Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il codice della crisi dopo il D.Lgs. n. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell'impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo) (di Stefano Ambrosini, Professore ordinario di Diritto commerciale nell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”)


Il presente contributo è incentrato sulle novità da ultimo apportate al Codice della crisi ad opera del D.Lgs. n. 83/2022: dal piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione alla posizione dei soci nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, dal concetto di crisi alla posizione degli amministratori di società in crisi, fino agli aspetti salienti della nuova disciplina del concordato preventivo. Con una notazione critica di fondo sulle persistenti lacune dell’impianto riformatore.

 

Italian insolvency code [“Codice della crisi”] after legislative decree n. 83/2022: short notes about new legal instruments, notion of crisis, governance and composition with creditors

This essay focuses on the latest changes made to the Italian Insolvency Code (“Codice della crisi”) by Legislative Decree No. 83/2022: from the restructuring plan subject to granting of judicial approval (“homologation”) to the position of shareholders in the context of the instruments for regulating crisis and insolvency, from the concept of crisis to the position of directors of companies in crisis, and to the salient aspects of the new regulations on composition with creditors. With a basic critical notation on the persistent shortcomings of the reforming framework.

Keywords: bankruptcy law – “negotiated crisis resolution” – Italian Insolvency Code (Codice della Crisi d’impresa) – bankruptcy proceedings.

SOMMARIO:

1. Premessa: perimetro dell’ultimo intervento, entrata in vigore e disciplina transitoria - 2. (Segue): piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione e profili societari degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza - 3. Nozioni di “crisi” e di “strumenti di regolazione” - 4. Gestione dell’impresa nella composizione negoziata e “durante i procedimenti” - 5. I tratti salienti della nuova disciplina del concordato preventivo - 6. I nodi di fondo irrisolti: l’amministrazione straordinaria, la “selva non sfoltita” dei privilegi e la (mancata) specializzazione del giudice - NOTE


1. Premessa: perimetro dell’ultimo intervento, entrata in vigore e disciplina transitoria

Con il D.Lgs. n. 83 del 17 giugno 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1° luglio 2022, è stato varato il codice della crisi d’impresa e dell’insol­venza, a quasi cinque anni dalla legge delega n. 155 del 19 ottobre 2017 e a circa sette anni dall’istituzione della commissione ministeriale preposta alla redazione dei princìpi di delega. Va detto tuttavia che, nel mezzo, si è verificato un evento al tempo stesso imprevedibile e devastante come la pandemia da Covid-19. Rispetto al D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 e ai successivi provvedimenti modificativi, le aree di intervento del decreto n. 83/2022 sono le seguenti [1]: i)     definizioni di “crisi”, “gruppo di imprese”, “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (che sostituisce l’ipotesi di locuzione “quadri di ristrutturazione preventiva” di matrice unionale), “esperto”, “misure protettive” [art. 2, lett. a), h), m-bis), p)]; ii)    doveri dei soggetti interessati alla ristrutturazione (artt. 3, 4 e 5-bis); iii)   composizione negoziata (comprese le misure protettive in corso di composizione negoziata, i possibili esiti, la disciplina delle imprese sotto soglia: artt. 12-25-quinquies); iv)   concordato semplificato liquidatorio (artt. 25-sexies-25-septies); v)    segnalazioni (artt. 25-octies-25-undecies); vi)   procedimento unitario (artt. 40, 43, 47 e 53); vii) misure protettive (artt. 54, 55 e 63); viii) piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (artt. 64-bis-64-quater); ix)   concordato minore (artt. 74-83); x)    concordato preventivo (con modifiche anche in tema di omologazione, trattamento dei soci ed esecuzione del concordato: artt. 84, 92, 94-bis, 100, 109, 112); xi)   accesso agli strumenti di regolazione della crisi (artt. 120-bis-120-quinquies); xii) liquidazione giudiziale (artt. 135, 213, 216, 235, 255); xiii) liquidazione controllata (art. 268); xiv) entrata in vigore (art. 389); xv)   disciplina transitoria (art. 390). Non è possibile, in questa sede, dar conto di tutte le innovazioni da ultimo apportate alle precedenti versioni del codice, ritenendosi preferibile concentrarsi su alcune delle aree tematiche che escono sensibilmente riconfigurate dal complessivo (e progressivo) intervento riformatore in rapporto alla [continua ..]


