Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Crisi e insolvenza delle società a partecipazione pubblica nell'evoluzione legislativa più recente (di Monica Cossu, Professore ordinario di Diritto commerciale nell'Università degli Studi di Sassari)


È noto che l’applicabilità alle società a partecipazione pubblica delle procedure concorsuali è stata a lungo controversa. Già prima dell’avvento del TUSP si era comunque ampiamente consolidata in dottrina l’opinione favorevole, per tutte le società a partecipazione pubblica, alla fallibilità, alla possibilità di accesso al concordato preventivo così come all’esercizio provvisorio dell’impresa ex art. 104 L. Fall., totale o limitato a singoli rami aziendali. Era però prevedibile che il varo del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, avrebbe rinfocolato alcuni dubbi: e così è stato in particolare per via dell’inciso contenuto nell’art. 1, 3°, c.c.i., che sembra spalancare le porte a qualunque mutamento di configurazione nel diritto delle procedure concorsuali delle società a partecipazione pubblica.

È altrettanto chiaro che qualche disposizione in più di raccordo tra il c.c.i. e il TUSP sarebbe opportuna ed eliminerebbe certi dubbi interpretativi, ma ciò non altera la conclusione relativa alla valenza applicativa generalizzata del diritto concorsuale a tutte le società a partecipazione pubblica, e quindi al fatto che la regola enunciata nell’art. 14, 1° comma, TUSP si applichi anche alle società a controllo pubblico e alle società a partecipazione pubblica totalitaria organizzate secondo il modello in house providing che esercitano un’attività commerciale, senza distinzioni.

Crisis and insolvency of publicly-owned companies in the latest regulatory changes

It is well-known that the applicability of insolvency proceedings to publicly-owned companies has long been controversial. Even before the enactment of the TUSP in any case, the favorable opinion for the bankruptcy of all publicly-owned companies, so as the possibility of access to concordato preventivo as well as the provisional exercise of the undertaking pursuant to article 104 of Bankruptcy Law, total or limited to individual branches.

By the way, it was predictable that the launch of the code of business crisis and insolvency contained in the Legislative Decree 12 January 2019, no. 14, would have renewed some doubts: and so it was in particular because of the article 1, paragraph 3, which seems to open the door to any change of pattern in the law of insolvency proceedings of publicly owned companies.

It is also evident that in the TUSP a few more provisions of connection with the code of business crisis and insolvency would have helped, and would have eliminated any doubts over interpretation, but this does not change the conclusion but confirm the generalized applicability of the code of business crisis and insolvency to all publicly owned companies, so that the rule set out in article 14, paragraph 1, TUSP it also applies to publicly controlled companies, and companies with 100% of public ownership organized according to the in-house model, as long as they carry out a commercial business.

SOMMARIO:

1. Società a partecipazione pubblica e procedure concorsuali: il quadro precedente il TUSP - 2. Il quadro successivo all’entrata in vigore del TUSP e l’art. 14 TUSP: il 1° comma - 2.1. (Segue): i restanti commi dell’art. 14 TUSP - 3. Il quadro successivo all’entrata in vigore del codice della crisi d’im­presa e dell’insolvenza (c.c.i.) e il rapporto tra c.c.i. e TUSP - 3.1. Concordato preventivo delle società a partecipazione pubblica titolari di affidamenti di contratti pubblici e nuovo codice dei contratti pubblici - 4. Conclusioni - NOTE


1. Società a partecipazione pubblica e procedure concorsuali: il quadro precedente il TUSP

È noto che l’applicabilità alle società a partecipazione pubblica delle procedure concorsuali è stata per molto tempo controversa. A lungo, in particolare, ha avuto seguito l’opinione secondo la quale il combinato disposto dell’art. 1 L. Fall. e dell’art. 2221 c.c., che esclude gli enti pubblici dall’ambito di applicazione del fallimento e delle altre procedure concorsuali, potesse estendersi ed essere applicato per analogia anche alle società a partecipazione pubblica. Già prima dell’avvento del TUSP si era comunque ampiamente consolidata in dottrina l’opinione favorevole, per tutte le società a partecipazione pubblica, alla fallibilità [1] e alla possibilità di accesso al concordato preventivo [2], così come all’am­mis­sibilità dell’esercizio provvisorio dell’impresa ex art. 104 L. Fall. [3], totale o limitato a singoli rami aziendali, in quanto funzionale a salvaguardare l’avviamento, salva la condizione che non rechi danno ai creditori sociali [4]. Anche l’art. 110, 3° comma, dell’abrogato codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, allora vigente, con riferimento ai contratti di appalto per lavori, servizi e forniture già stipulati, ivi compresi gli affidamenti diretti [5], ammetteva, nel contesto dell’esercizio provvisorio, la possibilità della loro esecuzione da parte del curatore dell’impresa fallita (successivamente all’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, da parte del curatore dell’impresa in liquidazione giudiziale); la stessa possibilità era estesa anche all’impresa soggetta al concordato preventivo in continuità, previo parere dell’ANAC. L’art. 110, 4° comma, del medesimo codice estendeva, poi, la stessa possibilità all’impresa in concordato preventivo, peraltro senza necessità di avvalimento dei requisiti di altri soggetti, pur salva l’eventualità che l’avvalimento potesse essere richiesto dall’ANAC. L’ammissibilità dell’esercizio provvisorio così come l’eventualità del concordato preventivo in continuità ex art. 110, 3° comma, del vecchio c.c.p. verranno, poi, confermate [continua ..]


