Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Le cooperative insolventi tra liquidazione coatta amministrativa e liquidazione giudiziale (di Emanuele Cusa, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca)


Il presente saggio intende ricostruire la particolare disciplina delle procedure concorsuali valevoli per le cooperative insolventi esercenti attività commerciali, sulla base sia del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sia del complicato ordinamento cooperativo, chiarendo le relative oscurità e segnalando le attuali incongruenze.

 

The insolvent cooperatives between compulsory administrative liquidation and judicial liquidation

This essay intends to illustrate the specific law of insolvency procedures applicable to cooperatives carrying out commercial activities, on the basis of both the new Italian code for business crisis and insolvency and the complicated law of cooperatives, clarifying the relative obscurities and reporting the current inconsistencies.

Keywords: cooperatives – insolvency – bankruptcy – compulsory administrative liquidation – judicial liquidation.

SOMMARIO:

1. Il difficile diritto concorsuale delle cooperative - 2. Le cooperative insolventi non sottoponibili a liquidazione giudiziale - 3. Le nozioni di insolvenza e di impresa minore - 4. La nozione di impresa commerciale - 5. La regola della prevenzione tra procedure concorrenti - 6. L’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza - 7. La sentenza n. 93/2022 pronunciata dalla Corte costituzionale - 8. Una conclusione, specialmente de iure condendo - NOTE


1. Il difficile diritto concorsuale delle cooperative

La riforma delle procedure concorsuali intervenuta con il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (di seguito c.c.i.i.) – perlopiù disinteressandosi delle cooperative – ha maldestramente modificato soltanto il 1° comma dell’art. 2545-terdecies (mediante l’art. 381, 1° comma, c.c.i.i., contenente il vigente secondo periodo di detto comma) e non anche il suo 2° comma [1]. Cionondimeno, l’art. 2545-terdecies, 2° comma solo apparentemente contiene la parola fallimento, poiché dal 15 luglio 2022 il termine «fallimento» lì utilizzato deve intendersi sostituito con l’espressione «liquidazione giudiziale», ai sensi dell’art. 349 c.c.i.i. Per lungo tempo (tenuto conto della durata media dei procedimenti concorsuali [2]) continueremo però a utilizzare il termine fallimento e ad applicare la disciplina del relativo procedimento; in effetti, ai sensi dell’art. 390 c.c.i.i., vuoi i ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa depositati fino al 14 luglio 2022, vuoi le procedure di fallimento pendenti alla predetta data rimangono regolati dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito L. Fall.). Il dettato dell’art. 2545-terdecies, benché costituisca il perno attorno al quale ruota la disciplina delle procedure concorsuali valevoli per le cooperative esercenti attività commerciali, conferma che una parte non trascurabile dell’ordinamento co­operativo si caratterizzi per essere ambigua, lacunosa e, a volte, complicata. Queste tre caratteristiche emergono con più evidenza, se rapportiamo il diritto della liquidazione coatta amministrativa valevole per le cooperative con il diritto concorsuale comune valevole per le società lucrative: il primo, complice anche la sostanziale mancata riforma della liquidazione coatta amministrativa contenuta nel c.c.i.i. [3], corrisponde a una normativa perlopiù concepita nel 1942 [4]; il secondo ha invece beneficiato di un radicale processo di ammodernamento, durato più di quindici anni, al termine del quale ci è stata consegnata una normativa certamente al passo coi tempi. Il collegamento tra l’ordinamento delle cooperative e il diritto concorsuale comune è dato dalla L. 17 luglio 1975, n. 400, il cui articolato va però [continua ..]


