Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Le proposte concorrenti nel codice della crisi: fattispecie e disciplina (di Marco Aiello, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Torino)


L’articolo ricostruisce l’istituto delle proposte concorrenti, collocandolo nel più ampio sistema della competitività del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Dopo averlo inquadrato nella contendibilità dell’attivo eccedente la soglia vincolata all’osservanza dell’absolute priority rule, si esaminano i tratti più rilevanti e innovativi della disciplina, con focus sui profili di legittimazione, di immunità dalla concorrenza, di acquisto del controllo dell’impresa debitrice (anche in relazione alle regole di cui agli artt. 120-bis ss. c.c.i.i.), di rapporti con le procedure di gruppo. Ci si sofferma altresì sull’iter procedimentale, cogliendone le peculiarità rispetto al percorso ordinario.

The competing proposals in the italian bankruptcy law: case and rules

The paper focuses on competing proposals, placing them in the broader competitive system of the new Italian bankruptcy law. They rule the competition on assets exceeding the value bound by the absolute priority rule. The most relevant and innovative aspects of the discipline are examined, with a focus on legitimation, immunity from competition, acquisition of control of the debtor company (also in relation to the rules established by the art. 120-bis ff. c.c.i.i.), relationships with group procedures. It also focuses on the procedural process, capturing its peculiarities compared to the ordinary path.

SOMMARIO:

1. Le proposte concorrenti nel sistema della competitività del nuovo codice - 2. La contendibilità dell’attivo eccedente il valore della liquidazione giudiziale - 3. I soggetti legittimati: creditori e soci qualificati - 4. L’area di immunità dalle proposte concorrenti - 5. Il contenuto della proposta concorrente, il correlato piano e il perimetro della relazione dell’esperto indipendente - 6. L’acquisizione del controllo dell’impresa: l’aumento del capitale con limitazione o esclusione del diritto di opzione e le altre modifiche statutarie - 7. L’omesso coordinamento con la disciplina del concordato di gruppo - 8. L’avvio dell’iter: l’accesso alle informazioni - 9. La presentazione e l’eventuale modifica della proposta concorrente - 10. Il vaglio di ammissibilità - 11. La selezione della proposta prevalente - 12. La partecipazione al voto del terzo proponente - 13. La gestione dell’impresa in costanza di procedura e i problemi della revoca dell’ammissione e della rinuncia alla domanda del debitore - 14. L’omologazione e l’esecuzione della proposta concorrente - 15. La risoluzione e l’annullamento del concordato o del piano di ristrutturazione fondati sulla proposta concorrente omologata - NOTE


1. Le proposte concorrenti nel sistema della competitività del nuovo codice

Il nuovo impianto normativo conferma il rilievo sistematico del principio della competitività [1]. Esso è destinato a esplicarsi, sia pure con articolazioni e intensità diverse, nell’ambito della gran parte degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (fanno eccezione gli accordi esecutivi dei piani attestati di risanamento e gli accordi di ristrutturazione dei debiti), oltre che nella composizione negoziata [2]. La concorrenza costituisce un mezzo di fondamentale importanza per accrescere il livello di soddisfacimento dei creditori e viene applicata anzitutto alle dismissioni di attivi, inclusa la cessione dei complessi aziendali. Con l’indispensabile coinvolgimento dell’autorità giurisdizionale (che provvede, a seconda dei casi, all’esito di una vera e propria gara o, quantomeno, di un iter autorizzativo), si procede alla selezione del miglior cessionario, inteso – nella sostanza – come il soggetto disposto a offrire il corrispettivo più elevato. Alla competizione sulle vendite si affianca quella sottesa alle proposte concorrenti [3]; con oggetto ben più ampio, perché si appunta sull’intera regolazione dell’in­solvenza [4], mirando a favorire l’adozione del complessivo assetto ritenuto preferibile dai creditori. Si permette a soggetti diversi dal debitore di formulare soluzioni alternative a quella predisposta dall’imprenditore, demandando ai creditori la selezione di quella destinata a prevalere, sulla base della loro discrezionale valutazione di convenienza [5]. Questo peculiare meccanismo presenta un perimetro applicativo circoscritto, coincidente con il concordato preventivo e il piano di risanamento soggetto a omologazione, senza restrizioni legate alla tipologia di piano [6]. Non sembra invece possibile alcuna estensione a istituti diversi, neppure al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata; non solo per la mancanza di uno specifico rimando [7], ma anzitutto in ragione di una vera e propria incompatibilità strutturale [8]. L’assenza del voto, pur in qualche modo compensata dal diritto di proporre opposizione ex art. 25-sexies, comma 4, c.c.i.i., preclude il confronto tra proposte alternative e, soprattutto, impedisce la selezione di quella più gradita ai creditori. In materia di proposte [continua ..]


