Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il rapporto tra gli organi sociali e gli organi della procedura concorsuale nelle ristrutturazioni di società in crisi (di Fabrizio Guerrera. Ordinario di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Messina)


Relazione al Convegno di Napoli del 10-11 giugno 2018 su “Le operazioni societarie straordinarie tra tradizione e innovazione”, organizzato dalle Università di Napoli “Federico II” e “Parthenope” in ricordo del Prof. Carlo Santagata.

Lo studio mira ad analizzare, sia sulla base del diritto vigente, sia nelle prospettive della riforma, la ricapitalizzazione e la ristrutturazione delle società in crisi, soffermandosi in particolare sui problemi della riorganizzazione “forzosa”, quella realizzata cioè in assenza della (o contro la) volontà dei soci – su iniziativa autonoma degli amministratori o dei creditori – e sui rapporti (anche dialettici o conflittuali) che si instaurano tra gli organi sociali e gli organi del concordato in relazione alla deliberazione e all’esecuzione dell’operazione

This study aims to analyse, both on the basis of existing law and with a view to the awaited reform, recapitalization and restructuring of companies in crisis. It examines, in particular, problems of the “compulsory” reorganization – i.e. accomplished without (or against the) will of shareholders on the basis of directors’or creditors’self-determining initiative –, and relationships (also dialectical or conflict) established between the bodies of corporation and those of reorganization proceeding towards deliberation and execution of the transaction

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Impostazione dell'indagine - 3. I nodi fondamentali delle ristrutturazioni "forzose" di società in crisi - 4. I problemi derivanti dall'abbattimento della barriera tra sfera organizzativa e sfera patrimoniale della società - 5. La struttura del procedimento e la distribuzione delle competenzeorga­niche - 6. La ripartizione dei poteri "riorganizzativi" e l'interazione tra gli organi sociali e gli organi della procedura - 7. L'esecuzione del concordato preventivo e la "patologia" degli atti degli organi sociali e della procedura - 8. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Il tema oggetto della presente relazione deve essere contestualizzato nell’attuale quadro normativo, che appare alquanto incerto e mutevole, posto che muove dalla c.d. riforma organica della legge fallimentare del 2005-2006, attuata nel segno della “privatizzazione” delle procedure concorsuali; si evolve attraverso gli interventi “espansivi” del 2010 e 2012, che si caratterizzano anche per il delinearsi di un ruolo proattivo dell’autorità giudiziaria come “giudice della crisi d’impresa”; approda alla “controriforma” del 2015, che segna la fallimentarizzazione e il declino, nella prassi, dell’istituto del concordato preventivo, malgrado l’introduzione della disciplina delle proposte concorrenti; è interessato dalla legge delega di riforma delle procedure di crisi e d’insolvenza (n. 155/2017) e dalla relativa bozza di decreto legislativo di attuazione, licenziato il 22 dicembre 2017 dalla Commissione Rordorf, ma non ancora adottato dal Governo. Il discorso dovrà svolgersi, quindi, sia a pure a costo di qualche inevitabile ambiguità, a cavallo tra diritto vigente e diritto in gestazione [1]. Fatta questa doverosa premessa di ordine normativo, occorre precisare e delimitare il tema d’indagine, nel senso che conviene occuparsi: (i) di tutte le operazioni che modificano la struttura finanziaria della società in crisi (quindi anche delle operazioni sul capitale, oltre che delle operazioni “straordinarie” in senso proprio); (ii) dei profili societari della competenza decisionale in materia, e quindi della sua distribuzione tra organo amministrativo e assemblea dei soci, sia nel concordato, sia negli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. Fall.; (iii) del potere d’iniziativa e del ruolo (di verifica, di controllo, di autorizzazione e di risoluzione dei conflitti) attribuito agli organi delle procedure rispetto alla “riorganizzazione” della società in crisi o insolvente; (iv) del potere d’iniziativa e, in genere, della posizione dei creditori sociali rispetto alle soluzioni negoziali “eterodeterminate” che im­plicano una riorganizzazione della società in crisi (il cui paradigma è dato, attualmente, dalle sole proposte concorrenti accompagnate da aumento di capitale); (v) della tutela dei soci e degli investitori rispetto [continua ..]


