Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il fallimento della società incorporata entro l´anno dalla fusione (art. 10 previg. L. Fall.): nuovamente messa in discussione la stabilità delle operazioni straordinarie (di Santina Munafò, Dottoranda di ricerca in Scienze giuridiche nell’Università degli Studi di Messina)


Il Tribunale di Catania, con la sentenza in commento, ha dichiarato il fallimento di una società incorporata, ritenendo alla stessa applicabili gli articoli 10 e 15 della previg. L. Fall. In seguito al reclamo avverso la sentenza suddetta, la Corte d’appello etnea ha confermato quanto statuito dal Giudice di primo grado. Si tratta di pronunce che si collocano sulla scia di recenti orientamenti della Suprema Corte di Cassazione in tema di revocabilità degli effetti delle operazioni di divisione del patrimonio sociale realizzate mediante scissione [1]. In questo contributo, si intende analizzare il procedimento logico-giuridico seguito dalle autorità giudiziarie suddette, evidenziandone alcuni profili di opinabilità e le conseguenze che tale decisione potrebbe comportare in termini di tenuta complessiva del (micro) sistema del diritto delle operazioni societarie straordinarie.

Parole chiave: Bankruptcy – Corporate banckruptcy – Capital company – Merger by incorporation – Bankruptcy within one year of the merger- Admissibility.

The bankruptcy of the incorporated company within the year of the merger (art.10 previg. L. Fall.): once again stability of extraordinary operations is called into question

The court of Catania declared the bankruptcy of an incorporated company, deeming articles 10 and 15 of the previg applicable to it. L. Fall. Subsequently, Following the complaint against the aforementioned sentence, the Etnean Court of Appeal confirmed the first instance sentence. These are rulings in the wake of recent guidelines from the Supreme Court of Cassation regarding the revocability of the effects of the operations of division of the corporate assets carried out by means of a spin-off. In this contribution, we intend to analyze the logical-legal procedure followed by the aforementioned judicial authorities, highlighting some profiles of questionability and the consequences that the decision could entail in terms of overall stability of the (micro) system of the law of extraordinary corporate transactions.

Keywords: Bankruptcy – Corporate banckruptcy – Merger by incorporation- Banckruptcy of the incorporated company- Applicability of art. 10 l. fail.- Prejudice- Heritage confusion – Asset guarantees

MASSIMA(1) L’art. 10 L. Fall. mira, tra l’altro, a tutelare il ceto creditorio da eventuali comportamenti potenzialmente in grado di diminuire o affievolire la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2740 c.c. La fusione per incorporazione, pur dando continuità ai rapporti giuridici in essere, arreca un potenziale pregiudizio al ceto creditorio della società fusa, che si trova a concorrere sul patrimonio di quest’ultima unitamente ai creditori dell’incorporante. Per tale ragione, è possibile dichiarare il fallimento della società incorporata entro il termine previsto dall’art. 10 L. Fall. MASSIMA(2) In tema di fusione societaria per incorporazione, la società incorporata, qualora insolvente al momento dell’operazione straordinaria, è suscettibile d’essere dichiarata fallita quale ente estinto, ex art. 10 L.F., entro un anno dalla sua cancellazione dal Registro delle imprese, in quanto la circostanza che i suoi debiti siano stati assunti dall’incorporante non può eliminarne la responsabilità patrimoniale stante che il suo esonero concorsuale non potrebbe che essere sancito da una previsione normativa espressa, non potendo i suoi creditori subire il pregiudizio derivante dalla confusione dei patrimoni degli enti coinvolti nell’operazione, né veder diminuita la garanzia patrimoniale generica della propria debitrice. PROVVEDIMENTO(1): Il tribunale (omissis): rilevato che – con ricorso depositato il 3/12/2021 – il PM chiedeva dichiarasi il fallimento della resistente, deducendo – sebbene molto succintamente – l’insolvenza della stessa dall’entità dei debiti erariali impagati ed evidenziando l’intervenuta cancellazione della stessa dal registro delle imprese in data 11/12/2020; rilevato che – con decreto del 03/12/2021 – il Presidente disponeva l’abbre­viazione dei termini a comparire e che il Giudice relatore disponeva la comparizione delle parti per il giorno 07/12/2021, con termine sino al 06/12/2021 per il deposito della documentazione di cui all’art. 15 l.f.; rilevato che all’udienza del 07/12/2021 si costituiva l’interveniente deducendo: a) l’insussistenza dei presupposti per la disposta abbreviazione dei termini; b) l’intervenuta incorporazione per fusione nel luglio del 2020 della società resistente in essa interveniente (originariamente denominata Iniziative editoriali Siciliane srl e che aveva – contestualmente all’operazione di fusione – assunto l’attuale denominazione); c) la nullità del ricorso introduttivo per la mancata individuazione del soggetto nei cui confronti era stata proposta l’istanza di fallimento; d) l’inammissibilità dell’istanza di fallimento nei confronti della società fusa per incorporazione; e) [continua..]
SOMMARIO:

