Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La crisi delle società in house tra regole concorsuali e disciplina dei contratti pubblici (di Francesco Angelo Re, Dottore di ricerca diDiritto dei servizi nell’ordinamento italiano ed europeopresso l’Università degli Studi di Napoli Parthenope)


Il legislatore con il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175) sancisce all’art. 14, 1° comma, con una scelta di fondo molto netta, l’assog­gettabilità di tutte le società a partecipazione pubblica alle norme sul fallimento, sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrono i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

Sebbene l’art. 14 del T.U. abbia dissipato i dubbi in merito all’assoggettamento a procedure concorsuali delle società a partecipazione pubblica, il contenuto propriamente fallimentaristico di tale previsione è alquanto circoscritto e impone all’interprete interventi di raccordo con le disposizioni della legge fallimentare. Il contributo mira, dunque, a verificare se le società in house esercenti attività di erogazione e gestione dei servizi pubblici essenziali possano essere qualificate società commerciali, a stabilire se le stesse siano compatibili con le disposizioni sul fallimento/liquidazione giudiziale (Codice della crisi e dell’insolvenza) e i termini di compatibilità tra l’istituto del c.d. in house providing e la disciplina legale del modello organizzativo espressamente contemplato dal legislatore a tale scopo, ovvero quello della società di capitali, con particolare riferimento ai tratti di specialità che, indubbiamente, giungevano a caratterizzare le società pubbliche affidatarie dirette di servizi pubblici locali.Emerge, pertanto, la necessità di valutare e contemperare l’interesse pubblico connesso all’erogazione del servizio, quello dei creditori al migliore soddisfacimento e quello della stessa società alla risoluzione del suo stato di crisi. In questo contesto, il lavoro evidenzia come un punto di incontro possa essere individuato nella prosecuzione dell’attività di impresa, attraverso lo strumento dell’esercizio provvisorio da parte della curatela/esercizio provvisorio dell’impresa del debitore (Codice della crisi e dell’insolvenza) o del concordato preventivo (in c.d. continuità aziendale), anche nell’ottica di una possibile vendita coerentemente con la nuova disciplina del codice degli appalti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016).

The legislator with the Consolidated Law on the theme of companies with public participation (Decree Legislative 19 August 2016, number 175) establishes at the article 14, paragraph 1, with a very clear choice of fund, the subjection of all companies with public participation to the rules on bankruptcy, on the preventive concordat, as well as, where the conditions are met, to those relating to extraordinary administration of large companies in a state of insolvency.

Although the article 14 of the Consolidated Law has dispelled the doubts regarding the subjection at the insolvency procedures of companies with public participation, the content properly bankruptcy of this prevision is quite limited and impose at the interpreter interventions of junction with the dispositions of the bankruptcy law. The contribution aims, therefore, to verify if the in-house companies that carry out activities of supply and management of essential public services can be qualified as commercial companies and to establish if they are compatible with the previsions on bankruptcy/compulsory liquidation and compatibility rules between the Institute of the so-called in house providing and the legal franework of the organisational model expressly covered by the legislator for that purpose, that of the capital society, with particular reference to the speciality sections which, undoubtedly, came to characterise public foster public services directly. Emerge, therefore, the need to evaluate and reconcile the public interest related to the management of the service, that of the creditors to the widest satisfaction and that of the same company to the resolution of his state of crisis. In this context, the work shows how a meeting point can be identified in the continuation of the business activity, through the instrument of the provisional exercise by the curator/of the provisional exercise of the debtor’s business (Code of crisis and insolvency) or the preventive concordat (in so-called business continuity pursuant), also in the perspective of a possible sale coherently with the new discipline of the public procurement codex (Decree legislative 50/2016).

