Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il potere sospensivo della vendita concorsuale in capo al giudice delegato: la cassazione aggiusta il tiro (di Pasqualina Farina, Professore ordinario di Diritto processuale civile nell’Università degli Studi di Palermo)


Muovendo da una recente pronuncia della Cassazione che ha delimitato il potere del giudice delegato di revoca dell’aggiudicazione per ingiustizia del prezzo, lo scritto ripercorre la disciplina della sospensione della vendita e verifica la tenuta della soluzione proposta, anche alla luce della normativa adottata dal c.c.i.i.

Suspension of the insolvency sale: the court of cassation adjusts its aim

Starting from a recent decision of the Court of Cassation on the issue of the delegated judge’s power to revoke the bankruptcy sale, the paper verifies the correctness of the proposed solution, also in the light of the new regulations adopted.

MASSIMA: Fallimento – Liquidazione giudiziale – Liquidazione dell’attivo – Vendita fallimentare – Aggiudicazione a prezzo ingiusto – Offerta migliorativa – Potere sospensivo del g.d. – Esclusione (Artt. 107, 108, 182 L. Fall.; artt. 571, 586 c.p.c.; artt. 216, 217 c.c.i.) In seguito al regolare svolgimento della vendita, all’esito di adeguata pubblicità, e sempre che tutti gli interessati siano stati messi nelle condizioni di partecipare, valutando autonomamente il valore del bene e il prezzo da offrire, l’aggiudicazione eventualmente disposta è intangibile, anche in caso di offerta migliorativa, salvo ipotesi eccezionali (interferenze di natura criminale, sopravvenute circostanze di fatto, ecc.) in cui il g.d. può – su rilievo della parte – sospendere la vendita a norma dell’art. 108, comma 1, L. Fall. PROVVEDIMENTO: (omissis). 5.1. – L’art. 108 l.fall. (come riformato dall’art. 95 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) – dettato in tema di liquidazione dell’attivo fallimentare ma richiamato in ambito concordatario, nei limiti di compatibilità, dall’art. 182, comma 5, l.fall. – attribuisce al giudice delegato il potere discrezionale di sospendere le operazioni di vendita, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati (e previo parere del comitato dei creditori), qualora ricorrano gravi e giustificati motivi, nonché, su istanza degli stessi soggetti, di impedire il perfezionamento della vendita, anche dopo l’aggiudicazione, «quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato». In questo secondo caso occorre quindi che sussista una notevole sproporzione tra il prezzo di aggiudicazione e quello “giusto” – da individuare non in astratto, ma in concreto, anche alla luce della contingente situazione del mercato di riferimento, senza che però la legge indichi un rigoroso criterio quantitativo cui correlare la conseguente determinazione, la quale resta perciò affidata al prudente apprezzamento del giudice (Cass. 34457/2022, 669/2017, 16755/2010). 5.2. – Analogamente, l’art. 107, comma 4, l.fall. (come riformato dall’art. 94 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e parimenti richiamato dall’art. 182, comma 5 l.fall.), che consente al curatore fallimentare di sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa, per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto, attribuisce al predetto organo un potere discrezionale circa la valutazione dell’effettiva convenienza della sospensione (e del conseguente rinnovo della procedura liquidatoria) che non si basa su di un mero calcolo matematico, ma può sorreggersi anche su considerazioni di natura non strettamente economica (come [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso di specie - 2. Le diverse tipologie di sospensione della vendita ex art. 108 L. Fall. - 3. La stabilità dell’aggiudicazione come caratteristica fondamentale delle vendite forzate - 4. Il (circoscritto) potere sospensivo del giudice delegato e l’art. 217 c.c.i. - NOTE