1. I casi - 2. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza in ordine alla natura giuridica della fusione - 3. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza in ordine all’applicabilità del termine annuale di fallimento ad una società oramai incorporata - 3.2. La giurisprudenza - 4. L’art. 33 del Codice della crisi (D.Lgs. n. 14/2019) - 5. Osservazioni critiche - NOTE


1. I casi

La sentenza del Tribunale di Catania in commento ha per oggetto la dichiarazione di fallimento di una società ormai incorporata e, pertanto, l’applicazione a quest’ultima degli articoli 10 e 15 previg. L. Fall. Prima di addivenire alla decisione definitiva e dopo avere affrontato tutte le questioni preliminari, il Tribunale di Catania compie un articolato ragionamento giuridico che, tuttavia, come si vedrà più avanti, presenta qualche passaggio – ad avviso di chi scrive – non del tutto condivisibile. In primis, il Tribunale si sofferma sulla ratio dell’art.10 L. Fall., evidenziando come essa sia quella di tutelare – in astratto e salve le successive verifiche specifiche e concrete da effettuarsi in sede fallimentare – il ceto creditorio da eventuali comportamenti potenzialmente in grado di diminuire o affievolire la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2740 c.c., indipendentemente dagli obiettivi societari ed imprenditoriali concreti che questi si prefigge con la cessazione. Il Tribunale de quo, alla luce della ratio sopra descritta e delle ultime riflessioni della giurisprudenza di legittimità aventi per oggetto lo spazio applicativo dell’art. 10 previg. L. Fall. [2] – in cui si evidenzia l’esigenza di evitare che la modificazione della struttura conformativa del debitore realizzi una causa di sottrazione dell’im­presa alla soggezione alle procedure concorsuali – continua statuendo, in modo forte e deciso, l’applicabilità dell’art. 10 previg. L. Fall. anche ai fenomeni di riorganizzazione societaria, soffermandosi in particolare sull’istituto oggetto della causa: la fusione. Il Tribunale, quindi, chiude la parte dedicata alla ratio e all’ambito di applicazione dell’art. 10 previg. L. Fall. e passa ad analizzare in modo più dettagliato l’o­perazione di fusione, evidenziando che essa, pur dando continuità ai rapporti giuridici in essere, arreca un potenziale pregiudizio al ceto creditorio della società fusa, che si trova a concorrere sul patrimonio della ridetta società fusa anche coi creditori della società incorporante, laddove l’esperimento delle azioni di massa consentirebbe, invece, il ripristino di quella garanzia patrimoniale venuta meno per via dell’operazione straordinaria. Tale impostazione, a parere del Tribunale etneo, si [continua ..]


2. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza in ordine alla natura giuridica della fusione