2. La contendibilità dell’attivo eccedente il valore della liquidazione giudiziale

Ancorché le proposte concorrenti siano concepite come strumento teso a incrementare (quantitativamente o qualitativamente) il soddisfacimento dei creditori [1], la loro concreta attivazione presuppone anzitutto che il terzo abbia un effettivo interesse a farsi avanti. Ciò accade quando, dinanzi a piani e proposte sbilanciati a favore dell’imprenditore, vi sia la possibilità di dare all’insolvenza una regolazione diversa, che grazie a una differente allocazione delle risorse si prospetti più conveniente per i creditori e, al contempo (e prim’ancora), appetibile per il terzo. In questa visuale, tale particolare forma di competizione può essere letta, nel concordato preventivo, come una contesa circa la redistribuzione dei valori generati dal piano eccedenti il verosimile risultato della liquidazione giudiziale; laddove del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione l’oggetto della potenziale redistribuzione è addirittura più ampio, per effetto della possibilità di derogare agli artt. 2740 e 2741 c.c. Quanto al concordato preventivo, data la varietà di articolazioni che esso può assumere, è ben possibile che il debitore (o il terzo proponente) trattenga un quid per sé. Pur nel contesto di un dibattito assai articolato [2], questa possibilità era ammessa già in passato, nei limiti – naturalmente – dei casi di continuità aziendale (anzitutto, ma non esclusivamente, diretta) [3]; e tale impostazione ha trovato espressa conferma nelle disposizioni degli artt. 84, commi 1 e 6, e 87, comma 3, c.c.i.i. [4]. Quando opta per la continuità, infatti, il ricorrente evita, del tutto legittimamente, la dismissione dei cespiti strategici, potendoli distogliere dalla loro funzione di garanzia generica ex art. 2740 c.c., alla duplice condizione che (i) la soluzione prospettata assicuri ai creditori un trattamento non deteriore di quello che deriverebbe dalla liquidazione giudiziale e che (ii) sia rispettata la relative priority rule declinata dall’art. 84, comma 6, c.c.i.i. Considerazioni analoghe valgono per il concordato con assunzione, nel quale di regola l’assuntore mira non soltanto alla regolazione della crisi, ma anche – e soprattutto – ad appropriarsi del valore che residuerà una volta soddisfatti i creditori in conformità al decreto di [continua ..]


3. I soggetti legittimati: creditori e soci qualificati

Il diritto di presentare proposte concorrenti spetta esclusivamente ai creditori dell’impresa e, in particolare, a quelli che siano titolari di almeno il dieci per cento dell’ammontare complessivo dei crediti esposti nella situazione patrimoniale allegata al ricorso del debitore. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, la legittimazione spetta altresì ai soci, purché rappresentino almeno il dieci per cento del capitale [1]. Diversamente da quanto accade nel concordato nella liquidazione giudiziale, non si è voluto aprire la competizione a qualsiasi interessato [2]. Si è invece preferito inserire un filtro, teso a selezionare le eventuali iniziative dei terzi sulla base della rilevanza, qualitativa e quantitativa, dei loro interessi. Dinanzi alla necessità di bilanciare le contrapposte istanze della libera iniziativa del debitore e del miglior soddisfacimento dei creditori, il punto di equilibrio è stato individuato dal legislatore in un meccanismo che non concede a chiunque la possibilità di interferire con il progetto di regolazione dell’insolvenza predisposto dall’imprenditore. Perché le prospettazioni alternative siano meritevoli di considerazione, entrando in dialettica con quella originaria, è necessario – in via generale – che esse siano sostenute da un qualificato interesse al miglioramento del tasso di recovery; ravvisabile quando il terzo sia coinvolto direttamente e in misura rilevante nell’insolvenza, in quanto, per l’appunto, esso stesso creditore di importi consistenti [3]. Di differente natura sono, invece, le ragioni che hanno condotto, con l’entrata in vigore del nuovo codice, all’estensione della legittimazione ai soci, purché titolari di una partecipazione qualificata [4]. Si è al cospetto di un opportuno contrappeso al potere dell’organo gestorio [5]. Tenuto conto che l’art. 120-bis c.c.i.i. attribuisce in via esclusiva agli amministratori qualsiasi decisione circa l’accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, compresa la definizione del contenuto della proposta e delle condizioni del piano [6], si è attribuito ai soci uno strumento di reazione a soluzioni ritenute dagli stessi eccessivamente penalizzanti o, comunque, subottimali. In questa prospettiva, la facoltà di elaborare una proposta [continua ..]


