Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La continuità aziendale nella crisi d´impresa: una ricerca empirica sull´andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016 (di Alessandro Danovi, Professore associato di Economia e gestione delle imprese nell’Università di Bergamo. Iacopo Donati, Ricercatore in Diritto commerciale nell’Università Ca’ Foscari Venezia. Ilaria Forestieri, Docente a contratto di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Firenze.Tommaso Orlando, Consigliere presso il Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia. Andrea Zorzi, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Firenze)


Il diritto concorsuale italiano prevede diversi strumenti di regolazione della crisi d’impresa che, con il coinvolgimento dei creditori, mirano a evitare la liquidazione delle imprese in difficoltà e a favorirne il risanamento. Questo articolo presenta alcuni risultati dell’indagine empirica più ampia finora condotta in Italia con riguardo agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis L. Fall. e ai concordati preventivi in continuità aziendale. La ricerca mostra come questi strumenti coinvolgano, principalmente, le imprese di dimensioni maggiori, in particolar modo nel caso degli ADR, e che le imprese che utilizzano l’ADR versano in condizioni economiche meno critiche al momento del deposito della domanda di omologazione dell’accordo rispetto a quelle che accedono al concordato, la cui situazione economico-finanziaria tende, invece, a deteriorarsi più rapidamente. Emerge anche che l’obiettivo della conservazione della continuità aziendale, cui la disciplina di entrambi questi strumenti attribuisce centralità, è conseguito solo in una minoranza dei casi: molte imprese che ricorrono al concordato preventivo e, soprattutto, all’ADR cessano comunque la loro attività poco dopo il tentativo di ristrutturazione. Le imprese che sopravvivono mostrano spesso una ripresa parziale, relativamente più intensa per quelle che ricorrono al concordato. Tuttavia, le conclusioni con riguardo alle prestazioni – apparentemente superiori – dei concordati preventivi sono offuscate dalla lunga durata della fase esecutiva, che spesso non consente di osservare i risultati definitivi della procedura.

Going concern in business restructuring: an empirical research on debt restructuring agreements and judicial compositions with creditors in italy, 2009-2016

The Italian insolvency framework envisages several restructuring tools that, with the involvement of creditors, aim to avoid liquidation and facilitate the continuation of the business. This article illustrates some results of the most extensive empirical research carried out so far in Italy on debt restructuring agreements (DRAs) and going-concern judicial composition with creditors. The research shows that those instruments, and particularly DRAs, are mainly used to deal with the crisis of large firms. Further, at the time of the initial filing, firms using DRAs turn out to be, on average, in less critical economic conditions than those resorting to judicial composition with creditors, whose di­stress arises and evolves more abruptly. Also, the effectiveness of those instruments, notwithstanding their declared aim, appears limited with respect to ensuring business continuity: many firms undergoing a restructuring through either of those instruments end up exiting the market, particularly in the case of DRAs. Firms that survive display only partial recovery, which is relatively more intense in judicial composition with creditors. However, the apparently superior performance of judicial composition with creditors is overshadowed by the long duration of their implementation, which can prevent the observation of their final outcomes.

Keywords: insolvency, firm restructuring, business continuity, debt restructuring agreement, judicial composition with creditors.

SOMMARIO:

1. Introduzione [1] - 2. Linee di indagine e principali risultati - 3. La stratificazione del quadro normativo nel periodo dell’indagine - 4. Le procedure “informali”, “semi-formali” e “formali” - 5. Le procedure esaminate - 5.2. Ripartizione geografica delle procedureLa figura riporta la distribuzione dei sottotipi di procedura: “DIR” indica le procedure dirette; “IND” quelle indirette. - 5.3. Eventi che precedono il tentativo di ristrutturazioneLa figura riporta la distribuzione geografica di ciascun tipo di procedura nel campione. - 5.4. Contenuto dei piani previsti dagli accordi - 6. Caratteristiche ante-procedura delle imprese coinvolte nelle ristrutturazioni - 6.1. Variabili di bilancio - 6.2. Variabili di credito - 6.3. Caratteristiche ante-procedura e scelta del tipo di procedura - 7. Esiti della procedura - 7.2. Sopravvivenza dell’impresa e risultati economici - 8. Osservazioni conclusive - Appendice - NOTE


