Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Ratio e presupposti dell'esenzione da revocatoria dei pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso (di Federico Sacchi, Avvocato in Milano)


Conformemente alla giurisprudenza di legittimità in materia, la sentenza in commento afferma il principio di diritto per cui, ai fini della sussistenza dei termini d’uso di cui all’art. 67, comma 3, lett. a), L. Fall. e dell’applicazione della relativa fattispecie di esenzione da azione revocatoria, è possibile fare riferimento anche a termini diversi rispetto a quelli pattuiti tra le parti, quando il debitore dimostri che, anche mediante comportamenti di fatto, i plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche sono oramai divenuti esatti adempimenti. Ricostruiti la ratio e i presupposti dell’esenzione, il commento si sofferma sul concetto di “termini d’uso”, sottolineando l’importanza della sistematicità e regolarità della prassi modificativa delle pattuizioni intercorse precedentemente tra le parti.

Rationale and prerequisites of the exemption from claw back actions concerning payments for goods and services made in the course of the debtor's business according to ordinary business terms

Consistently with the relevant Supreme Court case-law, the decision establishes that the claw back limitation under Article 67, par. 3, lett. a), former IBL, concerning payments made according to ordinary business terms, may be applied even though the debtor made payments under terms different than those expressly agreed by the parties. However, the debtor must prove that, de facto, payments made under different business terms have become perfect fulfilments. Once examined the rationale and the prerequisites of the exemption, the paper dwells on the concept of “ordinary business terms”, highlighting the importance of consistency and regularity of the new habit, in order to modify previously agreed terms.

MASSIMA: In tema di revocatoria fallimentare, l’art. 67, 3° comma, lett. a), L. Fall. va interpretato nel senso che non sono revocabili quei pagamenti che siano stati eseguiti e accettati in termini diversi rispetto a quelli contrattualmente previsti, quando l’accipiens dimostri che, anche mediante comportamenti di fatto, i plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche non possono più considerarsi eseguiti “in ritardo”, essendo ormai divenuti esatti adempimenti. PROVVEDIMENTO: FATTI DI CAUSA La corte d’appello di Roma, con sentenza in data 4-9-2018, ha respinto il gravame di A. S.p.A. in A.S. contro la decisione del tribunale della stessa città che ne aveva a sua volta respinto la domanda revocatoria, ai sensi dell’art. 67, secondo comma, legge fall., di una serie di pagamenti eseguiti nei confronti di A. S.p.A., per complessivi 1.621.788,32 EUR, nei sei mesi anteriori alla data di ammissione alla procedura concorsuale. Ha svolto due serie di considerazioni. (omissis) Quanto invece ai pagamenti avvenuti prima del 24-4-2008 (data di entrata in vigore del d.l. n. 80), ha ritenuto sussistenti i requisiti dell’esercizio dell’attività d’impresa e dei termini d’uso onde affermare la esenzione da revocatoria ex art. 67, terzo comma, lett. a), legge fall., essendosi trattato di corrispettivi dei diritti aeroportuali gestiti in modo conforme, sia dal punto di vista cronologico, sia in considerazione delle modalità riscontrate, alla normale prassi commerciale in essere tra le parti. A. S.p.A. in A.S. ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre motivi. L’intimata ha replicato con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE (omissis) XV. – Il terzo motivo è inammissibile. In tema di revocatoria fallimentare, la L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), va interpretato nel senso che non sono revocabili quei pagamenti che siano stati eseguiti e accettati in termini diversi rispetto a quelli contrattualmente previsti, quando l’accipiens dimostri che, anche mediante comportamenti di fatto, i plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche non possono più considerarsi eseguiti “in ritardo” essendo ormai divenuti esatti adempimenti (Cass. n. 27939-20, Cass. n. 7580-19). Da questo punto di vista, dunque, l’oggetto della verifica concerne anche e proprio l’eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute. La corte d’appello si è uniformata all’insegna­mento di questa Corte in ordine alla suddetta modalità di identificazione dei pagamenti eseguiti nei termini d’uso, e il terzo motivo di ricorso si risolve in un tentativo di sovvertimento della valutazione in fatto quanto al requisito di pertinenza dei pagamenti all’attività d’impresa e al [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La ratio sottesa all’esenzione in esame - 3. I presupposti richiesti per l’applicazione dell’esenzione: l’esercizio del­l’attività di impresa - 4. … e i termini d’uso - NOTE