4. L’area di immunità dalle proposte concorrenti

L’imprenditore può rendersi immune dalle proposte concorrenti. È sufficiente che egli riservi ai propri creditori un trattamento non inferiore a determinati standard economici perché l’iniziativa ostile sia preclusa [1]. Il regime di esenzione dalla concorrenza opera naturalmente solo a favore del debitore. Quando invece è la prospettazione del terzo a porsi al di sopra delle prescritte percentuali, i rilanci sono sempre ammissibili, da parte sia dell’imprenditore che di eventuali ulteriori concorrenti [2]. Questo meccanismo si traduce in una forma di protezione dell’imprenditore dal mercato e contribuisce a circoscrivere in misura significativa la reale portata dell’i­stituto delle proposte concorrenti, destinato a operare soltanto al cospetto di soluzioni che offrono ai creditori un livello di soddisfacimento oggettivamente modesto; nell’ambito della regolazione di situazioni certamente riconducibili a grave incapienza patrimoniale e, quindi, senz’altro a vera e propria insolvenza [3]. Al di fuori di queste ipotesi, il debitore si riappropria del monopolio della proposta, con conseguente sacrificio delle istanze dei creditori tese al suo miglioramento [4]. Venendo al dato numerico, le proposte concorrenti non sono ammesse se la prospettazione del debitore è idonea ad assicurare il pagamento di almeno il trenta per cento [5] dei debiti chirografari; inclusi, nel concordato preventivo, quelli degradati per effetto dell’incapienza dei beni sui quali insiste la prelazione, speciale o generale, da cui siano eventualmente assistiti [6]. Nel piano di risanamento soggetto a omologazione, data la deroga alla priority rule, non può farsi applicazione analogica del meccanismo del degrado e, in assenza di più chiara indicazione normativa, sembra doversi ritenere che l’immunità dalla competizione scatti quando il suddetto trattamento minimo sia offerto anche ai privilegiati (ferma la necessità di soddisfare integralmente, in denaro ed entro trenta giorni dall’omologazione quelli assistiti dalla prelazione di cui all’art. 2751-bis, n. 1, c.c.) [7]. La percentuale si riduce al venti per cento quando il debitore abbia utilmente avviato la composizione negoziata della crisi [8], secondo un meccanismo premiale – che si affianca alle misure di cui all’art. 25-bis c.c.i.i. [9] [continua ..]


5. Il contenuto della proposta concorrente, il correlato piano e il perimetro della relazione dell’esperto indipendente

La proposta concorrente è, a tutti gli effetti, una vera e propria proposta di concordato preventivo o, a seconda dei casi, di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Chi la predispone gode delle stesse libertà ed è astretto dai medesimi vincoli del ricorrente originario [1], pur con gli aggiustamenti che si rendono necessari per via del suo innesto su una procedura già avviata [2]. Non è necessario che la prospettazione del terzo sia omogenea a quella del debitore [3]: egli è libero di costruire lo scenario alternativo con piena discrezionalità (ferma, naturalmente, l’osservanza della legge), senza essere in alcun modo vincolato dalle pregresse scelte dell’imprenditore. Di conseguenza, la proposta concorrente può indifferentemente adottare una soluzione di continuità aziendale o di liquidazione, in maniera del tutto indipendente dall’opzione originaria [4]. Del resto, nulla vieta ai creditori di selezionare la soluzione liquidatoria (accompagnata da un cospicuo quid pluris), anche preferendola all’impostazione fondata sulla prosecuzione, diretta o indiretta, dell’attività d’impresa [5]. Tale conclusione è coerente con la circostanza che nel concordato preventivo e nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione – diversamente da quanto accade nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – le istanze tese alla conservazione dei complessi produttivi e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, pur non irrilevanti [6], sono comunque tuttora ancillari rispetto alla tutela del credito [7]. Dalla possibile disomogeneità nelle soluzioni enucleate dall’autonomia privata discende che le plurime proposte concretamente formulate potrebbero non essere agevolmente comparabili [8], con conseguente difficoltà di individuare quella in assoluto migliore. Tale circostanza è peraltro del tutto fisiologica. A differenza di quanto si verifica in materia di offerte concorrenti (laddove spetta agli organi della procedura selezionare l’offerta più idonea a massimizzare il tasso di recovery dei creditori, attraverso un’apposita gara che postula la piena confrontabilità delle diverse opzioni sul tappeto), in questo caso l’individuazione della soluzione da preferirsi è rimessa alla discrezionale valutazione [continua ..]