2. Impostazione dell'indagine

In relazione al profilo centrale delle “interazioni” tra i portatori dei diversi interessi, i titolari di funzioni private e pubbliche e l’autorità giudiziari, a, occorre analizzare il problema del rapporto tra gli organi della società e della procedura concorsuale nelle ristrutturazioni societarie almeno sotto tre differenti aspetti: (A) quello dell’ordine e della scansione del procedimento riorganizzativo (concordatario o di ristrutturazione dei debiti) che vede coordinarsi, in vista dell’obiettivo del riequilibrio economico-patrimoniale-finanziario e della ridefinizione dei rapporti della società con i creditori, una serie di decisioni societarie e di atti o provvedimenti dell’autorità giudiziaria o degli organi della procedura; (B) quello della distribuzione, connessione e interferenza tra i poteri dei soci, degli organi sociali, dei creditori della società, degli organi della procedura e dell’autorità giudiziaria, la cui spettanza o attivazione concorrono (anche solo potenzialmente e talora anche conflittualmente) nella scelta, conformazione e attuazione della soluzione riorganizzativa; (C) quello della patologia formativa ed esecutiva degli atti degli organi sociali e degli organi della procedura, che possono intralciare l’iter o inficiare la validità e comunque pregiudicare la riuscita della soluzione negoziale “riorganizzativa”. L’analisi di queste interazioni si deve svolgere, dal punto di vista del diritto positivo, soprattutto sulla base di una disciplina, quella delle ristrutturazioni “eterodeterminate”, in corso di mutazione e, per la parte “realizzata” (si allude alle “proposte concorrenti” e alla “ricapitalizzazione forzosa” delle società), ancora priva, per la verità, di un collaudo pratico e giurisprudenziale [2]. Dal punto di vista assiologico, poi, il ragionamento deve muovere dalla (se pure, a mio avviso, controvertibile) concezione della società in crisi come bankruptcy asset e dei creditori sociali come “proprietari sostanziali” dell’impresa insolvente [3]. Questa concezione, infatti, costituisce la premessa teorica dell’attuale tendenza nor­mativa e interpretativa a trasferire al di fuori della società e dei suoi organi – e quin­di ai creditori e, per [continua ..]


3. I nodi fondamentali delle ristrutturazioni "forzose" di società in crisi

Non può trascurarsi, tuttavia, che non vengono in rilievo in questo caso – come invece nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi o nella di­sciplina della crisi delle banche e degli intermediari finanziari – interessi pubblici at­tinenti alla salvaguardia della funzionalità del sistema economico-finanziario, bensì soltanto o prevalentemente interessi privati (concorrenti o anche confliggenti con quelli dei soci e degli investitori), sebbene pregiudicati dalla crisi o dall’insolvenza. Per questa ragione, il “trapianto” nel diritto concorsuale comune di questi strumenti “speciali” (il concordato coattivo, il concordato straordinario nell’amministrazione straordinaria “speciale”, il bail-in e la “risoluzione” o la ricapitalizzazione precauzionale) [6] e la loro trasfigurazione in strumenti “ordinari” di ristrutturazione dell’im­presa mostrano diverse criticità, specie nelle società “chiuse”, e non poggiano su una giustificazione assiologica e costituzionale altrettanto solida. Inoltre, è difficile condurre un discorso unitario e discutibile proporre soluzioni indifferenziate per le ristrutturazioni concordatarie, senza tenere conto delladiversa posizione dei soci e degli investitori nelle società quotate, in cui essi sono portatori (ove non detengano pacchetti azionari rilevanti) di un interesse eminentemente finanziario, per ciò stesso – in certo senso – “omogeneo” a quello dei fornitori di capitale di credito, e nelle altre società, in cui la partecipazione sociale esprime invece un interesse lato sensu imprenditoriale [7]. Si tratta di individuare, perciò, un “nuovo” punto di equilibrio nella protezione e realizzazione degli interessi interni ed esterni all’impresa in crisi, in connessione al­l’affidamento: o (i) ai creditori sociali e agli investitori o finanziatori collegati (anziché a un organo pubblico o un’autorità pubblica) del potere di promuovere e determinare la modificazione della struttura finanziaria e organizzativa della società in crisi, sia pure sempre sotto il controllo dell’autorità giudiziaria e con l’ausilio dei suoi fiduciari; o (ii) [continua ..]