2. (Segue): piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione e profili societari degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza

Con l’introduzione del già citato piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione ad opera dell’art. 64-bis il legislatore ha inteso dare attuazione alla c.d. ristrutturazione trasversale prevista dalla Direttiva Insolvency. I pilastri su cui poggia l’istituto [7] sono (i) la distribuzione del valore generato dal piano anche in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., e alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione [8]; (ii) l’approvazione della proposta da parte dell’unanimità delle classi. Ed è chiaro che si tratti di due elementi (peraltro non i soli) marcatamente distintivi rispetto al concordato preventivo. Il nuovo istituto sembra pensato essenzialmente per i casi di continuità aziendale, anche se la genericità dell’espressione “valore generato dal piano” potrebbe indurre a ricomprendervi (di là dalle disposizioni richiamate) le ipotesi liquidatorie, anche di natura atomistica [9]. Veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano vanno attestati da un professionista indipendente. Per parte sua il tribunale, esaminato il ricorso, pronuncia decreto con il quale: a) valutata la mera ritualità della proposta e verificata la correttezza dei criteri di formazione delle classi, nomina un giudice delegato al procedimento e nomina oppure conferma il commissario giudiziale; b) adotta i provvedimenti di cui all’art. 47, 2° comma, lett. c) e d). Quanto alla deliberazione dei creditori, in ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe. Ne consegue che la legge introduce, accanto alle prescritte maggioranze dei voti, un quorum costitutivo, sulla falsariga delle assemblee nelle società di capitali. Il tribunale omologa con sentenza il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. Se con l’opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale. Come si evince [continua ..]


3. Nozioni di “crisi” e di “strumenti di regolazione”

La nozione di crisi è in assoluto fra le più travagliate dell’ordinamento concorsuale quale è venuto evolvendo negli ultimi anni [14]. È a tutti noto che il vecchio art. 160 L. Fall., astenendosi da definizioni di sorta, si limitava a precisare che per stato di crisi doveva intendersi anche quello di insolvenza, instaurando così fra i due concetti un rapporto di genere a specie. Il legislatore del codice ha optato, fin dalla versione del 2019, per una nozione autonoma di crisi, definita in allora come “lo stato di difficoltà economico-finan­ziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. Il Decreto correttivo del 2020 aveva poi sostituito il termine “difficoltà” (in effetti un po’ troppo assonante con il presupposto oggettivo della vecchia amministrazione controllata) con “squilibrio” [15], maggiormente sintonico ad analoghe espressioni della legislazione in materia, quali “riequilibrio” della situazione finanziaria proprio degli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, o “recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali” di cui alla disciplina del­l’amministrazione straordinaria (art. 27, D.Lgs. n. 270/1999). La predetta formulazione ha dato vita, nelle fila degli aziendalisti non meno che in quelle dei giuristi, a un serrato dibattito, anche con riferimento al persistente ricorso all’avverbio “regolarmente” e, soprattutto, all’ambiguo aggettivo “pianificate”, con la conseguente assenza di un orizzonte temporale certo. La definizione che si è poi preferita in via definitiva – “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” – mantiene una componente “ontologica”, coincidente con la probabilità di insolvenza (likelihood of insolvency) e una “fenomenologica” (o “epifanica”), relativa al suo modo di manifestarsi. È invece venuto meno l’avverbio “regolarmente”, con il che si potrà far fronte alle obbligazioni a) non [continua ..]


4. Gestione dell’impresa nella composizione negoziata e “durante i procedimenti”

Fra le questioni di maggior interesse sistematico, anche dal punto di vista del diritto societario della crisi, vi è quella della gestione dell’impresa in difficoltà economico-finanziaria. In proposito l’art. 4 del codice (“Doveri delle parti”) stabilisce, al 2° comma, che il debitore ha fra l’altro il dovere di (i) assumere tempestivamente le iniziative idonee alla individuazione delle soluzioni per il superamento delle condizioni di cui all’art. 12, 1° comma, durante la composizione negoziata, e alla rapida definizione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori; (ii) gestire il patrimonio o l’impresa durante i procedimenti nell’interesse prioritario dei creditori. Con specifico riferimento alla composizione negoziata, l’art. 21 (“Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative”) sancisce il seguente principio in tema di gestione dell’impresa, diversamente declinato a seconda delle condizioni in cui versa il debitore. L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando invece risulta, nel corso della composizione, che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell’imprenditore. Si noti intanto che la situazione cui fa riferimento in via generale l’art. 4 è espressamente mutuata dalla norma (l’art. 12) in tema di composizione negoziata: sono quindi le “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” che rendono probabile la crisi o l’insolvenza dell’imprenditore a far scattare l’obbligo di assumere a tempo debito le iniziative idonee a superare dette condizioni, nella prospettiva e con la finalità – pur non esclusive – di non recare danno ai creditori. Ciò vale anche, alla luce del disposto dell’art. 12, per l’imprenditore che versi in una condizione di c.d. pre-crisi, laddove in base all’art. 21 sembra essere solo l’im­prenditore in stato di crisi che deve scongiurare pregiudizi alla sostenibilità economico-finanziaria [continua ..]