6. L’acquisizione del controllo dell’impresa: l’aumento del capitale con limitazione o esclusione del diritto di opzione e le altre modifiche statutarie

Le proposte concorrenti si attagliano a situazioni eterogenee dal punto di vista della sostanza economica. Da un lato vi sono gli interventi di modifica, più o meno ampia, della proposta e del piano dell’imprenditore; i quali, pur senza privarlo del ruolo di attore protagonista, lo costringono a recitare un copione almeno in parte diverso da quello originale [1]. Dall’altro si pongono gli interventi animati da intenti acquisitivi, in quanto mirano al subingresso del terzo nella posizione dell’impren­ditore insolvente. Queste ultime operazioni di norma si concretizzano in proposte concorrenti strutturate secondo gli schemi dell’assunzione o basate su piani che postulano interventi sul capitale idonei a determinare la diluizione dei vecchi soci, quando non la loro integrale estromissione dalla compagine sociale. Esse si risolvono nel trasferimento (in via immediata nel primo caso, mediata dallo schermo societario nel secondo) della sostanziale disponibilità del patrimonio dell’imprenditore insolvente al terzo (o al soggetto dallo stesso individuato); il quale – beninteso – non l’acquista a costo zero. Al contrario, egli è chiamato a farsi carico di impegni oggettivamente gravosi, dovendo assicurare, secondo le modalità e nel rispetto dei termini prospettati, il reperimento delle risorse necessarie per la copertura del fabbisogno, facendosi carico in proprio (direttamente come assuntore o, indirettamente, quale nuovo socio di controllo) dell’obbligo di attuare il piano e di adempiere alla proposta [2]. Ove declinata in conformità a questi paradigmi, l’iniziativa concorrente assolve non solo alla funzione di favorire la regolazione dell’insolvenza più idonea a incrementare il tasso di recovery, ma anche – e soprattutto – a quella di stimolare il mercato delle imprese in difficoltà. La prospettazione di uno scenario alternativo più appetibile per i creditori si trasforma in una sorta di corollario accessorio di operazioni inquadrabili anzitutto tra i fenomeni del trasferimento delle realtà produttive e, limitatamente agli interventi sul capitale di debitori costituiti in forma societaria, del cambio del controllo. In tali situazioni il vero intento del terzo non è tanto quello di vedere incrementato l’importo che riceverà dal concordato nella sua qualità di creditore o – a [continua ..]


7. L’omesso coordinamento con la disciplina del concordato di gruppo

Nel nuovo codice manca un espresso coordinamento delle regole sulle proposte concorrenti con la disciplina del concordato di gruppo [1]. Spetta quindi all’interpre­te enucleare le interrelazioni tra i due istituti e, in particolare, individuare come possa atteggiarsi l’iniziativa del terzo dinanzi all’unica domanda di concordato preventivo [2] formulata da più società del medesimo gruppo; la quale pone interrogativi di non poco momento sotto il duplice profilo del perimetro della proposta concorrente e del computo delle soglie di legittimazione, nonché di quelle esenzione; senza dire delle oggettive criticità che rischiano di sorgere nella fase deliberativa. Fermo restando che il terzo può formulare una proposta concorrente di gruppo solo nel caso in cui sia già stato depositato un unico ricorso di accesso al concordato (non avendo egli la possibilità di influire sulla costruzione della domanda), la circostanza che l’iniziativa in competizione non debba conformarsi alla concreta articolazione della proposta e del piano del debitore potrebbe indurre a ritenere che neppure l’opzione per il concordato di gruppo sia vincolante per il terzo. Il terzo resterebbe quindi libero sia di adottare una soluzione che si collochi al medesimo livello (formulando anch’egli una proposta di gruppo), sia di limitarsi a prospettare scenari atomistici, anche solo per una o alcune delle società coinvolte [3]. Pur nella consapevolezza della non decisività dell’argumentum ab inconvenienti, non può sottacersi che tale lettura rischia di rivelarsi insoddisfacente, nella misura in cui, ogniqualvolta la preferenza fosse accordata alla proposta concorrente circoscritta alla monade, verrebbero automaticamente meno le condizioni di fattibilità del piano unitario o, comunque, dei piani correlati (quale corollario del collegamento); con epilogo ragionevolmente coincidente con la liquidazione giudiziale per tutte le altre società del gruppo (salvo che anche i loro creditori optino per una prospettazione concorrente di stampo autarchico, sempre che sia concretamente formulata). Né a queste ultime sarebbe concesso di modificare il proprio piano unitario (o i propri piani interrelati) per tenere conto della defezione della società per la quale sia prevalsa la proposta concorrente autonoma: dal momento che i creditori di ciascuna [continua ..]