Le sentenze in commento spingono senz’altro i giuristi ad interrogarsi sulla natura giuridica dell’operazione straordinaria di fusione. Si tratta di un argomento citato in modo molto approssimativo e veloce dal Tribunale etneo – che si limita semplicemente a richiamarne l’ultimo orientamento della Corte di Cassazione di cui si dirà meglio infra – e sul quale, invece, si è soffermata più approfonditamente la relativa Corte d’appello. Fondamentale, dunque, è porre l’attenzione – anche solo succintamente – su tale tematica, per comprendere: le eccezioni sollevate da parte interveniente/reclamante, la posizione della dottrina e della giurisprudenza circa l’applicabilità dell’art. 10 L. Fall. alla società incorporata e le osservazioni critiche contenute nel presente contributo. La dottrina, sulla natura giuridica della fusione, si divide in due macro filoni. Secondo una parte [5], la suddetta operazione si dovrebbe configurare come una modificazione dell’atto costitutivo sui generis, in quanto comporta l’estinzione delle società incorporate/partecipanti. Secondo altro orientamento dottrinale [6], invece, la fusione è una mera modifica di atto costitutivo che non determina alcun momento traslativo-costitutivo. In questo scenario già abbastanza articolato, si insinua la giurisprudenza di legittimità, che contribuisce notevolmente a rendere ancora più complicata la questione, cambiando idea più volte sul punto e giungendo a delle soluzioni nettamente in contrasto fra loro. In particolare, gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi su aspetti di natura prettamente processuale, che nulla hanno a che fare con le discussioni sull’in­solvenza e sulla tutela dei creditori, hanno proposto – cronologicamente – le seguenti soluzioni. Secondo la Cassazione a Sezioni Unite ante riforma [7], l’opera­zione di fusione rappresenta un’eccezionale ipotesi di successione universale inter vivos. Sempre secondo la stessa Corte [8], in seguito alla riforma societaria, invece, la fusione è da intendersi come una mera modifica di atto costitutivo che non determina alcuna estinzione, in quanto, ai sensi dell’art. 2504-bis c.c. “La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società [continua ..]


3. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza in ordine all’applicabilità del termine annuale di fallimento ad una società oramai incorporata

3.1. La dottrina In dottrina [10] è stata proposta un’attenta analisi sull’argomento de quo, che qui di seguito viene pedissequamente riportata. In primo luogo, è stato evidenziato che risulta più che legittimo dubitare sulla applicabilità degli artt. 10 ss. L. Fall. alla fusione. L’art. 10 ha per oggetto un’ipotesi di cessazione dell’impresa. La fusione, al contrario, appare ispirata ad un apparentamento di imprese, funzionale al loro potenziamento, e dove non si ferma nulla della relativa attività, e men che meno si apre la porta alla liquidazione, che della cessazione sarebbe la naturale conseguenza. Ragione per la quale non è concepibile che l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto di fusione possa equivalere all’iscrizione della cessazione di un’impresa. In secondo luogo, non si può equivocare sul fatto che il riformatore del 2003 ha integrato l’art. 2504-bis c.c. inserendo le parole “anche processuali” all’interno della frase “proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione”. Non è che in tal modo abbia inteso conferire alla società incorporante una sorta di rappresentanza processuale della società incorporata, quasi che questa fruisse di una sua esistenza fantasmatica all’interno del corpo della incorporante. A conferma del fatto che la fusione non ha niente a che fare con la morte dell’imprenditore, qui si è inteso proprio evitare l’applicazione dell’istituto dell’interruzione del processo, prevista dagli artt. 299 e 300 per il caso della morte della parte. Il processo pendente “diventa” dell’incorporante. In terzo luogo – sempre secondo questa dottrina – la società incorporante è posta perfettamente in grado di valutare le condizioni economiche della incorporanda, e se questa si trova in stato di insolvenza ne segue evidentemente la previsione di dover far fronte alla sua situazione debitoria. Con la conseguenza che, se l’incorporante è in grado di farlo, l’insolvenza viene sanata col fatto stesso della fusione e non è ipotizzabile una dichiarazione di fallimento dell’incorporata. Se invece l’incorporante si riveli inadeguata, andrà essa stessa incontro all’insol­venza. Si potrà parlare di insolvenza importata (e di una sorta [continua ..]


3.2. La giurisprudenza

In giurisprudenza, per un primo filone interpretativo, i requisiti di fallibilità nei confronti della società incorporata nell’ambito di un’operazione di fusione vanno accertati con riferimento alla società incorporante, la quale assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. Pertanto, operata e divenuta opponibile la fusione, la confusione tra i patrimoni delle società partecipanti diviene definitiva ed irreversibile, per cui la dichiarazione di fallimento non potrebbe avere come scopo la separazione della massa dell’incorporata, non potendosi ripristinare ex post lo status quo ante la fusione [13]. Invece, è rilevante evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione [14] ha basato il suo ultimo orientamento, relativo alla natura giuridica dell’operazione di fusione (sopra descritto), proprio sulla possibilità di applicare l’art. 10 L. Fall. alla società fusa/incorporata. Infatti, secondo la Corte: “posto che la società incorporata può essere assoggettata al fallimento entro un anno dalla sua cancellazione dal registro imprese, questa normativa non è un elemento a favore della sua sopravvivenza alla cancellazione. Anzi, se proprio se ne voglia trarre un indizio, è allora piuttosto un elemento in senso contrario, atteso che solo una norma speciale come l’art. 10 l.f. ha potuto sancire un simile precetto”. Anche per gli Ermellini, quindi, è necessario mantenere distinte, in sede fallimentare, le due (o più) realtà sociali, anche se ormai giuridicamente fuse.


