Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La tutela giurisdizionale nella liquidazione giudiziale (di Achille Saletti (Ordinario f.r. di Diritto processuale civile dell'Università di Milano))


Il presente scritto riprende i temi trattati nella Relazione tenuta al Convegno, organizzato da SISCO a Firenze il 4 e 5 maggio 2018, su “La riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza tra legge delega e bozze di proposte attuative: valutazioni e proposte”. Sono state aggiunte essenziali note di riferimento.

L’Autore analizza – con riferimento alla liquidazione giudiziale, destinata a prendere il posto del fallimento – le principali novità introdotte dalla bozza del “codice della crisi e dell’insolven­za” con riguardo ai reclami endofallimentari, alla verifica dello stato passivo e alle conseguenti opposizioni. Si evidenzia la sostanziale identità dell’istituto del reclamo endofallimentare, mentre ci si sof­ferma sulle novità in materia di verifica dello stato passivo, segnalando le soluzioni più convincenti e quelle che destano dei dubbi.

The Author analyzes  with reference to judicial liquidation of assets, destined to substitute bankruptcy proceedings  the main innovations introduced by the draft of the “crisis and insolvency code” concerning the “reclami endofallimentari” (claims arising during the procedure), proof of debts and the consequent challenges. The Author highlights the identity of the “reclamo endofallimentare”, while he focuses on innovations regarding the proof of debts, showing the best and the less satisfactory solutions envisaged by the Lawmaker.

 
SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il procedimento di reclamo - 3. La verifica del passivo: l'ampliato ambito della sua applicazione … - 4. … e la modifica dei suoi effetti - 5. Il procedimento di verifica: le insinuazioni tardive … - 6. … e quelle tempestive - 7. Le opposizioni - 8. La soppressione del privilegio esecutivo del credito fondiario - 9. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa

Lo spirito innovativo del legislatore, con riferimento alla materia della tutela giu­risdizionale nella liquidazione giudiziale, non si è manifestato in maniera particolarmente evidente, a differenza che in altri settori (si pensi, ad esempio, alla procedura di allerta e di composizione assistita della crisi, di cui all’art. 4, L. 19 ottobre 2017, n. 155, piuttosto che al modello processuale uniforme per accertare lo stato di crisi o di insolvenza del debitore, previsto dall’art. 2, 1° comma, lett. d), della predetta legge): l’obiettivo perseguito qui sembra inspirarsi, piuttosto, ai criteri indicati dall’anzidetto art. 2, lett. l) (ridurre la durata delle procedure concorsuali), e lett. m) (riformulare le disposizioni che hanno dato luogo a contrasti interpretativi). Ciononostante, non mancano novità di rilievo, anche con riferimento alla nostra materia, nella bozza di decreto delegato ambiziosamente intitolato “codice della crisi e dell’insolvenza” [1]. Il tema può essere affrontato da un triplice punto di vista: quello dei reclami endofallimentari; quello della verifica del passivo; infine, da quello delle possibilitàcon­cesse ai creditori di far valere propri diritti nel corso della liquidazione giudiziale in maniera autonoma da essa. Il primo tema non è stato oggetto di attenzione particolare da parte della legge delega; al contrario, con riferimento agli altri, degli specifici criteri sono stati dettati per il legislatore delegato.