1. Introduzione [1]

La disciplina concorsuale italiana ha conosciuto una riforma radicale nel 2005-2006, con un cambio di prospettiva che – nonostante i “ritorni” del 2015 [2] e la filosofia di fondo che traspare dal Codice della Crisi [3] – mira a favorire il ricorso da parte delle imprese in crisi agli strumenti di composizione negoziale della crisi, che ha pienamente legittimato anche al di là del concordato, con l’introduzione di strumenti caratterizzati da un limitato intervento dell’autorità giudiziaria nella gestione della crisi d’impresa. Lo stigma sociale associato al fallimento e all’insolvenza [4], unitamente ai problemi strutturali che affliggono il sistema giudiziario italiano [5], sono certamente tra i principali motivi che spingono debitori e creditori a evitare, ove possibile, l’impiego di procedure concorsuali giudiziarie, tradizionalmente lunghe e caratterizzate da bassi tassi di recupero per i creditori [6]. Nell’arco degli ultimi quindici anni, a partire dalle riforme del 2005-2006, il legislatore italiano ha cercato di ampliare il ventaglio di opzioni per la gestione della crisi d’impresa, affiancando al concordato preventivo strumenti caratterizzati da un controllo giudiziario meno intenso o, nel caso dei piani di risanamento, addirittura solo eventuale e successivo. Le imprese e i professionisti che assistono le imprese in crisi possono ricorrere ad alcuni di questi strumenti per entrare in uno spazio negoziale “protetto”, nel quale il debitore può confrontarsi con i suoi creditori senza temere azioni esecutive e istanze di fallimento. Sebbene tali strumenti di risanamento abbiano caratteristiche diverse, in particolare per quanto concerne il grado di coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, essi presentano alcuni elementi comuni, tra cui la flessibilità nella fase delle negoziazioni e un minore grado di formalità procedurale rispetto al concordato preventivo. Le procedure e gli strumenti di regolazione della crisi, inoltre, possono essere utilizzati non soltanto in una situazione di insolvenza, ma – coerentemente con la loro (principale) finalità di risanamento – anche da imprese che si trovano in una situazione di squilibrio finanziario meno intenso o reversibile, cui la legge fa riferimento con l’espressione “stato di crisi” [7]. Il tempo costituisce un [continua ..]


2. Linee di indagine e principali risultati

I dati sui cui si basa il presente lavoro sono stati raccolti presso numerosi tribunali italiani, con l’obiettivo di valutare l’effettivo utilizzo degli strumenti di ristrutturazione volti alla conservazione della continuità aziendale. Nello specifico, è stato direttamente analizzato un vasto numero di ricorsi per l’omologazione di ADR e con­cordati preventivi depositati in Italia tra il 2009 e il 2016, raccogliendo e classificando, per ciascuno, alcune informazioni chiave (quali il contenuto dei piani, la durata delle procedure, la loro distribuzione geografica, l’esito delle domande di omologazione). Tali informazioni sono state, in seguito, abbinate ai dati di bilancio e a quelli relativi ai finanziamenti bancari di queste imprese alla data di avvio della pro­cedura e nel periodo antecedente, nonché ai risultati, rispettivamente, dei due stru­menti in termini di sopravvivenza dell’impresa e redditività successiva al ricorso allo strumento. L’analisi distingue le ipotesi in cui – nell’ambito di ciascuno dei due strumenti – la continuità aziendale è perseguita in via diretta, attraverso una ristrutturazione del debito che lasci al debitore il controllo dell’attività, e quelle in cui il medesimo obiettivo è perseguito in via indiretta, mediante la cessione dell’azienda a terzi e l’impie­go di tutti o una parte dei proventi per soddisfare i creditori nei termini previsti dalla proposta di concordato o nell’accordo. Il lavoro mette in evidenza importanti differenze sia strutturali, sia contingenti che caratterizzano le imprese nel momento in cui fanno ricorso a uno di questi due strumenti. Le imprese coinvolte negli ADR sono in media più grandi e mostrano sintomi meno critici di difficoltà economica e finanziaria al momento della presentazione della domanda di omologazione. Tuttavia, la durata del periodo di difficoltà finan­ziaria, che precede l’avvio della procedura, è più lunga per tali imprese rispetto a quelle che, invece, ricorrono al concordato preventivo. Il deteriorarsi della situazione economica e finanziaria che precede l’avvio della procedura mostra, pertanto, un incedere della crisi più rapido per le imprese che ricorrono al concordato preventivo rispetto alle imprese che percorrono la strada dell’ADR, per le quali [continua ..]


