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Profili problematici del giudizio di omologazione del concordato preventivo nella disciplina del Codice della crisi
Gabriele Nuzzo, Ricercatore di Diritto commerciale nell’Università di Milano-Bicocca
Lo scritto analizza la nuova disciplina dell’omologazione del concordato preventivo contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), confrontandola con quella dettata dalla legge fallimentare. L’articolo si sofferma su alcuni profili di criticità della riforma e ipotizza possibili soluzioni interpretative. Particolare attenzione viene dedicata all’analisi della compatibilità delle nuove regole in tema di omologazione del concordato preventivo con i principi fissati dalla Direttiva (UE) n. 2019/1023 del 20 giugno 2019 sui “Quadri di ristrutturazione preventiva”.
The essay deals with the regulations for the confirmation of “concordato preventivo” enacted by the Italian “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (Legislative Decree no. 14 of 12 January 2019), comparing them with those provided for in the Italian Bankruptcy Law (“Legge fallimentare”). It focuses on some critical aspects of the new regulations and suggests solutions on an interpretative basis. Particular attention is devoted to address compliance of plan confirmation’s regulations with the principles set out in Directive (EU) no. 2019/1023 of 20 June 2019 on “Preventive restructuring frameworks”.
Keywords: distress, insolvency – corporations – reorganization – plan confirmation – preventive restructuring frameworks
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Sommario:
1. Introduzione - 2. La disciplina del giudizio di omologazione nel Codice della crisi - 3. Natura del giudizio di omologazione del concordato preventivo - 3.1. Il “ritorno” alla sentenza in luogo del decreto - 3.2. Le possibili ragioni della scelta del legislatore - 3.3. Le conseguenze della scelta: dalla forma alla sostanza - 4. Oggetto del giudizio di omologazione - 5. La contestazione della convenienza della proposta da parte dei creditori dissenzienti - 6. Mancato raggiungimento delle maggioranze e diniego dell’omologazione - 7. Il conflitto di interessi dei creditori e l’abuso del diritto di voto - NOTE
1. Introduzione
Nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCI) (con scelta normativa che, come si vedrà – infra n. 3 – non è neutra sul piano sistematico), il procedimento di omologazione del concordato preventivo è stato disciplinato, in parte, nel Titolo III, Capo IV, Sezione II, dedicata al «Procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza» (art. 48 CCI); in parte, nel Titolo IV, Capo III, Sezione VI, rubricata «Omologazione del concordato preventivo» (artt. 112 ss. CCI). Le modifiche normative introdotte dalla nuova legislazione concorsuale alla fase finale del procedimento di concordato preventivo possono, a prima vista, apparire prive di incisiva portata innovativa, soprattutto alla luce degli approdi cui negli ultimi anni era giunta la giurisprudenza di legittimità, la quale aveva esteso l’ampiezza dello scrutinio [continua ..]
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2. La disciplina del giudizio di omologazione nel Codice della crisi
Analogamente a ciò che è previsto nella legge fallimentare, anche nel Codice della crisi il giudizio di omologazione si apre all’esito della votazione dei creditori sulla proposta di concordato. Al riguardo, l’art. 110 CCI prevede che il commissario giudiziale debba redigere una relazione in cui sono inseriti i voti favorevoli e quelli contrari con l’indicazione nominativa dei votanti e di coloro che non hanno esercitato il voto e dell’ammontare dei rispettivi crediti. La relazione è depositata in cancelleria il giorno successivo alla chiusura delle operazioni di voto. Se nel termine stabilito dal giudice delegato con il decreto previsto dall’art. 107, 2° comma, CCI non si raggiungono le maggioranze richieste dall’art. 109, l’art. 111 prevede che il giudice delegato deve riferire immediatamente al tribunale, il quale, a norma dell’art. 49, 1° e 2° comma, CCI, su ricorso di uno dei soggetti legittimati e [continua ..]
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3. Natura del giudizio di omologazione del concordato preventivo
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3.1. Il “ritorno” alla sentenza in luogo del decreto
Una delle novità più evidenti della nuova disciplina del giudizio di omologazione del concordato preventivo consiste nella previsione che – con un apparente “ritorno al passato” – il tribunale deve pronunciarsi con sentenza e non più con decreto. Com’è noto, prima della modifica introdotta con D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (conv. con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80), l’omologazione del concordato preventivo veniva pronunciata con sentenza, così come forma di sentenza aveva il provvedimento di rigetto dell’omologazione o di accertamento del mancato raggiungimento delle maggioranze richieste per l’approvazione della proposta. Nell’originario sistema della legge fallimentare, questa opzione si giustificava sulla base di due ragioni. Da un lato, in ragione della rigida struttura processuale della cognizione ordinaria (in particolare, dopo l’entrata in vigore della L. 26 novembre [continua ..]