SOMMARIO:

1. Premessa: scopo della ricerca e delimitazione del campo di indagine - 2. Società in house e diritto dell'impresa - 2.1. (Segue): società in house che erogano servizi pubblici essenziali - 3. La tipicità delle società in house - 4. I vincoli per la curatela fallimentare derivanti dalla specifica attività gestita dalla società in house fallita: premessa - 4.1. L'esercizio provvisorio/esercizio dell'impresa del debitore (Codice della crisi e dell’insolvenza) - 4.2. L'affitto del complesso aziendale della società in house - 5. Continuazione temporanea dell'attività e nuovo Codice dei contratti pubblici - 6. Il concordato preventivo con continuità aziendale della società in house - NOTE


1. Premessa: scopo della ricerca e delimitazione del campo di indagine

L’analisi sul tema della crisi e dell’insolvenza delle società in house providing [1], pur nell’ambito dei molteplici problemi interessanti tale tipologia societaria [2], si impone in questo momento storico per due ordini di motivi: uno di carattere interno, l’altro di matrice europea [3]. Sul fronte nazionale, dopo le alterne posizioni assunte dalla giurisprudenza sulla fallibilità di una società in house [4], è intervenuto il legislatore con il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, d’ora innanzi TUSPP [5]), sancendo, all’art. 14, 1° comma [6], con una scelta di fondo molto netta, l’assoggettabilità di tutte le società a partecipazione pubblica alle norme sul fallimento, sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrono i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Tale previsione normativa fuga, dunque, ogni dubbio al riguardo, alimentato invece dalla notissima pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione del 2013 [7] che aveva negato l’alterità soggettiva tra socio e società inhouse e dequalificato la persona giuridica a semplice patrimonio separato, destinato ad uno specifico affare (la gestione del servizio pubblico): impostazione quest’ultima, il cui corollario era, all’evidenza, la negazione della soggezione della figura in esame alle procedure concorsuali [8]. Tralasciando in questa sede la querelle sorta attorno all’assoggettabilità al fallimento (destinato ad esser sostituito dalla liquidazione giudiziale allorquando entrerà in vigore il Codice della crisi e dell’insolvenza) del patrimonio separato [9], occorre, invece, sottolineare l’assenza, nelle pronunce negatrici del fallimento/liquidazione giudiziale (Codice della crisi e dell’insolvenza) delle società in house-patrimonio separato, di quell’ulteriore e ineludibile passaggio logico rappresentato, per l’ap­punto, o dall’adesione espressa all’impostazione dottrinale (maggioritaria) che vuole il patrimonio destinato assoggettabile alle norme sulla liquidazione della società o, auspicabilmente, dalla dimostrazione, corredata da un adeguato supporto motivazionale, della esclusione della [continua ..]


2. Società in house e diritto dell'impresa

Sotteso alla prescrizione contenuta nell’art. 14 TUSPP è il fine dell’attività d’im­presa, sia essa pubblica o privata, consistente nella produzione o nello scambio di beni o di servizi [19]. La scelta di assoggettare a fallimento/liquidazione giudiziale la società in house ne presuppone la natura di imprenditore commerciale; sul piano della selezione degli interessi rilevanti, nella disciplina della crisi d’impresa, l’interesse pubblico deve dunque contemperarsi con le istanze, parimenti rilevanti, dei soci privati e dei creditori sociali. Qualunque profilo di specialità nella gestione di attività di produzione e di erogazione di beni e servizi pubblici, sebbene riferibile a società costituite da enti allo scopo di esternalizzare l’esercizio di alcune iniziative economiche, non può prescindere da una considerazione di sistema teso a sondarne il punto di tensione o conformità con i cardini della fattispecie “impresa”, definita dall’art. 2082 c.c. Ne deriva in particolare che le società pubbliche, al pari di ogni altra società, soggiacciono al fallimento/liquidazione giudiziale nei limiti in cui l’attività da essa svolta sia qualificabile come impresa commerciale [20]. La scelta dell’art. 14, 1° comma, TUSPP di assoggettare tutte le società partecipate al fallimento e alle altre procedure concorsuali, merita però qualche riflessione con riguardo alle società in house esercenti l’attività di erogazione e gestione dei servizi pubblici essenziali [21] destinati al soddisfacimento di bisogni collettivi [22], partecipate esclusivamente da enti pubblici e dotate di poteri di imposizione e di riscossione tipicamente pubblicistici. L’estraneità delle società in house che erogano servizi pubblici essenziali dal­l’art. 14, 1° comma, TUSPP, potrebbe infatti riposare sulla negazione della loro qualificabilità come società che esercitano attività di impresa [23], valorizzando aspetti sostanziali dell’attività di tali società [24], a discapito della loro etichetta formale. Giova ricordare che, ai fini della configurazione degli estremi della fattispecie impresa, è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, che si sostanzia nel [continua ..]