4. I problemi derivanti dall'abbattimento della barriera tra sfera organizzativa e sfera patrimoniale della società

L’abbattimento della tradizionale “barriera” tra la sfera patrimoniale e quella organizzativa della società in crisi [11] – rispetto al profilarsi di una sorta di “supremazia” degli amministratori, dell’iniziativa dei creditori e del potere degli apparati giu­diziari – appare, quindi, un nuovo capitolo della “finanziarizzazione” dell’economia e del nostro diritto societario e del declino e affievolimento della “tutela proprietaria” degli azionisti. Tuttavia, esso porta con sé, il pericolo – oltre che della frustrazione dell’autonomia della società e dei suoi organi – di una sostanziale vanificazione della “contrattualità” del concordato preventivo, di cui la società e la sua compagine sociale dovrebbero restare attori centrali e ineliminabili [12]. Tanto varrebbe, forse, dire allora chiaramente che la società in crisi è, di norma, soggetta alla “ristrutturazione forzosa preventiva”, così come quella insolvente alla “liquidazione giudiziale coattiva”, a prescindere da qualsiasi iniziativa de suoi organi. Non è questa, però, la linea seguita dalla proposta di direttiva 22 novembre 2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardante «i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dei debiti, ecc.» [13], che conserva l’iniziativa e l’autonomia degli organi sociali. Essa si limita a prevedere, infatti, la necessità di idonei rimedi avverso il rischio di ostruzionismo da parte dei detentori di strumenti di capitale che intendano «impedire irragionevolmente l’adozione o l’at­tuazione di un piano di ristrutturazione che ripristinerebbe la sostenibilità economica dell’impresa» (art. 12). Nel nuovo sistema delle ristrutturazioni concordatarie, peraltro, le tutele e i rimedi “societari” tendono a cedere e a svanire, per essere sostituiti – in tutto o in parte – da tutele e rimedi “concorsuali”. Il che può ammettersi agevolmente dal punto di vista dei creditori concordatari (si pensi all’opposizione alla fusione o alla scissione decisa in sede concordataria, [continua ..]


5. La struttura del procedimento e la distribuzione delle competenzeorga­niche

(A) Circa l’individuazione del regime organizzativo e procedurale della “decisione” che ha ad oggetto la presentazione della domanda e la formulazione della proposta di concordato preventivo, il problema di fondo consiste nell’opzione interpretativa da prediligere: se si debba, cioè, fare una rigida applicazione del principio di “specialità”, sancendo la prevalenza incondizionata della disciplina concorsuale su quella societaria, o procedere nel senso dell’adattamento e della ricucitura delle discipline [14]. Si apre, cioè, la possibilità di interpretare e applicare selettivamente, anziché indiscriminatamente, la regola secondo cui la proposta e le condizioni del concordato sono, salvo diversa disposizione statutaria, “deliberate dagli amministratori”. A questo proposito, deve osservarsi che la possibile – e, per vero, ormai normale – “scissione” tra il momento della presentazione della domanda di concordato “con riserva” (che, di per sé, dà adito alla procedura “di crisi”) e quello della formulazione della proposta e del relativo piano (che innesca la valutazione di ammissibilità del Tribunale e, con essa, le successive fasi del procedimento) incide sulla soluzione del problema della ripartizione o del concorso di competenze degli amministratori e dell’assemblea. La “disarticolazione” del contenuto normativo dell’art. 152, 2° com­ma, L. Fall., induce a ritenere che la previsione legale (dispositiva) della competenza degli amministratori vada senz’altro ribadita con riferimento alla tempestiva presentazione della domanda di concordato “con riserva”, ma che essa lasci intatta la soluzione del problema dell’attribuzione agli organi sociali del potere di decidere – in un momento successivo e con maggior ponderazione – il tipo e il contenuto di proposta e di piano. La questione centrale della competenza e della struttura del processo decisionale deve risolversi, appunto, sulla base di argomentazioni di ordine sistematico e teleologico, ben più complesse di quella meramente esegetica. Il primo riferimento è alla disciplina della riduzione obbligatoria del capitale per perdite, che opera in caso di squilibrio [continua ..]