8. L’avvio dell’iter: l’accesso alle informazioni

L’iniziativa del terzo presuppone che egli abbia precisa contezza della situazione in cui versa l’impresa debitrice [1]. Perché ciò avvenga, i creditori e i soci [2] possono chiedere al commissario giudiziale le informazioni che egli ritenga utili per la predisposizione della proposta concorrente, senza limitazione a quelle ricavabili dalle scritture contabili e fiscali obbligatorie. Il commissario procede in tal senso valutata la congruità dell’istanza (da intendersi anzitutto come serietà della stessa) [3] e previa assunzione degli accorgimenti più idonei a tutelare la riservatezza dei dati aziendali. Il filtro soggettivo ricalca solo in parte quello della legittimazione alla formulazione dell’iniziativa in competizione. In questa fase embrionale è sufficiente il mero status di creditore o di socio, mentre non è richiesto il superamento delle già menzionate soglie di credito o di partecipazione [4]. È del resto fisiologico che il terzo, quando non sia ab origine un creditore o un socio qualificato, in primo luogo si metta in condizione di prendere visione dei dati (se del caso mediante acquisti di crediti o partecipazioni di modesta entità), per poi valutare – anche alla luce delle informazioni acquisite – se affrontare il più cospicuo investimento per raggiungere il dieci per cento dell’esposizione debitoria o del capitale [5]. La legge non stila un elenco tassativo delle informazioni da mettere a disposizione degli interessati. Si è preferita una formulazione aperta, incentrata sulla nozione dell’utilità, da valutarsi caso per caso. Lo spettro dell’accesso ai dati è quindi potenzialmente molto ampio e spazia dagli aspetti patrimoniali, economici e finanziari ai profili industriali, dalle strategie di business al collocamento sul mercato e ai rapporti con fornitori e clienti. Di qui la necessità che il commissario giudiziale dosi l’accesso alle informazioni con attenta ponderazione [6], con una funzione di selezione senz’altro opportuna [7]; ancorché, consistendo essa nel bilanciamento tra interessi contrapposti, sarebbe forse stato più coerente con il sistema rimetterla al giudice delegato [8]. La criticità non va peraltro sovrastimata: l’intervento giurisdizionale è infatti comunque assicurato dalla [continua ..]


9. La presentazione e l’eventuale modifica della proposta concorrente

La presentazione della proposta concorrente è ammissibile solo all’interno di una ben precisa finestra temporale [1]. Essa presuppone che sia già intervenuto il deposito, da parte dell’imprenditore, della proposta e del piano originari. Tale incombente è infatti indispensabile perché sia verificabile l’ammissibilità dell’iniziativa del terzo, preclusa ogniqualvolta il debitore sia in grado di assicurare la soglia minima di soddisfacimento che lo rende immune dalla concorrenza. Deve pertanto escludersi che la proposta concorrente sia validamente formalizzabile prima che il debitore sia stato ammesso alla procedura e, in particolare, nella fase “in bianco” di cui all’art. 44 c.c.i.i. [2]. Il dies ad quem è fissato nel trentesimo giorno antecedente l’inizio delle operazioni di voto. Tale scadenza è successiva al deposito della relazione commissariale, che deve intervenire quarantacinque giorni prima della medesima circostanza. Ciò consente al terzo non solo di fruire in via preventiva di un documento oggettivamente molto rilevante con riguardo agli aspetti informativi, ma anche di profittare della possibilità di far coincidere l’oggetto della relazione dell’esperto indipendente coi soli profili di fattibilità che non siano già stati positivamente vagliati dal commissario [3]. Nella predetta relazione si deve dare conto di tutte le proposte presentate [4]. Sicché, salvo il caso – per vero improbabile – in cui il terzo dia corso alla propria iniziativa senza attendere il deposito del menzionato documento, dalla presentazione di una proposta concorrente discende l’onere, per il commissario, di redigere un’integrazione al proprio elaborato, da depositarsi entro quindici giorni prima del­l’inizio delle operazioni di voto [5]. Il commissario, all’esito di un attento vaglio critico, deve illustrare le diverse soluzioni sul tappeto con adeguato livello di dettaglio, procedendo altresì alla loro comparazione [6]; senza che peraltro vi sia alcuna necessità di (né sia probabilmente opportuno) individuare la prospettazione migliore [7]. È al contrario sufficiente mettere in luce i punti di forza e di debolezza di ciascuno scenario, di modo che i creditori possano valutare, in maniera pienamente informata, quale sia quello [continua ..]