2. Il procedimento di reclamo

Il discorso è alquanto rapido per quanto concerne i reclami endofallimentari, con riferimento ai quali, come si è detto, non sono stati dettati specifici criteri; il che si è ripercosso sulle norme in argomento contenute nel futuro c.c.i., che non si differenziano di molto da quelle della vigente legge fallimentare. Ciò è particolarmente vero con riferimento al reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato e del Tribunale. Infatti l’art. 129 futuro c.c.i. si è limitato adun’ope­razione di maquillage, riproponendo il contenuto dell’art. 26 L. Fall., seppure adottando un diverso ordine nell’esposizione delle singole previsioni [2]: riorganizzazione della quale, per la verità, non si sentiva particolarmente la necessità. L’unica differenza di sostanza concerne i termini per la sua proposizione. Se, infatti, l’anzidetto art. 129 continua a prevedere che contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale il reclamo vada proposto nel termine di dieci giorni dalla loro co­municazione o notificazione e comunque entro quello di novanta giorni dal deposito del provvedimento nel fascicolo della procedura, scompare la previsione attuale secondo la quale (art. 26, 3° comma, L. Fall.), «per gli altri interessati, il termine decorre dalle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento». Per il resto, nulla di nuovo: si può, anzi, notare che i problemi posti dalla disciplina vigente – dalla legittimazione passiva nel caso del reclamo proposto dal curatore [3] al regime delle spese [4] – non sono stati affrontati nella bozza di decreto delegato. Qualche modesto intervento è stato effettuato, invece, per il reclamo contro gli atti e le omissioni del curatore e del comitato dei creditori. Mentre oggi la materia è disciplinata unitariamente dall’art. 36 L. Fall., la bozza di c.c.i. considera separatamente le due ipotesi. L’art. 138 regolamenta il solo reclamo contro gli atti e le omissioni del curatore, con una disciplina sostanzialmente corrispondente a quella odierna [5]. Contro gli atti del comitato dei creditori, invece, l’art. 146 futuro c.c.i. prevede un autonomo recla­mo. Il perché di questa diversificazione è presto spiegato: a differenza di [continua ..]


3. La verifica del passivo: l'ampliato ambito della sua applicazione …

Passando al tema della verifica del passivo, il quadro che si presenta è assai più ricco di modifiche rispetto a quello testé esaminato, in primo luogo perché la legge delega ha dedicato alla materia un articolato comma – l’ottavo – dell’art. 7, L. n. 155/2017, i cui criteri mirano ad innovare per più versi il regime oggi esistente. Il primo obiettivo perseguito dalla delega è stato, senza dubbio, quello di interve­nire sull’ambito di applicazione del giudizio di verifica. Vengono, a tal proposito, in considerazione i criteri delle lett. e) ed f) dell’art. 7, 8° comma, L. n. 155/2017: giusta il primo, va attratto in sede concorsuale l’accertamento di ogni credito opposto in compensazione ex art. 56 L. Fall.; l’altro, invece, evidenzia la necessità di chiarire le modalità di «verifica dei diritti vantati su beni del debitore che si sia costituito terzo datore di ipoteca». Cominciando da quest’ultimo tema, la bozza del futuro c.c.i. prevede, all’art. 206, 1° comma, che anche le richieste di «partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui» vadano proposte tramite domanda di ammissione al passivo: quindi, tra le varie soluzioni possibili – riservare l’esercizio del diritto del creditore ipotecario alla fase di verifica [7] piuttosto che a quella di distribuzione [8] o, ancora, ritenere che in simili casi si debba procedere con le forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario [9] – il legislatore delegato ha preferito la prima, ricomprendendo nell’ambito della verifica dei crediti anche le situazioni, come quelle in esame, in cui non esiste né un credito verso chi è sottoposto alla liquidazione giudiziale, né un diritto che dia luogo alla rivendicazione o alla restituzione di un bene inventariato, ma solo il diritto a soddisfarsi prioritariamente sul ricavato di beni di proprietà di tale soggetto. Si tratta di soluzione apprezzabile: da un lato, prescegliere le forme dell’espro­priazione contro il terzo proprietario avrebbe comportato una deroga al principio dell’inammissibilità delle azioni esecutive sui beni del soggetto sottoposto alla liqui­dazione [continua ..]