1. Il caso di specie

Il commissario liquidatore di una procedura di concordato preventivo disponeva una procedura di vendita competitiva dell’opificio industriale, il cui valore di stima a prezzo di mercato ammontava a complessivi € 2.297.800,00. A causa delle decurtazioni conseguenti agli infruttuosi tentativi di vendita il prezzo base ammontava ad un importo pari ad € 941.178,88. All’esito dello svolgimento della vendita concorsuale, conformemente alla modalità del “senza incanto”, ai sensi degli artt. 569 e 572 c.p.c., i beni erano aggiudicati (il 27 febbraio 2017) in capo al miglior offerente per euro 706.000,00, nel rispetto della disciplina della cd. “offerta minima”. Qualche tempo dopo (il 10 marzo 2017), veniva formulata un’offerta di acquisto migliorativa irrevocabile, per € 777.000,00, corredata da una cauzione pari al 10% di tale importo; sicché il terzo offerente chiedeva al commissario la sospensione della vendita ex art. 107, comma 4, L. Fall. o, in subordine, che la sospensione fosse disposta dal giudice delegato ai sensi dell’art. 108 L. Fall., per l’espletamento della gara con l’aggiudicatario. In seguito (e cioè il 20 aprile 2017) anche la società debitrice ammessa al concordato proponeva istanza di sospensione e, quindi, reclamava al collegio il diniego del giudice delegato, ritenendo invece sussistenti i “gravi e giustificati motivi” richiesti dall’art. 108 per l’invocata sospensione. Premesso che il presupposto richiesto dall’art. 108 L. Fall. perché il giudice sospenda la vendita è la notevole sproporzione tra il prezzo astrattamente giusto e quello offerto, il tribunale ha rigettato il reclamo, ritenendo che l’aggiudicazione fosse avvenuta per un importo “giusto” [1]. La società debitrice ha impugnato la statuizione con ricorso in cassazione fondato su due diversi motivi. Il primo riposa sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 L. Fall. e del principio generale per cui le vendite concorsuali devono perseguire l’obiettivo del prezzo giusto e congruo (nonché del massimo realizzo possibile), avendo il tribunale ritenuto che il “prezzo giusto” fosse (non già quello di stima ai valori di mercato, bensì) quello di aggiudicazione – inferiore del 60% rispetto al primo – solo perché erano andati deserti ben [continua ..]


2. Le diverse tipologie di sospensione della vendita ex art. 108 L. Fall.

Il potere sospensivo della vendita è normativamente attribuito al giudice delegato in due diverse fattispecie. Ed infatti, a norma della prima parte del comma 1 dell’art. 108 L. Fall. le operazioni di vendita possono essere sospese da tale organo, su apposita istanza del debitore, del comitato dei creditori o da altri interessati (come ad es. offerenti esclusi dalla gara, creditori, ecc.), in caso di gravi e giustificati motivi [1]. Lungi dal richiedere la sussistenza di uno specifico fatto o evento, la generica formulazione della norma (anche rispetto a quanto previsto dall’art. 36 L. Fall. che riconosce al giudice il potere di revisione sugli atti del curatore e del comitato dei creditori, adottando come parametro esclusivo quello della violazione di legge) si presta a plurime declinazioni applicative. Tra queste possono senz’altro annoverarsi i vizi e/o le irregolarità del subprocedimento di vendita (come ad es. la violazione delle norme in materia di pubblicità), tutte quelle difformità rispetto al programma di liquidazione approvato dal comitato dei creditori o al provvedimento di autorizzazione degli atti esecutivi del giudice delegato, anche rispetto all’autorizzazione concessa dallo stesso giudice per una liquidazione anticipata, l’adozione di modalità non competitive per la vendita o di modalità competitive inadeguate rispetto alla consistenza ed alle caratteristiche dei beni oggetto della vendita. In ogni caso, il giudice, nel pronunciarsi sulla sospensione, è tenuto – in considerazione dell’ampio margine di discrezionalità – a motivare il proprio convincimento al riguardo[2] e, ove revochi l’aggiudicazione, a disporre la restituzione all’aggiudicatario delle somme già versate, unitamente agli interessi ove siano state applicate modalità di deposito tali da rendere fruttifera la somma [3]. Discorso diverso va fatto per l’ultima parte del comma 1 dell’art. 108 L. Fall., per il quale il giudice delegato, sempre su istanza presentata dai soggetti di cui s’è detto poc’anzi, può impedire il perfezionamento della vendita, nel termine di dieci giorni dal deposito di cui al comma 4 dell’art. 107 L. Fall. [4] In questa peculiare fattispecie il legislatore da un lato circoscrive le eventuali contestazioni in un termine stretto, scandito dal momento [continua ..]