3. La stratificazione del quadro normativo nel periodo dell’indagine

Lo studio si basa sui dati empirici raccolti su concordati preventivi e accordi di ristrutturazione per i quali è stato depositato, rispettivamente, un ricorso per l’am­missione o per l’omologazione nel periodo compreso tra il 2009 e il 2016. In questo arco di tempo vi sono state diverse modifiche alla disciplina dei due strumenti; altre modifiche sono state poi apportate al di fuori del periodo di indagine, successivamente al termine dello stesso, e per questo se ne dà conto solo sommariamente. La descritta stratificazione normativa – di cui si è tenuto conto nella lettura dei dati raccolti – consente di distinguere tre “stagioni” del quadro normativo in materia, fra loro scandite da interventi “chiave” del legislatore che sottendono una visione sistematica diversa del ruolo degli strumenti di regolazione della crisi: la riforma del 2005-2006; per i soli ADR, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, con L. 30 luglio 2010, n. 122 e, poi, anche per il concordato preventivo, il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 2012, n. 134; il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge, con modificazioni, con L. 9 agosto 2013, n. 98; il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 e la L. 6 agosto 2015, n. 132, di conversione del D.L. n. 83/2015. Con l’avvertenza che il processo di modificazione e aggiustamento è stato pressoché costante e ininterrotto (anche in considerazione di diversi interventi giurisprudenziali che, di tempo in tempo, hanno chiarito o, invece, contrastato le innovazioni legislative), si possono dunque schematizzare – limitatamente alla finestra temporale rilevante per la presente indagine e alla disciplina degli strumenti oggetto della stessa – le seguenti fasi. a) Una fase iniziale di apertura all’autonomia privata nella regolazione della crisi d’impresa, inaugurata con la riforma complessiva dell’ordinamento concorsuale italiano nel 2005-2006. L’assetto normativo delineato si caratterizza (i) con riferimento al concordato preventivo, per il superamento dei vincoli concernenti l’entità e le modalità di soddisfazione dei creditori, la rimozione del requisito di meritevolezza del debitore quale condizione per l’utilizzo dello strumento, l’abbassamento del quorum necessario per l’approvazione della proposta, [continua ..]


4. Le procedure “informali”, “semi-formali” e “formali”

Per completezza espositiva si precisa che, nel dibattito internazionale – nel quale si deve necessariamente proiettare il dibattito sulla disciplina italiana, in considerazione della necessità di recepire la Direttiva sulla ristrutturazione e l’in­solvenza – gli strumenti di ristrutturazione che prevedono il coinvolgimento dei cre­ditori sono sovente suddivisi, a fini tassonomici e di comparazione, in due categorie principali definite in base alla caratteristiche della relativa procedura (livello di coinvolgimento del tribunale o di altra autorità pubblica nel processo, necessità del­l’approvazione dell’accordo da parte di un certo numero di creditori ed effetti sulle parti coinvolte). Su tale base si distinguono procedure informali, procedure semi-formali (ibride) e procedure formali [21]. Tra le procedure informali si possono far rientrare, con riguardo al quadro normativo italiano, sia gli accordi puramente stragiudiziali, ammissibili ma non disciplinati dall’ordinamento concorsuale, sia i piani di risanamento attestati: in questo caso, infatti, il piano viene negoziato e attuato senza alcun controllo preventivo del tribunale, con il principale vantaggio di concedere al debitore una notevole libertà di iniziativa. La circostanza che, per i piani di risanamento attestati, la legge accordi al debitore una protezione per le operazioni effettuate sulla base del piano (riguardo al rischio di revocatoria e di responsabilità civili e penali) non fa venir meno il carattere informale del piano di risanamento, in cui il controllo giudiziale è solo eventuale ed ex post. Tra le procedure semi-formali, invece, rientrerebbe l’ADR “consensuale”, dato che il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria (o amministrativa) è sempre previsto, ma limitato, e l’accordo riguarda solo i creditori che hanno prestato contrattualmente il loro consenso [22]. Le procedure semi-formali si differenziano, poi, dalle procedure di ristrutturazione formali, che consentono alla maggioranza dei creditori di prevalere effettivamente sulla minoranza. Le procedure formali richiedono, pertanto, un più penetrante controllo giudiziale (o amministrativo) sul contenuto del piano al fine di proteggere i creditori dissenzienti e le altre parti interessate [23]. Tra le procedure formali rientra, certamente, il concordato preventivo. Sempre ai [continua ..]