1. Il caso

La Corte di Cassazione, con la decisione in commento, ha rigettato l’impu­gnazione proposta avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato una decisione del Tribunale della stessa città, che a sua volta aveva respinto un’azione revocatoria proposta ai sensi dell’art. 67, comma 2, L. Fall., avente ad oggetto pagamenti effettuati nei sei mesi antecedenti la data di ammissione della società debitrice alla procedura concorsuale. Il giudice di merito ha rigettato l’im­pugnazione proposta dall’amministrazione straordinaria avverso la sentenza di primo grado sulla base di due ordini di ragioni: (i) con riferimento ai pagamenti effettuati successivamente all’entrata in vigore del D.L. 23 aprile 2008, n. 80, convertito con modificazioni con L. 23 giugno 2008, n. 111, e dunque successivamente al 24 aprile 2008, la corte di merito ha ritenuto applicabile ai pagamenti contestati l’e­senzione di cui all’art. 1, 3° comma del citato D.L., in base alla quale tutti gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dalla compagnia di bandiera del tempo a far data dall’entrata in vigore del D.L. n. 80/2008 sono equiparati a quelli esenti da revocatoria ai sensi dell’art. 67, 3° comma, lett. d), L. Fall., a prescindere dall’e­sistenza di un piano attestato di risanamento; (ii) con riferimento ai pagamenti effettuati antecedentemente rispetto alla data di entrata in vigore del D.L. n. 80/2008, la sentenza impugnata ha invece dichiarato esenti da revocatoria i pagamenti contestati, poiché ha ritenuto sussistenti i requisiti dell’esenzione dall’azione revocatoria di cui all’art. 67, 3° comma, lett. a), L. Fall., essendo stati effettuati tali pagamenti nell’esercizio dell’attività di impresa e secondo i termini d’uso. La Suprema Corte, come detto, ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado. La pronuncia in commento ha infatti disatteso i due motivi di ricorso formulati dalla procedura concorsuale ricorrente in relazione alla disciplina di cui al D.L. n. 80/2008 e ha dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso, relativo all’applicazione dell’esenzione prevista dall’art. 67, 3° comma, lett. a), L. Fall., atteso che nel respingere l’impugnazione la corte di merito si era uniformata agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità in [continua ..]


2. La ratio sottesa all’esenzione in esame

L’art. 67, 3° comma, lett. a), L. Fall. – come detto, riproposto integralmente dal­l’art. 166, 3° comma, lett. a), c.c.i.i. – stabilisce che non sono soggetti ad azione revocatoria i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’im­presa nei termini d’uso. La ratio della disposizione è stata individuata dalla giurisprudenza di legittimità nell’esigenza di favorire la conservazione dell’impresa e le possibilità di risanamento della stessa, al fine di agevolare le imprese in difficoltà nel percorso di uscita dalla situazione di crisi [3]. In altre parole, richiamando le conclusioni della dottrina maggioritaria, l’intento sotteso all’introduzione dell’esenzione in discorso starebbe nell’esigenza di favorire la prosecuzione dell’attività dell’impresa, evitando che i fornitori, nel timore di subire azioni revocatorie, rifiutino di fornire i beni e servizi senza i quali la prosecuzione dell’attività imprenditoriale non può avvenire [4]. La contrapposizione rispetto alla disciplina precedente in materia è netta, atteso che, precedentemente alla riforma del 2005-2007, l’ottica era quella di assoggettare (in presenza dei presupposti di legge previsti dai primi due commi dell’art. 67 L. Fall.) indifferentemente all’azione revocatoria i pagamenti effettuati nel periodo sospetto, in modo da creare una fascia di protezione attorno all’impresa in crisi a tutela del contesto economico produttivo circostante [5], al contempo fornendo alle procedure concorsuali un efficace strumento di ricomposizione del patrimonio dell’im­presa dichiarata insolvente [6]. In questo modo, però, l’impresa in crisi veniva inevitabilmente condannata alla declaratoria di insolvenza, non potendo più accedere alle forniture di beni e servizi necessarie alla prosecuzione dell’attività, data la comprensibile ritrosia dei fornitori rispetto alla possibilità di incorrere in azioni revocatorie esperite a seguito dell’apertura di una procedura concorsuale. L’introduzione dell’esenzione in esame ha quindi fortemente innovato il panorama concorsuale, tant’è che sin dai primi mesi successivi alla sua introduzione si è riconosciuto come questa costituisse la novità [continua ..]


