Il provvedimento in esame chiarisce anzitutto la tipologia del controllo che il giudice è chiamato ad effettuare in sede di «approvazione» della delibera di revoca degli amministratori ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i. La società ricorrente argomentava infatti che il sindacato dell’autorità giudiziaria avesse carattere meramente estrinseco, traducendosi esso «nella verifica dell’e­ventuale sussistenza di una causa di revoca che non [fosse] conseguenza della decisione degli amministratori di accedere a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza». Tale qualificazione sarebbe dipesa anche dalla regola secondo cui non costituisce giusta causa di revoca la presentazione di una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi in presenza delle condizioni di legge (art. 120-bis, comma 4, secondo periodo, c.c.i.i.). Vale preliminarmente la pena rilevare che la disposizione appena citata fa riferimento alla «domanda di accesso» e non alla decisione sull’accesso, cui fa invece riferimento il primo periodo del medesimo comma (che dispone l’inefficacia della revoca in assenza di giusta causa) nonché il comma 1 dell’art. 120-bis c.c.i.i. (in tema di riparto di competenze fra soci e amministratori). Ciò potrebbe indurre a ritenere, sulla base dell’argomento testuale, che qualora, come nel caso in esame, via sia una scissione temporale [1] fra il momento in cui gli amministratori si determinano ad accedere a una procedura di gestione della crisi (delegando ad esempio il presidente del c.d.a. a depositare, all’uopo, un ricorso per concordato preventivo o per accordo di ristrutturazione dei debiti) e il momento in cui viene presentata la domanda per l’apertura della procedura in concreto prescelta, corredata di piano e proposta, sia solamente la presentazione della domanda di accesso a non poter costituire, di per sé, giusta causa di revoca. Così, invece, la precedente e generica delibera del c.d.a. avente ad oggetto la manifestazione dell’inten­dimento di far ricorso a uno strumento di regolazione della crisi ben potrebbe integrare una fattispecie di revoca per giusta causa [2]. Tuttavia, nel provvedimento in commento, la questione della sussistenza della giusta causa è (condivisibilmente) affrontata con riferimento a tale precedente delibera del c.d.a., l’unica [continua ..]


5. Giusta causa di revoca, assenza delle condizioni di legge e sindacato nel merito della scelta degli amministratori

Il decreto in commento contribuisce utilmente a definire in via interpretativa la disciplina della revoca degli amministratori nel contesto di una procedura di regolazione della crisi di una società in house, chiarendo la natura del controllo giudiziale nonché la nozione rilevante di giusta causa ex art. 120-bis, comma 4, c.c.i.i. [1]. Ciò posto, possono svolgersi due ordini di considerazioni. Il primo, che verrà sviluppato nel presente paragrafo, è legato ai problemi posti dalla norma ora citata che non sono direttamente affrontati dal provvedimento esaminato e sui quali que­st’ultimo può eventualmente fornire alcune indicazioni di vertice. Il secondo, che verrà approfondito nel paragrafo che segue, attiene invece ai profili problematici di talune conclusioni cui giunge nel merito il Tribunale. Sul primo versante si pongono anzitutto dei problemi in tema di interazione fra la giusta causa di revoca e la presenza (o assenza) delle condizioni di legge, atteso che per espressa previsione non costituisce giusta causa la presentazione di una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi in presenza di tali condizioni (art. 120-bis, comma 4, secondo periodo, c.c.i.i.). Se il significato minimo della norma citata appare tutto sommato chiaro, volendo essa impedire che i soci revochino gli amministratori per il solo fatto che questi abbiano assunto un’iniziativa concordataria [2], meno evidente è il senso da attribuire all’espressione «condizioni di legge», nonché la natura del rapporto che lega l’assenza delle condizioni con la fattispecie della giusta causa. Anzitutto, sviluppando le osservazioni svolte nel paragrafo che precede, si osserva che la presenza delle condizioni, quale circostanza idonea ad escludere l’integrazione della giusta causa, sembra riferibile, nell’impostazione assunta dal decreto in commento, sia alla (cronologicamente precedente) decisione sull’ac­cesso sia alla (successiva) presentazione della domanda di accesso a uno specifico strumento, assumendo sotto questo profilo l’espressione «presentazione della domanda di accesso» di cui al comma 4 dell’art. 120-bis un significato ampio o atecnico. Quanto poi alla ricostruzione delle «condizioni di legge», in assenza di qualsiasi definizione al riguardo, una prima questione è se si tratti solamente [continua ..]


6. Giusta causa di revoca e società in house. Competenza esclusiva degli amministratori e coinvolgimento preventivo dei soci

Come rilevato in precedenza, la qualificazione della società ricorrente come “in house” pone il problema della compatibilità fra il controllo analogo, quale elemento essenziale della fattispecie [1] e l’art. 120-bis, comma 1, c.c.i.i., il quale riserva agli amministratori la competenza esclusiva in ordine alla scelta di accedere a uno strumento di soluzione della crisi e alla definizione del contenuto del piano. Tale problema si pone in quanto fra le decisioni attinenti alla definizione degli obiettivi strategici della società – che secondo la definizione di controllo analogo devono rimanere sotto l’influenza determinate del socio pubblico – potrebbero essere ricondotte anche quelle legate all’accesso a una procedura di gestione della crisi. Ciò tanto più in considerazione del fatto che, per espressa previsione di legge, il piano predisposto ai fini di una di tali procedure può contemplare interventi massicci sulla struttura finanziaria e organizzativa dell’ente, con possibilità di incisione significativa sui diritti dei soci [2]. Sul punto parrebbero essersi formati due orientamenti. Il primo [3] ritiene difficilmente conciliabile l’esercizio del controllo analogo con i poteri attribuiti agli amministratori dall’art. 120-bis, c.c.i.i. Il secondo [4], nell’ottica di adattare il controllo analogo alle esigenze del caso concreto, argomenta, anche per ragioni di coerenza del sistema [5], nel senso della astratta compatibilità fra controllo analogo e competenza esclusiva degli amministratori, attribuendo a questi ultimi, qualora le esigenze del caso concreto lo richiedano, il compito di rimettere la decisione ai soci pubblici, nel contesto di un fisiologico e non abusivo esercizio del controllo analogo. Sviluppando quest’ultima tesi, potrebbe sostenersi che né le decisioni legate all’accesso a uno strumento di regolazione della crisi spettino esclusivamente ai soci [6], né che siano rimesse interamente all’organo amministrativo, escludendo ogni interlocuzione dei soci con quest’ultimo. Più in particolare, potrebbe ipotizzarsi l’esistenza di un obbligo gravante sugli amministratori di convocazione preventiva dei soci in funzione consultiva, rispetto a una decisione che rimarrebbe, nella cornice dell’art. 120-bis, comma 1, c.c.i.i., pur sempre assunta [continua ..]


NOTE