5. Le procedure esaminate

5.1. Dati e tassonomia delle procedure L’analisi si basa su dati relativi agli ADR e ai concordati preventivi (indicati come “CP” nelle figure e tabelle che seguono) in continuità aziendale per i quali è stata presentata, presso diversi tribunali italiani, una domanda di omologazione o, nel caso del concordato preventivo, di ammissione nel periodo 2009-2016. Nonostante il loro diffuso utilizzo nella pratica, non sono stati invece considerati i piani di risanamento attestati ex art. 67 L. Fall. e gli accordi stragiudiziali [26]. Le informazioni quantitative relative a questi strumenti sono, infatti, scarse e frammentarie, data l’assenza di intervento giudiziale e non essendo soggetti ad alcuna pubblicità legale obbligatoria (il debitore può scegliere di pubblicarli nel registro delle imprese, principalmente allo scopo di beneficiare di alcuni vantaggi fiscali). L’analisi dei concordati preventivi si basa sulle ricerche empiriche quantitative e qualitative condotte, nel contesto del progetto di ricerca europeo “Co.Di.Re.” [27], da un gruppo di studiosi ed esperti di cui gli autori hanno fatto parte. I dati sono stati raccolti attraverso la piattaforma web Fallco, un software usato per la gestione delle procedure concorsuali da moltissimi tribunali italiani, giovandosi della collaborazio­ne dei commissari giudiziali e del sostegno di numerosi magistrati. I dati contengono informazioni su un campione pari al 35% di tutti i concordati avviati in Italia tra il 2009 e il 2016. Nel 70% dei casi si tratta di concordati liquidatori, mentre quelli in continuità costituiscono il restante 30% [28]. Ai fini di questo lavoro, ci si concentra su 941 concordati in continuità, avviati in 47 tribunali italiani. Tra questi, 289 sono in continuità diretta (“concordati diretti”, “CP-D” nelle figure e tabelle) e, dunque, prevedono la continuazione dell’esercizio dell’azienda senza un mutamento dell’impren­ditore individuale o societario titolare della stessa. Le restanti 652 procedure sono invece in continuità indiretta (“concordati indiretti”, “CP-I”), in quanto prevedono la cessione dell’azienda e una radicale riorganizzazione aziendale, pur mantenendo la sostanziale unitarietà dell’impresa (cfr. par. 2) [29]. I dati sugli ADR sono stati raccolti utilizzando le [continua ..]


5.2. Ripartizione geografica delle procedureLa figura riporta la distribuzione dei sottotipi di procedura: “DIR” indica le procedure dirette; “IND” quelle indirette.

Come accennato, parte del set di dati è il risultato di uno sforzo di raccolta che ha richiesto ai ricercatori coinvolti di accedere di persona ai registri giudiziari e trascrivere le informazioni da atti e documenti presenti nei tribunali. Per questo motivo, il campione copre solo una frazione dei tribunali italiani (47 per i concordati e 60 per gli ADR, su un totale di 140 tribunali presenti sul territorio nazionale). Per motivi di prossimità territoriale, la selezione dei tribunali non è stata casuale. Essendo per il gruppo di ricerca più semplice la raccolta dei dati nelle regioni settentrionali, il campione sovra-rappresenta questa macro-area. Ad esempio, circa il 75% degli ADR nel campione proviene dai tribunali del Nord (Figura 3), presso i quali è depositato il 58% di tutti gli ADR avviati in Italia nel periodo di riferimento. Di converso, solo il 6% degli ADR proviene dai tribunali del Mezzogiorno, sebbene gli accordi depositati presso questi tribunali siano il 22% del dato complessivo nazionale. Un’analoga ripartizione geografica del campione si osserva per i concordati; il numero di concordati indiretti oggetto di indagine è particolarmente elevato nelle regioni settentrionali, ancorché ciò dipenda solo in parte dalle modalità di scelta del campione (essendo stato riscontrato un numero significativamente inferiore di tali procedure nelle regioni meridionali del Paese). Figura 3. – Ripartizione geografica delle procedure  


5.3. Eventi che precedono il tentativo di ristrutturazioneLa figura riporta la distribuzione geografica di ciascun tipo di procedura nel campione.

Il concordato è attualmente lo strumento più diffuso per affrontare la crisi delle imprese con l’obiettivo di preservare la continuità aziendale: nella maggioranza dei casi (89% per i concordati in continuità diretta e 85% per quelli in continuità indiretta) le imprese tentano un concordato senza aver intrapreso alcun altro tipo di procedura in precedenza, incluso un piano di risanamento (Figura 4). Circa la metà dei concordati proviene da concordati c.d. in bianco o preconcordati, con una maggiore incidenza tra quelli in continuità diretta (62%) rispetto a quelli in continuità indiretta (50%) [33]. È più frequente, invece, che gli ADR siano preceduti da un’altra procedura, in particolare da concordati in bianco (19%), ma anche da piani attestati (10%) o da un precedente ADR (8%). L’utilizzo dei pre-accordi di ristrutturazione (182-bis, 6° comma, L. Fall.) che, analogamente ai concordati in bianco, dovrebbero garantire al debitore il tempo necessario alla presentazione del piano, è limitato al 20% dei casi [34]. Figura 4. – Antecedenti della procedura La figura riporta la frequenza media di eventi antecedenti la presentazione della domanda, con distinzione per tipo di strumento. L’espressione “prima presentazione” indica i casi in cui non è stata registrata alcuna procedura precedente. Le categorie diverse da “prima presentazione” non sono mutualmente esclusive.  