2. Le cooperative insolventi non sottoponibili a liquidazione giudiziale

L’art. 2545-terdecies, 1° comma si applica alla cooperativa insolvente di diritto comune (sottoponibile solo a liquidazione coatta amministrativa o anche a liquidazione giudiziale) che risulti dalle possibili combinazioni dei quattro sottotipi di cooperativa contemplati nel codice civile (la cooperativa regolata anche dalle norme sulle s.p.a.; la cooperativa regolata anche dalle norme sulle s.r.l.; la cooperativa a mutualità prevalente; la cooperativa a mutualità non prevalente). Il secondo periodo del 1° comma dell’art. 2545-terdecies e il 2° comma del medesimo articolo non si applicano invece ad almeno tre classi di cooperative insolventi. La prima classe è rappresentata dalle banche cooperative (in forma di banca di credito cooperativo o di banca popolare), ai sensi, rispettivamente, del 1° e del 2° comma dell’art. 150-bis TUB. Ciò dipende dal fatto che, in caso di insolvenza (il cui concetto è compreso in quello più ampio di dissesto o rischio di dissesto di cui all’art. 17, 2° comma, D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, richiamato dall’art. 80, 1° comma, TUB, come è indirettamente provato dall’art. 82, 2° comma, TUB [11]), qualsiasi banca è soggetta solo alle procedure disciplinate nel TUB (art. 80, 6° comma, TUB) [12], tra cui non è annoverata la liquidazione giudiziale; dunque, alle banche cooperative è inapplicabile il criterio di prevenzione indicato nell’art. 2545-terdecies [13]. Nemmeno le cooperative operanti nel settore finanziario (qualificabili, ad esempio, società finanziarie o confidi) sono assoggettabili a liquidazione giudiziale, essendo regolate dalla stessa disciplina delle banche in forza del rinvio ad essa operato dall’art. 113-ter TUB. La seconda classe è costituita dalle cooperative esercenti imprese assicurative (in Italia ormai inesistenti), ai sensi dell’art. 245, 7° comma, D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209. In base a quest’ultima disposizione non sono sottoponibili a liquidazione giudiziale neanche le mutue assicuratrici, la cui disciplina societaria è mutuata da quella delle cooperative ai sensi dell’art. 2547. La terza classe è costituita dalle cooperative che non siano cooperative sociali (secondo la L. 8 novembre 1991, n. 381) ma che abbiano la qualifica di impresa sociale (regolata nel D.Lgs. 3 luglio 2017, [continua ..]


3. Le nozioni di insolvenza e di impresa minore

Grazie all’abrogazione del previgente art. 2540 (nel quale si consentiva all’au­torità di vigilanza di disporre la liquidazione coatta amministrativa «qualora le attività della società … risultino insufficienti per il pagamento dei debiti») [19] si è garantita una quasi perfetta simmetria tra il presupposto oggettivo della liquidazione coatta amministrativa di cui all’art. 2545-terdecies e quello della liquidazione giudiziale di cui agli artt. 121 ss. c.c.i.i. [20]; in entrambi i casi, infatti, si richiama la stessa univoca nozione: l’insolvenza; questa nozione trova oggi la propria definizione legale nell’art. 2, 1° comma, lett. b), c.c.i.i. («lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni») [21] e vale per tutte le procedure concorsuali che la richiamano, salvo espressa e contraria disposizione [22]. Ho appena scritto quasi perfetta simmetria circa il presupposto oggettivo delle procedure in parola, poiché «non si fa luogo all’apertura della liquidazione giudiziale se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è complessivamente inferiore a euro trentamila» (art. 49, 5° comma, primo periodo, c.c.i.i.), mentre si deve far luogo a liquidazione coatta amministrativa se il totale dei debiti scaduti e non pagati è inferiore a euro trentamila. Il che porta alla seguente ingiustificata disparità di trattamento tra una società cooperativa insolvente con un indebitamento inferiore alla soglia appena riportata e una società non cooperativa con il medesimo indebitamento: la prima, a differenza della seconda, è assoggettabile solo a liquidazione coatta amministrativa e, una volta sottoposta a questa procedura e accertato giudiziariamente il suo stato di insolvenza, è automaticamente regolata dalle disposizioni circa gli effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli ai creditori (artt. 163-171 c.c.i.i.) ai sensi dell’art. 299 c.c.i.i. e dalle disposizioni penali del c.c.i.i. (artt. 322 ss. c.c.i.i.) ai sensi dell’art. 343 c.c.i.i. Una volta precisato che l’art. 49, 5° comma, primo periodo, c.c.i.i. corrisponde al previgente [continua ..]