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3.2. Le possibili ragioni della scelta del legislatore
Per indagare sul significato della enunciata modifica normativa sembra opportuno prendere le mosse da una considerazione. Nel Codice della crisi, le disposizioni che regolano il procedimento di omologazione del concordato preventivo sono state collocate nell’àmbito del «Procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza», disciplinato – come si è detto – nel Titolo III, Capo IV, Sezione II del Codice. In tale procedimento unitario rientrano – e ciò è non solo comprensibile, ma anche coerente con la formulazione letterale della rubrica della Sezione II – sia la fase di avvio della liquidazione giudiziale, sia quella di ammissione al concordato preventivo. Vi rientra, però, anche la disciplina generale del giudizio di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. È infine da notare che, mentre l’omologazione del [continua ..]
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3.3. Le conseguenze della scelta: dalla forma alla sostanza
La potenziale idoneità del decreto a decidere anche su questioni relative all’accertamento di rapporti giuridici di diritto sostanziale (con la conseguente esigenza che, in questo caso, venga assolto l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 111, 6° comma, Cost.) ha, in generale, ridotto la rilevanza concreta della qualificazione di un provvedimento giurisdizionale quale decreto o quale sentenza: l’individuazione del modello legale cui esso appartiene si è posta, per lo più, con riguardo al suo regime di impugnazione [10]. E, infatti, all’indomani della previsione della forma del decreto per il provvedimento di omologazione ad opera del D.L. n. 35/2005 e fino alla modifica dell’art. 183 L. Fall., che ne ha espressamente regolato il regime di impugnazione, i discorsi della dottrina si erano prevalentemente incentrati sull’applicabilità al giudizio di omologazione delle norme del rito camerale [continua ..]
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4. Oggetto del giudizio di omologazione
Quanto all’oggetto del giudizio di omologazione, va innanzitutto ricordato che la disciplina contenuta nella legge fallimentare distingue a seconda che siano proposte o meno opposizioni. In assenza di queste, il 3° comma dell’art. 180 prevede che, verificati la regolarità della procedura e l’esito della votazione, il tribunale debba omologare il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Quando vi sono opposizioni, invece, sono consentiti al tribunale l’espletamento di un’attività istruttoria anche officiosa e, a certe condizioni, una valutazione della convenienza della proposta. Il diverso atteggiarsi del giudizio in presenza di opposizioni influisce, inoltre, sul regime impugnatorio del provvedimento conclusivo del giudizio: quando vi sono opposizioni, avverso il decreto può essere proposto reclamo ai sensi dell’art. 183 L. Fall. Questa duplice natura del giudizio di omologazione viene sostanzialmente meno [continua ..]
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5. La contestazione della convenienza della proposta da parte dei creditori dissenzienti
L’unica deroga prevista dalla legge al principio per cui ogni valutazione sulla convenienza della proposta spetta ai creditori si ha in caso di contestazione da parte di un creditore dissenziente. Con disposizione pressoché identica a quella contenuta nell’art. 180, 4° comma, L. Fall., l’art. 112 CCI prevede che, «se un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente ovvero, nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il venti per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale». La sola differenza tra la norma del Codice della crisi e quella della legge fallimentare è che, nella nuova disciplina, al fine di valutare la convenienza del trattamento riservato ai [continua ..]
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6. Mancato raggiungimento delle maggioranze e diniego dell’omologazione
Si è detto, in principio, che, nella disciplina del CCI, non vi è l’espressa previsione di un provvedimento con cui si chiude la procedura di concordato in caso (i) di mancato raggiungimento delle maggioranze ovvero di mancata omologazione e (ii) in assenza di istanze di apertura della liquidazione giudiziale o in difetto dei presupposti di cui all’art. 121 CCI. Il meccanismo previsto dal codice, infatti, presenta una regolamentazione compiuta solo nel caso in cui, all’esito della votazione che respinge la proposta di concordato, vi siano le condizioni per l’apertura della liquidazione giudiziale: il possesso congiunto dei requisiti di cui all’art. 2, 1° comma, lett. d) e lo stato di insolvenza (art. 121 CCI), nonché il ricorso di uno dei soggetti legittimati (art. 49, 1° e 2° comma, CCI). Se però non vi sono istanze di apertura della liquidazione giudiziale o, in presenza di queste, il debitore non si trova in [continua ..]
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7. Il conflitto di interessi dei creditori e l’abuso del diritto di voto
La Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 14/2019 offre ancora uno spunto per individuare un ulteriore possibile oggetto del giudizio di omologazione. Nella parte dedicata all’art. 109 CCI, essa evidenzia che assume «particolare rilievo … la previsione secondo la quale sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto di interessi, il cui accertamento è rimesso al giudice delegato prima ed al tribunale in sede di omologazione» (enfasi aggiunta). La regola cui si riferisce la Relazione, contenuta nel 5° comma della menzionata disposizione, recita letteralmente che «sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze … i creditori in conflitto d’interessi». La formulazione del precetto legislativo sembrerebbe, quindi, disporre che i creditori che si trovano in conflitto di interessi debbano essere preventivamente privati della possibilità di esercitare [continua ..]
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NOTE