10. Il vaglio di ammissibilità

Una volta depositata, la proposta del terzo è soggetta al vaglio del tribunale, che si pronuncia sulla sua ammissibilità. Ancorché l’art. 90, comma 7, c.c.i.i. faccia specifico riferimento alla sola verifica della correttezza dei criteri di formazione delle classi, sembra doversi ritenere che lo spettro del sindacato giudiziale sia più ampio e coincida con il perimetro dell’accertamento sull’ammissibilità della proposta del debitore [1], con l’aggiunta della verifica della sussistenza dei requisiti, soggettivi e oggettivi, cui la legge subordina la valida presentazione della proposta concorrente. Questa lettura non è, tuttavia, pacifica. Muovendo dal dato letterale è stato sostenuto che il tribunale debba invece limitarsi a pronunciarsi esclusivamente sulla corretta formazione delle classi, omettendo la disamina di qualsivoglia profilo ulteriore. A supporto di questa lettura si è osservato che l’art. 107, comma 2, c.c.i.i. prescrive di sottoporre al voto tutte le proposte, salvo consentire che eventuali contestazioni in punto ammissibilità siano sollevate dai creditori (inclusi i terzi proponenti) o dal debitore (art. 107, comma 4, c.c.i.i.). Da ciò si è tratta la conclusione che, con riguardo alle proposte concorrenti, al collegio non spetterebbe alcuna funzione di filtro, perché tutte le prospettazioni (incluse quelle inammissibili) andrebbero poste all’attenzione dei creditori. Competerebbe poi al giudice delegato determinare, all’esito del contraddittorio instaurato in epoca immediatamente antecedente alle operazioni di voto, quali proposte rendere oggetto del meccanismo di approvazione [2]. Nell’eventualità in cui peraltro, anche per via dell’assenza di osservazioni critiche da parte dei controinteressati, il consenso della maggioranza dovesse in concreto convergere su una proposta affetta da vizi di inammissibilità, essi potrebbero comunque essere rilevati nel corso del giudizio di omologazione [3]. Come anticipato, tale interpretazione non convince. Solo in apparenza essa sembra la più aderente alla lettera della legge, mentre a un esame più approfondito rivela la propria intima contraddittorietà; senza dire delle criticità di cui sarebbe foriera sul piano operativo. A rivelarsi scarsamente persuasivo è anzitutto l’assunto secondo il quale [continua ..]


11. La selezione della proposta prevalente

La presenza di proposte concorrenti incide sulle operazioni di voto, assegnando loro una duplice funzione: non è sufficiente che si accolga o rigetti il concordato o il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, ma occorre anzitutto selezionare lo specifico scenario di regolazione dell’insolvenza che, in caso di esito positivo della consultazione e una volta ottenuta l’omologazione, dovrà essere concretamente attuato [1]. Tutte le proposte vanno messe ai voti, alla sola condizione che siano state preventivamente ritenute ammissibili dal tribunale [2]. Si parte da quella del debitore [3], per poi passare a quelle concorrenti, in ordine cronologico secondo la data del loro deposito. I creditori sono quindi chiamati a esprimersi su ciascuna soluzione, in successione ma nella medesima occasione [4], con piena discrezionalità di valutazione su tutte le opzioni e senza obbligo di manifestare la propria approvazione per soltanto una di esse [5]. Nulla vieta, quindi, l’ipotetica adesione a tutte le prospettazioni, che potrebbe essere animata dall’intento di favorire il buon esito della procedura indipendentemente dalla sua declinazione, reputando preminente l’interesse a scongiurare lo scenario alternativo della liquidazione giudiziale [6]. È tuttavia verosimile che ciascun creditore si determini a esprimere il proprio assenso solo con riferimento alla proposta che gli appaia maggiormente conveniente, al fine di attribuire all’impostazione più gradita un vantaggio differenziale sulle altre. Del resto la manifestazione di una specifica preferenza non sconta il rischio che, per effetto della parcellizzazione dei consensi, spalmati su più opzioni alternative, nessuna raggiunga le maggioranze prescritte per l’approvazione. La legge ha infatti opportunamente previsto una sorta di doppio turno: una volta individuata la proposta che ha riscosso il più elevato gradimento (avendo ottenuto, in prima battuta, la maggioranza relativa dei consensi), essa sola va nuovamente sottoposta al voto dei creditori, onde permettere loro di esprimersi in maniera secca sull’approvazione sua e, al contempo, del concordato o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione [7]. Per effetto dello schema stabilito dall’art. 109, comma 2, c.c.i.i. (non privo, per vero, di qualche profilo di macchinosità) [8], prevale sulle altre [continua ..]