2.1. (Segue): società in house che erogano servizi pubblici essenziali

Il ragionamento in chiave sistematica sulla demarcazione tra attività d’impresa e di erogazione risulta corretto, ma occorre prestare attenzione agli effetti collaterali che possono scaturirne, anche a costo di contraddirne la limpidezza ermeneutica. In particolare, se si guarda agli interessi in gioco ed alle conseguenze applicative della tesi testé esposta, va rilevato che l’esonero dal fallimento/liquidazione giudiziale senza sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa [37], in assenza di una norma di legge che la prevede, riguarderebbe le sole società in house che erogano servizi necessari [38], in quanto l’erogazione non sarebbe attività produttiva secondo i canoni dell’art. 2082. Tale esenzione implicherebbe, da un lato, la preclusione dell’accesso al concordato preventivo [39] e, dall’altro, l’esposizione alle azioni esecutive individuali dei creditori che certamente non favorirebbe la continuità del servizio pubblico almeno parzialmente realizzabile, per converso, grazie alle previsioni che consentono l’eser­cizio provvisorio dell’impresa/esercizio dell’impresa del debitore (Codice della crisi e dell’insolvenza) nel fallimento/liquidazione giudiziale e, per i suoi amministratori, l’esenzione dai reati fallimentari, ove astrattamente configurabili [40]. Pur volendo prescindere dagli inconvenienti ora rilevati, non può trascurarsi che, alla luce dell’attuale diritto positivo, la tesi in questione non trova validi argomenti di supporto ed anzi l’ampia formula del 1° comma dell’art. 14 TUSPP, congiunta al­l’assenza di deroghe espresse, dovrebbe ormai definitivamente sancire la fallibilità delle società in house, anche ove abbiano per oggetto l’erogazione di servizi pubblici essenziali, a conferma dell’unitaria impostazione privatistica della disciplina della crisi adottata dal Testo Unico [41]. Peraltro, questa impostazione è sicuramente più compatibile con il più generale principio di tutela dell’affidamento dei terzi. Ed invero, chi concede credito ad una società in house non è certo onerato né dispone normalmente degli strumenti per indagare circa le modalità di gestione dell’impresa. Né sussiste, del resto, alcuna incompatibilità ontologica tra erogazione di [continua ..]


3. La tipicità delle società in house

La non univoca ricostruzione dell’ambito soggettivo dell’art. 14, 1° comma, TUSPP trova conferma nell’impostazione dottrinale secondo cui l’esclusione delle società in house dal perimetro di applicazione di tale norma si fonderebbe sulla negazione della sua stessa qualificabilità in termini di società [46]. In tale prospettiva, la singolarità tipologica delle società in house e l’esigenza di intenderne il senso anche al di fuori del diritto societario, troverebbe fondamento in due esplicite deroghe contemplate dal D.Lgs.n. 175/2016 [47]. In primo luogo, conforterebbe tale singolarità la previsione dell’art. 16,2° comma, lett. a), TUSPP che contempla la figura del c.d. controllo analogo, che consiste nell’attribuzione all’ente pubblico partecipante del potere di fissare obiettivi e strategie imprenditoriali direttamente e, quindi, al di fuori dei canali che regolano ordinariamente la partecipazione del socio alla società. Sennonché, la realizzazione del controllo analogo implica, inevitabilmente, una deroga al principio di competenza gestionale esclusiva dell’organo amministrativo sancita dall’art. 2380-bis c.c. [48], comportando la privazione della sua autonomia e indipendenza nel rapporto con l’ente socio affidante [49]. Tale deroga necessita di essere circoscritta, in quanto un uso non appropriato rischierebbe di favorire situazioni di abuso sulla società in house, in contrasto con quelle esigenze di concorrenzialità ed efficienza nella gestione delle partecipazioni pubbliche poste dallo stesso TUSPP [50]. In secondo luogo, la singolarità dello statuto della società in house sarebbe attestata dalla previsione dell’art. 12, D.Lgs.n. 175/2016, che contiene «la salvezza della giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti della società in house» [51]. La scelta di far ricadere le azioni di responsabilità promosse nei confronti degli organi amministrativi delle società in house nell’ambito della giurisdizione contabile potrebbe insinuare il dubbio che il legislatore abbia inteso escludere la natura societaria della fattispecie in houserichiamando l’attenzione sulla sua sostanza pubblica. Secondo tale impostazione, l’art. 12, D.Lgs.n. 175/2016 si porrebbe [continua ..]