4. L’art. 33 del Codice della crisi (D.Lgs. n. 14/2019)

L’art. 10, 1° comma, previg. L. Fall. prevede che “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”. Analogamente, anche l’art. 33 del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019),entrato in vigore definitivamente il 15 luglio 2022, prevede che “la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo” (1° comma); “per gli imprenditori la cessazione dell’attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese e, se non iscritti, dal momento in cui i terzi hanno conoscenza della cessazione stessa” (2° comma, primo periodo). Quest’ultimo articolo sembra non dire nulla di nuovo rispetto al precedente ma, in realtà, fa una precisazione di non poco conto: la cessazione coincide con la cancellazione. Risulta necessario, quindi, comprendere come tale inciso debba essere rapportato al fenomeno della fusione. In caso di fusione si assiste, senz’altro, alla cancellazione della società fusa/incorporata, ma si può davvero ritenere che tale cancellazione comporti – sic et simpliciter – l’estin­zione della stessa? Di fatto, come precisato per ultimo dalla Suprema Corte [15], in caso di fusione, l’estinzione attiene solo ai rapporti formali e non anche a quelli sostanziali, per i quali, invece, si verifica una mera modifica statutaria. Ai fini della dichiarazione di fallimento, dunque, rilevano gli effetti strutturali o giuridico-for­mali? Il punto è interessante e coinvolge il tema della natura giuridica e quello degli obiettivi che di fatto si vogliono raggiungere con la dichiarazione di fallimento, soprattutto in termini di responsabilità sia civile che penale.


5. Osservazioni critiche

La medesima decisione a cui sono giunti il Tribunale e la Corte d’appello di Catania – a parere di chi scrive il presente contributo – appare poco convincente per le ragioni che qui di seguito si analizzeranno singolarmente. Le autorità giudiziarie suddette, chiamate a decidere se applicare o meno l’art. 10 previg. L. Fall. all’operazione di fusione, non sembrano tenere in considerazione l’effetto principale dell’operazione de qua: la confusione dei patrimoni e delle compagini sociali delle società coinvolte. Anzi, a dire il vero, quest’aspetto – soprattutto da parte del Tribunale etneo – viene sì considerato, ma solo in modo unilaterale, guardando all’esclusivo interesse dei creditori dell’incorporata e all’eventuale pregiudizio che a questi ultimi potrebbe potenzialmente derivare; non considerando assolutamente, invece, la posizione dei creditori della società incorporante e il fatto che quest’ultima, in seguito alla fusione, operi nel mercato in forza di un patrimonio nuovo, frutto della confusione dei patrimoni delle società partecipanti alla fusione, instaurando nuovi rapporti e curando quelli pregressi delle società coinvolte nell’operazione. Infatti, proprio in base a questa impostazione unilateralmente orientata, tanto il Giudice di primo che di secondo grado, nell’ammettere il fallimento dell’incorpo­rata e la ricostituzione del patrimonio di quest’ultima società a beneficio della massa dei suoi creditori, sembrano non considerare minimamente né quanto previsto dall’art. 2504 c.c., né il principio della par condicio creditorum né, tanto meno, il principio di legittimo affidamento. Non a caso, all’art. 2504 c.c., il legislatore ha sancito che “eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione a norma del secondo comma dell’art. 2504 c.c., l’invalidità dell’atto di fusione non può essere pronunciata”. Tale articolo, secondo una parte della dottrina [16]e della giurisprudenza [17], statuisce il principio di cristallizzazione dell’operazione di fusione, ossia il principio in forza del quale non è più possibile, dopo che sia stata eseguita l’ultima iscrizione dell’atto di fusione, ripristinare la situazione ex ante delle società coinvolte. La ricostituzione del [continua ..]


NOTE