5.4. Contenuto dei piani previsti dagli accordi

L’esperienza pratica indica che nell’ambito di un piano di ristrutturazione può essere proposta un’ampia gamma di misure, che potenzialmente coinvolgono sia l’at­tivo, sia il passivo del bilancio del debitore. Risultanze empiriche esistenti indicano che l’approccio migliore per la ripresa dell’attività consiste in un’adeguata combinazione di ristrutturazione operativa e ristrutturazione finanziaria [35]. La Figura 5 riporta la frequenza delle diverse misure contenute nei piani degli ADR diretti facenti parte del campione [36]. Anche quando è prevista la continuazione diretta, è raro che essa sia perseguita senza alcuna dismissione: le cessioni di asset sono molto comuni (59%). La vendita di attività non strategiche è infatti vista come il modo principale per i debitori di procurarsi la liquidità necessaria alla sopravvivenza del core business dell’impresa. La ristrutturazione del debito è prevista in tre quarti degli ADR, con le dilazioni del debito come misura più frequente (59%), seguite da remissioni, accolli (da parte di azionisti o società collegate) e debt/equity swap (anche con strumenti finanziari ibridi). Figura 5. – Contenuto dei piani degli ADR diretti La figura riporta la frequenza delle misure specifiche previste nei piani degli ADR-D. Circa la metà dei piani prevede anche cambiamenti a livello di gestione o strategia. La maggior parte di questi casi (77%) riguarda la gestione finanziaria (ad esem­pio, operazioni sulle partecipazioni). Circa il 60% di questi interventi è direttamente correlato all’operatività aziendale (ad esempio, per mezzo di strategie di differenziazione dei prodotti). Anche gli interventi sulla forza lavoro sono comuni (21%), nonostante le note complessità. Solo il 25% degli interventi prevede cambiamenti nella composizione del consiglio di amministrazione. L’apporto di nuovo capitale di rischio avviene nel 23% dei casi e nuovi finanzia­menti sono previsti nel 34% dei piani. Questi dati suggeriscono che i debitori tendono a operare una ristrutturazione finanziaria principalmente attraverso la cessione di attività o ponendo l’onere di ripristinare la redditività dell’impresa sui creditori finanziari. Al contrario, i nuovi contributi degli azionisti e dei terzi – sia per aumentare le risorse proprie [continua ..]


6. Caratteristiche ante-procedura delle imprese coinvolte nelle ristrutturazioni

Questo paragrafo si sofferma sulle caratteristiche ante-procedura delle imprese coinvolte negli ADR e nei concordati in continuità aziendale. Nelle analisi che seguono, le informazioni provenienti da atti processuali e dal registro delle imprese sono abbinate a dati a livello di singola impresa sui bilanci e sulle relazioni di credito. I dati di bilancio sono ottenuti da Cerved Group S.p.A. e comprendono tutte le informazioni dei bilanci annuali delle società di capitali, nonché un’indicazione del loro “stato di attività” (quest’ultima deriva, a sua volta, dai dati del registro delle imprese, gestiti da InfoCamere S.C.p.A.). I dati sui rapporti di credito sono tratti dalla Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia. Di seguito è dapprima presentato un confronto tra tutti gli ADR e i concordati, indipendentemente dalla loro natura di procedure con continuità diretta o indiretta. Ove rilevante, l’analisi è approfondita confrontando i sottotipi di procedura. Nel­l’interpretare questi risultati occorre tenere presente che il numero di ADR indiretti (71 procedure, corrispondenti a circa il 12% del campione degli ADR) è molto limitato, sia in termini assoluti sia in relazione alle altre categorie considerate.


6.1. Variabili di bilancio

La Tavola 1 riporta i raffronti delle variabili di bilancio tra le imprese coinvolte in ciascun tipo di procedura, mentre la Tavola A.1 dell’Appendice approfondisce l’analisi per tener conto dei sottotipi di procedura. Per ogni singola procedura si calcola il valore medio di ogni variabile su un periodo di tre anni prima del deposito. Si confrontano in seguito le medie o mediane di questi valori tra le due categorie di procedura. La differenza più rilevante tra le imprese che presentano un ADR e quelle che ricorrono al concordato in continuità è la dimensione. Sulla base dell’ammontare to­tale delle attività, le imprese coinvolte negli ADR sono circa il 70% più grandi delle imprese coinvolte nei concordati, senza variazioni sostanziali tra procedure dirette e indirette. La dimensione totale del debito va di conseguenza, con le società in ADR che mostrano una massa di debito superiore del 60% rispetto alle imprese in concordato. Va notato che tutte queste imprese sono “grandi” nel panorama italiano: nel periodo 2009-2016, l’ammontare medio del patrimonio totale delle società di capitali italiane assoggettabili al fallimento è stato di circa 730.000 euro: le dimensioni mediane delle imprese coinvolte in ADR e concordato cadono, rispettivamente, intorno al 97° e al 92° centile della distribuzione complessiva della dimensione [38]. Le imprese coinvolte negli ADR mostrano, al momento dell’avvio della procedura, risultati leggermente migliori rispetto alle imprese che fanno ricorso al concordato secondo diversi indici di performance economica, come la produttività del lavoro e il rendimento delle attività. Anche in questo caso, la maggior parte della differenza è riconducibile agli ADR diretti, mentre i valori per le imprese che ricorrono ad ADR indiretti sono maggiormente in linea con quelli delle imprese in concordato (Tavola A.1). Anche se le imprese ADR mostrano prestazioni leggermente migliori, il loro margine operativo mediano (qui misurato dall’EBID­TA) è pressoché nullo. Le società in ADR indiretti e concordato mostrano EBITDA tipicamente negativi. Non vi sono differenze significative nella quota di immobilizzazioni rispetto al totale dell’attivo possedute dalle imprese in ADR e concordato. D’altro canto, le società in concordato mostrano valori più elevati [continua ..]