4. … e la modifica dei suoi effetti

La volontà di potenziare il giudizio di verifica appare evidente anche dalla previsione contenuta nell’art. 209, ult. comma, futuro c.c.i., laddove si stabilisce l’effi­cacia meramente endoprocessuale del decreto del g.d. che rende esecutivo lo stato passivo, come delle decisioni pronunciate in sede di contestazione di tale provvedimento, solo “limitatamente ai crediti accertati”. Quindi, le statuizioni relative non a crediti, ma a diritti reali appaiono avere un’efficacia che travalica i limiti della procedura in cui, e in funzione della quale, sono state rese. Relativamente alle due soluzioni che si contendevano il campo con riferimento al problema dell’efficacia da attribuire alle statuizioni rese in sede di formazione dello stato passivo – riconoscere loro, sempre, efficacia anche esterna alla procedura concorsuale oppure circoscriverne, parimenti in ogni caso, l’efficacia nei limiti del concorso [13] – ne è stata accolta una terza: distinguere l’efficacia delle decisioni sullo stato passivo a seconda del tipo di diritto che viene in esame, obbligatorio o reale. Di fronte ad un tema così vivacemente discusso in passato, tanto che nel 2006 il legislatore si era sentito obbligato a prendere posizione sul punto con un’espressa previsione normativa, è evidente come non ci si possa, qui, che limitare a prendere atto della nuova scelta legislativa, circoscrivendo l’analisi ai profili strettamente ese­getici. Da questo punto di vista, due sono le considerazioni che si impongono. La legge delega si riprometteva di «assicurare stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari» (art. 7, 8° comma, lett. d), L. n. 155/2017), al fine di «meglio sal­vaguardare l’esigenza di certezza dei terzi» [14]. Il legislatore delegato è andato oltre, circoscrivendo l’efficacia endoprocessuale esclusivamente alle decisioni sui crediti; quindi, non solo ha recepito il criterio della legge delega, affermando l’efficacia, an­che oltre i limiti del concorso, delle statuizioni sullo stato passivo relative ai diritti reali immobiliari, ma lo ha superato, estendendo tale regola anche a quelle che hanno oggetto diritti reali di carattere mobiliare. Questa soluzione estensiva – che può, probabilmente, spiegarsi per motivi siste­matici, cioè [continua ..]


5. Il procedimento di verifica: le insinuazioni tardive …

Se, per i profili dell’ambito di applicazione e degli effetti, la verifica dei crediti (et similia) appare significativamente modificata, il discorso è più complesso per quanto riguarda il procedimento. Caduta l’ipotesi «di attribuire senz’altro al curatore il compito di formare lo stato passivo, riservando l’intervento del giudice alla fase delle eventuali successive contestazioni» [15], la fase della verifica è stata oggetto di particolare attenzione da parte della legge delega. Dopo la premessa generale che «il sistema di accertamento del passivo è improntato a criteri di maggiore rapidità, snellezza e concentrazione», l’art. 7, 8° comma, L. n. 155/2017 detta alcuni criteri specifici per raggiungere detti obiettivi. Da un lato agevolando la presentazione telematica delle insinuazioni e restringendo l’ambito di ammissibilità delle domande tardive (lett. a); dall’altro, introducendo preclusioni “attenuate” già nella fase monocratica (lett. b); e, ancora, prevedendo forme semplificate per le domande di minor valore e complessità (lett. c). Queste previsioni sono state seguite in misura più o meno puntuale dal futuro c.c.i.: in modo rigoroso, per esempio, si è mosso il legislatore delegato quanto alle insinuazioni tardive, che sono state oggetto di varie statuizioni dirette a limitarne la proponibilità [16]. In questa prospettiva va menzionata, in primo luogo, la scelta di dimezzare il ter­mine per la loro proposizione (fermo restando il dies a quo, dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo), stabilito dall’art. 213, 1° comma, futuro c.c.i. Previsione destinata ad avere una tangibile ricaduta sui creditori, in particolare quelli professionali, quali sono le banche, che del periodo di tempo concesso per le tardive fanno frequente utilizzo. Ma l’impostazione restrittiva con riguardo a questo tipo di insinuazioni emerge anche da altre modificazioni introdotte. Così è destinata a scomparire la facoltà del tribunale di aumentare il termine per la presentazione delle tardive, attualmente previsto dall’ultima parte del 1° comma dell’art. 101 L. Fall. Facoltà, a mio avviso, apprezzabile, perché idonea ad adeguare la previsione normativa ai singoli casi di specie, senza valere a [continua ..]


