Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Ruolo del professionista e assetto dei controlli interni (di Dario Latella, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Messina)


 Il recente Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto una nuova relazione funzionale tra controlli interni e ruolo dei professionisti (consulenti, sindaci, revisori), trasferendo sulla best practice l’intera area delle competenze e delle connesse responsabilità nel prevenire il rischio d’insolvenza.

In questo saggio di prima lettura delle nuove norme, il ruolo dei professionisti e i controlli interni vengono messi in reciproca interazione, valorizzandoli quali segmenti essenziali dell’organizzazione d’impresa e inquadrandola prevenzione della crisi entro le attività basilari di monitoraggio costante del rischio aziendale.

The Italian Insolvency Code (D.Lgs. n. 14/2019) has improved a new relationship between internal controls and the role of practioners (professionals, counselors, advisor, and so on). What the main purpose of the Italian lawmaker has been, is probably to transfer on the best practice the whole responsability of the early warning tool and the facing of insolvency.

I try to match the role of best practice with the function of internal controls, that are, on my opinion, an essential part of the firm’s organization, as well as the the prevention of bankruptcy is nothing more than an essential part of risk monitoring.

Keywords: Insolvency Code – internal audits – corporate organisation

SOMMARIO:

1. Controlli interni e categorie professionali: una relazione funzionale - 2. Un primo tentativo di catalogazione delle ipotesi di coinvolgimento del professionista nella gestione anticipata della crisi d'impresa - 3. Prestazione intellettuale e funzione di controllo interno: il nuovo ruolo del professionista della crisi d'impresa - 3.1. (Segue): il nodo problematico della corresponsabilita' gestoria degli organi di controllo - NOTE


1. Controlli interni e categorie professionali: una relazione funzionale

Uno studio sul ruolo del professionista nel recente Codice della Crisi d’Impresa (CCI) [1] coinvolge ormai un’area tematica molto variegata, la cui ampiezza risente di quella sorta di stravolgimento culturale che il legislatore della riforma si attende, o più semplicemente “pretende”, dai protagonisti del mondo economico [2]. Dal 16 marzo 2019 – data di entrata in vigore delle norme di impatto societario del nuovo CCI – si è generato una sorta di trauma organizzativo sulle imprese collettive italiane che, attraverso il “cavallo di Troia” della moltiplicazione delle poltrone negli organi sindacali della s.r.l., dovrà indurre una profonda ed estesa modificazione dell’approccio di vigilanza sulla gestione, rendendo la relativa funzione più sensibile e, quindi, i suoi titolari maggiormente responsabili rispetto ai segnali interni di crisi. Il meccanismo che il legislatore ha scelto per ampliare il numero dei “controllori” è stato quello di abbassare le soglie di rilevanza per l’obbligo di nomina dell’organo di controllo nelle s.r.l. (art. 2477 c.c.) [3], in modo da estendere a macchia d’olio la penetrazione della vigilanza anche tra le imprese societarie che vi erano sottratte e – secondo la Relazione illustrativa al CCI – favorire così l’emersione e la gestione tempestiva della crisi [4]. Il punto di intersezione normativa tra il programmato arruolamento di massa delle categorie professionali e l’auspicata attività di prevenzione, è rappresentato dall’art. 14 CCI, che introduce un meccanismo deterrente della eventuale “apatia” del controllore nella segnalazione della crisi, consistente, per un verso, in una più precisa declinazione della responsabilità da concorso nella causazione del default collegata alle «conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo [amministrativo, n.d.r.], che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione»; e, per altro verso, nell’“esonero” da detta responsabilità concorrente per il caso di segnalazione «tempestiva». Non è irragionevole immaginare, in tal senso, che la prima applicazione della norma sarà caratterizzata da [continua ..]


2. Un primo tentativo di catalogazione delle ipotesi di coinvolgimento del professionista nella gestione anticipata della crisi d'impresa

Se da un lato, dunque, gli imprenditori saranno chiamati al compimento di un drastico salto culturale, per altro verso analogo sforzo verrà richiesto alle diverse figure professionali che, a vario titolo e nei diversi momenti dell’esercizio dell’im­presa, si relazionano con essa: i) dal punto di vistaconsulenziale esterno, mediante la espressa attribuzione del sigillo di “prededucibilità” ai crediti relativi a spese e compensi per prestazioni rese dall’organismo di composizione della crisi; e la conferma della medesima qualità per i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti e per la richiesta di misure protettive, sia pure nella misura del 75% del credito accertato e sempre che gli accordi siano omologati; nonché per i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, sia pure nei limiti del 75% del credito accertato e sempre che la procedura sia aperta; e ancora degli altri crediti sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore, la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti e le relative prestazioni professionali. Se, infine, è previsto che la prededucibilità permanga nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali, essa è invece esclusa per i crediti professionali per prestazioni rese su incarico conferito dal debitore durante le procedure di allerta e composizione assistita della crisi a soggetti diversi dall’organismo di composizione (cfr. l’art. 6 CCI); ii) ricoprendo cariche a rilevanzaorganizzativa interna, come richiesto agli organi di controllo societari, al revisore contabile e alla società di revisione, dalla necessità di adottare gli strumenti di allerta (intesi quali obblighi di segnalazione e organizzativi) finalizzati alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa e alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione (artt. 12, 14 CCI); iii) rivestendo ruoli di carattere para-giurisdizionale nell’organismo di composizione della crisi e nei relativi collegi, nella veste di “esperti” indipendenti dotati di competenze aziendalistiche, contabili e legali (artt. [continua ..]