6.2. Variabili di credito

La situazione delle imprese nei tre anni precedenti la ristrutturazione mostra già chiari segnali di difficoltà. Nella Tavola 2 si rappresenta lo stato dei rapporti di credito delle imprese prima della procedura, sulla base dei dati della Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia. Come in precedenza, la Tavola A.2 in Appendice riporta i dati distinguendoli per i vari sottotipi di procedura. Tavola 2. – Variabili di credito (ADR e concordati) Per ogni impresa coinvolta in una procedura di ristrutturazione, le variabili Tot. esposizione – Quota di debito garantito e Tasso di interesse sulle linee di credito (prestiti a scadenza) sono misurate dal valore medio nei tre anni precedenti la procedura: si calcolano poi le mediane di questi valori medi nella popolazione di riferimento. Persistenza di sofferenze (crediti deteriorati) è misurata dal numero di trimestri consecutivi immediatamente anteriori alla procedura nei quali l’impresa ha avuto almeno un rapporto di credito classificato come sofferenza (credito deteriorato). Le variabili Sofferenze – Nuovi prestiti a scadenza sono misurate come il valore massimo dei relativi indicatori nei tre anni precedenti la procedura: si calcolano poi le medie di questi massimi nella popolazione di riferimento. La significatività statistica per la differenza delle mediane è ottenuta mediante regressione quantile. I simboli ***, **, * indicano rispettivamente il 99%, il 95% e il 90% di significatività. Quota banca prevalente è la dimensione relativa della più ampia quota di credito ottenuto dall’impresa riferibile a una singola banca. Concentrazione del credito è l’indice di concentrazione Herfindahl-Hirschman applicato alle quote di credito. I valori etichettati come “Tutte le imprese” fanno riferimento a tutte le società di capitali che soddisfano i requisiti per l’assoggettamento alle norme in materia di fallimento. Come illustrato nel par. 5.1, le società in ADR sono più grandi (in termini di attività e dimensioni del debito) rispetto alle società in concordato e mostrano una simile incidenza dei debiti finanziari: di conseguenza, l’esposizione totale verso creditori finanziari è maggiore, in specie quasi il doppio, nelle società in ADR rispetto alle società in concordato. Inoltre, le imprese in concordato intrattengono [continua ..]


6.3. Caratteristiche ante-procedura e scelta del tipo di procedura

Anche considerando un’ampia gamma di variabili di controllo, le dimensioni dell’impresa sono un buon predittore della scelta tra ADR e concordato (cfr. Tavola A.3 in Appendice). Un filone di letteratura empirica mostra, nel contesto statunitense, che le grandi imprese tentano più spesso, rispetto a quelle di dimensioni minori, la strada della ristrutturazione, anziché avviare una liquidazione del patrimonio [43]. Anche se nel presente lavoro sono confrontate due forme di ristrutturazione che non mirano a liquidare l’impresa, va tenuto presente che l’ADR è considerato una forma di ristrutturazione più “leggera” e meno procedimentalizzata, mentre il concordato preventivo è una procedura già in sé più “radicale”. È quindi ragionevole che, paragonandoli, emergano similarità con quanto osservato nel confronto tra ristrutturazione e liquidazione. In effetti, si può anche notare che i concordati liquidatori co­involgono imprese più piccole rispetto a quelli in continuità, con una dimensione media dell’attivo di 5,2 milioni di euro [44]. Altre caratteristiche che si osservano essere buoni predittori della scelta tra ristrutturazione e liquidazione, e dunque – in linea con quanto osservato – tra ADR e concordato sono già state segnalate nella letteratura giuseconomica internazionale [45]. L’analisi considera il ruolo congiunto delle dimensioni e della persistenza della difficoltà nel prevedere se un’impresa che intenda avviare una ristrutturazione in continuità utilizzerà un ADR o un concordato. Due interpretazioni possono essere avanzate. Da un lato, è possibile che, a prescindere dalle cause di crisi, gli ADR si adattino meglio alle imprese più grandi. Ciò può verificarsi per diversi motivi. Ad esempio, negli ADR l’impresa deve gestire negoziati complessi e meno formalizzati, mentre nei concordati le proposte sono omogenee e devono essere accettate dai creditori a maggioranza. Inoltre, gli incentivi che portano a problemi di holdout sono attenuati nei concordati dalla minaccia del cram down. Le imprese più grandi sono meglio dotate di competenze interne o di risorse per gestire negoziati più impegnativi. A ciò si aggiunga che le imprese di maggiori dimensioni sono in genere più [continua ..]