4. I vincoli per la curatela fallimentare derivanti dalla specifica attività gestita dalla società in house fallita: premessa

Acquisita quindi la scelta del legislatore del 2016 di assoggettare a procedure concorsuali le società in house, a conferma dell’unitaria impostazione privatistica della disciplina della crisi delle società a partecipazione pubblica, l’indagine deve ora polarizzarsi sull’applicazione alle società in house delle regole fallimentari/li­quidazione giudiziale (Codice della crisi e dell’insolvenza). I particolari connotati pubblicistici dell’organizzazione imprenditoriale e le evidenziate limitazioni nella gestione dell’attività e dell’eventuale crisi delle società in house, coinvolgono lo svolgimento della procedura fallimentare/liquidazione giudiziale comune e, di riflesso, l’attività del curatore. Se, tuttavia, nel corso della fase concordataria l’imprenditore, pur con le limitazioni imposte in un’ottica di potenziale continuità, conserva l’amministrazione del complesso aziendale, la dichiarazione di fallimento/ liquidazione giudiziale impone, invece, la cessazione dell’attività, la sostituzione del curatore agli organi societari e la conseguente acquisizione di tutto il compendio patrimoniale alla massa fallimentare, al fine specifico di liquidare l’attivo e di ripartire il ricavo tra i diversi creditori [66]. Il primo limite che si incontra rispetto al fallimento/liquidazione giudiziale di una società privata è rappresentato da ciò che la società in house dichiarata fallita, essendo mera affidataria del servizio, non ha la piena disponibilità dell’attività svolta, con la conseguenza che il curatore non potrà liberamente liquidarla attraverso un’ordinaria cessione di azienda, né valorizzarla a fini liquidatori attraverso l’affitto a terzi [67]. Tale limitazione discende dal fatto che la società in house esercita un’attività di interesse pubblicistico e di rilevanza tale da non poter essere equiparata in toto ad una ordinaria attività di impresa. Le attività svolte da una società in house lo sono in forza di una scelta discrezionale dell’amministrazione pubblica affidante [68]. È necessario, quindi, fare una distinzione tra le attività che sono svolte a favore dell’amministrazione pubblica, quali potrebbero essere quelle delle società c.d. [continua ..]