5. I tratti salienti della nuova disciplina del concordato preventivo

Fra le disposizioni più significative del CCI come da ultimo novellato vi è sicuramente l’art. 84 [19], il quale racchiude il nucleo dell’istituto concordatario, individuandone le finalità e le tipologie di piano. L’imprenditore assoggettabile a liquidazione giudiziale che si trovi in stato di crisi o di insolvenza può proporre un concordato che, sulla base di un piano (il cui contenuto è tipizzato dall’art. 87), realizzi il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale (c.d. criterio di equivalenza o non deteriorità del trattamento). La finalità del concordato risiede quindi nel necessario perseguimento della soddisfazione dei creditori e solo al cospetto di ciò l’imprenditore può ricorrere a tale strumento per evitare l’insolvenza oppure, quando questa è già in atto, per scongiurare la liquidazione giudiziale. A questi precipui fini risponde l’istituto concordatario; anche se, come vedremo subito in appresso, possono esservi interessi ulteriori rispetto a quelli dei creditori che la legge mira dichiaratamente a tutelare. L’anzidetto obiettivo del soddisfacimento dei creditori può essere realizzato mediante: a) la continuità aziendale; b) la liquidazione del patrimonio; c) l’attribuzione delle attività ad un assuntore; d) qualsiasi altra forma. Nel concordato con continuità aziendale ciò che preme al legislatore è, giustamente, preservare la prosecuzione dell’attività, puntandosi al recupero della capacità dell’impresa, una volta risanata, di rientrare nel mercato. Il 2° comma dell’art. 84 esordisce con il seguente precetto: “La continuità aziendale tutela l’interesse dei creditori e preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro”. La norma enuclea in tal modo gli interessi tutelati dalla continuità [20], ove trova posto, accanto alla prioritaria tutela del ceto creditorio, la conservazione (per quanto possibile) dei livelli occupazionali, con una previsione foriera di evidenti implicazioni sul piano sistematico [21]. La disposizione di cui trattasi contiene poi la rilevante distinzione fra continuità diretta e continuità indiretta, basata sul diverso soggetto che, a seconda dell’im­postazione del [continua ..]


6. I nodi di fondo irrisolti: l’amministrazione straordinaria, la “selva non sfoltita” dei privilegi e la (mancata) specializzazione del giudice

Un giudizio complessivo sul codice della crisi non può che attendere, evidentemente, la prova dei fatti, vale a dire un congruo lasso di tempo in cui le nuove disposizioni trovino applicazione e prendano in tal modo corpo i primi orientamenti giurisprudenziali e le prime prassi. Volendo quindi limitarsi a un’impressione “preventiva” di larga massima, bisogna riconoscere che il codice si fa carico, per un verso, dell’annoso problema della tardiva emersione della crisi, affrontandolo in modo meno invasivo e macchinoso (anche se non propriamente lineare...) rispetto al decreto legislativo del 2019; per altro verso, dei dubbi interpretativi e delle criticità emerse in materia di soluzioni negoziate della crisi (e di concordato preventivo in particolare [27]). E anche qui con dei non trascurabili miglioramenti in confronto a previsioni – basti pensare a quella sulla fattibilità economica, sulla continuità indiretta e su quella non prevalente – all’indirizzo delle quali erano state formulate in dottrina (a partire dai contributi di chi scrive [28]) valutazioni schiettamente critiche e rispetto alle quali occorreva tener conto dei vincoli scaturiti dalla Direttiva [29]. Restano, nondimeno, soluzioni non pienamente soddisfacenti, quali, nell’ambito del concordato preventivo, un soverchio sfavore per il piano liquidatorio e un’in­congrua significatività del silenzio ai fini del voto [30], insieme a qualche dubbio, anche in termini di reale efficacia e appetibilità dello strumento, sulla figura del­l’esperto nella composizione negoziata. Per non dire dell’impressione di eccessiva proliferazione di istituti, posta in evidenza pure dal parere reso da ultimo dal Consiglio di Stato. Anche se non sono da escludere interventi ulteriormente correttivi (non necessariamente su questi ultimi aspetti) cammin facendo. Una considerazione di fondo, ad ogni modo, non può essere sottaciuta e attiene alle occasioni che questa riforma non è riuscita a cogliere (ma il vizio di origine muove, com’è noto, da più lontano). In primo luogo, il carattere non pienamente organico della riforma, essendo rimasta esclusa dal suo perimetro, per via di resistenze di stampo politico opposte ai tempi della legge delega, la crisi delle grandi imprese, tuttora disciplinata dalle leggi sull’amministrazione straordinaria. In [continua ..]


NOTE