7. Esiti della procedura

7.1. Omologazione L’esito giuridico della procedura è esaminato in termini di omologazione da parte del tribunale. Come è noto, sotto questo profilo i due strumenti sono diversi, perché negli ADR il procedimento si apre con il deposito della domanda di omologazione, quando l’accordo con i creditori è già stato raggiunto, mentre nei concordati vi è un doppio vaglio del tribunale, al momento della richiesta di ammissione e – successivamente – in esito al voto dei creditori. Di conseguenza, la durata totale delle fasi giudiziarie è molto maggiore nei concordati che negli ADR (Figura 8). L’omolo­gazione degli ADR richiede in media circa 2 mesi, mentre nei concordati la decisione sull’ammissione avviene in circa 1 mese; lo svolgimento della procedura di concordato preventivo richiede poi circa 7-8 mesi. Le procedure sono in genere più brevi nel Nord: i concordati depositati presso i tribunali delle regioni settentrionali ottengono l’omologazione in un tempo totale inferiore agli 8 mesi, mentre quelli nelle regioni centrali e meridionali richiedono intorno ai 10 mesi. Figura 8. – Durata delle fasi giudiziarie La figura riporta la quota di accordi omologati sul numero totale di procedure, per sottotipo di procedura, a livello nazionale (sinistra) e per macro-area (destra). Il maggior tasso di omologazione degli ADR rispetto ai concordati sembra potersi spiegare con il fatto che, nel primo strumento, la maggior parte dei negoziati si svolge prima della presentazione della domanda di omologazione al tribunale e che, non potendo essere vincolati i creditori non aderenti (si ricorda che gli accordi di ristruttura­zione a efficacia estesa sono esclusi dal perimetro dell’indagine), il controllo giu­di­ziario è meno pervasivo (cfr. Figura 9, riquadro di sinistra). In particolare, il 78% degli ADR è omologato, contro circa il 57% dei concordati (sia diretti sia indiretti). L’omologazione è meno frequente nelle regioni centrali e meridionali rispetto al Nord (cfr. Figura 9, riquadro di destra). C’è un certo grado di variazione nel tasso di omologazione del piano a seconda delle caratteristiche dell’indebitamento della società prima del deposito. Ad esempio, le imprese con sofferenze nei tre anni precedenti il deposito hanno meno probabilità di omologazione in tutti i tipi di [continua ..]


7.2. Sopravvivenza dell’impresa e risultati economici

I paragrafi seguenti analizzano la sopravvivenza e l’evoluzione dell’impresa dopo l’omologazione, osservandone l’andamento, quando possibile, per i tre anni successivi. A tal fine è rilevato lo “stato di attività” annualmente riportato tra i dati del registro delle imprese inclusi nelle informazioni fornite da Cerved Group. Per ciascun anno un’impresa può essere: (i) in attività; (ii) cessata in assenza di fallimento o di qualsiasi altra procedura di liquidazione formale; (iii) cessata per fallimento. Le imprese appartenenti alle categorie (ii) e (iii) sono complessivamente identificate come “cessate”. Le imprese sub (i) (imprese attive) comprendono anche quelle ancora coinvolte in una procedura di ristrutturazione [48]. Le imprese che continuano a operare sotto un’identità diversa o che si sono fuse con un’altra impresa sono classificate nel gruppo (ii). L’analisi è limitata alle imprese per le quali lo stato di attività è osservabile lungo l’orizzonte temporale citato. Una prima considerazione importante riguarda la probabilità di sopravvivenza, che risulta significativamente più elevata in caso di omologazione. Tra le imprese in ADR il cui piano non è omologato, circa il 40% fallisce e il 67% è comunque cessato entro 3 anni. Tra le imprese in concordato (più piccole, meno resilienti e spesso in crisi più profonda), il fatto di non ottenere l’omologazione è associato a un tasso di fallimento a tre anni di circa il 66% e a un tasso di cessazione dell’83% nello stesso orizzonte temporale. Come prevedibile, l’omologazione condiziona in maniera sostanziale la possibilità per l’impresa di restare in attività. La Figura 11 mostra il tasso di fallimento e di cessazione delle imprese coinvol­te in ADR e concordati diretti omologati [49]. La percentuale di fallimenti a tre anni è piuttosto bassa, soprattutto se confrontata con i numeri riferiti ai concordati non omo­logati, di poco superiore al 10% sia per gli ADR diretti, sia per i concordati diretti. La probabilità di cessazione su un orizzonte triennale è quasi doppia per le imprese in ADR diretto (56%) rispetto alle imprese in concordato in continuità diretta (31%). Tuttavia, la maggior parte delle imprese in ADR diretto che risultano cessate [continua ..]