3. I presupposti richiesti per l’applicazione dell’esenzione: l’esercizio del­l’attività di impresa

Da una analisi letterale della formulazione legislativa, si evince come l’oggetto dell’esenzione siano i pagamenti effettuati dal solvens, ma solamente se effettuati da quest’ultimo nell’ambito dell’attività impresa e conformemente ai termini d’uso. Una prima considerazione che sorge immediata è che, nel definire l’ambito di applicazione della fattispecie, il legislatore assegna rilevanza unicamente a elementi oggettivi, come l’ambito nel quale i pagamenti di interesse sono stati effettuati e le loro caratteristiche concrete (da intendersi come modalità e tempistiche). Naturalmente, collocandosi il regime di revocabilità degli atti di cui all’art. 166, 1° e 2° comma, c.c.i.i. e le fattispecie di esenzione di cui all’art. 166, 3° comma, c.c.i.i. in un rapporto di regola ed eccezione, l’onere della prova dell’esistenza dei citati elementi oggettivi graverà sul terzo convenuto in revocatoria [12]. Starà quindi al terzo dimostrare che i pagamenti sono avvenuti nell’esercizio dell’impresa e secondo i termini d’uso. Non si pone alcun rilievo, invece, sul fatto che l’accipiens potesse essere a conoscenza dello stato di insolvenza in cui versava il solvens al momento del pagamento. Lo stato soggettivo dell’accipiens, infatti, non ha alcun ruolo nel­l’ap­plicazione concreta dell’esenzione [13]. Quanto ai citati elementi oggettivi, la disposizione impone anzitutto che il pagamento sia stato reso nell’ambito dell’attività di impresa. Ciò che rileva, pertanto, è il nesso strumentale tra il pagamento e l’attività di impresa esercitata dal solvens, da verificarsi tramite un giudizio a priori. Il fatto, poi, che i beni e i servizi ottenuti tramite i pagamenti siano stati in concreto utilizzati dal solvens nell’esercizio della propria attività, invece, non dovrebbe essere necessario ai fini dell’appli­cazione dell’esenzione [14]. Allo stesso modo, l’esenzione dovrebbe operare anche per i pagamenti compiuti nel corso della fase di liquidazione volontaria della società, atteso che la ratio conservativa e di supporto alla conservazione del valore dell’impresa sottesa alla disposizione in esame, dovrebbe rilevare anche in tale contingenza [15]; naturalmente, per beneficiare [continua ..]


4. … e i termini d’uso

Il fatto che il pagamento sia avvenuto nell’ambito dell’esercizio dell’attività di impresa, tuttavia, non è sufficiente ai fini dell’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 166, 3° comma, lett. a), c.c.i.i. Il legislatore, infatti, richiede anche che i pagamenti siano stati effettuati nei “termini d’uso”. Si tratta di espressione generica, tale da ingenerare più interpretazioni da parte dei commentatori, con riferimento al significato della locuzione, così come con riferimento al suo oggetto. Sotto il primo profilo, pur trattandosi di espressione solitamente utilizzata in un’accezione temporale, la parola “termini” parrebbe fare riferimento sia alle tempistiche, che alle modalità di pagamento [18]. Per essere esenti da revocatoria, pertanto, gli atti solutori dovrebbero essere caratterizzati da assoluta regolarità a livello di tempistica, così come di mezzo di pagamento. Se, come detto, in linea di principio la parola “pagamenti” si intende riferita a ogni forma di soddisfazione che possa essere usuale tra le parti, anche una compensazione potrebbe rilevare ai fini dell’ap­plicazione dell’esenzione in esame, ove regolarmente applicata tra il debitore e i suoi fornitori. Va da sé che, in concreto, è facile prevedere che l’esenzione troverà solitamente applicazione rispetto ai pagamenti intesi in senso stretto, quali atti solutori che ricorrono più frequentemente tra le parti. Per quanto riguarda, invece, l’oggetto della locuzione “termini d’uso”, la dottrina ha elaborato più interpretazioni [19]. Una prima proposta interpretativa ha fatto riferimento ai beni e ai servizi ottenuti tramite l’atto solutorio. Essa, però, contrasta con la formulazione letterale della disposizione: mentre i “servizi” potrebbero essere “effettuati nei termini d’uso”, non si può dire lo stesso dei “beni” (cui non è riferibile la parola “effettuati”). Tale prima interpretazione parrebbe quindi da accantonare. Una seconda lettura ha riferito la locuzione in esame all’attività di impresa. Questa seconda interpretazione presenta meno criticità sotto il profilo letterale e potrebbe semplicemente significare che i pagamenti effettuati, per poter essere [continua ..]


NOTE