2. Il quadro successivo all’entrata in vigore del TUSP e l’art. 14 TUSP: il 1° comma

A dirimere definitivamente questo dibattito è intervenuto il testo unico sulle società partecipate di cui al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, d’ora in avanti TUSP. In primis l’art. 1, 3° comma, chiarisce che per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del TUSP «si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato». In lineare coerenza con l’art. 1, 3° comma, l’art. 14, intitolato alla «crisi d’im­presa di società a partecipazione pubblica» (e non ancora aggiornato, quanto meno nel lessico, al nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza là dove menziona il fallimento), al 1° comma stabilisce che (tutte) le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza [25]. L’enunciato dell’art. 14, 1° comma, TUSP, che mette fine ai contrasti precedenti (animati come è noto anche da alcune pronunce della cassazione a sezioni unite), si radica nell’art. 18, 1° comma, lett. a), della legge delega 7 agosto 2015, n. 124, che in materia di riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche enuncia tra i principi e i criteri direttivi la «individuazione della… disciplina, anche in base al principio della proporzionalità delle deroghe alla disciplina privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e crisi d’impresa». In buona sostanza, le deroghe alle norme comuni della disciplina privatistica devono essere contenute entro il «principio di proporzionalità» [26]. Apparentemente, interviene a turbare questa ritrovata armonia il fatto che l’art. 14 TUSP è dedicato alle società a partecipazione pubblica mentre, secondo una certa ricostruzione, le società affidatarie di servizi in house providing sarebbero un submodello autonomo, in quanto distintamente menzionato nell’art. 2, 1° comma, lett. o), TUSP, non riconducibile alle società a partecipazione pubblica, che sono invece (a loro volta) distintamente menzionate nell’art. 2, 1° comma, lett. n), [continua ..]


2.1. (Segue): i restanti commi dell’art. 14 TUSP

L’art. 14 TUSP disegna, dunque, un sistema di pre-allerta specifico per le società a controllo pubblico. L’intero articolo presenta misure organizzative rivolte ad anticipare l’emersione delle crisi dell’impresa pubblica, così da prevenirne, gestirne, contenerne gli effetti negativi e pregiudizievoli, sul presupposto, comune all’intero impianto del codice della crisi, che l’anticipazione della soglia d’allerta permetta di ottenere migliori risultati in termini di risanamento. L’art. 14, 2° comma, TUSP introduce una novità sostanziale là dove dispone che «[q]ualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6, 2° comma, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento». La norma «enfatizza il dovere degli amministratori – già invero operante alla stregua del diritto comune – di monitorare la situazione finanziaria della società» [34]. Ciò significa che gli amministratori non debbono limitarsi a gestire le perdite attivando i meccanismi di riduzione obbligatoria del capitale e di ricapitalizzazione, ex artt. 2446 e 2447 c.c., ma debbono anche vigilare sull’equilibrio finanziario. La disposizione intende, quindi, favorire il risanamento e il ripristino della continuità aziendale [35] intesa come capacità dell’azienda di conseguire risultati positivi e generare correlati flussi finanziari nel tempo [36]. L’art. 14, 2° comma, TUSP, dunque, nel prevedere in capo agli amministratori delle società a controllo pubblico l’obbligo di predisporre programmi adeguati di valutazione del rischio di crisi aziendale e di previsione del declino, non assolve ad una funzione meramente informativa di soci e terzi, ma costituisce il presupposto per l’adozione di politiche gestorie attive [37] e, in caso di mancata adozione di un’adeguata strategia di risanamento, per «la responsabilità risarcitoria di amministratori e sindaci» [38]. Unitamente all’art. 6, del quale parleremo più avanti [39], l’art. [continua ..]