4. La nozione di impresa commerciale

Se è chiaro che cosa debba significare l’espressione «in caso di insolvenza della società» contenuta nell’art. 2545-terdecies per le ragioni esposte nel precedente paragrafo, altrettanto chiaro dovrebbe essere il significato da attribuire all’espressione «le cooperative che svolgono attività commerciale», anch’essa contenuta nella medesima disposizione. Nella realtà, invece, si registra da tempo una certa oscurità (se non confusione) circa i basilari concetti di commercialità, di lucratività e di mutualità valevoli nel­l’ordinamento cooperativistico [25]. Esemplifico l’esposta oscurità nei ragionamenti di alcuni giudici e del Ministero dello sviluppo economico. Secondo taluni giudici non vi sarebbe attività commerciale se la cooperativa perseguisse lo scopo mutualistico solo coi propri soci [26], mentre eserciterebbe tale attività se la stessa avesse un «elevato ammontare dei costi ... e dei ricavi», compisse «operazioni straordinarie di acquisizione e cessione di rami d’azienda» e detenesse «partecipazioni sociali in società lucrative» [27]. In aggiunta, non vi dovrebbe essere alcuna incertezza, vuoi sul fatto che la nozione di imprenditore rilevante per applicare la disciplina della liquidazione giudiziale sia quella del codice civile (dunque relativa a un’attività necessariamente organizzata, economica e professionale, ai sensi dell’art. 2082) e non quella del diritto dell’Unione europea [28], vuoi sul fatto che per integrare la fattispecie civilistica di imprenditore basti osservare il criterio di economicità (cioè avere come obiettivo minimo il pareggio del bilancio) [29], spesso seguito dalle cooperative consortili (specie se esercenti attività agricole [30]), senza dover perseguire almeno lo scopo lucrativo in senso oggettivo (cioè organizzare i fattori di produzione in modo da ottenere un utile di esercizio) [31]. Secondo il Ministero dello sviluppo economico sussisterebbe una necessaria compresenza della mutualità prevalente con l’assenza di lucratività soggettiva [32], mentre l’art. 2514 (applicabile anche alle cooperative sociali) prova il contrario. Occorre inoltre precisare che può esservi un’attività commerciale, [continua ..]


5. La regola della prevenzione tra procedure concorrenti

Nelle precedenti pagine ho cercato di dimostrare che l’intero art. 2545-terdecies si applica solo alle cooperative con tutte queste quattro caratteristiche: (i) esercenti un’impresa commerciale, svolta anche solo accessoriamente (ma non occasionalmente); (ii) qualificabili come imprese non minori; (iii) insolventi; (iv) aventi debiti scaduti e non pagati di valore complessivo non inferiore a euro trentamila. Se sono presenti congiuntamente tali caratteristiche, la cooperativa è assoggettabile a liquidazione giudiziale dal tribunale concorsuale o, alternativamente, a liquidazione coatta amministrativa dal Ministero dello sviluppo economico [40]. L’individuazione dell’autorità competente tra le due appena evocate è regolata dal criterio di prevenzione contenuto nell’art. 2545-terdecies, 2° comma. Questa disposizione, debitamente corretta ai sensi dell’art. 349 c.c.i.i., rappresenta un esatto doppione dell’art. 295, 2° comma, c.c.i.i. e, pertanto, si potrebbe abrogarla. Nell’interpretare l’art. 2545-terdecies, 2° comma, occorre individuare il preciso momento a partire dal quale il tribunale concorsuale non possa più aprire la liquidazione giudiziale, ovvero il Ministro dello sviluppo economico non possa più decretare la liquidazione coatta amministrativa [41]. A mio avviso, argomentando sulla base degli artt. 45, 49, 299 e 303 c.c.i.i. e dell’art. 133, 1° comma, c.p.c., i due momenti sopra evocati sono i seguenti: (i) il tribunale concorsuale può depositare in cancelleria la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale relativa a una cooperativa fino al giorno prima in cui il Ministro dello sviluppo economico abbia firmato il decreto di liquidazione coatta amministrativa della stessa cooperativa; (ii) il Ministro dello sviluppo economico può firmare il decreto di liquidazione coatta amministrativa di una cooperativa fino al giorno prima in cui il tribunale concorsuale abbia depositato nella propria cancelleria la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale [42]. Sicché, esemplificando, il tribunale concorsuale dovrebbe chiudere la liquidazione giudiziale, una volta che scoprisse di aver depositato in cancelleria la propria sentenza di apertura in data successiva a quella in cui il Ministro abbia firmato il decreto di liquidazione coatta amministrativa [43]. Se la sentenza di apertura della [continua ..]