4.1. L'esercizio provvisorio/esercizio dell'impresa del debitore (Codice della crisi e dell’insolvenza)

In questa fase, un punto di incontro può essere individuato nella prosecuzione dell’attività produttiva attraverso lo strumento dell’esercizio provvisorio dell’im­pre­sa di cui all’art. 104 L. Fall./esercizio dell’impresa del debitore (art. 211 Codice della crisi e dell’insolvenza) anche nel caso di una possibile futura vendita coerentemente con la nuova disciplina dei contratti pubblici. Se è incontestabile che il legislatore del 1942 aveva essenzialmente concepito l’esercizio provvisorio dell’impresa come strumento amministrativo della procedura, altrettanto indubitabile è che il legislatore della riforma del 2006 ha collegato la fattispecie espressamente alla fase liquidatoria, ritenendola, unitamente all’affitto, uno strumento propedeutico alla massimizzazione dell’attivo [72]. Tale mutamento risponde ad una nuova concezione dell’esecuzione collettiva, volta alla liquidazione dei beni del fallito non più mediante operazioni casuali e non coordinate tra di loro, ma tramite un programma di liquidazione unitario e predeterminato dal curatore, che consenta di evitare, per quanto possibile, la disgregazione dei cespiti dell’impresa e permetta, preferibilmente, l’allocazione in blocco del complesso ancora vitale e potenzialmente produttivo di reddito [73]. Esercizio provvisorio dell’impresa/esercizio dell’impresa del debitore (Codice della crisi e dell’insolvenza) e affitto dell’azienda e di suoi rami sono dunque due istituti che la legge prevede nel preminente interesse dei creditori ad una più proficua liquidazione, evitando che con l’apertura del fallimento si disperdano, in particolare, i cc.dd. valori inespressi dell’azienda del fallito con conseguente decurtazione dell’entità del possibile realizzo della liquidazione [74]. Ai sensi dell’art. 104, 1° comma, L. Fall. (art. 211 Codice della crisi e del­l’insolvenza), il Tribunale, con sentenza dichiarativa di fallimento, può, infatti, disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa/esercizio dell’impresa del debitore, anche per specifici rami d’azienda, se dall’interruzione possa derivarne un danno grave e purché la continuazione dell’attività non arrechi pregiudizio ai creditori [75]. Il “danno grave”, non [continua ..]


4.2. L'affitto del complesso aziendale della società in house

Strumento idoneo ad assicurare la prosecuzione dei contratti pubblici è l’affitto di ramo d’azienda ex art. 104-bisL. Fall. [85]/art. 212 (Codice della crisi e dell’insol­venza), diretto a perseguire le medesime finalità dell’esercizio provvisorio/esercizio provvisorio dell’impresa del debitore, ossia la prosecuzione dell’attività dell’impre­sa fallita, con il notevole vantaggio, però, di esonerare il curatore dall’onere della gestione diretta. Come per l’esercizio provvisorio, l’affitto dovrà essere autorizzato dal giudice delegato, anche prima della presentazione del programma di liquidazione, e sempre su proposta del curatore nonché previo parere favorevole del comitato dei creditori. L’individuazione ex lege dell’affittuario, idonea ad escludere la procedura selettiva per la ricerca dello stesso, non deroga la restante disciplina prevista dall’art. 104-bisL. Fall./art. 212 Codice della crisi e dell’insolvenza e, in particolare, la necessità di una stima dell’azienda nonché del relativo canone, la prestazione di garanzie e un piano di prosecuzione dell’attività [86]. Il presupposto per la successione nel contratto di appalto è integrato dalla circolazione dell’azienda. Tale situazione ha come presupposto la disponibilità del­l’azien­da in capo alla società fallita: presupposto che, tuttavia, per le società in house, rappresenta un limite alla fattibilità dell’operazione dal momento che non possono essere trasferiti assets pubblicistici [87]. Da queste considerazioni si trae il convincimento che non si possa applicare l’af­fitto d’azienda, ex art. 104-bisL. Fall., alle società in house, in quanto atto di disposizione di beni pubblici spettanti all’ente pubblico e non agli organi fallimentari; in particolare, l’individuazione dell’affittuario imporrebbe problemi di coordinamento con il codice degli appalti, posto che l’affitto d’azienda sarebbe un tutt’uno con l’affidamento diretto del servizio [88]. In particolare, il ricorso all’affitto d’azienda non risulta in alcun modo contemplato dall’art. 110 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), che si incentra esclusivamente sulla possibilità per [continua ..]