3. La stabilità dell’aggiudicazione come caratteristica fondamentale delle vendite forzate

L’ampiezza del potere sospensivo delle operazioni di vendita per ingiustizia del prezzo [1], in difetto di un predeterminato, concreto criterio cui correlare la conseguente determinazione, ha progressivamente condotto a risultati interpretativi disomogenei, che hanno minato la stabilità dell’aggiudicazione e, conseguentemente, la celerità della procedura, aumentando i costi ed il rischio di degrado del bene [2]. Per questa ragione, il legislatore processuale – consapevole che l’efficienza dell’espropriazione immobiliare (sia sotto il profilo della migliore soddisfazione dei creditori sia della celerità della procedura) riposa sulla stabilità dell’aggiu­dicazione – ha di fatto abrogato, con la riforma del 2015, le vendite all’incanto ex art. 576 c.p.c., per tutelare al massimo l’aspettativa (giuridicamente qualificata) al trasferimento dell’immobile vantata dall’aggiudicatario [3], scommettendo (non più su eventuali offerte in aumento) ma, lo si dirà meglio in seguito, sul­l’incremento del numero delle offerte conseguente ad un prezzo iniziale particolarmente basso [4]. Nel tentativo di accrescere la stabilità della vendita forzata immobiliare, la giurisprudenza di legittimità ha quindi subordinato l’esercizio del potere sospensivo del g.e. ex art. 586 c.p.c., non solo ad un prezzo d’aggiudicazione notevolmente inferiore a quello giusto ma anche alla sussistenza di determinate fattispecie. Si tratta: a) dell’emersione di fatti nuovi purché successivi all’aggiudicazione; b) di interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento di vendita, inclusa la stima del bene; c) di dolo (scoperto dopo l’aggiudicazione) incidente sul prezzo fissato nella stima; d) di fatti o elementi prospettati, da una parte che essa sola conosceva anteriormente all’aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, sempre che queste li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’esercizio del potere del giudice dell’esecuzione [5]. La Corte ha, quindi, confermato la legittimità della vendita forzata immobiliare anche in caso di elementi o fatti sopravvenuti (rispetto all’ordinanza di vendita) conosciuti dalle parti, ma mai dedotti [continua ..]


4. Il (circoscritto) potere sospensivo del giudice delegato e l’art. 217 c.c.i.

Tornando alla disamina della suddetta decisione, essa ci pare corretta – oltre che su un piano dogmatico-sistematico - anche da un punto di vista schiettamente procedimentale. Come precisato nel § 6 del provvedimento in commento, la revoca dell’aggiu­dicazione sarebbe stata innanzitutto contraria alle prescrizioni del bando di vendita che espressamente escludeva la legittimità di offerte migliorative [1]. In secondo luogo, il giudice del merito aveva evidenziato, a supporto del diniego del potere sospensivo e a conferma della congruità del valore di aggiudicazione, che questa: a) era stata preceduta da quattro aste deserte (sintomo di scarsa appetibilità dei beni sul mercato o comunque di un’eccedenza del valore di stima rispetto a quello reale); b) era avvenuta per un importo in linea con quello conseguito da altre vendite realizzate nell’ambito di altre procedure concorsuali nella zona di riferimento, per opifici aventi la stessa destinazione, tutti venduti a prezzi di gran lunga inferiori ai valori di stima; e che c) l’esigua offerta in aumento era controbilanciata dalla probabile chiusura della procedura in tempi brevi, dall’assenza di garanzie di adempimento, sottolineando che la stessa società reclamante non aveva mai rilevato alcunché sui ribassi disposti per i precedenti tentativi di vendita. L’esercizio del potere discrezionale non appare, dunque, fondato su presupposti errati o su motivazioni manifestamente illogiche o arbitrarie, risultando sottratto al sindacato giurisdizionale. Di là però dalle peculiarità del caso di specie, il Collegio – dopo aver importato per il potere sospensivo del g.d. i medesimi criteri elaborati in materia di sospensione ex art. 586 c.p.c. – ha chiarito come la tutela della stabilità dell’aggiudicazione rappresenti, in realtà, un criterio portante delle nuove disposizioni adottate dal c.c.i., a garanzia della certezza del diritto, nonché dell’efficienza e della speditezza delle esecuzioni (anche concorsuali). Ed infatti, la formulazione dell’art. 217 c.c.i., nel recepire buona parte delle indicazioni provenienti sull’offerta minima ex artt. 571 ss. c.p.c., ha definitivamente chiarito che il concetto di «prezzo» non è più ancorato al valore commerciale dell’immobile, risultando legittima anche quella aggiudicazione [continua ..]


NOTE