6. … e quelle tempestive

Passando alle insinuazioni tempestive, la prima impressione – peraltro fallace, come vedremo – è che, con riferimento a queste, il quadro sia poco variato rispetto a quello vigente. Le modifiche, infatti, appaiono o di modestissimo rilievo – ad es., l’indicazione del domicilio digitale assegnato alla procedura da effettuarsi già nell’avviso diretto dal curatore ai creditori per invitarli ad insinuarsi; oppure, la previsione che tale avviso, per il creditore con sede o residenza all’estero e senza un rappresentante in Italia, deve essergli comunicato conformemente alla normativa europea (art. 205 futuro c.c.i.) – o strettamente collegate a modificazioni in altra sede previste. È il caso, volendo esemplificare, del disposto dell’art. 207 futuro c.c.i., secondo cui l’insinuazione ha gli effetti della domanda giudiziale – i quali, oggi, si protraggono per tutto il corso del fallimento – che sono destinati, in futuro, a perdurare anche oltre, «fino all’esaurimento dei giudizi e delle altre operazioni che, norma dell’art. 239, proseguono dopo il decreto di chiusura». Con riferimento a questa ipotesi, una specificazione sarebbe opportuna: infatti, può essere dubbio, ad esempio, se l’interruzione della prescrizione sia destinata aper­manere per tutti i diritti azionati nella procedura fino alla chiusura di tutte le controversie proseguite dopo la chiusura della liquidazione giudiziale ex art. 239 futuro c.c.i. o solo per quelle in qualche modo collegate al contenzioso che prosegue. La prima soluzione è, secondo me, più convincente, atteso che le cause protrattesi anche dopo la chiusura della liquidazione giudiziale possono dare luogo a dei riparti supplementari tra tutti i creditori (art. 239, 4° comma, futuro c.c.i.) e che, fino al momento in cui tali soggetti non avranno certezza circa la sorte del loro credito insinuato, sono legittimati a non intraprendere altre iniziative a tutela di tale diritto; sicuramente, però, una precisa indicazione legislativa in proposito non sarebbe inutile. In ogni caso, qualora delle cause si siano protratte oltre il decreto di chiusura della liquidazione giudiziale, il momento di cessazione degli effetti della domanda giudiziale ricollegati all’insinuazione del credito sarà attestato dal decreto di archiviazione della [continua ..]


7. Le opposizioni

Nella legge delega non sono enunciati criteri specifici con riferimento alla materia delle impugnazioni del decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Paradossal­mente, però, il legislatore delegato ha introdotto delle modificazioni di rilievo. La struttura delle disposizioni in argomento è immutata: da un lato sono regolati i vari tipi di impugnazione previsti (art. 98 L. Fall., cui corrisponde l’art. 211 futuro c.c.i.), dall’altro il procedimento (art 99 L. Fall., cui corrisponde il nuovo art. 212). Delle due previsioni, quella destinata ad essere oggetto di maggiori modificazioni è la seconda. Con riferimento ai mezzi di impugnazione la previsione normativa attuale è stata sostanzialmente riprodotta nel nuovo progetto di norma. Essa evidenzia solo due no­vità, entrambe contenute nel 2° comma dell’art. 211. La prima concerne una più esatta individuazione dei casi in cui l’opposizione è proponibile: oltre a quelli di domanda accolta solo in parte o respinta, viene espressamente indicata, riprendendo in certa misura la formulazione dell’art. 98 L. Fall. ante riforma del 2006, l’ipotesi in cui sia stata disposta «l’ammissione apponendo una condizione anche qualora essa sia diversa da quelle previste dall’art. 209, secondo comma». L’altra precisa che «l’omessa presentazione di osservazioni a norma del­l’art. 208, secondo comma, non preclude l’opposizione». Si tratta di due precisazioni destinate a risolvere questioni che sono state oggetto di discussione [19]: il futuro c.c.i. prende espressamente posizione, risolvendo i potenziali dubbi. Ci muoviamo nel quadro del criterio generale, di «riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento» (art. 2, 1° comma, lett. m), L. n. 155/2017). Passando alla norma dedicata al procedimento, tralasciando le mere (e non sempre necessarie) modificazioni formali, le innovazioni vanno divise in due gruppi, quelle che pur introducendo nuove regole, non cambiano il quadro sostanziale di tali giudizi e quelle, invece, che rilevano in tal senso. Nel primo gruppo vanno inserite le previsioni – nuove – secondo le quali si prevede che, «se nessuna delle parti costituite compare alla prima udienza, il giudice ordina che la causa sia [continua ..]