12. La partecipazione al voto del terzo proponente

L’art. 109, comma 6, c.c.i.i. esclude dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto di interessi [1]. Tra essi ben si potrebbe collocare il creditore terzo proponente [2] (unitamente alle società da lui controllate, che lo controllano o sottoposte a comune controllo), per il quale è tuttavia previsto un regime speciale. Egli è ammesso al voto, purché sia collocato in un’autonoma classe (art. 109, comma 7, c.c.i.i.); sicché solo l’omesso ricorso alla segregazione ne impedisce la partecipazione alla fase dell’approvazione, con conseguente scomputo dal quorum dei crediti di cui sia titolare [3]. Pur in assenza di indicazioni espresse, la medesima soluzione sembra poter essere adottata quando la proposta concorrente sia formulata da un socio e i soci siano chiamati a votare ai sensi dell’art. 120-ter c.c.i.i. Il meccanismo del classamento è stato ritenuto non pienamente soddisfacente [4], nella misura in cui genera un’oggettiva disparità di trattamento tra il concorrente e il debitore, il quale non partecipa in alcun modo né alla selezione della proposta prevalente né alla sua approvazione [5]. D’altro canto, l’ammissione al voto del terzo si rivela coerente con le complessive finalità dell’istituto e, in particolare, con la volontà di stimolare il mercato dei crediti deteriorati, atteso che il terzo può essere indotto ad acquistarne una quantità maggiore (superiore addirittura alla soglia di legittimazione) proprio al fine di far pesare il proprio pacchetto nella formazione delle maggioranze [6]. Per quanto attiene al profilo della parità delle armi nella gara tra proponenti, l’at­tri­buzione al terzo del vantaggio competitivo del voto potrebbe essere letto non già come elemento di turbamento della concorrenza, bensì come strumento per accrescere la competizione, bilanciando almeno in parte la naturale situazione di preminenza di cui gode l’imprenditore. Soltanto il debitore dispone di informazioni di prima mano sulla propria situazione; egli solo è legittimato a proporre la domanda di concordato o di omologazione del piano di ristrutturazione e, di conseguenza, è l’u­nico a poter scegliere non solo il momento in cui attivare la procedura, ma anche se e quando rinunciarvi; ove assicuri ai creditori [continua ..]


13. La gestione dell’impresa in costanza di procedura e i problemi della revoca dell’ammissione e della rinuncia alla domanda del debitore

La legge non prevede appositi strumenti di protezione dell’iniziativa del terzo in costanza di procedura, quando il debitore – pur colpito dallo spossessamento attenuato tipico del concordato o, a seconda dei casi, assoggettato al controllo del commissario giudiziale previsto nel caso di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione – conserva la gestione dell’impresa. In questa fase è del tutto fisiologico che egli ponga in essere atti coerenti con il proprio piano (benché ancora in attesa dell’approvazione dei creditori) e, quando necessario, chieda di essere autorizzato a eseguirli. Non può tuttavia escludersi che essi, soprattutto se connotati da elementi di straordinarietà, presentino profili d’incompatibilità con le proposte concorrenti eventualmente formulate [1]. Sotto questo aspetto il vantaggio competitivo di cui gode il debitore si rivela difficilmente colmabile. L’intera ordinaria amministrazione esula dall’area d’influenza degli organi della procedura, sicché l’imprenditore resta libero di orientarla in conformità al proprio piano e alla propria proposta, senza alcun obbligo di tenere in considerazione le istanze del terzo proponente. Un margine di manovra più ampio può invece ravvisarsi con riferimento alle operazioni di portata straordinaria. Nel concordato preventivo esse postulano l’autorizzazione del giudice delegato, il quale, nel pronunciarsi sulla richiesta, deve tenere conto dell’impatto che l’atto appare idoneo a spiegare non solo sull’imposta­zione del debitore, ma anche su quella dei terzi [2]. Pertanto, quando non sussistano ragioni di particolare urgenza, potrebbe rivelarsi opportuno rinviare l’attuazione delle misure che non appaiano neutre ai fini della competizione a data successiva alla conclusione delle operazioni di voto [3]. Nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione un risultato almeno in parte analogo potrebbe essere ottenuto impiegando lo strumento della segnalazione di cui all’art. 64-bis, comma 6, c.c.i.i. Per ciò che concerne, invece, le condotte che il debitore adotti con il preciso scopo di ostacolare il terzo [4], vengono in considerazione, da un lato e ove possibile, l’emanazione di misure cautelari; dall’altro, la revoca dell’ammissione. Que­st’ultima peraltro, pur costituendo [continua ..]