8. Osservazioni conclusive

Il presente lavoro riporta i principali risultati di un’analisi empirica condotta con riferimento agli strumenti di ristrutturazione volti a preservare la continuità aziendale, e che si è concentrata, in particolare, sull’accordo di ristrutturazione del debito e sul concordato preventivo con continuità aziendale. L’analisi è stata condotta utilizzando dati raccolti presso alcuni tribunali italiani, nonché i dati di bilancio e le relazioni di credito a livello di singola impresa. L’analisi confronta le caratteristiche ante-procedura delle imprese che ricorrono a ciascuno strumento e i risultati post-pro­cedura in termini di sopravvivenza e ripresa dell’attività aziendale. Le imprese coinvolte nei due tipi di procedure mostrano importanti differenze ex ante, sia strutturali sia contingenti. In particolare, le imprese coinvolte negli ADR sono in genere più grandi e hanno prestazioni migliori a ridosso della procedura, ma arrivano a quest’ultima dopo un periodo di difficoltà finanziaria più lungo. In media, le imprese in concordato cadono in una crisi più profonda, ma sperimentano un periodo di distress finanziario più breve. I concordati sono anche caratterizzati da tassi di omologazione più bassi e la probabilità di omologazione diminuisce all’aumentare della durata del periodo di difficoltà finanziaria. I concordati in continuità diretta (che prevedono la continuazione dell’impresa sotto il controllo del debitore) sono associati a tassi di cessazione dell’impresa inferiori rispetto agli ADR nei primi tre anni dopo l’avvio della procedura. Tuttavia, molte imprese coinvolte in un concordato diretto risultano ancora in fase di ristrutturazione al traguardo dei tre anni. Se si limita l’analisi a quelle imprese che risultano sopravvissute dopo tre anni, si riscontra che i principali indicatori economici di performance delle imprese in concordato raggiungono quelli delle imprese in ADR, nonostante essi siano tipicamente inferiori nel momento in cui inizia la procedura. Entrambi i gruppi di imprese, ad ogni modo, non tornano nei tre anni successici all’avvio della procedura ai livelli medi riscontrabili con riferimento all’intera popolazione di società attive. Inoltre, le condizioni finanziarie non migliorano per nessuno dei due gruppi di imprese entro i primi tre anni, [continua ..]


Appendice

Tavola A.1. – Variabili di bilancio (ADR e concordati, per sottotipo) Tavola A.3. – Correlazione tra scelta del tipo di procedura e caratteristiche pre-pro­cedura La variabile dipendente assume valore 1 se l’impresa accede a un ADR e 0 se accede a un CP. Srl e Spa sono indicatori della rispettiva forma societaria. Impresa a controllo familiare è un indicatore per le imprese in cui i membri di una singola famiglia possiedono una quota di controllo. Nord identifica i tribunali del Nord Italia. Effetti fissi di settore sono indicatori binari basati su una classificazione a 10 macro-settori dell’attività economica. Gli errori stan­dard sono clusterizzati a livello di tribunale. I simboli ***, **, * indicano rispettivamente significatività al 99%, 95% e 90%.   Tavola A.4. – Previsori di fallimento ed cessazione (entro 2 anni, ristrutturazioni omologate)   ADR-D CP-D Variabile dipendente Fallimento Cessazione Fallimento Cessazione Fallimento Cessazione Fallimento Cessazione   OLS OLS OLS (Lasso) OLS (Lasso) OLS OLS OLS (Lasso) OLS (Lasso)   (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) S.r.l 0.156 – 0.002     – 0.017 0.382       (0.110) (0.192)     (0.125) (0.298)     S.p.a. 0.133 0.025   – 0.053 0.043 0.362 0.041     (0.115) (0.201)   (0.061) (0.130) (0.311) (0.026)   Azienda a controllo famigliare 0.121*** 0.022 0.102***   – 0.079* – 0.080 – 0.048*     (0.041) (0.072) (0.033)   (0.043) (0.102) (0.029)   Prima presentazione – 0.078 – 0.178     0.352** 0.177       (0.102) (0.178)     (0.160) (0.382)     Istanza di fallimento – [continua ..]


NOTE