8. La soppressione del privilegio esecutivo del credito fondiario

Per concludere il discorso, un cenno va fatto all’espropriazione del creditore fon­diario, oggi possibile anche in costanza di fallimento ex art. 41 TUB. Si tratta di una deroga al principio dell’inammissibilità delle azioni esecutive; deroga di antica origine, frutto di previsioni di leggi di fine ottocento, poi inserite nel T.U. delle leggi sul credito fondiario approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646 (art. 42), quindi reiterata dalla successiva normativa, che ha sostituito tale testo di legge. Essa, pur consentendo, oggi, al creditore fondiario titolare di un’ipoteca di pri­mo grado e alle categorie di soggetti allo stesso equiparati, di procedere esecutivamente in pendenza di fallimento, non lo esenta dalla verifica del proprio credito per poter trattenere legittimamente quanto percepito tramite l’espropriazione promossa o proseguita in costanza di fallimento. In proposito la legge delega ha sancito (art. 7, 4° comma, lett. a) di «escludere l’operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari; prevedere, in ogni caso, che il privilegio fondiario continui ad operare sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’arti­colo 1». Nella bozza di c.c.i., però, non risulta attuato questo criterio. Anzi l’art. 155 futuro c.c.i. presenta una formulazione esattamente corrispondente a quella dell’art. 51 L. Fall., perché continua a far salve le diverse disposizioni di legge che consentono di derogare al divieto di azioni esecutive e cautelari; eccezione ribadita dal successivo art. 156 – che riproduce, seppur con una formulazione stilisticamente diversa, l’art. 52 L. Fall. – laddove prevede la necessità di sottoporre alla verifica ogni credito, anche se «esentato dal divieto di cui all’articolo precedente». In conclusione, allo stato, non è dato sapere quale sarà la sorte del privilegio esecutivo fondiario, sicché l’ultimo profilo della nostra analisi – quello relativo alle possibilità concesse ai creditori di far valere propri diritti nel corso della liquidazione giudiziale in maniera autonoma da essa – rimane, allo stato, aperto.


9. Considerazioni conclusive

Il quadro che precede evidenzia luci ed ombre per quel che concerne la tutela giurisdizionale nell’ambito della liquidazione giudiziale. Se vi sono delle innovazioni indubbiamente positive – valga per tutte l’applica­zione delle forme della verifica per far valere le pretese sul ricavato di beni che il soggetto sottoposto alla liquidazione giudiziale abbia vincolato a garanzia di un debito altrui – ve ne sono altre che non possono non lasciar perplessi, prima fra tutte la surrettizia trasformazione della verifica e delle successive impugnazioni in giudizi governati da rigide preclusioni: modifica non imposta dalla legge delega e di dubbia efficacia ai fini dell’accelerazione delle procedure (mentre sicuramente comprime il diritto ad una decisione giusta). Ci si può solo augurare che la bozza del nuovo c.c.i. venga considerata appunto tale e che tramite l’intervento degli organi chiamati ad esaminarla si possa addivenire, oltre che alle limature del caso, anche, magari, a qualche ripensamento.


NOTE
Fascicolo 3-4 - 2018