3. Il quadro successivo all’entrata in vigore del codice della crisi d’im­presa e dell’insolvenza (c.c.i.) e il rapporto tra c.c.i. e TUSP

Come è noto, al fine di tenere nel massimo conto la clausola generale che impone la salvaguardia prospettica della continuità aziendale, durante la crisi pandemica da Covid-19 l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stata più volte rinviata, considerando che «in un sistema segnato da una gravissima forma di crisi che investe il tessuto economico globale, il meccanismo delle c.d. misure di allerta, volte a provocare l’emersione anticipata della crisi delle imprese, non potrebbe svolgere alcun concreto ruolo selettivo» [73]. Il rinvio non ha interessato, però, quel sistema di monitoraggio specificamente destinato a consentire l’emersione precoce della crisi nelle società a controllo pubblico che è descritto negli artt. 6, 2° comma, e 14, 2° comma, TUSP [74]; pur con tutte le cautele dovute all’eccezionalità della situazione, queste disposizioni hanno infatti operato immediatamente, quindi già durante la fase emergenziale [75]. Quanto all’avvento del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, si deve sottolineare che, diversamente dalla legge fallimentare che lo ha preceduto, si apre con una serie di principi generali, enunciati negli artt. 3-11. Questa scelta ha un significato ben chiaro, dato che «compito precipuo dei principi generali è quello – tra l’altro – di fornire una scala valoriale salda, di tracciare le coordinate di un “pensiero forte” che governi – secondo un criterio gerarchico – il rapporto tra i molteplici valori e interessi che convivono e confliggono nella crisi d’impresa» [76]. Tra i principi generali che si applicano a tutte le società a partecipazione pubblica merita una speciale menzione l’art. 3 del c.c.i., che era inizialmente intitolato «doveri del debitore» ed è ora intitolato, a seguito delle modifiche introdotte dal secondo decreto correttivo (D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, attuativo della direttiva Insolvency) all’«adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa». Dispone l’art. 3, 2° comma, che «[l]’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del [continua ..]


3.1. Concordato preventivo delle società a partecipazione pubblica titolari di affidamenti di contratti pubblici e nuovo codice dei contratti pubblici

Per l’ipotesi in cui la società a partecipazione pubblica sia titolare di affidamenti di contratti pubblici, l’art. 95 c.c.i., che reca «disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni», ricalca in gran parte l’art. 186 bis, 5° comma, L. Fall. previgente e risolve alcune incongruità interne a quella disposizione. L’art. 95, 1° comma, stabilisce infatti che «fermo quanto previsto nell’articolo 97 [che disciplina i contratti pendenti in luogo del previgente art. 169 L. Fall., n.d.r.], i contratti in corso di esecuzione, stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto del deposito della domanda di concordato»; e l’art. 95, 2° comma, prima parte, statuisce che «il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti con le pubbliche amministrazioni, se il professionista indipendente ha attestato la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento». È chiaro che l’enunciato normativo si riferisce al concordato in continuità, ma la regola vale anche per il concordato liquidatorio, a determinate condizioni: lo precisa l’ultima parte dell’art. 95, 2° comma, ove è detto che «[l]e disposizioni del presente comma si applicano anche nell’ipotesi in cui l’impresa sia stata ammessa al concordato liquidatorio quando il professionista indipendente attesta che la continuazione è necessaria per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio» [82]. Resta salvo, inoltre, il limite indicato nell’art. 95, 5° comma [83], per cui «fermo quanto previsto dal 4° comma, l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che nessuna delle altre imprese aderenti al raggruppamento sia assoggettata ad una procedura concorsuale». L’art. 224, 6° comma, del nuovo codice dei contratti pubblici contenuto nel d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (qui di seguito «nuovo c.c.p.»), ha invece eliminato l’ulteriore limite che escludeva dalla possibilità di concorrere le imprese che rivestono la qualità di mandatarie. Quest’ultima limitazione trovava fondamento nel ruolo che si [continua ..]


4. Conclusioni

Si conferma in primo luogo una conclusione che, del resto, è ormai da tempo pacifica, e cioè che le norme speciali dedicate a crisi e insolvenza delle società a partecipazione pubblica costituiscono declinazione di regole generali e del diritto comune concorsuale. Si evidenzia però nel contempo anche la conclusione ulteriore che i principali problemi interpretativi non riguardano più tanto la qualificazione delle società a partecipazione pubblica quindi, o la loro assoggettabilità al diritto comune concorsuale, quanto l’incompiutezza del raccordo tra il TUSP e il c.c.i., e tra il TUSP e il nuovo codice dei contratti pubblici, ad esempio e in particolare per le regole in materia di affidamenti in house providing [88]. A ciò si deve aggiungere, in ultimo, il mancato raccordo tra il TUSP e il nuovo testo unico sui servizi pubblici locali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 [89].


NOTE