14. L’omologazione e l’esecuzione della proposta concorrente

In caso di prevalenza e approvazione della proposta concorrente, il giudizio di omologazione verte su di essa [1]. Ciò peraltro non produce variazioni significative a livello procedimentale [2], fatta salva la necessità che il terzo si costituisca nel menzionato giudizio, comunque aperto a tutti gli interessati e a cui deve naturalmente partecipare anche il debitore, il quale in quella sede può far valere le proprie eventuali ragioni di opposizione [3]. Il consolidamento del procedimento sulla proposta concorrente prevalente è definitivo: le prospettazioni alternative decadono, inclusa quella del debitore. Pertanto, nell’eventualità di diniego dell’omologazione, la procedura si interrompe; senza alcuna reviviscenza delle opzioni scartate in sede di operazioni di voto, quand’an­che esse, pur non concretamente prevalse, avessero ugualmente conseguito le maggioranze necessarie per l’approvazione [4]. La sentenza che rigetta l’omologazione è naturalmente impugnabile ai sensi dell’art. 51 c.c.i.i. anche da parte del terzo proponente, il quale può altresì esperire reclamo contro l’eventuale dichiarazione della liquidazione giudiziale, essendo tale rimedio azionabile da qualunque interessato. Quando l’omologazione sia invece concessa, ferma la reclamabilità secondo le forme del già richiamato art. 51 c.c.i.i. da parte di coloro che vi si fossero opposti (incluso, se del caso, il debitore), si apre la fase esecutiva, con la peculiarità che, prevalsa l’impostazione concorrente, deve per l’appunto darsi attuazione alla proposta e al piano del terzo. Onde fronteggiare il rischio che il rifiuto dell’imprenditore di cooperare renda di fatto ineseguibile il concordato, in passato erano state introdotte specifiche contromisure, attraverso le quali dare corso alla forzosa attuazione della proposta del terzo [5]. Tali rimedi, originariamente previsti per le sole proposte concorrenti, sono ben presto divenuti di portata generale [6] e trovano oggi collocazione nell’art. 118 c.c.i.i. [7]. Peraltro la revoca dell’organo gestorio e la nomina dell’amministratore giudiziario presuppongono necessariamente un apposito intervento del soggetto che ha presentato la proposta omologata. Solo a costui, infatti, l’art. 118, comma 5, c.c.i.i. assegna il potere di formulare la [continua ..]


15. La risoluzione e l’annullamento del concordato o del piano di ristrutturazione fondati sulla proposta concorrente omologata

Dinanzi all’inadempimento del terzo alla proposta concorrente omologata che non sia sanato mediante i meccanismi di cui all’art. 118 c.c.i.i., al di là delle ordinarie azioni civili l’unico strumento esperibile a livello concorsuale coincide con la risoluzione. Nel caso di proposta concorrente la cui esecuzione sia rimessa al terzo, tuttavia, essa sanzionerebbe, oltre al soggetto effettivamente inadempiente, anche il debitore, il quale, ancorché esente da colpa, perderebbe i vantaggi derivanti dall’o­mo­logazione; con il rischio che, a seguito di apposita istanza, sopraggiunga a suo carico la dichiarazione della liquidazione giudiziale. Tale scenario può lasciare, prima facie, insoddisfatti, tanto da indurre alcuni interpreti a escludere l’applicabilità della risoluzione alla proposta concorrente omologata [1]. Occorre tuttavia considerare che la questione dell’inadempimento del terzo si pone soltanto quando egli si faccia direttamente carico dell’esecuzione del piano e della proposta, vale a dire essenzialmente nei casi delle proposte concorrenti acquisitive, di regola declinate mediante l’assunzione o l’aumento del capitale. Nel primo caso la risoluzione è espressamente esclusa dall’art. 119, comma 5, c.c.i.i. [2]; nel secondo, invece, essa resta possibile, perché va – sia pur indirettamente – a danno del terzo, medio tempore divenuto socio di riferimento della società debitrice. A ben vedere, quindi, il paventato rischio di aberratio ictus non sussiste: ove l’inadempimento sia riconducibile al terzo, egli risulta altresì il soggetto attinto dalle conseguenze della risoluzione (sempre che essa possa avere luogo). Con riferimento ai profili di patologia, è stato altresì sostenuto che, in caso di omologazione della proposta concorrente, non sarebbe invocabile il rimedio del­l’an­nullamento. Tale impostazione muove dal presupposto che le condotte della dolosa esagerazione del passivo e della sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell’attivo sono ascrivibili soltanto al debitore (che in effetti predispone la situazione patrimoniale e l’elenco dei creditori), non al terzo proponente; il quale si limita a recepire i dati esposti dell’imprenditore, di norma a valle delle verifiche del commissario giudiziale [3]. Sennonché non si rinviene [continua ..]


NOTE