6. L’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza

La liquidazione giudiziale e la liquidazione coatta amministrativa ex art. 2545-terdecies implicano l’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza [47]. Questo accertamento può avvenire prima o dopo l’apertura della liquidazione coatta amministrativa di una cooperativa. L’accertamento anteriore alla predetta liquidazione è contenuto nella sentenza del tribunale concorsuale riguardante una cooperativa non assoggettabile a fallimento. Il che può accadere quando la cooperativa insolvente si trovi in almeno uno dei seguenti quattro casi: (i) sia qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi del­l’art. 2135 e eventualmente dell’art. 1, 2° comma, D.Lgs. n. 228/2001; (ii) sia qualificabile come imprenditore minore ai sensi dell’art. 2, 1° comma, lett. d), c.c.i.i.; (iii) sia qualificabile come imprenditore commerciale non minore ma abbia un indebitamento inferiore a euro trentamila ai sensi dell’art. 49, 5° comma, c.c.i.i.; (iv) sia soggetta solamente a liquidazione coatta amministrativa in forza di una specifica disposizione di legge. La sentenza di accertamento fa seguito a un ricorso presentato da uno o più creditori, ovvero, meno frequentemente, dall’autorità che vigila la cooperativa ai sensi dell’art. 297, 1° comma, c.c.i.i., ribadito nell’art. 316, 1° comma, lett. c), c.c.i.i.; la sentenza in parola deve essere preceduta dall’ascolto delle ragioni della cooperativa (mediante il suo rappresentante legale al momento in cui si sia manifestata l’in­solvenza) e dell’autorità vigilante sull’impresa ai sensi dell’art. 297, 4° comma, c.c.i.i.; tale autorità corrisponde al Ministero dello sviluppo economico in presenza di cooperative di diritto comune; questo Ministero normalmente non interviene in camera di consiglio, ma trasmette un parere scritto al tribunale; parere, quello appena menzionato, che non di rado è stato richiesto scorrettamente dal tribunale, riguardando l’insol­venza di cooperative assoggettabili a fallimento [48]. La sentenza di accertamento dello stato di insolvenza, una volta pronunciata, è comunicata entro tre giorni all’au­torità competente a disporre la conseguente liquidazione coatta amministrativa o gli altri opportuni provvedimenti. L’accertamento posteriore all’apertura della liquidazione [continua ..]