5. Continuazione temporanea dell'attività e nuovo Codice dei contratti pubblici

Il quadro normativo è cambiato con l’approvazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 [94]. L’intervento riformatore non pare abbia del tutto dipanato i dubbi applicativi, tanto che, a fronte di antinomie tra norme, permane ancora l’interrogativo sulla prevalenza, o meno, dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera rispetto all’inte­resse della impresa in crisi, intesa quale centro gravitazionale di valori che rilevano sul piano sociale e sul tessuto produttivo, oltre che quello dei creditori concorsuali, il cui soddisfacimento è stato decisamente privilegiato da alcuni interventi del recente D.Lgs.n. 50/2016 (con particolare riguardo alle disposizioni di cui agli artt. da 1 a 6). La nuova disciplina che ha riordinato la materia dei contratti pubblici alla luce delle sovraordinate norme europee, regolamenta espressamente la sorte dell’affi­damento nell’ipotesi di fallimento/liquidazione giudiziale (Codice della crisi e del­l’insolvenza) dell’esecutore, offrendo la possibilità al curatore di avviare un procedimento di conservazione dell’azienda diretto a preservare l’integrità aziendale ed il suo valore economico nell’interesse della collettività e quanto meno di quello concorrente dei creditori. Gli interventi di maggiore impatto concorsuale del D.Lgs.n. 50/2016 sono: a) l’esplicito riconoscimento, nell’art. 110 [95], della possibilità che il rapporto, originariamente intrattenuto dalla stazione appaltante con la società fallita, acquisito il parere dell’ANAC [96], possa proseguire anche dopo la dichiarazione di fallimento, nei confronti del curatore, previa autorizzazione dell’esercizio provvisorio; b)nell’art. 106, 1° comma, lett. d), n. 2 [97] (ed il suo omologo, per le concessioni, art. 175, 1° comma, lett. d, n. 2) [98], norma che incide significativamente sulla sorte dei contratti pubblici nel caso di crisi dell’affidatario [99]. Al ricorrere di una procedura di insolvenza, il bilanciamento tra i contrapposti interessi – quello pubblico che mira alla regolare esecuzione del rapporto e quello concorsuale volto alla ristrutturazione dell’impresa ed al soddisfacimento dei creditori – avviene alla stregua d’un graduato automatismo: sostituzione dell’affidatario ad opera della stazione appaltante (art. [continua ..]


6. Il concordato preventivo con continuità aziendale della società in house

Appurata l’applicabilità della disciplina concorsuale nella concreta gestione della crisi della società in house, emerge la necessità di valutare e contemperare una pluralità di interessi: l’interesse pubblico connesso all’erogazione del servizio, l’istanza dei creditori al più ampio soddisfacimento e l’esigenza della stessa società in house alla risoluzione del suo stato di crisi [104]. Fermo l’interesse pubblicistico alla continuazione anche di società in house in crisi, non si vede come poter altrimenti intercettare questa specifica esigenza se non consentendo l’accesso alla procedura di concordato preventivo [105]; e ciò a maggior ragione in considerazione delle novità introdotte sulla continuazione dei contratti o l’affidamento di appalti pubblici ai sensi dell’art. 186-bis L. Fall. [106] (=art. 95, 2° comma, Codice della crisi e dell’insolvenza) sempre che il concordato sia in continuità aziendale [107]. L’art. 14, 1° comma, TUSPP fa espresso riferimento al concordato preventivo senza alcuna differenziazione tra concordati liquidatori e concordato con continuità e non presenta alcun elemento di contrasto con le esigenze tipiche di una società di gestione di servizi pubblici, né tanto meno con la necessaria autonomia dell’ente pubblico socio dall’organo giudiziario [108]. Con riferimento alla tutela dell’interesse pubblico alla continuità del servizio, occorre inoltre rilevare che, nell’ambito del concordato, l’apertura della procedura non impone l’interruzione dell’attività di impresa che normalmente consegue alla dichiarazione di fallimento (art. 42 L. Fall.)/liquidazione giudiziale (Codice della crisi e dell’insolvenza), né lo spossessamento del debitore, né attribuisce al Tribunale un potere di scelta della destinazione del complesso aziendale. In questa prospettiva, la prosecuzione dell’attività aziendale della società in house potrebbe rappresentare l’ideale punto di incontro fra tutti gli interessi coinvolti, orientando così la scelta dell’imprenditore verso uno strumento di risoluzione della crisi che garantisca la continuità aziendale [109]. Nella comparazione tra i diversi interessi coinvolti, il nostro sistema giuridico, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3-4 - 2019