6. La ripartizione dei poteri "riorganizzativi" e l'interazione tra gli organi sociali e gli organi della procedura

(B) Il problema della ripartizione dei poteri e dell’interazione tra gli organi sociali e gli organi della procedura, va affrontato sotto diversi e convergenti punti di vista. Evidente è, anzitutto, la necessità di distinguere, in via preliminare, tra le operazioni aventi effetto “sostanzialmente dispositivo” del patrimonio sociale, comprese le fusioni e le scissioni non meramente modificative, che implicano l’incorporazione in o di società preesistenti e comportano trasferimenti di ricchezza tra diversi centri d’im­putazione, da una parte, e le operazioni riorganizzative “neutre” (per es., lo scorporo dell’azienda in una newco partecipata totalitariamente, la trasformazione omogenea o la scissione proporzionale) o che mirano all’incremento o alla modifica strutturale del patrimonio o al trasferimento del controllo e alla modifica dell’assetto proprietario (anche per effetto della conversione forzosa di crediti o di strumenti finanziari partecipativi in azioni o quote), dall’altra parte. In secondo luogo, appare necessario considerare – specialmente nell’ottica della serietà dell’intento del terzo proponente – il momento realizzativo, oltre a quello deliberativo dell’operazione (e dunque, per l’aumento di capitale in denaro, la sottoscri­zione delle azioni o quote, anche “condizionata”, o, se del caso, la sua “esecuzione anticipata”, mediante versamenti “in conto futuro aumento”, a sostegno della continuità aziendale), nonché valutare le analogie tra aumenti con conferimento in natura e operazioni di scorporo e fusione o scissione, in quanto potenzialmente realizzativi, con varie modalità, della circolazione dell’azienda e del suo “valore”, con conseguente trasferimento di ricchezza tra i soggetti partecipanti [16]. La relazione tra organi sociali e organi della procedura si atteggia diversamente nel caso di previsione nel “piano” dell’operazione sul capitale o straordinaria e, quin­di, dell’attuazione della stessa nel corso del concordato preventivo ovvero dopo la sua omologazione e in esecuzione dello stesso. Nel primo caso, il provvedimento di ammissione al concordato dovrebbe equivalere [continua ..]


7. L'esecuzione del concordato preventivo e la "patologia" degli atti degli organi sociali e della procedura

(C) Per quanto concerne, infine, l’esecuzione del concordato e la possibile “patologia” degli atti degli organi sociali e della procedura, occorre rilevare subito che il sistema è disegnato in modo tale da consentire la “penetrazione” degli organi della procedura nell’organizzazione sociale e il loro intervento “sostitutivo” rispetto non soltanto all’organo amministrativo, ma anche all’assemblea e ai diritti partecipativi dei soci e degli investitori. Costoro subiscono gli effetti della diluzione o del possibile azzeramento della loro partecipazione a prescindere dal fatto che la proposta di riorganizzazione concordataria provenga dall’organo sociale competente ovvero da un creditore o da un terzo (artt. 163 e 185 L. Fall.); tuttavia, evidentemente, l’esigenza di tutela si pone in termini diversi e più gravi nella seconda delle due ipotesi [18]. Di qui, appunto, una serie di problemi teorico-pratici legati all’adozione in sede di concordato delle deliberazioni originanti da proposte “esterne”, aventi a oggetto la riorganizzazione della società in crisi, riguardo alla: (i) rilevazione di eventuali vizi formali o sostanziali della delibera di approvazione dell’aumento del capitale sociale o dell’operazione straordinaria; (ii) legittimazione all’impugnazione della stessa da parte dei soggetti (soprattutto soci, investitori, creditori esterni) “controinteressati” alla sua adozione da parte dell’organo di nomina giudiziaria; (iii) difficoltà di attribuire un ruolo centrale e assorbente al procedimento di omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, a causa dei limiti oggettivi della tutela accordabile in quella sede ai diritti e agli interessi “societari” dei soggetti potenzialmente pregiudicati dalla riorganizzazione; (iv) evoluzione della portata del procedimento e del provvedimento di omologazione dei concordati “eterodeterminati”; (v) posizione e funzione del giudice chiamato a valutare e delibare una composizione negoziale più complessa, che eccede la dialettica debitore-creditori imperniata sulla garanzia patrimoniale e coinvolge, invece, tutti gli interessi inerenti all’affare societario. Altri problemi “attuativi” della riorganizzazione concordataria possono [continua ..]


8. Conclusioni

In conclusione, bisogna chiedersi se una massiccia “disattivazione” delle regole di diritto societario nelle riorganizzazioni concordatarie soddisfi sempre e davvero fino in fondo l’esigenza di un equilibrato contemperamento degli interessi in gioco. Deve considerarsi, infatti, che nel complessivo disegno di “riequilibrio” dei poteri dei soci e degli investitori che si è cercato di tratteggiare, la posizione degli am­ministratori e dei sindaci (che rischiano appunto di rimanere ostaggio, quali responsabili della continuazione dell’impresa e del possibile aggravamento del dissesto, dei veti dei soci o dei ritardi dipendenti dalle vertenze societarie sulla riorganizzazione) resta comunque tutelata da una possibilità alternativa e da una via d’uscita: quella di accedere in qualunque momento a un concordato liquidatorio o remissorio puro o, se del caso, di richiedere l’autofallimento della società, avviandone la liquidazione senza necessità del consenso dei soci e dei partecipanti.


NOTE
Fascicolo 6 - 2018