3. Prestazione intellettuale e funzione di controllo interno: il nuovo ruolo del professionista della crisi d'impresa

Una riflessione più attenta, sia pure nei limiti della prima lettura interpretativa che qui si propone, meritano le figure professionali dei consulenti d’impresa e dei controllori interni (sindaci e revisori). Professionisti che, in mancanza di apprezzabili coperture di carattere giudiziario o para-giudiziario, intervengono nel condizionamento del ciclo vitale dell’impresa, molto prima che la crisi possa manifestarsi. Ecco, a me pare che queste categorie di professionisti risulteranno le più esposte al “trauma” cui facevo riferimento, potendo diventare il terminale delle censure di deficit organizzativo, che gli organi e gli attestatori delle procedure di composizione o di gestione della crisi e dell’insolvenza potranno sollevare. Per tali ragioni, e sulla scia di una linea di ricerca ormai molto prolifica [9], sono convinto che il momento organizzativo dell’impresa costituisca il nodo cruciale del funzionamento anche del nuovo Codice. E mi sembra di poter affermare, allora, che il diritto positivo ormai codifichi l’e­sistenza di un impianto organizzativo immanente a ciascuna impresa, declinato sulla base della struttura formale adottata, ossia “individuale” o “collettiva”, e funzionale (oggi espressamente) alla rilevazione dei tradizionali rischi di impresa, tra cui segnatamente e dettagliatamente quello della crisi finanziaria quale discesa verso l’in­solvenza. Non era affatto scontato che accadesse e, anzi, in prima battuta le stratificazioni degli interventi di revisione erano esondate nella previsione di obbligare perfino l’im­prenditore individuale all’adozione di un vero e proprio “assetto organizzativo”. Sotto questo profilo, invece, l’impalcatura organizzativa dell’imprenditore individuale rimane ancorata al dato testuale dell’art. 2082 c.c., per il quale l’“organizzazione” costituisce elemento essenziale non altrimenti specificato della fattispecie, oggi arricchendosi delle cc.dd. “misure idonee” che l’art. 3, 1° comma, CCI, impone debbano essere adottate per rilevare tempestivamente lo stato di crisi, assumendo di conseguenza le iniziative necessarie a farvi fronte. Al contrario, per gli imprenditori collettivi, il nuovo 2° comma dell’art. 2086 c.c. e la sua estensione a tutti i tipi societari imporrà [continua ..]


3.1. (Segue): il nodo problematico della corresponsabilita' gestoria degli organi di controllo

Con riguardo alla possibile ipertrofia dell’attività di segnalazione degli indizi di crisi, mi pare di poter dire che l’art. 14, 3° comma, CCI, costituisce una norma centrale nell’interpretazione della fattispecie di “allerta interna”. La disposizione introduce una fattispecie di “esonero” dalla responsabilità solidale dei controllori rispetto agli amministratori, prevedendo appunto che «La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo ai sensi del comma 1 costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo, che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione, a condizione che, nei casi previsti dal secondo periodo del comma 2, sia stata effettuata tempestiva segnalazione all’OCRI». Appare utile soffermarsi brevemente sulla portata applicativa di tale “esonero” e, in particolare, sull’ampiezza dell’area di esenzione da responsabilità offerta agli organi di controllo. Per quanto attiene alla responsabilità per fatto proprio, o individuale, degli organi di controllo, sembra chiaro che il testo normativo impedisca di immaginare che un’azione od omissione direttamente riferibili al sindaco o al revisore, possano andare esenti da imputazione di responsabilità al soggetto che aveva il dovere di compiere, o astenersi dal compiere, un determinato atto rivelatosi cagione di danno ingiusto. La responsabilità dalla quale gli organi di controllo possono ripararsi è soltanto quella solidale, ossia derivante da azioni od omissioni dell’organo amministrativo. Tuttavia, detto esonero appare talmente generalizzato da coinvolgere testualmente tutte le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni poste in essere dall’or­gano amministrativo, così non soltanto potendosi estendere ad effetti dell’agire gestorio che non hanno nulla a che vedere con la diretta determinazione della crisi e le sue cause (si pensi a scelte colpevoli dell’organo amministrativo che, pur non avendo causato il depauperamento economico, patrimoniale o finanziario della società, hanno comunque comportato una lesione risarcibile di diritti altrui o dei soci), ma soprattutto potendo degenerare in strumento per la ricerca [continua ..]


NOTE