7. La sentenza n. 93/2022 pronunciata dalla Corte costituzionale

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 93/2022, dopo aver osservato che la cooperativa è diversa dalla società lucrativa [60] e aver ricordato il principio generale secondo cui la sottoposizione di un’impresa insolvente a liquidazione coatta amministrativa deve giustificarsi in ragione di specifici interessi pubblici da tutelare, cerca di dimostrare l’esistenza di «interessi estranei all’insolvenza di un comune soggetto di impresa» che andrebbero tutelati in caso di insolvenza degli enti mutualistici, arrivando ad affermare che la liquidazione coatta amministrativa delle cooperative corrisponderebbe a uno degli «opportuni controlli» di cui all’art. 45, 1° comma, Cost. A mio avviso, questa sentenza (i) non è accoglibile nelle conclusioni, (ii) non è condivisibile nelle argomentazioni e (iii) non esamina un importante fatto, sebbene esterno al thema decidendum consegnatole dalla relativa ordinanza di rimessione del Tribunale di Udine, datata 25 gennaio 2021 [61]. 7.1. Circa le sue conclusioni, ho già evidenziato [62] come la mancata dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 202, 1° comma, L. Fall. e (per illegittimità costituzionale consequenziale, ai sensi dell’art. 27, secondo periodo, L. 11 marzo 1953, n. 87) dell’art. 298, 1° comma, c.c.i.i. mediante una sentenza manipolativa (anzi, più precisamente, una sentenza interpretativa di accoglimento) della Corte costituzionale corrisponda a un errore giudiziario, purtroppo superabile soltanto con un auspicabile intervento legislativo. Qui segnalo soltanto come le «esigenze di economia processuale» che secondo la Corte di Cassazione e la Corte costituzionale varrebbero unicamente per il fallimento e per la liquidazione giudiziale, dovrebbero invece valere anche per la liquidazione coatta amministrativa delle cooperative; in effetti, le «ragioni di pubblica utilità» addotte da tali giudici per sostenere il contrario mi paiono inesistenti o comunque insufficienti nel caso di specie, se è tra l’altro vero che pure la liquidazione coatta amministrativa deve garantire «il buon andamento … dell’amministrazione» (art. 97, 2° comma, Cost.). 7.2. Circa poi le sue argomentazioni, la Corte costituzionale giustifica la disparità di trattamento tra imprenditori insolventi in [continua ..]


8. Una conclusione, specialmente de iure condendo

Se si supererà il sistema del cosiddetto doppio binario previsto dal secondo periodo dell’art. 2545-terdecies [75], si adotterà la stessa soluzione presente vuoi in Italia fino al 1942 [76], vuoi in molti Stati europei oggi [77]. Cionondimeno, avremmo eliminato soltanto una delle molteplici incoerenze che oggi sono presenti nella disciplina applicabile alle cooperative e, più in generale, agli enti dell’economia sociale italiana (di cui il mondo cooperativo costituisce il segmento più importante economicamente), in caso di insolvenza dei predetti imprenditori. Esemplificando due di queste incoerenze, evidenzio, da un lato, l’irragionevole diversità di trattamento tra l’imprenditore agricolo in forma di cooperativa e quello in altra forma [78] e, dall’altro lato, la regola secondo la quale qualsiasi imprenditore commerciale con la qualifica di impresa sociale (ma non costituito come cooperativa sociale) è sottoponibile soltanto a liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 112/2017 [79]. Le prospettate incoerenze sono ancor più nitide se si osservano le diverse scelte adottate dal nostro legislatore in casi analoghi, come accade per l’insolvenza delle società a partecipazione pubblica, quand’anche qualificabili come società a controllo pubblico, ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 [80]. Ritornando però a fissare l’attenzione unicamente sull’ordinamento cooperativo, si può migliorare la disciplina delle cooperative insolventi solo se la si collochi all’interno della loro vigilanza amministrativa, essendo tale disciplina parte di questa vigilanza. Dal che deriva la necessità – già evidenziata una decina di anni fa [81] – di una radicale razionalizzazione dell’intera vigilanza in parola, specialmente nella parte in cui individua i provvedimenti ministeriali irrogabili alle cooperative, perlopiù risalente, nella sostanza, al 1942. Se si vorrà mantenere la vigilanza amministrativa su tutte le cooperative iscritte nel registro delle imprese [82], si dovrà comunque concepirla in coerenza con il quadro costituzionale, in modo da modularla in rapporto al grado di funzione sociale e di promozione pubblica riconosciute ai diversi segmenti del mondo cooperativo. La riforma qui [continua ..]


NOTE