Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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L'impatto del "Decreto Liquidità” sulla continuità aziendale delle imprese e sulle procedure concorsuali pendenti (di  Stefano Ambrosini e Gianvito Giannelli )


Uno sguardo critico alle disposizioni legislative introdotte dal d.l. n. 23 del 2020 concernenti la crisi d’impresa, volte ad agevolare l’imprenditore economicamente colpito dalla crisi sanitaria provocata dal corona virus. In particolare, nell'articolo si affrontano le norme relative alla continuità aziendale e alla gestione delle procedure concorsuali pendenti.

A critical eye to the legislative provisions introduced by Legislative Decree no. 23 of 2020 concerning the corporate crisis, aimed at facilitating the entrepreneur economically affected by the health crisis caused by the corona virus. In particular, are addressed the rules relating to going concern and the management of pending bankruptcy proceedings.

Sommario: 1. Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi.- 2. La sospensione degli obblighi di riduzione del capitale.- 3. La rilevazione della continuità aziendale. 4. Gli effetti sulle procedure minori pendenti.- 5. Sulla questione della persistente possibilità o meno di depositare domande ex art. 161, comma 6 (o art. 182-bis, comma 6), l. fall.- 6. La temporanea improcedibilità delle istanze di fallimento.   1. Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi.   Come era stato auspicato l’art. 5 del d.l. n. 23 del 2020 rinvia l’entrata in vigoredel Codice della Crisi. L’esigenza era sentita sia dagli studiosi che dai professionisti, con particolare evidenza dell’opportunità di differire l’operatività della disciplina sulle misure di allerta, stante la presa d’atto che il “sistema” non era (e non è tuttora) pronto ad affrontare e gestire un’innovazione di tale portata, foriera di effetti oggettivamente incerti, di là dalla bontà della scelta di fondo. E ciò quanto meno con riferimento alle imprese di minori dimensioni, come giustamente suggerito, fra gli altri, sia da Confindustria che dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e dei revisori contabili[1]. La scelta del legislatore è andata ben oltre rispetto a quanto auspicato, stabilendo che l’intera riforma non entrerà in vigore prima di settembre 2021. Ad addivenire a questa determinazione, ampiamente condivisibile[2], hanno concorso vari (e concorrenti) ordini di considerazioni. Il primo attiene alla constatazione che è senz’altro preferibile affrontare un frangente emergenziale con uno strumentario normativo conosciuto e ampiamente collaudato qual è la legge fallimentare vigente[3], rispetto all’applicazione di una nuova disciplina che, nella situazione corrente, avrebbe rischiato di rappresentare un vero e proprio salto nel buio. E di tutto fuorché di questo, francamente, si avverte il bisogno. Il secondo ordine di considerazione si riferisce specificamente alle misure di allerta. Come si legge nella Relazione illustrativa, infatti, il sistema dell’allerta “è stato concepito nell'ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all'interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità. In una situazione in cui l'intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli”[4]. Tuttavia è difficile non [continua..]